Esclusa l’adottabilità del minore se legato ai genitori in difficoltà

Evidenti le carenze di madre e padre. Questo dato viene però bilanciato dal legame tra loro e il figlio, mostratosi attaccato particolarmente alla figura materna. Per salvaguardare il minore, comunque, è confermato l’affidamento eterofamiliare.

L’attaccamento del figlio ai genitori biologici è elemento decisivo per escludere l’ipotesi dell’adozione. Pur a fronte delle difficoltà manifestate da padre e madre, la soluzione migliore è l’ affidamento eterofamiliare con la prospettiva di consentire al minore di relazionarsi sempre di più coi genitori biologici Cassazione, ordinanza n. 9456/21, sez. I Civile, depositata il 9 aprile . In prima battuta il Tribunale per i minorenni dichiara l’adottabilità del minore – Paolo, nome di fantasia –, ritenendo evidente l’inadeguatezza dei due genitori. Su questo fronte, in particolare, vengono evidenziati alcuni elementi l’esistenza di altri due figli della coppia, posti in affido eterofamiliare a causa di gravi incapacità materne l’esistenza di gravi carenze genitoriali della madre nella relazione con il piccolo Paolo durante tutta la permanenza in comunità che ha ospitato madre e figlio per un anno e mezzo le relazioni scritte attestanti che la madre non sa organizzarsi per soddisfare i bisogni primari del figlio, non modifica i comportamenti nonostante le segnalazioni degli educatori, continua ad essere in difficoltà nel riconoscere i bisogni del bambino, non comprende le richieste dei medici di approfondimenti diagnostici per capire meglio il ritardo nello sviluppo del minore, e solo se sollecitata segue le indicazioni degli educatori ma non sa prevenire i pericoli cui può essere esposto il bambino . In aggiunta, poi, viene rilevato che il figlio ha instaurato con la madre un attaccamento di natura insicura ed ambivalente a causa della ripetuta imprevedibilità della figura materna . A completare il quadro, infine, la personalità insicura ed immatura del padre che ha dimostrato scarse risorse genitoriali . Di parere diverso, invece, i Giudici d’Appello, che revocano lo stato di adottabilità. Questa decisione viene poggiata su una considerazione complessiva sì, riconoscono i Giudici, la madre ha mostrato elementi di inadeguatezza genitoriale ed il minore deve trovare una condizione abitativa e di vita esterna alla comunità stessa ma, aggiungono, non possono riscontrarsi nei comportamenti censurati gli estremi del grave ed irreversibile abbandono morale del minore, non risultando le incapacità evidenziate irrimediabili e tali da rendere impossibile un progetto di sostegno al bambino che non passi per un suo allontanamento definitivo . A favore della madre la constatazione che non ha mai lasciato la comunità ed il figlio mentre ha mostrato uno stile di attaccamento sicuro e di possedere strategie di adattamento adeguate, pur facendo fatica ad identificarsi con il bambino ed apparendo scarsamente consapevole dei propri limiti e difficoltà . Per quanto concerne il padre, invece, è emerso che dopo un lungo periodo di dipendenza dal gioco ha assunto un comportamento regolare, e pur apparendo come una persona dotata di un pensiero immaturo e deficitario non è affetto da disturbi gravi di personalità o psichiatrici . Per i Giudici d’Appello, quindi, entrambi i genitori sono in grado di entrare in relazione affettiva con il figlio che, peraltro, è fortemente interessato alla relazione con la madre e con il padre . Ciò significa che la situazione, pur presentando criticità, non richiede l’irreversibile interruzione di ogni relazione del minore con i genitori, potendosi prevedere un intervento di sostegno alla funzione genitoriale anche se di periodo non breve ed anche il mantenimento eventuale del minore in famiglia affidataria . A contestare la decisione di secondo grado con cui è stata revocata l’adottabilità – pur mantenendo la provvisoria sospensione della responsabilità genitoriale e l’interruzione dei rapporti con i genitori ed i parenti ed il mantenimento del minore nella famiglia affidataria – è il curatore speciale del minore. A suo dire è illogico ritenere accertata l’ incapacità dei genitori , confermare il mantenimento del bambino presso la famiglia affidataria e revocare l’adottabilità , soprattutto tenendo presente che i genitori biologici non hanno dimostrato di aver recuperato capacità e competenze né sono in grado di offrire a Paolo uno stabile e adeguato contesto familiare, in tempi compatibili con le esigenze del minore . Queste osservazioni non convincono però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono invece corretto il ragionamento compiuto in Appello, laddove si è escluso che i due genitori biologici abbiano determinato una situazione di irreversibile abbandono , anche tenendo presenti l’importanza della relazione