Le esigenze familiari anche indirette limitano l’esecuzione dei crediti sui beni costituiti in fondo patrimoniale

Se il credito per cui si procedere è anche solo indirettamente destinato alla soddisfazione di esigenze familiari del debitore essendo riferito all’attività professionale di quest’ultimo, non è consentita la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale.

Sul tema la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 8201/20, depositata il 27 aprile. Il fatto. Una banca sottoponeva a pignoramento la quota corrispondente al 50% degli immobili della debitrice in comproprietà con il marito, il quale proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. deducendo che i beni erano stati costituiti in fondo patrimoniale. All’atto della costituzione del suddetto fondo, la moglie risultava fideiussore di un finanziamento bancario a favore di una s.r.l. di cui era amministratore unico. Gli immobili erano dunque stati pignorati dalla banca creditrice, mentre l’atto costitutivo del fondo era oggetto di azione revocatoria o in subordine di simulazione. Il Tribunale rigettava il ricorso del marito ritenendo che i proventi dell’attività imprenditoriale della donna fossero destinati anche alla necessità della famiglia. La Corte d’Appello accoglieva il gravame proposto dalla debitrice ritenendo invece dimostrato che il finanziamento ottenuto dalla s.r.l. e garantito con la fideiussione fosse stato interamente destinato all’attività d’impresa e non al soddisfacimento di esigenze familiari. La banca ha proposto ricorso per cassazione. Fondo patrimoniale. Per quanto d’interesse, il ricorso lamenta l’erronea affermazione della Corte territoriale secondo cui sarebbero impignorabili gli immobili oggetto del fondo patrimoniale, benchè il debito fosse stato contratto per l’interesse della famiglia non in senso restrittivo, comprendendo cioè le esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia e al potenziamento della capacità lavorativa. La censura risulta infondata. La giurisprudenza ritiene infatti che se il credito per cui si procedere è solo indirettamente destinato alla soddisfazione di esigenze familiari del debitore essendo riferito all’attività professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito per il mantenimento della propria famiglia, non è consentita la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale ai sensi dell’art. 170 c.c Pur essendo riconosciuta da alcune pronunce Cass.Civ. n. 4011/13, 5385/13 e 5684/06 la necessità di un’interpretazione non restrittiva delle esigenze familiari che non devono dunque essere limitate ai bisogni essenziali, tali precedenti non possono offrire sostegno alla tesi della banca ricorrente. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 30 ottobre 2019 – 27 aprile 2020, n. 8201 Presidente De Chiara – Relatore Solaini Rilevato che MPS Gestione Crediti Banca SpA sottoponeva a pignoramento la quota del 50% appartenente a B.E. di due immobili in comproprietà con il marito della stessa. Quest’ultimo proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., depositando il ricorso davanti al Tribunale di Livorno e deducendo che i beni erano stati costituiti in fondo patrimoniale. Si costituivano anche il creditore procedente e la B. . Il ricorrente evidenziò che il fondo patrimoniale fu costituito con atto pubblico del 30 aprile 2008 da parte di entrambi i coniugi e che a quella data la B. risultava fideiussore di un finanziamento erogato dalla banca Antonveneta spa alla Linea Traffic srl - di cui era amministratore unico fino al OMISSIS - per l’importo di Euro 300.000,00. I due immobili erano stati pignorati dalla banca creditrice, mentre l’atto costitutivo di fondo patrimoniale era divenuto oggetto di azione revocatoria ovvero in subordine di simulazione proposta dalla stessa banca. Il ricorrente contestava l’ammissibilità del pignoramento, trattandosi di beni sottratti a quella procedura ex art. 170 c.c., mentre, la banca creditrice contestava il fondamento della domanda allegando che l’attività imprenditoriale della B. , nel cui ambito era stato contratto il debito, non era estranea ai bisogni della famiglia. Il Tribunale rigettava il ricorso, sull’assunto che era ragionevole ritenere che la B. ritraesse dall’attività imprenditoriale, nel cui ambito il debito era stato contratto, proventi destinati anche alle necessità della famiglia. B.E. proponeva appello, lamentando che il primo giudice aveva ritenuto il suo pieno inserimento nella Linea Traffic srl, società che aveva ricevuto il finanziamento, e che il denaro proveniente dal finanziamento era stato interamente utilizzato per acquistare un bene sociale, mentre dall’entità dei redditi del marito non poteva farsi discendere alcuna presunzione relativa alla destinazione dei proventi della fideiussione alle esigenze della famiglia. Nella resistenza della banca, la Corte d’appello accoglieva il gravame, sull’assunto che vi era documentazione in atti, che dimostrava che il finanziamento ottenuto dalla Linea Traffic srl e garantito con la fideiussione, era stato interamente speso dalla società per l’acquisto di beni strumentali e la banca aveva effettuato il pagamento della somma direttamente alla società fornitrice quindi il finanziamento era destinato all’attività d’impresa e non a soddisfare esigenze familiari, se non in via assai mediata. MPS spa ricorre ora per cassazione, sulla base di due motivi, mentre la parte debitrice non ha spiegato difese scritte. Considerato che Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, la Corte d’appello aveva erroneamente operato, un’inversione dell’onere probatorio, ritenendo che la banca non avesse provato che il debito contratto dalla Sig.ra B. riguardasse bisogni propri della famiglia e ritenendo che la banca era consapevole che il provente di quel finanziamento fosse destinato a finalità aziendali. Con il secondo motivo, la banca ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte d’appello aveva sancito l’impignorabilità degli immobili oggetto del fondo patrimoniale, benché il debito fosse stato contratto per l’interesse della famiglia, in un’accezione non restrittiva, che ricomprenda in tali bisogni anche quelle esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, restando escluse solo le esigenze voluttuarie o caratterizzate da intenti meramente speculativi. Il primo motivo è infondato perché la Corte d’appello, lungi dall’invertire l’onere probatorio, ha invece accertato in fatto la effettiva destinazione del finanziamento, oggetto di fideiussione, all’acquisto di beni strumentali da parte della società favorita, ed ha, poi, escluso in diritto, sul che verte il secondo motivo di ricorso che tale finalità possa qualificarsi inerente ai bisogni della famiglia ai sensi dell’art. 170 c.c Il secondo motivo è infondato. Infatti, se il credito per cui si procede è solo indirettamente destinato alla soddisfazione delle esigenze familiari del debitore, rientrando nell’attività professionale da cui quest’ultimo ricava il reddito occorrente per il mantenimento della famiglia, non è consentita, ai sensi dell’art. 170 c.c., la sua soddisfazione sui beni costituiti in fondo patrimoniale. La giurisprudenza di questa Corte richiamata in ricorso Cass. n. 4011/13, 5385/13, 5684/06 si limita ad affermare la necessità di una interpretazione non restrittiva delle esigenze familiari, da non ridurre ai soli bisogni essenziali della famiglia, ma non si spinge certo sino a sostenere la tesi della ricorrente. La mancata predisposizione di difese scritte da parte dei debitori esonera il Collegio dal provvedere sulle spese. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.