Cosa spetta al coerede che apporta migliorie all’immobile?

Il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per il suddetto bene comune.

Sul punto la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15300/20, depositata il 17 luglio. Con il motivo di ricorso gli attuali ricorrenti, coeredi e titolari di un immobile , lamentano la violazione di legge in virtù della quale le addizioni e le migliorie apportate al bene comune l’immobile in oggetto da un condividente entrano a far parte della massa e di esse si deve tener conto ai fini della determinazione delle quote e dei conguagli. Tale censura è però infondata alla stregua del consolidato orientamento della Suprema Corte, secondo cui il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, non l’applicazione dell’art. 1150 c.c. secondo cui è dovuta un’indennità pari all’aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti effettuati , ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per il suddetto bene comune, esclusa la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di debito di valore . Da qui il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 15 ottobre 2019 – 17 luglio 2020, n. 15300 Presidente Oricchio – Relatore De Marzo Fatti di causa 1. Con sentenza depositata in data 11 maggio 2015, la Corte d’appello di Venezia, per quanto ancora rileva - alla luce dei motivi di ricorso -, in riforma della decisione di primo grado, decidendo sulla controversia insorta tra gli eredi di S.A. , ossia S.F. , G.S. , S.I. , S.R. e S.L. , con riguardo all’immobile sito in omissis , assegnato a S.R. a ha determinato l’importo dovuto dai coeredi a quest’ultimo, per le migliorie apportate all’immobile, in 26.148,60 Euro corrispondenti alla somma che era stata spesa, ossia 31.378,32 Euro, meno la quota di 2/12 che sarebbe dovuta rimanere a carico del medesimo S.R. , quale coerede b ha determinato in 46.807,23 Euro la quota spettante a S.F. , in relazione all’incremento di valore dell’immobile sopra indicato 280.843,40 Euro , accertato come riconducibile alle migliorie apportate da S.R. c ha modificato in conseguenza il valore della quota spettante a S.R. nella somma di 329.155,65 Euro. 2. Avverso tale sentenza G.S. , S.I. , S.R. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso S.F. , che ha proposto ricorso incidentale condizionato e ha successivamente depositato memoria, ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c L’intimata S.L. non ha svolto attività difensiva. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si dolgono del ricalcolo operato dalla Corte territoriale, dal momento che S.F. , nell’atto di appello, aveva posto, a fondamento della propria pretesa di ricalcolare le somme a credito di S.R. , la deduzione che le migliorie all’immobile di non fossero riconducibili all’iniziativa del germano, con la conseguenza che, smentito tale presupposto, non ricorrevano i presupposti per rideterminare alcunché. La doglianza è inammissibile, per genericità, giacché, per un verso, la sentenza impugnata ha dato atto della richiesta, proposta dall’appellante in via subordinata, di procedere al ricalcolo del conguaglio dovuto e, per altro verso, i ricorrenti neppure deducono l’assenza di siffatta richiesta. Essi si limitano a trarre dalle considerazioni utilizzate dalla Corte distrettuale per rigettare la prima articolazione del secondo motivo d’appello, ossia l’effettiva riconducibilità delle migliorie a S.R. , la non argomentata conseguenza che ciò avrebbe dovuto condurre anche al rigetto della seconda, subordinata articolazione, che appunto aspirava semplicemente ad un ridimensionamento della pretesa avversaria. 2. Con il secondo motivo, sempre, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si lamenta violazione della regola di diritto, secondo la quale le addizioni e le migliorie apportate al bene comune da un condividente entrano a far parte della massa e di esse si deve tener conto ai fini della determinazione delle quote e dei conguagli. In definitiva, erroneamente la Corte d’appello, dopo avere riconosciuto che le addizioni e le migliorie del bene comune era state realizzate da S.R. , aveva poi omesso di tener conto dell’incremento di valore nella liquidazione dei conguagli. La doglianza è infondata, alla stregua del consolidato orientamento di questa Corte, a mente del quale il coerede che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, non già l’applicazione dell’art. 1150 c.c. - secondo cui è dovuta un’indennità pari all’aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti - ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per il suddetto bene comune, esclusa la rivalutazione monetaria, trattandosi di debito di valuta e non di debito di valore. v., ad es., Cass. 21 febbraio 2019, n. 5135 Cass. 27 giugno 2013, n. 16206. 3. Il rigetto del ricorso principale comporta l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato, con il quale si lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 728 e 1150 c.c 4. In conseguenza del rigetto, i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, alla luce del valore e della natura della causa nonché delle questioni trattate. P.Q.M. Rigetta il ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.