affettiva della madre con il minore, il sincero attaccamento al figlio e la conduzione di una vita finalmente regolare da parte del padre . In sostanza, entrambi i genitori sono stati in grado di entrare in relazione affettiva con il figlio e in particolare il padre è apparso maggiormente in grado di relazionarsi con il figlio . Inoltre, alcuni accertamenti peritali hanno consentito di appurare che la separazione di Paolo dalla madre può avere determinato uno stress intenso incidente sul rischio evolutivo, da compensare con cure sostitutive . Per quanto riguarda, infine, la presunta mancata indicazione di un progetto di recupero della genitorialità rivolto alla vita futura con il figlio minore , dalla Cassazione ribattono che il giudizio sullo stato d’abbandono non può essere determinato in via prevalente od esclusiva dalla capacità di proporre un progetto di vita futura con il minore, anche in relazione alla legge che prevede il sostegno pubblico alle situazioni di criticità in funzione del mantenimento delle relazioni genitoriali . Peraltro, in questa vicenda è emerso, osservano i Giudici, un nucleo positivo che esclude lo stato di abbandono, anche in relazione all’attaccamento del bambino ai genitori biologici, ed in particolare alla madre . Ciò non esclude, però, come deciso in Appello, la necessità di un intervento integrativo delle capacità genitoriali deficitarie, anche mediante l’affido eterofamiliare, ritenendosi comunque corrispondente all’interesse del minore la conservazione del legame affettivo e relazionale con i genitori .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 16 settembre 2020 – 9 aprile 2021, n. 9456 Presidente De Chiara – Relatore Acierno Fatti di causa e ragioni della decisione 1. Il Tribunale per i minorenni ha dichiarato lo stato di adottabilità del minore B.A. , figlio di E.G. e B.E. . A sostegno della decisione ha posto in evidenza l’esistenza di altri due figli dei reclamanti, nati nel [ ] e nel [ ], posti in affido eterofamiliare, a causa di gravi incapacità materne l’esistenza di gravi carenze genitoriali della madre, nella relazione con il piccolo A. , nato nel [ ], durante tutta la permanenza in comunità che ha ospitato madre e figlio per un anno e mezzo. In particolare, il Tribunale per i minorenni ha evidenziato che dalle relazioni dei servizi competenti emerge che la madre non sa organizzarsi per soddisfare i bisogni primari del figlio non modifica i suoi comportamenti nonostante le segnalazioni degli educatori continua ad essere in difficoltà nel riconoscere i bisogni del bambino non comprende le richieste dei medici di approfondimenti diagnostici per comprendere meglio il ritardo nello sviluppo del minore solo se sollecitata segue le indicazioni degli educatori ma non sa prevenire i pericoli cui può essere esposto il bambino ha instaurato con la madre un pattern di attaccamento ma anche con le educatrici ed il padre di natura però insicura ed ambivalente a causa della ripetuta imprevedibilità della figura materna. A questo quadro va aggiunta la personalità insicura ed immatura del padre che ha dimostrato scarse risorse genitoriali. Deve, in conclusione, escludersi la modificabilità in tempi compatibili con lo sviluppo del minore del quadro critico sopra delineato anche in considerazione dell’indisponibilità di entrambi i genitori a ricevere aiuto e sostegno educativo e psicologico. 2. Avverso tale pronuncia hanno proposto appello i genitori del minore rilevando che il padre conduce vita regolare e la madre è rimasta un anno e mezzo in comunità con il figlio fino a quando i rapporti non si sono interrotti a causa della decisione impugnata che i limiti cognitivi della madre sono stati illegittimamente ritenuti un profilo di responsabilità a lei ascrivibile che la valutazione del CTU è risultata fondata su dati astratti e si è trascurato il forte attaccamento del bambino ad entrambi i genitori non è stato tenuto in conto il legame con i fratelli più grandi. 3. La Corte d’Appello di Milano ha accolto l’impugnazione ed ha revocato lo stato di adottabilità sulla base delle seguenti argomentazioni la madre ha mostrato gli elementi di inadeguatezza genitoriale evidenziati nella sentenza impugnata ed il minore dovrà trovare una condizione abitativa e di vita esterna alla comunità stessa ma non possono riscontrarsi nei comportamenti censurati gli estremi del grave ed irreversibile abbandono morale del minore non risultando le incapacità evidenziate irrimediabili e tali da rendere impossibile un progetto di sostegno al bambino che non passi per l’allontanamento definitivo dallo stesso la madre pur non seguendo diligentemente i consigli e le indicazioni degli operatori, tuttavia non ha mai lasciato la comunità ed il proprio figlio al test Separation Anxiety ha mostrato uno stile di attaccamento sicuro di tipo B e di possedere strategie di coping adeguate, pur facendo fatica ad identificarsi con il bambino ed apparendo scarsamente consapevole dei propri limiti e difficoltà. Il padre dopo un lungo periodo di dipendenza dal gioco ha assunto un comportamento regolare e pur apparendo come una persona dotata di un pensiero immaturo e deficitario non è affetto da disturbi gravi di personalità o psichiatrici. Entrambi i genitori si sono rivelati in grado di entrare in relazione affettiva con il figlio ed il B. ha dimostrato di essere maggiormente in grado di relazionarsi con il figlio nelle ultime osservazioni. Il bambino del resto è fortemente interessato alla relazione con i genitori. 