Il computo delle distanze tra edifici è determinato dall'esistenza delle strade

Le distanze tra edifici sono inderogabili e rientrano nella competenza dello Stato.

Questo, in estrema sintesi, il quadro tracciato dalla Seconda sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 741 depositata lo scorso 19 gennaio 2012. A finire sotto la lente degli Ermellini, questa volta, un caso di distanze tra edifici ma la questione, questa volta, si complica perché occorre stabilire i possibili conflitti tra la normativa statale e quella locale nel caso di specie si tratta della legge provinciale di Bolzano . Illegittima la concessione che viola le distanze . Il caso nasce da una presunta violazione delle norme contenute nel D.M. 1444/1968 in materia di distanze minime tra edifici. Ci troviamo in area di espansione soggetta ad edificazione, in cui le opere di urbanizzazione ovvero le strade di piano non sono state ancora state realizzate. Il proprietario di un suolo lamenta l'avvenuta violazione delle distanze tra edifici da parte del suo buon vicino” nell’edificazione di un proprio fabbricato. Di conseguenza, ritenendosi leso nei propri diritti, il proprietario cita il vicino-costruttore dinanzi al Tribunale per ivi sentirsi condannare alla demolizione della porzione di immobile realizzata in difformità dalle norme previste dal D.M. 1444/68 ed al correlato risarcimento del danno. Di contro, il costruttore sostiene l'assoluta legittimità del proprio operato e titolo abilitativo dei lavori e, per l'effetto, la regolarità delle opere. Nel caso in esame, secondo la difesa del convenuto, non sarebbero applicabili le disposizioni ed i limiti dettati dal D.M. 1444/1968 in tema di distanze tra edifici. Il caso di specie sarebbe invece disciplinato dalle norme provinciali nonché dal regolamento edilizio locale. In particolare, sostiene sempre il convenuto, l'edificazione in Zona C di espansione sarebbe disciplinata da un piano di attuazione che conterrebbe una espressa deroga al D.M. 1444/1968 in tema di distanze tra edifici. L'attore replica sostenendo che, quand'anche si volesse applicare la disciplina dettata dal piano di attuazione, le distanza risulterebbero ugualmente violate. Al caso di specie andrebbero applicate, secondo la disciplina richiamata dal convenuto, norme più restrittive rispetto a quelle del progetto impugnato in quanto il cantiere era prospiciente ad una strada di piano. In caso di conflitto prevalgono le norme locali . Il Tribunale, seguito a ruota dalla Corte di Appello, rigetta le richieste dell'attore ritenendo prevalenti le ragioni del convenuto. Sotto il profilo prettamente urbanistico, il giudice di primo grado sottolinea la validità del piano di attuazione e della relativa disciplina che prevarrebbe, in caso di conflitto, sulle norme statali. Rapporti tra legge statale e regolamento locale prevalgono le norme regionali . La disciplina delle distanze tra edifici sarebbe disciplinata, secondo il giudice di merito, dalla legge provinciale in forza di una potestà legislativa riservata. In parole povere, all'ente locale verrebbe attribuito il compito di disciplinare la materia. La Cassazione ribalta il risultato. L'attore non si lascia scoraggiare dalla doppietta di pronunce a suo sfavore e propone ricorso in Cassazione. Gli Ermellini concentrano lo loro attenzione su un punto della controversia il potenziale conflitto tra le norme nazionali e quelle locali. Sotto questo profilo, la Cassazione conferma l'indirizzo prevalente della giurisprudenza che riserva allo Stato la disciplina della materia relativa alle distanze tra edifici. Stabilita la prevalenza del D.M. 1444/1968 sulle norme locali, Piazza Cavour individua un ulteriore, successivo, punto focale. Nel caso in cui si voglia stabilire la presunta violazione della norme in materia di distanze tra corpi di fabbrica, occorre necessariamente conoscere, in fase preliminare, lo stato dei luoghi anche e soprattutto per prendere cognizione delle eventuali altre strutture preesistenti. La viabilità di piano deve essere già esistente o quantomeno in fase di attuazione . L'attenzione, a questo punto, si concentra su un elemento la realizzazione delle strade di piano. La norma, infatti, prevede una disciplina più o meno restrittiva in funzione della circostanza che i lotti siano a confine con strade e che queste ultime siano già realizzate. La norma, infatti, disciplina le distanze tra edifici in funzione di alcuni parametri, primo tra tutti l'esistenza delle strade. Ma, in questo ottica, sorge un ulteriore problema. La