La nomina dell’amministratore di sostegno deve privilegiare il rispetto dell’autodeterminazione dell’interessato

In materia di amministrazione di sostegno, una volta riscontrata la necessità di proteggere la persona, in quanto capace ma in stato di fragilità, qualora questa sia già assicurata da una rete familiare organizzata a ciò funzionale e l’interessato si opponga in modo giustificato all’attivazione dell’istituto, il ricorso a quest’ultimo non è giustificato.

Così la Suprema Corte con l’ordinanza n. 29981/20, depositata il 31 dicembre. La Corte d’Appello di Lecce disponeva la sostituzione dell’amministratore di sostegno dell’attuale ricorrente, nominando la figlia di quest’ultima in luogo dell’altro figlio. L’assistita impugna tale decisione mediante ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, la violazione dell’art. 404 c.c. con riferimento alla valutazione del presupposto della sua incapacità a provvedere ai propri interessi, considerando la sua condizione di soggetto capace di intendere e di volere e riluttante all’amministrazione di sostegno . La Suprema Corte dichiara il ricorso fondato , osservando come la Corte d’Appello abbia motivato il provvedimento impugnato richiamando le conclusioni del c.t.u., che riferiva che la figlia già provvedeva alle necessità della madre e, per questo, si reputava la persona più adeguata a far fronte alle sue esigenze. Tuttavia, tali esigenze erano perlopiù di natura patrimoniale , considerando che l’assistita veniva considerata persona in gran parte lucida . Tale motivazione, secondo il Collegio, concretizza una falsa applicazione dell’art. 404 c.c. e della ratio che presidia l’istituto in oggetto, ribadendo a tal fine che può essere assoggettata ad amministrazione di sostegno la persona che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi , aggiungendo che la procedura presuppone in ogni caso il riscontro di una condizione di menomata capacità di intendere e di volere che ponga il soggetto nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi , escludendo, dunque, che esso possa disporsi nei confronti di chi sia pienamente capace di determinarsi. Ciò posto, gli Ermellini evidenziano che l’istituto in esame non può assicurare la tutela di interessi esclusivamente patrimoniali, essendo volto a garantire la protezione delle persone fragili in vista delle loro esigenze di vita, ferma la necessità di limitare il più possibile la capacità di agire. Inoltre, la Corte afferma che l’art. 408 c.c. consente allo stesso beneficiario di nominare l’amministratore di sostegno in vista di un’eventuale propria futura incapacità, qualificandosi ciò quale indice del principio di autodeterminazione , che costituisce uno dei valori fondamentali della dignità umana. In tale ottica, l’ opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione, dunque deve essere tenuta in debito conto al momento dell’assunzione della decisione. Ora, nel caso di specie, ove la nomina dell’amministratore di sostegno si collega alla sola cura degli interessi patrimoniali dell’assistita, non si giustifica la misura adottata, considerando che la scarsa cognizione” delle possidenze patrimoniali non è stata paventata come conseguenza di una patologia psico-cognitiva, ma come il semplice effetto dell’organizzazione di vita già da tempo assunta e basata su una fiduciaria delega gestionale alla figlia . Avendo il Giudice distorto l’istituto in relazione alle sue intrinseche finalità, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e afferma il seguente principio di diritto in tema di amministrazione di sostegno, l’equilibrio della decisione deve essere garantito dalla necessità di privilegiare il rispetto dell’autodeterminazione della persona interessata , così da discernere le fattispecie a seconda dei casi se cioè la pur riscontrata esigenza di protezione della persona capace ma in stato di fragilità risulti già assicurata da una rete familiare all’uopo organizzata e funzionale, oppure se, al contrario, non vi sia per essa alcun supporto e alcuna diversa adeguata tutela nel secondo caso il ricorso all’istituto può essere giustificato, mentre nel primo non lo è affatto, in ispecie ove all’attivazione si opponga, in modo giustificato, la stessa persona del cui interesse si discute .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 11 novembre – 31 dicembre 2020, n. 29981 Presidente Genovese – Relatore Terrusi Rilevato che il tribunale di Lecce, su ricorso di R.A. , dichiarava aperta l’amministrazione di sostegno della di lui madre L.T. la signora L. proponeva reclamo e, nella resistenza del R. , la corte d’appello di Lecce disponeva la sola sostituzione dell’amministratore di sostegno, Dott. A.A. , con la figlia dell’assistita, R.R. avverso il decreto della corte d’appello la L. ha proposto ricorso per cassazione in cinque motivi R.A. ha replicato con controricorso e ha proposto tre motivi di ricorso incidentale condizionato, al quale la L. ha replicato a sua volta con controricorso si sono costituiti, aderendo al ricorso principale, R.R. e il coniuge G.G. , nonché L.L. e A.L. germani della ricorrente e Ru.An.Ma. cognata , i quali tutti avevano preso parte al giudizio di reclamo il ricorrente incidentale ha depositato una memoria. Considerato che I. - col ricorso principale la