Il Centro medico non paga il Comune. Non è moroso: mancano le autorizzazioni della Regione

Il mancato versamento del canone di locazione non costituisce inadempimento, se il contratto subordina il pagamento della prima rata al rilascio delle autorizzazioni necessarie.

La clausola che subordina il pagamento della prima rata del canone di locazione di un immobile al rilascio delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio della nuova destinazione da parte della Regione non è una condizione meramente potestativa ed è dunque legittima. Così afferma la Terza sezione Civile della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26717/11, depositata il 13 dicembre scorso. Il caso. Una s.r.l. stipula con il Comune un contratto di locazione avente ad oggetto un immobile destinato a carcere. L’intenzione della s.r.l. è quella di allestire un centro medico previo mutamento di destinazione. Le rate del canone, però, non vengono pagate e l’amministrazione comunale si rivolge al giudice al fine di ottenere lo sfratto per morosità. Il Tribunale rigetta la richiesta del Comune e l’appello conferma la decisione di primo grado. Si arriva quindi in Cassazione. Il contraente che non paga in presenza di una condizione sospensiva non è moroso. Il contratto, in un articolo, prevede espressamente la subordinazione del pagamento della prima rata del canone al rilascio da parte della Regione delle autorizzazioni necessarie per l’esercizio della nuova destinazione. La decisione dei giudici di merito è dunque corretta. Nessun inadempimento è imputabile al Centro medico, non essendosi verificate le condizioni previste dal contratto. Il fatto poi che l’amministrazione abbia prodotto in appello una certificazione dei vigili urbani, attestante l’inizio delle attività da parte del Centro, non può essere esaminata in quanto tardiva. È legittimo subordinare il pagamento della rata al rilascio delle autorizzazioni. Uno degli argomenti proposti dal Comune a sostegno della sua richiesta è quello secondo il quale la clausola in questione debba essere considerata una condizione meramente potestativa e, come tale, idonea a rendere nulla l’alienazione del diritto. I giudici, però, hanno stabilito che il motivo del ricorso risulta infondato nella parte in cui interpreta la clausola come condizione sospensiva rimessa, per il mutamento della destinazione, a provvedimenti autorizzativi a discrezionalità vincolata e nel pubblico interesse, e dunque perfettamente valida e funzionale alla operatività del centro medico . La delibera regionale che subordina il funzionamento della struttura ad ulteriori verifiche posticipa i tempi di adempimento. A nulla vale poi l’obiezione del Comune che rileva l’esistenza di una delibera della Giunta regionale in merito, dato che la decisione dell’organo territoriale è stata quella di subordinare il funzionamento del presidio a verifiche ed accertamenti dell’azienda sanitaria di competenza, con il risultato di procrastinare i tempi di adempimento in ordine al pagamento del canone. Da ultimo, nel confermare la tardività della produzione del certificato dei vigili urbani, la Corte ha precisato come, in ogni caso, questa documentazione sia comunque inidonea ad attestare la verifica dell’iter amministrativo ben potendo il Centro essere stato aperto contra legem .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 novembre – 13 dicembre 2011, numero 26717 Presidente Trifone – Relatore Petti Svolgimento del processo 1. La Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 5 agosto 2009 ha rigettato lo appello dell'amministrazione comunale di Soveria Mannelli e confermato la decisione del tribunale di Lamezia Terme del 11 giugno 2008 che aveva rigettato le domande del Comune locatore nei confronti del conduttore Medical Sport Center s.r.l Per quanto ancora qui interesse la Corte osservava che il contratto stipulato tra le parti in data 11 novembre 1998 prevedeva il mutamento di destinazione dell'immobile, sito in località XXXXXXXX e destinato a carcere in una nuova struttura medico sanitaria. L’art. 6 del contratto espressamente subordinava il pagamento della prima rata del canone al rilascio da parte della Regione delle autorizzazioni necessarie per l'esercizio della nuova destinazione. Riteneva la Corte che nessun inadempimento era imputabile al Centro medico non essendosi verificate al tempo della decisione le condizioni previste dal contratto e che non poteva esaminarsi, in quanto tardiva, una certificazione dei vigili del fuoco attestante che il Centro aveva iniziato la sua attività. Contro la decisione ricorre il Comune deducendo tre motivi di censura illustrati da memoria, resiste la controparte con controricorso. Motivi della decisione 2. Il ricorso non merita accoglimento in ordine ai motivi dedotti per chiarezza espositiva se ne offre una sintesi illustrativa ed a seguire la confutazione in diritto. 3.SINTESI DEI MOTIVI. Nel Primo motivo di ricorso si deduce il vizio della motivazione su punto decisivo in relazione alla interpretazione della condizione di cui allo art. 6 del contratto, che il comune ricorrente ritiene verificata sin dal 26 aprile 1999 allorché la Regione autorizzava l'apertura della struttura si aggiunge l 'error in iudicando per la violazione degli artt. 1362 e 1355 c.c. ove la condizione dovesse rivelarsi di natura meramente potestativa e come tale non validamente apposta. Nel Secondo motivo si deduce error in iudicando per violazione di legge o per mancata applicazione del disposto di cui allo art. 1355 c.c. alla clausola 6 del contratto. Nel terzo motivo si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell'art. 345 terzo comma c.p.c. ed il vizio della motivazione su punto decisivo in relazione alla produzione, ritenuta tardiva, in appello del certificato dei vigili urbani attestante la operatività del centro medico produzione avvenuta alla udienza del 17 luglio 2009. 4.CONFUTAZIONE IN DIRITTO. Il primo motivo del ricorso risulta in parte infondato ed in parte inammissibile. Risulta infondato nella parte in cui interpreta la clausola come condizione sospensiva rimessa, per il mutamento della destinazione, a provvedimenti autorizzativi a discrezionalità vincolata e nel pubblico interesse, e dunque perfettamente valida e funzionale alla operatività del centro medico sportivo. In relazione al mancato pagamento del canone osservava che la delibera della Giunta regionale del 26 aprile 1999 subordinava il funzionamento del presidio a verifiche ed accertamenti della azienda sanitaria di competenza, con la conseguenza di procrastinate i tempi di adempimento in ordine al pagamento del canone. Non sussiste dunque alcun vizio di motivazione né errata applicazione di legge, peraltro dedotta per la prima volta e in termini innovativi rispetto alle difese svolte nella fase del merito, come si evince dalle conclusioni riprodotte nella epigrafe della sentenza di appello. Inammissibile per la novità della questione è il secondo motivo, per le ragioni appena sopra dette. Manifestamente infondato il terzo motivo fondato sulla produzione tardiva di una documentazione peraltro inidonea ad attestare che l'iter amministrativo si fosse verificato, ben potendo la apertura essere contra legem , e comunque il motivo introduce un mutamento della linea difensiva che invece deduceva, in relazione allo sfratto per morosità, lo inadempimento a far data da aprile dicembre 1995, e cioè ad un riferimento temporale in ordine al quale lo inadempimento stesso risulta escluso. La Corte di appello ha dunque correttamente deciso allo stato degli atti ed in ordine al devolutum originario. Al rigetto del ricorso segue la condanna della amministrazione ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, in favore del Medical Center Sport srl, nella misura indicata nel dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la amministrazione comunale Soneria Mannelli a rifondere al Medical Center Sporto le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 5200.00 di cui Euro 200.00 per spese oltre accessori e spese generali come per legge.