3.1 La situazione rappresentata pur presentando criticità non richiede l’irreversibile interruzione di ogni relazione del minore con i genitori potendosi prevedere di porre in essere un intervento di sostegno alla funzione genitoriale anche se di periodo non breve ed anche il mantenimento eventuale del minore in famiglia affidataria. Per queste ragioni l’adottabilità è stata revocata ma in attesa delle determinazioni da assumere ex art. 330 c.c. e ss. di spettanza del Tribunale per i minorenni L. n. 184 del 1983, ex art. 16 la Corte ha ritenuto necessario proseguire nella provvisoria sospensione della responsabilità genitoriale e nell’interruzione dei rapporti con i genitori ed i parenti ed il mantenimento del minore nella famiglia affidataria. 4. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il curatore speciale del minore avv. P.L.M. . Hanno resistito con controricorso i genitori del minore. 5. Nel primo motivo è stata dedotta la nullità della sentenza impugnata per violazione della L. n. 184 del 1983, art. 5, comma 1, così come modificato con la L. n. 73 del 2015 per difetto di convocazione della famiglia affidataria. 5.1. La censura deve essere disattesa. Nell’incipit del primo motivo di ricorso viene evidenziato che il minore è stato collocato presso la famiglia preadottiva . Questa affermazione, peraltro, è coerente con l’esito del giudizio di primo grado e con le prescrizioni che la stessa Corte d’Appello ha stabilito per il tempo necessario ad assumere le determinazioni più adeguate all’interesse del minore ex art. 330 c.c. di spettanza del Tribunale per i minorenni L. n. 184 del 1983, ex art. 16 . La norma prescrive, infatti, che ove non sussistano i presupposti per la pronuncia di adottabilità devono essere adottati i provvedimenti opportuni nell’interesse del minore dal Tribunale per i minorenni ex art. 330 c.c. Ne consegue l’inapplicabilità dell’art. 5 novellato dalla L. n. 173 del 2015, che impone la convocazione del genitore affidatario o della famiglia collocataria nel giudizio di adottabilità, ma solo ove si tratti dell’affidamento eterofamiliare e non di quello preadottivo, essendo la nuova previsione legislativa, L. n. 184 del 1983, art. da 2 a 5 collocata all’interno del sistema normativo che si occupa di questa forma di affidamento la quale si caratterizza per offrire un sostegno temporaneo al minore privo di un ambiente familiare idoneo senza tuttavia che vengano meno i rapporti con la famiglia di origine. Tuttavia, nell’art. 4, comma 4, è previsto che la durata iniziale dell’affidamento, di 24 mesi, possa essere prorogata dal Tribunale per i minorenni. È stata proprio la frequenza di affidamenti di lunga durata, dovuta al prolungarsi della situazione d’inidoneità dei genitori biologici, a determinare l’esigenza di un intervento legislativo a tutela dei cd. minori a rischio adozione e delle famiglie affidatarie che hanno instaurato una relazione di natura genitoriale con il minore stesso. La L. n. 173 del 2015 ha previsto che per questi minori sia prevista la loro partecipazione al giudizio perché possa essere rappresentato nel giudizio il punto di vista peculiare della famiglia affidataria in relazione agli interessi del minore e si tenga conto del grado di stabilizzazione della relazione che si è determinata e della qualità della stessa in relazione allo sviluppo equilibrato del minore. Al contrario, la famiglia presso la quale il minore è collocato in affidamento preadottivo, successivamente alla dichiarazione di adottabilità, ancorché non passata in giudicato, non ha rapporti con i genitori biologici, i quali sono privi della responsabilità genitoriale ed è legittimata a partecipare esclusivamente al giudizio di adozione, essendo a questo risultato finalizzata la collocazione in affidamento preadottivo. Un indice normativo ulteriore di questa netta divaricazione tra le due forme di affidamento in relazione alla partecipazione ai procedimenti che conducono all’adozione del minore, è l’art. 15, comma 2, ai sensi del quale è previsto e lo era anche prima della L. n. 73 del 2015 che sia sentito il rappresentante dell’istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato . La norma si riferisce testualmente a chi, ente pubblico, istituzione privata, o persona fisica abbia avuto in carico il minore prima che, con l’adottabilità, si proceda ad un mutamento dello status filiale, mediante una sequenza di cui segmento decisivo è l’affidamento preadottivo. 