Inquilino moroso e pronto a rimediare ma il locatore rifiuta i vaglia, nessuna risoluzione del contratto

Respinte le richieste del proprietario dell’appartamento. Decisiva la valutazione dell’esiguità dei canoni arretrati non pagati e l’intenzione di recuperare subito l’inadempimento. All’affittuario non è addebitabile una condotta colposa tale da portare allo sfratto.

Canoni di affitto arretrati da recuperare, ma risoluzione del contratto di locazione non ipotizzabile. Nessuna connessione logica tra i due elementi, se – come chiarisce la Cassazione, con sentenza numero 26709/2011, Terza sezione Civile, depositata oggi – l’inadempimento dell’inquilino in affitto è non grave, e accompagnato anche dalla evidente intenzione di porvi subito rimedio. Sotto sfratto. Il ‘la’ alla vicenda arriva con l’intimazione di sfratto proposta dal proprietario dell’immobile all’inquilino, e legata al mancato pagamento di alcuni canoni di locazione. Ma, in un’aula di giustizia, le richieste del locatore sono accolte solo parzialmente così, sia in primo che in secondo grado, si arriva alla condanna del locatario al pagamento dei canoni scaduti e non pagati fino alla data dell’effettivo rilascio dell’appartamento. Soluzione soddisfacente? Non per il proprietario dell’immobile, condannato, dal canto suo, a pagare due terzi delle spese di lite Rivalutare? È proprio il locatore, difatti, a presentare ricorso per cassazione. Obiettivo è ottenere un ‘aggiornamento’ della pronuncia emessa in Appello, e, soprattutto, una rivalutazione della condizione di morosità dell’inquilino e del relativo comportamento tenuto sia prima che dopo l’intimazione di sfratto. Colpa e gravità. Le considerazioni che hanno caratterizzato la decisione della Corte d’Appello, però, vengono condivise anche dai giudici della Cassazione. L’orizzonte, da questo punto di vista, è limpido esigua la morosità perché riferita ad appena due canoni non provati ulteriori inadempimenti del conduttore nel corso del rapporto, anche perché la produzione dei vaglia postali e delle attestazioni del rifiuto di riceverli, da parte del locatore, dimostrava una seria e reiterata volontà di sanare la morosità infine, l’inadempimento in ordine ad un solo canone di locazione, alla data di notifica dell’atto di intimazione di sfratto, non è talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto . Conseguenziale è la valutazione, dei giudici di piazza Cavour, sul fatto che la colpevolezza e la gravità dell’inadempimento non fossero evidenti. Valutazione, questa, che viene così chiarita per aversi grave inadempimento, tale da legittimare la risoluzione del contratto di locazione bisogna tener presenti non solo la scadenza dei canoni, non solo il loro importo, ma anche il comportamento della parte inadempiente che, nel caso in esame, è stato ritenuto esente da qualsiasi condotta colposa tale da determinare la risoluzione essendo verificato un equilibrato bilanciamento tra il legittimo diritto del locatore alla puntuale prestazione del conduttore e il legittimo del diritto del conduttore a non vedersi risolto il contratto, in mancanza di una sua colpa generatrice di grave inadempimento . Alla luce di questi elementi, la decisione della Corte di Cassazione è di rigettare il ricorso del proprietario dell’immobile, confermando la pronuncia emessa in Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 9 novembre – 13 dicembre 2011, numero 26709 Presidente Trifone – Relatore Uccella Svolgimento del processo Il 27 giugno 2009 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza 2O febbraio 2OO7 del Tribunale di Palermo - sezione distaccata di Partitico -, appellata da N. V., quale procuratore generale di A. L.G., che in accoglimento parziale della domanda introdotta dal V. nei confronti di V. D. C. con intimazione di sfratto del 22 giugno 2005 condannava il D. C. al pagamento dei canoni di locazione scaduti e non pagati dal maggio 2005 fino alla data dell'effettivo rilascio, ad eccezione della mensilità relativa al mese di settembre 2005, con interessi legali dalla data delle singole scadenze dei canoni al saldo rigettava tutte le altre domande formulate dal V. e , tra l'altro,condannava il V. al pagamento dei due terzi delle spese di lite. Avverso siffatta decisione propone ricorso per cassazione il V., affidandosi a sei motivi. Non risulta aver svolto attività difensiva l'intimato L.G Il Collegio ha raccomandato motivazione semplificata. Motivi della decisione 1. – Osserva il Collegio che il primo motive violazione e falsa applicazione dell'articolo 1453, 1455 e1460 c.c., in relazione all’articolo 360 comma l numero 3 c.p.c. è