viabilità di piano deve essere solo ipoteticamente prevista dal P.R.G. e/o dagli strumenti di programmazione o deve essere già realizzata o, comunque, in fase di realizzazione? Secondo la Cassazione, quando si tratta di stabilire la distanza legale tra edifici ed i parametri siano dettati in funzione della rete viaria, è necessario che quest'ultima sia già realizzata o, quantomeno, che sia in corso di realizzazione. Ma per quale motivo la materia rientrerebbe nella competenza dello Stato? Per rispondere a questo interrogativo bisogna partire dal presupposto che le norme in materia di distanze tra edifici non sono di natura civilistica ma pubblicistica in quanto mirano a garantire la salubrità degli ambienti abitati, la loro illuminazione e, quindi, per questa via, la vivibilità” degli ambienti medesimi. Secondo una giurisprudenza ormai consolidata, si ritiene che le distanze minime tra edifici non siano derogabili eventuali conflitti tra la norma nazionale e la disciplina locale vedi il possibile contrasto tra il DM 1444/68 ed il P.R.G. con le relative e Norme Tecniche di Attuazione vedono la prevalenza della normativa statale. In linea di massima potremmo affermare che il Legislatore tende a tutelare gli interessi della collettività impedendo la massificazione delle abitazioni all'interno di un unico comparto edilizio. Trattandosi di norme pubblicistiche, è logico che esse siano devolute alla competenza dello Stato. Normativa in materia di distanze . A ben guardare la materia delle distanze tra edifici è più complessa di quanto possa apparire a prima vista e risulta disciplinata da un coacervo di norme di diversa fonte e di non facile interpretazione. In tale contesto avremo le disposizioni dettate dal codice civile, la disciplina del D.M. 1444/1968 nonché, per certi versi, le norme del D.P.R. 380/2001 c.d. Testo Unico dell'Edilizia . L'art. 873 c.c prescrive che le costruzioni realizzate su fondi confinanti, se non aderenti, devono essere poste alla distanza minima di almeno 3 metri o alla maggiore distanza prevista dai regolamenti locali, emanati nel rispetto delle norme statali e regionali . Il D.M. n. 1444/1968, gettando le basi dell'urbanistica, introduce il concetto di zonizzazione e, parallelamente, indica gli standard previsti per ciascuna Z.T.O. Zone Territoriali Omogenee . In tale contesto, detta le distanze minime tra fabbricati per le diverse Z.T.O La norma prevede, a carattere generale, una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti. Per i nuovi edifici da realizzare in Zone C ovvero nelle zone di espansione la distanza minima viene fissata in via induttiva prendendo in considerazione l'altezza dei fabbricati preesistenti e/o da realizzare. In sostanza la distanza minima è pari all'altezza del fabbricato più alto. Il problema si complica quando i fabbricati, come spesso avviene, si affacciano sulla strada. Nel caso in cui si voglia stabilire la distanza minima tra fabbricati tra cui sono interposte strade destinate al traffico veicolare, i parametri applicabili sono diversificati in funzione della larghezza della strada aumentata, per ciascun lato, di - 5,00 m , per strade di larghezza inferiore a 7 m - 7,50 m per lato, per strade di larghezza compresa tra 7 e 15 m - 10,00 m per lato, per strade di larghezza superiore a 15 m Sono ammesse distanze inferiori. La regola generale prevista per la Zona C incontra delle deroghe in due casi - per fabbricati in Zona A centri storici per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni. Le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale - nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. In conclusione. Per cercare di chiarire la situazione, potremmo affermare due principi. In materia di distanze tra edifici, il possibile conflitto tra la disposizioni locali e le norme nazionali vede il prevalere di queste ultime. Quando la normativa in materia di distanze tra edifici prenda come parametro di riferimento una strada, occorre che essa sia già realizzata e/o in corso di realizzazione. Non è sufficiente che essa sia semplicemente prevista dallo strumento generale P.R.G. Piano Regolatore Generale o da piani di settore tipo Piano Urbano del Traffico o Piano di Fluidificazione . La posizione della Cassazione non convince appieno. Cerchiamo di fare il punto della situazione. Siamo in Zona C, dove il rilascio di un titolo abilitativo dei lavori è subordinata al perfezionamento di un piano di dettaglio Piano di Fabbricazione, Piano di Lottizzazione et similia . L'approvazione di tale