signora L. lamenta nell’ordine i la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c., con specifico riferimento alla valutazione del presupposto dell’incapacità di essa ricorrente a provvedere ai propri interessi ii la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c. e degli artt. 2 e 3 Cost., artt. 1, 2, 7, 8, 21, 25, 26 della CEDU, stante la propria condizione di soggetto capace di intendere e di volere e riluttante all’amministrazione di sostegno iii la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c., in relazione al non considerato suo interesse a non avvalersi dell’istituto de quo iv la violazione o falsa applicazione dell’art. 404 c.c., in relazione al presunto conflitto endofamiliare a base della domanda e della susseguente decisione v la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per l’avvenuto travisamento degli elementi di prova in punto di capacità e di fragilità della ricorrente medesima II. - col ricorso incidentale a sua volta R.A. censura la decisione sulla scorta dei seguenti motivi i violazione dell’art. 408 c.c., a proposito della scelta della persona della propria sorella R. quale amministratore di sostegno, atteso il conflitto familiare esistente tra i germani, suscettibile di riverberarsi sull’amministrata ii violazione dell’art. 408 c.c. e art. 112 c.p.c., per extrapetizione, visto che in sede di reclamo era stata chiesta la sola revoca dell’amministrazione di sostegno iii violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., a proposito dell’avvenuta compensazione delle spese processuale con motivazione non idonea III. - il ricorso principale, i cui motivi possono essere unitariamente esaminati per connessione, è fondato nel senso che segue IV. - la corte d’appello di Lecce ha motivato la decisione richiamando le conclusioni rassegnate dal c.t.u. le ha invero ritenute non adeguatamente avversate dai rilievi dei consulenti di parte, siccome limitati alle considerazioni relative alla difficoltà della L. di gestire i suoi interessi economici in questa prospettiva ha sottolineato che le divergenze tra le posizioni dei consulenti avevano riguardato la ricostruzione del contesto familiare della beneficiaria, per le implicazioni sulla concreta capacità di organizzare la cura della di lei persona dopodiché la ratio decidendi è stata espressa dalla considerazione che la L. , persona in gran parte lucida, benché con qualche deficienza legata a taluni aspetti pratici della vita quotidiana - deficienza correlata all’età, alle condizioni di salute, alle menomazioni rinvenienti dalla completa cecità - sarebbe da considerare bisognosa del sostegno tenuto conto delle disponibilità economiche su cui può contare rappresentate dalla titolarità di più trattamenti pensionistici, nonché da depositi bancari e da proprietà immobiliari da questo punto di vista la corte d’appello ha concluso per la sussistenza dei presupposti per la nomina di un’ amministrazione di sostegno affinché fosse garantita la corretta gestione del patrimonio della reclamante dopodiché ha disposto la sostituzione dell’amministratore nominato dal tribunale Dr. A. con la figlia dell’interessata R.R. , poiché la L. si era dimostrata unita alla figlia da un forte legame affettivo all’interno della rete familiare organizzata per venire incontro alle sue esigenze di vita sicché la figlia, che già provvedeva alle necessità della madre, era da reputare, secondo la corte d’appello, la persona più adeguata a far fronte all’esigenza di protezione della beneficiaria, con lo scopo di non modificarne le abitudini e di rispettarne la volontà mentre gli oneri di rendiconto previsti dalla legge ben potevano garantire l’esercizio corretto della funzione nonostante l’elevata conflittualità col fratello V. - una tale motivazione concretizza la falsa applicazione dell’art. 404 c.c. e della ratio che presidia l’istituto in esame va ricordato che può essere assoggetta ad amministrazione di sostegno la persona che, per effetto di un’infermità o di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità anche parziale o temporanea di provvedere ai propri interessi la procedura, pur se non esige che la persona versi in uno stato di vera e propria incapacità d’intendere o di volere, presuppone comunque il riscontro di una condizione attuale di menomata capacità che la ponga nell’impossibilità di provvedere ai propri interessi e quindi per converso esclude che il sostegno debba esser disposto nei confronti di chi si trovi, invece, nella piena capacità di determinarsi, anche se in condizioni di menomazione fisica tanto occorre puntualizzare perché una qualsivoglia diversa esegesi, finanche motivata, come nella specie, da asserite esigenze di gestione patrimoniale, finirebbe per risultare invasiva della sfera della persona, e lo sarebbe per ragioni diverse dalla tutela di essa, con ingiustificata limitazione della capacità di agire l’istituto dell’amministrazione di sostegno, in altre parole, non può essere piegato ad assicurare la tutela di interessi esclusivamente patrimoniali, ma deve essere volto, più in generale, a garantire la protezione alle persone fragili in relazione alle effettive esigenze di ciascuna, ferma la necessità di limitare nella minor misura possibile la capacità di agire v. Cass. n. 19866-18 VI. - a tale