Padre violento e atteggiamento trascurante della madre confermano lo stato di adottabilità dei figli

Lo stato di adottabilità del minore può essere dichiarato anche laddove l’abbandono sia determinato da una situazione psicologica e/o fisica grave e non transitoria che renda il genitore inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza delle proprie responsabilità, nonché ad agire in modo coerente per curare nel modo migliore lo sviluppo del figlio.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 14914/20, depositata il 13 luglio. Il Tribunale dei Minorenni di Roma dichiarava lo stato di adottabilità di tre fratelli con collocamento presso una casa famiglia e individuazione di una coppia per il collocamento provvisorio. I genitori hanno proposto appello, ma la decisione veniva confermata ritenendo sussistente uno stato di abbandono non recuperabile. La questione è dunque giunta all’attenzione della Suprema Corte. Il ricorso si rivela inammissibile in quanto deduce la violazione di una pluralità di disposizioni normative ma omette di precisare le affermazioni di diritto che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie. La Corte territoriale ha difatti fornito un percorso argomentativo lineare ed articolato che si avvale delle numerose relazioni ed escussioni delle persone coinvolte, nonché della valutazione della personalità dei genitori . Nessun dubbio quindi sulla sussistenza dello stato di adottabilità dei minori essendo state riscontrate modalità violente nei comportamenti del padre ed un atteggiamento altamente trascurante della madre. Secondo la consolidata giurisprudenza infatti la situazione di abbandono si caratterizza per il fatto che il minore, indipendentemente dalla situazione di colpa del genitore, si trova ad essere privo non transitoriamente di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi . Di conseguenza, lo stato di adottabilità può essere dichiarato anche laddove l’abbandono sia determinato da una situazione psicologica e/o fisica grave e non transitoria che renda il genitore inidoneo ad assumere e conservare piena consapevolezza delle proprie responsabilità verso il figlio, anche se ispirato da sentimenti di amore, nonché ad agire in modo coerente per curarne nel modo migliore lo sviluppo cfr. Cass.Civ. n. 11758/14 e n. 29002/18 . In relazione al vizio di motivazione dedotto, il Collegio ricorda che per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal d.l. n. 83/2012, convertito dalla l. n. 134/2012, oggetto del vizio è esclusivamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti. Il mancato esame, dunque, deve riguardare un vero e proprio fatto , in senso storico e normativo, ossia un fatto principale e di carattere decisivo per l'esito della controversia. Non avendo i ricorrenti dedotto in tali termini il vizio motivazionale, la censura risulta inammissibile. In conclusione, la Corte respinge le censure.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 1 – 13 luglio 2020, n. 14914 Presidente Genovese – Relatore Caradonna Fatti di causa 1. Con sentenza n. 178/2017 depositata il 5 luglio 2017, il Tribunale dei Minori di Roma ha dichiarato lo stato di adottabilità dei minori G. , B.M. e Ga. , confermando la sospensione della responsabilità genitoriale, la nomina del sindaco di omissis come tutore provvisorio per G. e B.M. e di quello di omissis per Ga. la nomina del curatore speciale Avv.to M. il collocamento dei minori in casa famiglia e l’individuazione di una coppia per il collocamento provvisorio dei minori. 2. Avvero la sentenza del Tribunale per i minori di Roma hanno proposto appello i genitori, D.C.C. e Z.A. , affermando la non correttezza della valutazione del omissis che non aveva fornito un’analisi seria e concreta delle mancanze attribuibili agli appellanti e il mancato interpello dei componenti del nucleo familiare paterno. 3. La Corte di appello di Roma ha confermato la decisione di primo grado e compensato le spese del grado, condividendo la valutazione dell’esistenza di uno stato di abbandono non recuperabile all’esito delle valutazioni del omissis , oltre che di tutta una serie di accadimenti storicamente provati. 4. Avverso la decisione della Corte di appello di Roma, D.C.C. e Z.A. ricorrono in Cassazione con due motivi. 5. L’Avv. M.G. , nella qualità di curatore speciale dei minori, ha depositato controricorso, mentre gli altri intimati non hanno spiegato difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 184 del 1984, artt. 1 e 8 perché la Corte di appello non avrebbe interpretato correttamente tali norme che privilegiano la crescita del minore nella propria famiglia di origine e non avrebbe operato una valutazione approfondita della mancanza di genitorialità, non tenendo conto della relazione redatta dagli assistenti sociali del Comune di omissis anche alla luce delle circostanze sopravvenute nel corso del giudizio. 1.1 Il motivo è infondato. Giova premettere che secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla Suprema Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione Cass., 28 febbraio 2012, n. 3010 Cass., 26 giugno 2013, n. 16038 . In altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle Cass., 3 gennaio 2014, n. 51 Cass., 9 marzo 2012, n. 3721 . 1.2 Nel caso in esame, la censura sollevata presenta profili di inammissibilità in quanto viene dedotta la violazione di una pluralità di disposizioni normative L. n. 184 del 1993, artt. 1 e 8 , omettendo di precisare le affermazioni in diritto della sentenza che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, genericamente richiamate nella intestazione del motivo, e senza ricondurre una specifica statuizione della sentenza alla violazione di una determinata norma, impedendo in tal modo alla Corte regolatrice la verifica del fondamento della lamentata violazione. 