Le liti tra i figli non rendono intollerabile la convivenza: respinta la domanda di separazione

Vittoria per una moglie, oppostasi sin dal principio alla richiesta avanzata dal marito. L’uomo ha spiegato di voler sedare la conflittualità tra i figli e ha poi ammesso che il figlio lo ha portato via di casa contro la sua volontà, quasi a forza, e che avrebbe voluto tornare a vivere con la moglie. Per i giudici, comunque, la intollerabilità della convivenza coniugale non è certamente ravvisabile nei litigi tra i figli.

La forte conflittualità tra i figli non è elemento sufficiente per dare corpo e sostanza alla richiesta di separazione avanzata da un coniuge. Cassazione, ordinanza n. 16698/20, sez. I Civile, depositata il 5 agosto . A dare il la” alla vicenda giudiziaria è la richiesta di separazione presentata dal marito, e contestata dalla moglie. In primo grado i Giudici accolgono la domanda dell’uomo. In secondo grado, invece, vengono accolte le osservazioni proposte dalla donna e viene respinta l’ipotesi della separazione. Per i Giudici d’appello è evidente l’ assenza della volontà di separarsi in capo ai coniugi . In particolare, il marito, pienamente in grado di intendere e volere , ha spiegato che la sua scelta di chiedere la separazione era volta a sedare la conflittualità tra i figli , ma questo dato non costituisce un presupposto che consente di chiedere la separazione giudiziale, ex art. 151 c.c. , osservano i Giudici. Conseguenze? La domanda di separazione va essere respinta , sancisce la Corte d’Appello. Secondo l’uomo, però, è erroneo il ragionamento compiuto dai Giudici di secondo grado, poiché questi hanno ritenuto immotivatamente, a suo dire, che i fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza – che l’art. 151 c.c. prevede che possano essere anche indipendenti dalla volontà dei coniugi – non possano essere costituiti dalle continue liti tra i figli e tra i figli e i genitori . Inoltre, sempre secondo l’uomo, è illogico anche ritenere che il desiderio – da lui riferito in sede di libero interrogatorio – di tornare a vivere con la moglie è incompatibile con la volontà di separarsi per sopravvenuta intollerabilità della convivenza frutto della forte conflittualità coi figli. Tali obiezioni vengono però respinte dai Giudici della Cassazione. In premessa viene ricordato che in tema di separazione tra coniugi la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale e, in particolare, dalle negative risultanze del tentativo di conciliazione , dovendosi ritenere, in tali evenienze, venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la legge numero 151 del 19 maggio 1975 caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale . Tuttavia, in questa vicenda, i Giudici hanno accertato che non solo la moglie si opponeva alla domanda di separazione – paventando che il consorte vi fosse stato spinto dal figlio, tanto che ella chiedeva accertarsi la libera volontà dell’uomo — , ma lo stesso marito aveva ammesso che il figlio lo aveva portato via di casa contro la sua volontà, quasi a forza, e che avrebbe voluto tornare a vivere con la moglie . Tali dettagli sono certamente incompatibili con la intollerabilità della convivenza coniugale, osservano i magistrati, che poi aggiungono che, comunque, tale intollerabilità non è certamente ravvisabile – stante il tenore dell’articolo 151 del Codice Civile – nei litigi tra i due figli della coppia.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 30 gennaio – 5 agosto 2020, n. 16698 Presidente Valitutti – Relatore Solaini Rilevato che La Corte d'appello di Trento con sentenza n. 202/17 ha accolto l'appello proposto da Au. Gu. avverso la decisione del tribunale di Trento che, con sentenza parziale, aveva pronunciato la separazione dal coniuge Le. De Cl. disponendo la prosecuzione dell'istruttoria per le altre domande relative all'addebito e di natura patrimoniale. A sostegno della decisione di accoglimento, la Corte territoriale ha rilevato l'assenza della volontà di separarsi in capo ai coniugi, in particolare, Le. De Cl. che era pienamente in grado di intendere e volere aveva spiegato che la sua scelta di chiedere la separazione era volta a sedare la conflittualità tra i figli. Questo, però, ad avviso della Corte, non costituisce un presupposto che consente di chiedere la separazione giudiziale, ex art. 151 c.c., con la conseguenza che la domanda di separazione doveva essere respinta. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso De Cl. Le. nei confronti di Gu. Au. affidato a tre motivi, illustrati da memoria nella quale si dà atto che, nelle more del giudizio, è stata aperta, in favore del ricorrente, un'amministrazione di sostegno , mentre, Gu. Au. ha resistito con controricorso. Considerato che Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di nullità della sentenza per violazione dell'art. 100 c.p.c. in relazione all'art. 360 primo comma n. 4 c.p.c. per avere la Corte d'appello pronunciato nel merito della richiesta di separazione, quando avrebbe dovuto rigettare in rito l'appello proposto da Gu. Au. avverso la sentenza del Tribunale, per mancanza di soccombenza della stessa e, conseguentemente, di interesse ad impugnare art. 100 c.p.c. . Con il secondo motivo, il ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'art. 151 c.p.c. in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. nella parte in cui la Corte d'appello ha ritenuto che i fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza - che l'art. 151 c.c. prevede che possano essere anche indipendenti dalla volontà dei coniugi - non possano essere costituiti dalle continue liti tra i figli e tra i figli e i genitori. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell'art. 151 c.c., in relazione all'art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. nella parte in cui ha ritenuto che il desiderio - riferito da Le. De Cl. in sede di libero interrogatorio - di tornare a vivere con la moglie è incompatibile con la volontà di separarsi, per sopravvenuta intollerabilità della convivenza. Il primo motivo è infondato, in quanto, solo la vittoria totale in primo grado preclude, infatti, l'appello cfr. Cass. 134/2017, in tema di ricorso per cassazione, da parte dell'appellante vittorioso che aveva visto alcune questioni assorbite , laddove - nella specie - la Gu. era rimasta soccombente - non sulla mera istanza di c.t.u., come assume il ricorrente - ma sulla domanda di accertamento dell'incapacità del marito nel proporre il ricorso per la separazione. Il secondo motivo è infondato, infatti, in tema di separazione tra coniugi, la situazione di intollerabilità della convivenza va intesa in senso soggettivo, non essendo necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, verificabile in base a fatti obiettivi, come la presentazione stessa del ricorso ed il successivo comportamento processuale, e, in particolare dalle negative risultanze del tentativo di conciliazione , dovendosi ritenere, in tali evenienze, ' venuto meno quel principio del consenso che, con la riforma attuata attraverso la legge 19 maggio 1975, n. 151, caratterizza ogni vicenda del rapporto coniugale Cass. 1164/2014 Cass. 8713/2015 . Nella specie, la Corte territoriale ha accertato che, non solo la moglie si opponeva alla domanda di separazione - paventando che il consorte vi fosse stato spinto dal figlio, tanto che chiedeva accertarsi la sua libera volontà - ma che lo stesso ricorrente aveva ammesso che il figlio lo aveva portato via di casa contro la sua volontà, quasi a forza, e che avrebbe voluto tornare a vivere con la moglie , circostanze certamente incompatibili con la intollerabilità della convivenza, certamente non ravvisabile - stante il tenore dell'art. 151 c.c. - nei litigi tra i due figli p. 5 della sentenza di appello . Il terzo motivo rimane assorbito dal rigetto del secondo, che involge l'intero giudizio sull'intollerabilità. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La corte suprema di cassazione Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente a pagare a Gu. Au. le spese di lite del presente giudizio che liquida nell'importo di Euro 6.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 - bis dello stesso articolo 13. Dispone, ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, che in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.