inammissibile perché il relativo quesito di diritto non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata v.p.21 ricorso . Infatti, contrariamente a quanto in esso si assume essere oggetto della decisione, la morosità pregressa alla intimazione e quella maturatasi per il periodo successivo fino alla consegna dell'immobile e comunque protrattasi fino alla fine del giudizio, sono state valutate dal giudice dell'appello. Questi, infatti, ha ritenuto a esigua la morosità sussistente perché riferita ad appena due canoni, di cui uno, quello di giugno, alla data dell'intimazione del 22 giugno 2005 non ancora scaduto b non provati ulteriori inadempimenti del conduttore nel corso del rapporto anche perché la produzione dei vaglia postali e delle attestazioni del rifiuto di riceverli da parte del locatore dimostrava una seria e reiterata volontà di sanare la morosità c quindi l’inadempimento in ordine ad un solo canone di locazione, alla data di notifica dell'atto di intimazione di sfratto, non è talmente grave da giustificare la risoluzione del contratto p.4 sentenza impugnata . Restano, quindi,assorbiti il secondo violazione e falsa applicazione degli articolo 1197-1182-1227 e 1220 c.c. nonché dell'articolo 3 del contratto di locazione in relazione all'articolo 360 comma 1 n 3 c.p.c e il terzo violazione e falsa applicazione dell'articolo 1220, 1453, 1181, 1182 c.c., nonché dell'articolo 3 del contratto di locazione in relazione all'articolo 360 comma l numero 3 c.p.c. , mentre il quarto omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c. è da rigettare per le superiori considerazioni, così come è da rigettare il quinto dalla medesima intitolazione del quarto, ma sotto altro profilo in quanto il giudice dell'appello ha valutato anche il comportamento del conduttore successivo alla proposizione della domanda e di cui tratta il quesito a p.41 del ricorso 2. -In merito al sesto motivo, con cui si denuncia in sostanza, omessa pronuncia sul fatto che il conduttore non avrebbe mai pagato il canone relativo al mese di settembre 2005 né la copia del vaglia prodotta avrebbe potuto costituire prova a suo favore, osserva il Collegio che la censura va disattesa per le seguenti considerazioni. Infatti, pur non espressamente menzionando la censura proposta in appello, il giudice del merito, nella trattazione congiunta dei motivi terzo, quarto e quinto e di cui l’attuale doglianza costituiva, secondo la sentenza impugnata, il terzo - v. p. 8 sentenza impugnata ha esaminato la condotta unitaria della parte al fine di trarne elementi circa la colpevolezza e la gravità dell'inadempimento e in questa valutazione unitaria ha ritenuto che in effetti tale gravità non sussistesse. Peraltro, anche se si volesse ritenere che il giudice non si sia nemmeno implicitamente pronunciato sulla doglianza dedotta ritualmente, più che di omessa pronuncia, atteso il complesso argomentare che si rinviene nella sentenza impugnata si tratterebbe di errore revocatorio non ammissibile in questa sede e, comunque, di omissione che non viene ad incidere sul convincimento del giudice a quo secondo il quale sulla base di tutti gli altri elementi acquisiti la condotta del conduttore anche successiva alla intimazione, non integrava affatto grave adempimento. Si tratta, comunque si intenda affrontare la censura in questa sede, di valutazione in fatto che sfugge al sindacato della Corte, in quanto la motivazione si fonda sull'inadempimento di appena due canoni qualora si dovesse ricomprendere quello di settembre, ma per inconcessum per quanto sopra detto , perché quello di giugno all'epoca della notifica della intimazione non era ancora scaduto. E ciò va detto anche in linea di principio, nel senso che per aversi grave inadempimento tale da legittimare la risoluzione del contratto di locazione la valutazione non può essere settoriale e fatta per compartimenti-stagno, ma va attuata avendo presente non solo la scadenza dei canoni, non solo il loro importo, ma anche il comportamento della parte inadempiente che, nel caso in esame, è stato ritenuto esente da qualsiasi condotta colposa tale da determinare la risoluzione, operandosi un equilibrato bilanciamento tra il legittimo diritto del locatore alla puntuale prestazione del conduttore e il legittimo diritto del conduttore a non vedersi risolto il contratto, in mancanza di una sua colpa generatrice di grave inadempimento. Ne consegue, inoltre, il rigetto della richiesta di rideterminazione del governo delle spese di lite effettuato in sede di merito, ma nulla va disposto sulle spese in merito al presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.