Tavolini del bar nel cortile, nessun uso improprio della cosa comune. Illegittima la delibera di revoca del permesso

Autorizzazione prima concessa, poi revocata. Ma l’abuso va dimostrato. Secondo i giudici, collocazione, spazio e tempo dell’occupazione permettono comunque a tutti i condomini di fruire dello spazio.

Il bar ‘invade’ il cortile comune, ‘occupandolo’ con alcuni tavolini, tutto come da permesso ad hoc concesso dal condominio. Ma la successiva revoca, ufficializzata con una delibera, si rivela non legittima. Perché essa non può fondarsi semplicemente – chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 869, seconda sezione civile, depositata oggi – sul richiamo a un presunto, generico abuso del condomino. Bar sì, bar no. Prima il permesso concesso a una società immobiliare – che riveste i panni di condomino – per l’utilizzo di una porzione del cortile comune, occupata da tavolini da bar, e poi, a distanza di qualche anno, la revoca, messa nero su bianco con una deliberazione dell’assemblea. Ma è proprio questa la miccia che fa esplodere la battaglia legale Con il Giudice di Pace che conferma la delibera, in prima battuta, e con il Tribunale che, invece, in seconda battuta, la dichiara illegittima. Di conseguenza, l’uso di un ‘pezzo’ di cortile può essere ulteriormente proseguito nel tempo. Nessun abuso. Eppure il condominio rivendica, nuovamente, la fondatezza della delibera adottata, attestando un abuso da parte del condomino nell’utilizzo di una cosa comune, ovvero l’area del cortile. Elemento centrale, in questa ottica, è il richiamo a un presunto comportamento, avallato dal giudice di secondo grado, consistito nell’appropriazione di un’area comune per fini di utilità esclusiva . Per i giudici della Cassazione, però, non è neanche ipotizzabile parlare di abuso. Non a caso, viene pienamente condivisa la ricostruzione compiuta dal Tribunale, e quindi l’affermazione che collocazione dei tavolini, limitatezza dello spazio e del tempo dell’occupazione non rappresentano un uso improprio della cosa comune, tale da alterarne la destinazione o da menomare la possibilità di fruizione da parte degli altri condomini . Di conseguenza, la delibera viene considerata illegittima, e il ricorso del condominio viene respinto. Anche perché proprio il condominio non ha spiegato le ragioni della deliberazione in questione , fermandosi a un generico richiamo all’ autonoma decisione di un condomino di accorpare, in via esclusiva, un’area comune per finalità esclusiva .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 19 ottobre 2011 – 23 gennaio 2012, n. 869 Presidente Oddo – Relatore Bucciante Svolgimento del processo Con sentenza n. 194/2004 il Giudice di pace di Desio ha respinto l’impugnazione proposta dalla s.n.c. Immobiliare Ferravilla avverso la deliberazione con cui l’assemblea del condominio S.Angelo 2 aveva deciso di confermare la revoca del permesso, concesso nel 1991 all’attrice, di occupare una porzione del cortile comune con tavolini da bar. Adito con appello principale dalla s.n.c. Ferravilla e incidentale dal condominio S. Angelo 2, il Tribunale di Monza – sezione distaccata di Desio, con sentenza n. 125/2005, in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato illegittima la deliberazione in questione. Il condominio S. Angelo 2 ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. La s.n.c. Immobiliare Ferravilla non ha svolto difensive nel giudizio di legittimità. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso il condominio S. Angelo 2 lamenta che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la competenza in ordine alla domanda proposta dalla s.n.c. Immobiliare Ferravilla spettasse al giudice di pace, così confermando il rigetto della relativa eccezione, che già era stata sollevata e disattesa in primo grado. La doglianza non è fondata, poiché la materia del contendere dedotta in giudizio dalla società attrice concerne le modalità di uso di una cosa comune, come l’area condominiale oggetto della causa, in ordine alla quale si discute tra le parti se possa essere – o non – utilizzata per la collocazione di tavolini. SI verte dunque nell’ipotesi di cui all’art. 7, 3° comma, n. 2 c.p.c. cfr. Cass 28 giugno 1995 n. 7295, pronunciata con riferimento a una fattispecie analoga a quella ora in considerazione. Con il secondo motivo di ricorso il condominio S. Angelo 2 ribadisce la tesi, già prospettata nel giudizio a quo e respinta dal Tribunale, secondo cui la s.n.c Immobiliare Ferravilla, avendo dato in locazione a un terzo il proprio locale, era priva di legittimazione attiva. L’assunto non è condivisibile, poichè il potere di impugnare le deliberazioni condominiali compete, per il disposto dell’art. 1137 c.c., ai titolari di diritti reali sulle singole unità immobiliari, salvo che nella particolare materia dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria, per la quale la decisione e conseguentemente la facoltà di ricorrere al giudice, sono attribuite ai conduttori v. Cass 18 agosto 1993 n. 8755 . Con il terzo motivo di ricorso il condominio S Angelo 2 sostiene che il giudice di secondo grado ha ingiustificatamente avallato un comportamento consistito nell’approvazione di un’area comune per fini di utilità esclusiva. Neppure questa censura può essere accolta. Nella sentenza impugnata sono stati esposti i numerosi elementi che hanno indotto il Tribunale ad escludere che la collocazione dei tavolini in questione, per la limitatezza dello spazio e del tempo dell’occupazione, costituisca un uso improprio della cosa comune, tale da alterarne la destinazione o da menomarne la possibilità di fruizione da parte degli altri condomini il che del resto – ha osservato ancora il Tribunale – neppure era stato dedotto dal condominio, il quale anche in giudizio non aveva spiegato le ragioni dell’adozione della deliberazione in questione. A questi argomenti il ricorrente null’altro ha opposto, se non la generica affermazione secondo cui si era trattato nella specie della autonoma decisione di un condomino di accorpare in via esclusiva un’area comune per finalità esclusiva”, né ha mosso contestazioni di sorta circa l’esattezza di quanto sul punto si legge nella sentenza impugnata, sicchè la doglianza in esame difetta del tutto del requisito della specificità. Il ricorso viene pertanto rigettato. Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale la s.n.c. Immobiliare Ferravilla non ha svolto attività difensive. Dispositivo La Corte rigetta il ricorso.