1.3 Nella specie, la Corte distrettuale, all’esito di un esaustivo, lineare ed articolato percorso motivazionale, nel quale, avvalendosi delle risultanze delle numerose relazioni ed escussioni delle persone coinvolte, tutte richiamate da pag. 3 a pag. 10 della sentenza impugnata, ha proceduto ad un’accurata valutazione della personalità dei genitori, oltre che delle attuali condizioni dei tre figli e, dopo avere messo in evidenza le modalità di azioni violente dello Z. e il comportamento altamente trascurante della madre, è giunta alla conclusione che sussistono tutti i presupposti per confermare lo stato di adattabilità dei minori, tenuto conto anche della riscontrata mancante capacità di apprendimento dall’esperienza e di un modello di accudimento superficiale, soprattutto nella comprensione delle emozioni e nel rispondere ai bisogni di base dei bambini, con la conseguente impossibilità dei genitori di proporsi ai figli come guida e figura sicura che possa accompagnarla nelle complesse tappe evolutive di sviluppo. 1.4 A fronte delle rigorose valutazioni della Corte territoriale sulla personalità dei genitori e sulle condizioni psicologiche e materiali dei tre figli, il ricorrente richiama nell’illustrazione del motivo alcune considerazioni della Corte di appello, limitandosi a sovrapporre alle argomentazioni della Corte le proprie senza prospettare differenti e specifici profili argomentativi. 1.5 Al riguardo, va evidenziato che la situazione di abbandono si caratterizza per il fatto che il minore, anche indipendentemente da una situazione di colpa del genitore, si trova ad essere privo non transitoriamente di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi Cass. 29 ottobre 2012, n. 18563 . Ne consegue che lo stato di adattabilità può essere dichiarato anche quando lo stato di abbandono sia determinato da una situazione psicologica e/o fisica, grave e non transitoria, che renda il genitore, ancorché ispirato da sentimenti di amore sincero e profondo, inidoneo ad assumere ed a conservare piena consapevolezza delle proprie responsabilità verso il figlio, nonché ad agire in modo coerente per curarne nel modo migliore lo sviluppo fisico, psichico e affettivo, sempre che il disturbo sia tale da coinvolgere il minore, producendo danni irreversibili al suo sviluppo ed al suo equilibrio psichico Cass., 26 maggio 2014, n. 11758 Cass., 9 ottobre 2018, n. 29002 . 2. Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano il vizio di motivazione, omessa, mancata o contraddittoria, riguardo alla valutazione di risultanze istruttorie emerse nel giudizio, posto che la sentenza non motiva le ragioni per le quali i minori sono stati ritenuti a rischio e perché i genitori non hanno avuto i sostegni prescritti, nonché la violazione della L. n. 184 del 1983, artt. 12 e 15 come modificata dalla L. n. 149 del 2001, sulla erronea valutazione dei parenti. 2.1 Il motivo è inammissibile. Va precisato che, per effetto della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 30 aprile 2018 , oggetto del vizio di cui alla citata norma è oggi esclusivamente l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti . Il mancato esame, dunque, deve riguardare un vero e proprio fatto , in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ai sensi dell’art. 2697 c.c., cioè un fatto costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, o anche un fatto secondario, vale a dire un fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale, e non, invece, le argomentazioni o deduzioni difensive, oppure gli elementi istruttori in quanto tali, quando il fatto storico da essi rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti Cass., Sez. U, 7 aprile 2014, n. 8053 Cass., Sez. U., 20 giugno 2018, n. 16303 . Il fatto il cui esame sia stato omesso deve, inoltre, avere carattere decisivo , vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia, e deve, altresì, essere stato oggetto di discussione tra le parti deve trattarsi, quindi, necessariamente di un fatto controverso , contestato, non dato per pacifico tra le parti. La parte ricorrente deve indicare, inoltre, nel rigoroso rispetto delle previsioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 , e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 , il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale emergente dalla sentenza o extratestuale emergente dagli atti processuali , da cui ne risulti l’esistenza, il come ed il quando nel quadro processuale tale fatto sia stato oggetto di discussione tra le parti Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053, citata . 2.2 Alla stregua dei principi tutti fin qui esposti il motivo è inammissibile perché i ricorrenti non hanno rispettato le modalità di deduzione del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non essendo stato specificato quale sarebbe il fatto , come in precedenza definito e delimitato, il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale e non avendo argomentato in ordine alla sua necessaria decisività e all’essere stato esso oggetto di discussione tra le parti. 2.3 La censura riguarda sostanzialmente il complessivo governo del materiale istruttorio, ma ciò non è consentito nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative Cass., 4 aprile 2017, n. 8758 Cass. 9 ottobre 2018, n. 29002 . 3. Il ricorso va, conclusivamente, respinto, disponendo la compensazione delle spese del giudizio tra le parti, in ragione della peculiarità della concreta vicenda, dando atto, altresì, che il processo è esente dal contributo unificato, sicché non trova applicazione il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. 4. Va disposta, in ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti costituite le spese del giudizio di legittimità. Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.