piano di dettaglio è seguita dalla convenzione di lottizzazione che precede il rilascio del titolo abilitativo dei lavori. La convenzione di lottizzazione contiene le cessioni a favore dell'amministrazione comunale necessarie per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero, per dirla in parole povere, con la convenzione di lottizzazione i lottizanti cedono le aree necessarie alla realizzazione delle strade e si impegnano a realizzarle depositando presso l'amministrazione comunale un progetto che dovrebbe essere approvato prima di dare corso all'avvio dei lavori per la realizzazione delle cubature. Si sottolinea, inoltre, che l'abitabilità non può essere concessa fino a quando la rete viaria non sarà stata completata. Alla luce di queste poche considerazioni, appare logico pensare che il progetto doveva necessariamente contemplare l'esistenza delle strade che le relative aree di sedime dovevano essere già state individuate e cedute gratuitamente al Comune. Alla luce di queste considerazioni, la strada dovrebbe considerarsi in itinere con quanto ne consegue. Se queste considerazioni sono corrette, non si può fare a meno di sottolineare che la sentenza in commento presenta qualche profilo di incertezza limitatamente alle strade in corso di realizzazione. E' anche probabile che le parti abbiano trascurato di sottolineare la presenza di questi elementi rivelatisi, alla resa dei conti, decisivi per la decisione della controversia.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 novembre 2011 - 19 gennaio 2012, n. 791 Presidente Triola – Relatore Proto Svolgimento del processo Con citazione del 15/5/2000 G G. conveniva in giudizio i 22 proprietari di un edificio antistante la villa di sua proprietà assumeva che l'edificio era stato costruito alla distanza di metri 16,80 e, quindi, in violazione della distanza minima stabilita dall'articolo 38 della legge della Provincia di Bolzano 11/8/1997 n. 13 e dall'articolo 9 D.M. 1444/1968 che prescrivono una distanza minima dagli edifici esistenti ubicati fuori dalla zona di espansione pari all'altezza del più alto dei nuovi fabbricati nel caso concreto mt. 21,14 , salvo il caso di strada pubblica intermedia e secondo l'attore preesistente. Ciò premesso chiedeva l'abbattimento della porzione illegittimamente edificata e la condanna al risarcimento dei danni. I convenuti costituendosi eccepivano che l'edificio era stato costruito in conformità al piano di attuazione e all'articolo 38 L.P. n. 13/1997 cit. che prevede una deroga alle distanze suddette in caso di presenza di strade pubbliche tra proprietà confinanti. Il Tribunale di Bolzano con sentenza del 15/7/2003 rigettava la domanda attrice e il G. proponeva appello al quale resistevano i 22 convenuti. La Corte di Appello di Trento con sentenza del 10/1/2005 rigettava l'appello rilevando - che il D.M. 1444/1968 articolo 9 , invocato dall'appellante, non trovava applicazione perché la materia delle distanze era regolata dalla legge provinciale emanata in forza di potestà legislativa riservata e perché, comunque, l'articolo 9 del citato D.M. non trovava applicazione nei rapporti tra privati - che il piano di attuazione della zona di espansione, approvato dalla Giunta Provinciale, sulla cui base era stata rilasciata la concessione edilizia era conforme alla legislazione provinciale e, in particolare all'articolo 38 L.P. n. 13/1987 che ribadiva precedente normativa per il quale per le costruzioni in fregio a strade o piazze pubbliche le distanze dal confine di zona e dagli edifici prospicienti sono stabiliti nel piano di attuazione - che l'edificio era stato eretto in fregio a strada pubblica a confine di zona e che il piano di attuazione, in deroga alla norma che faceva corrispondere la distanza all'altezza, prevedeva una distanza di mt. 11,90 della nuova costruzione dal confine di zona, così che la nuova costruzione, distante mt. 16,80 dalla villa dell'attore, non violava le norme in materia di distanze, tenuto conto che la distanza superava ampiamente quella di dieci metri prevista in via generale dalle norme di attuazione - che la disposizione derogatoria rispetto al criterio della corrispondenza della distanza minima con l'altezza, era correttamente applicata perché non occorreva la preesistenza della strada rispetto alla costruzione G G. propone ricorso fondato su tre motivi e deposita memoria. Resistono con controricorso i condomini convenuti e depositano memoria. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente deduce la violazione dell'articolo 9 D.M. 1444/1968 con riferimento all'articolo 8 DPR 670/1972 censurando la sentenza di appello nella parte in cui esclude l'applicazione del predetto D.M. ritenendo che la materia delle distanze sarebbe disciplinata dalla legge provinciale. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce nuovamente la violazione dell'articolo 9 citato quanto alla ritenuta non immediata applicabilità della norma ai rapporti tra privati. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l'errata interpretazione dell'articolo 38 della legge provinciale n. 13 del 1997 da parte del giudice di appello perché ha ritenuto che la disposizione derogatoria per la quale per le costruzioni in fregio a strade o piazze pubbliche le distanze dal confine di zona e dagli edifici prospicienti sono stabiliti nel piano di attuazione non avrebbe potuto applicarsi in quanto la norma si riferirebbe solo all'ipotesi di strada già esistente e non semplicemente prevista nel piano di attuazione e sostiene che la norma derogatoria di cui alla legge provinciale, la porrebbe in contrasto con l'articolo 41 quinquies L. 1150/1942. 4. I tre motivi, complessivamente considerati, si risolvono nell'unitaria censura in merito alla normativa applicabile e, individuata la normativa, nella censura oggetto del terzo motivo dell'interpretazione, sostenuta dal giudice di appello secondo la quale il piano di attuazione che ha permesso il rilascio della concessione edilizia ad esso conforme può derogare al criterio del rapporto tra distanza e altezza per costruzioni in fregio a strade o piazze pubbliche, anche se le piazze o strade pubbliche in fregio alle quali dovrebbero trovarsi le nuove costruzioni non sono già esistenti, ma ancora da costruire. 5. È preliminarmente opportuna una ricognizione del quadro normativo di riferimento. In tema di distanze tra costruzioni, l'articolo 9, secondo comma, del d.m. 2 aprile 1968 essendo stato emanato su delega dell'articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 c.d. legge urbanistica , aggiunto dall'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ha efficacia di logge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità, altezza e anche di distanza tra i fabbricati prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi ai quali si sostituiscono per inserzione automatica ne consegue che norme regolamentari contrastanti non possono essere applicate Cass. S.U. 7/7/2011 n. 14953 Cass. S.U. i/7/1997 n. 5889 . La legge provinciale non può porsi in contrasto con i principi generali dell'ordinamento e la disciplina sulle distanze tra fabbricati è materia inerente all'ordinamento civile e pertanto in ipotesi di contrasto la legge provinciale dovrebbe essere rimessa alla valutazione della Corte Costituzionale. L'articolo 38 della legge provinciale di Bolzano n. 13 del 1997 disciplina il contenuto del piano di attuazione e al primo comma stabilisce che Le distanze degli edifici dai confini della zona e dagli edifici esistenti al di fuori della zona sono stabilite con piano di attuazione cosi sostituito dall'articolo articolo 10 L.P. 2/7/2007 n. 3 . Nel testo vigente all'epoca della sentenza impugnata al quale quindi, ratione temporis doveva conformarsi il piano di attuazione stabiliva che Le distanze dagli edifici esistenti al di fuori della zona non possono essere inferiori all'altezza dell'edificio più alto, salvo costruzioni in aderenza. Per costruzioni in fregio a strade o piazze pubbliche le distanze dal confine di zona e dagli edifici prospicienti o l'allineamento sono stabiliti nel piano di attuazione. L'ultimo comma dell'articolo 9 del D.M. 1444/1968 prevede che qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all'altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all'altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche. Appare dunque evidente che la stessa norma statale consente una deroga in riduzione rispetto alla regola che impone il rispetto di una distanza non inferiore all'altezza dell'edificio prospiciente tale deroga è consentita se prevista in strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo e unitario di una data zona del territorio in ciò ravvisandosi un interesse pubblico prevalente. Al riguardo, infatti, questa Corte ha già avuto occasione di affermare il principio secondo il quale in tema di distanze nelle costruzioni, stante la sostanziale identità tra piano regolatore e programma di fabbricazione, già affermata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 23 del 1978, anche nei comuni dotati di regolamento edilizio con