considerazione va aggiunto che l’art. 408 c.c., consente allo stesso beneficiario di designare l’amministratore di sostegno, in previsione della eventuale propria futura incapacità e ciò è stato ritenuto da questa Corte indice del principio di autodeterminazione, in cui si realizza un dei valori fondamentali della dignità umana cfr. Cass. n. 23707-12 ora, salvo che non sia provocata da una patologia psichica, tale da rendere l’interessato inconsapevole finanche del bisogno di assistenza, pure l’opposizione alla nomina costituisce espressione di autodeterminazione e come tale non può non esser considerata dal giudice nel contesto della decisione che a lui si richiede in altri termini, la volontà contraria all’attivazione della misura, ove provenga da una persona pienamente lucida, non può non esser tenuta in debito conto v. in tal senso, in motivazione, Cass. n. 22602-17 il che giustappunto si trae dal fatto che la condizione di ridotta autonomia, che si colleghi a menomazioni soltanto fisiche, è ben compatibile con l’esplicazione di una volontà libera, consapevole e dunque, in base allo statuto dei diritti di ogni persona, non coercibile VII. - nel caso concreto la corte d’appello di Lecce ha richiamato le risultanze della c.t.u., ma non ha soppesato quanto i suddetti principi imponevano di fare dalla trascrizione operata in seno al ricorso per cassazione risulta che la c.t.u. si era espressa, a riguardo della signora L. , rilevandone la più completa capacità ella - trovasi scritto - è assolutamente in grado di intendere e di volere, di capire quindi ciò di cui ha bisogno e le aggrada conservando la capacità di decidere e la possibilità di ottenere ciò di cui necessita ordinariamente attraverso le persone che ha scelto e che formano per lei una rete adeguata di sostegno e risorse una tale condizione, chiaramente distonica rispetto ai fondamenti dell’amministrazione di sostegno, risulta confermata dalla c.t.u. anche in sede di conclusioni, ove trovasi specificato la signora L.T. , di anni XX, è affetta da una menomazione fisica grave come la cecità assoluta che certamente la mette in una posizione di inferiorità psichica e di necessità di essere quindi assistita e coadiuvata nelle sue competenze ordinarie e straordinarie. Tale forma di assistenza è da oltre venti anni adeguatamente gestita da una rete familiare ed amicale, ben coordinata dalla figlia, che provvede a soddisfare esaurientemente le esigenze di assistenza della sig.ra che non intende in alcun modo modificare l’organizzazione della sua vita esprimendo chiaro dissenso alla possibilità di intrusioni di persone estranee di cui ritiene giustamente di non avere necessità desiderando invece conservare la sua autonomia decisionale l’unico riferimento agli interessi patrimoniali risulta esser stato espresso in termini astratti e possibilistici l’amministrazione di sostegno potrebbe invece essere utile nel coadiuvare la sig.ra esclusivamente nei suoi interessi patrimoniali dei quali appunto non ha chiara cognizione avendo ormai delegato la figlia alla gestione delle sue proprietà è di solare evidenza che una simile astratta ipotesi - alla quale unicamente appare ancorata la ratio della decisione impugnata - non giustifica la sottoposizione dell’interessata ad amministrazione di sostegno, visto che la scarsa cognizione delle possidenze patrimoniali non è stata paventata come conseguenza di una patologia psico-cognitiva, ma come il semplice effetto dell’organizzazione di vita già da tempo assunta e basata su una fiduciaria delega gestionale alla figlia quel che più rileva, invece, è questo che finanche la c.t.u. pare aver esplicitato la ragionevolezza dell’opposizione dell’interessata a una forma di sostegno del tipo di quella dettata dall’istituto in esame, a fronte della preminenza da attribuire all’autonomia decisionale, significativamente preceduta dall’avverbio giustamente VIII. - la corte d’appello ha omesso ogni considerazione di tale decisivi aspetti, così finendo per distorcere l’istituto rispetto alle sue intrinseche finalità in tema di amministrazione di sostegno, l’equilibrio della decisione deve essere garantito dalla necessità di privilegiare il rispetto dell’autodeterminazione della persona interessata, così de discernere le fattispecie a seconda dei casi se cioè la pur riscontrata esigenza di protezione della persona capace ma in stato di fragilità risulti già assicurata da una rete familiare all’uopo organizzata e funzionale, oppure se, al contrario, non vi sia per essa alcun supporto e alcuna diversa adeguata tutela nel secondo caso il ricorso all’istituto può essere giustificato, mentre nel primo non lo è affatto, in ispecie ove all’attivazione si opponga, in modo giustificato, la stessa persona del cui interesse si discute IX. - il decreto impugnato deve essere cassato il ricorso incidentale di R. è assorbito segue il rinvio alla medesima corte d’appello di Lecce la quale, in diversa composizione, rinnoverà l’esame uniformandosi al principio di diritto sopra enunciato la corte d’appello provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale, assorbito l’incidentale, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Lecce. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omesse le generalità e gli altri dati significativi.