5.2 Deve in conclusione, essere rigettata la censura di nullità della pronuncia impugnata per non essere stata chiamata a partecipare ed a presentare memorie la famiglia che ha il minore in affido preadottivo. 6. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8 e ss. nonché il vizio di motivazione per avere la Corte ritenuto accertata l’incapacità genitoriale tanto da confermare l’interruzione dei rapporti tra il minore ed i suoi familiari e del mantenimento del bambino presso la famiglia affidataria. La decisione è illogica perché la Corte d’Appello pur avendo astrattamente fatto corretta applicazione dei principi in tema di accertamento dello stato di abbandono ha fondato la propria decisione su aspetti sentimentali e mere speranze di recupero. I genitori biologici non hanno dimostrato di aver recuperato capacità e competenze nè sono in grado di offrire ad A. uno stabile e adeguato contesto familiare, in tempi compatibili con le esigenze del minore stesso. 6.1. La censura non supera il vaglio di ammissibilità perché diretta a contestare il merito della valutazione svolta dalla Corte d’Appello sulla capacità genitoriale degli appellanti attraverso un giudizio alternativo ed opposto, fondato sulla valorizzazione di profili che il giudice del merito, pur esaminando, ha ritenuto incensurabilmente recessivi. La Corte ha escluso che i due genitori biologici abbiano determinato una situazione di irreversibile abbandono, evidenziando l’importanza della relazione affettiva della madre con il minore, il sincero attaccamento al figlio e la conduzione di una vita finalmente regolare da parte del padre. Entrambi, secondo il giudizio insindacabile della Corte territoriale, perché esaurientemente e coerentemente argomentato, sono stati in grado il riferimento temporale è all’ultima relazione dell’ OMISSIS di entrare in relazione affettiva con il figlio, rilevando in particolare che il padre è apparso maggiormente in grado di relazionarsi con il figlio. La Corte ha infine rilevato, fondandosi sugli accertamenti peritali, che la separazione di A. dalla madre possa determinato uno stress intenso incidente sul rischio evolutivo, da compensare con cure sostitutive. Peraltro la Corte ha anche sottolineato le criticità dei genitori biologici operando un bilanciamento del complessivo materiale probatorio non sindacabile in sede di giudizio di legittimità. 7. Nel terzo motivo viene censurata sia sotto il profilo della violazione di legge che dell’omesso esame di un fatto decisivo relativo alla mancata elaborazione e rappresentazione di un progetto di recupero della funzione genitoriale da parte degli appellanti. Ha sottolineato la parte ricorrente che l’assenza di progettualità è stata così evidente da indurre la Corte a rimetterla all’autorità giudiziaria mediante le prescrizioni consequenziali alla revoca dell’adottabilità. Anche questa censura deve ritenersi inammissibile in quanto diretta come la precedente a sostituire al giudizio comparativo svolto dalla Corte d’Appello propri indicatori valutativi della capacità genitoriale degli appellanti, quali la mancata indicazione di un progetto di recupero della genitorialità rivolto alla vita futura con il figlio minore. Non si ritiene, tuttavia, che il giudizio sullo stato d’abbandono possa essere determinato in via prevalente od esclusiva dalla capacità di proporre un progetto di vita futura con il minore, anche in relazione alla stessa formulazione della L. n. 184 del 1983, art. 1 che prevede il sostegno pubblico alle situazioni di criticità in funzione del mantenimento delle relazioni genitoriali. Dal giudizio, incensurabilmente svolto dalla Corte d’Appello sulle capacità genitoriali degli appellanti, è emerso un nucleo positivo che esclude lo stato di abbandono, anche in relazione all’attaccamento del bambino ai genitori biologici, ed in particolare alla madre, ma nello stesso tempo, coerentemente con il paradigma dell’art. 1, la necessità di un intervento integrativo delle capacità deficitarie, anche mediante l’affido eterofamiliare, ritenendosi corrispondente all’interesse del minore, la conservazione del legame affettivo e relazionale con i genitori. 8. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. In relazione all’andamento del giudizio di merito ed in considerazione della delicatezza dell’accertamento posto a base del giudizio si ritiene di compensare integralmente le spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa le spese processuali. In caso di diffusione omettere le generalità.