annesso programma di fabbricazione é legittimo adottare, in attuazione di quest'ultimo, strumenti più dettagliati volti a disciplinare l'attività urbanistico-edilizia in particolari zone del territorio comunale, secondo uniformi criteri planovolumetrici, organici e funzionali, adeguati alla specificità di singoli settori urbani in tali casi, siffatti strumenti attuativi possono legittimamente derogare alle prescrizioni generali sulle distanze contenute nell'articolo 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444 Cass. sez 2 7/1/2010 n. 56 . Norma derogatoria identica e con identica finalità è contenuta nella legge provinciale di Bolzano aggiornata nel 2007 che rinvia, per la distanza, alla disciplina contenuta nello strumento urbanistico attuativo e tale deve considerarsi il piano di attuazione che, ai sensi dell'articolo 38 L.P., deve contenere, tra l'altro, la rappresentazione in scala non inferiore a 1 500 della situazione preesistente comprendente la delimitazione della zona, l'utilizzazione preesistente, la planivolumetria degli edifici esistenti all'interno della zona e di quelli circostanti la zona. L'articolo 38 L.P. nella previgente formulazione, per la quale si delegava al piano di attuazione la disciplina delle distanze solo per il caso di costruzioni in fregio a strade o piazze pubbliche, era ancor più restrittivo della più recente versione delimitando le ipotesi di derogabilità e, quindi, neppure tale norma entrava in conflitto con la norma statale. 6. Nella fattispecie e con riferimento alla censura di cui al terzo motivo di ricorso si verifica il caso di una strada pubblica prevista in un piano di attuazione la mera previsione dell'apertura di una strada pubblica non sarebbe sufficiente a produrre una modificazione immediata del regime dei diritti immobiliari privati e ad esimere il proprietario dal rispetto delle distanze legali dovendo il regime derogatorio trovare giustificazione in un interesse pubblico prevalente, concreto e attuale e pertanto occorre la concreta destinazione del suolo a strada pubblica, cfr. Cass. 25/11/1993 n. 11673 . Nella sentenza impugnata si afferma che la strada pubblica non deve preesistere alla costruzione dell'edificio perché sia applicabile il regime derogatorio quanto alle altezze. Tale conclusione merita parziale censura. È pur vero che la preesistenza rispetto alla costruzione che si avvantaggia del regime derogatorio quanto alle altezze non risulta dalla normativa e non sarebbe neppure logica e coerente con la finalità pubblica una interpretazione nel senso sostenuto dal ricorrente, posto che, dovendosi procedere all'urbanizzazione di un territorio da edificare, non si vede per quale ragione si dovrebbero prendere in considerazione solo le strade pubbliche già esistenti. Tuttavia, per il principio sopra richiamato ossia la necessità della concreta destinazione del suolo a strada pubblica perché il regime derogatorio possa giustificarsi per un interesse pubblico solo la concreta realizzazione della strada pubblica o, quanto meno l'inizio della sua realizzazione determinano la modifica del regime giuridico in tema di distanze sul territorio percorso dalla strada e pertanto non è sufficiente, per applicare il regime derogatorio quanto alle distanze, affermare che la strada non debba essere preesistente essendo invece necessario che la disciplina dell'attività urbanistico edilizia per la singola zona di intervento di cui al piano di attuazione, sia in concreto realizzata o in corso di realizzazione. La normativa come sopra interpretata, deve essere applicata, quindi, non solo sulla base del principio della non necessità della preesistenza della strada rispetto alla costruzione, ma nel senso che la legittimità dell'edificazione, con riferimento all'altezza e al rispetto delle distanze stabilite del piano di attuazione è condizionata all'accertamento che la strada pubblica prevista dal piano di attuazione sia già stata realizzata o sia in corso di realizzazione al momento in cui il fabbricato è ultimato nelle sue componenti strutturali essenziali e tale principio di diritto è chiamato ad applicare il giudice del rinvio. Entro questi limiti e in applicazione dei suddetti principi il terzo motivo di ricorso deve essere accolto, con assorbimento degli altri motivi. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Trento che provvederà anche sulle spese di questo giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie nei limiti di cui in motivazione il terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Trento.