Diritti reali: la tutela del coniuge non proprietario del suolo

La tutela del coniuge non proprietario del suolo opera non sul piano reale bensì su quello meramente obbligatorio, rimanendo a carico della ricorrente l’onere di fornire la prova della provenienza del denaro o dei beni utilizzati per la costruzione del fabbricato sul suolo di proprietà esclusiva dell’altro coniuge. E’ quindi onere del coniuge non proprietario del suolo dimostrare che le somme di denaro e i materiali utilizzati per la realizzazione del fabbricato siano di sua provenienza o provengano dalla comunione legale, non potendosi in alcun modo presumere tale provenienza.

È quanto si legge nella sentenza numero 4794/20 della Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 24 febbraio. Il caso. La signora D.d.G. contraeva matrimonio in regime di comunione legale con Q.d.A., che poi veniva sciolta ex art. 191 c.c. a seguito della dichiarazione di fallimento di quest’ultimo nel 1997. In data 15.02.2007 D.d.G. presentava istanza di insinuazione al passivo dei fallimenti D. snc e C. snc innanzi al Tribunale di Lanciano per € 890.000,00. Tale importo costituiva la metà dei valori della manodopera e dei materiali impiegati nella costruzione dei beni realizzati in costanza di matrimonio sul fondo di proprietà esclusiva di Q.d.A. Il diritto di credito de quo era stato accertato con due sentenze passate in giudicato, la numero 135/2003 e numero 96/2006 della Corte d’Appello di L’Aquila, emesse a fronte di un procedimento di divisione dei beni ex art. 191 c.c. promosso nei confronti della Curatela dei summenzionati fallimenti. Il Tribunale di Lanciano, tuttavia, rigettava la domanda di insinuazione, rilevando che la Corte d’Appello di L’Aquila non conteneva alcun accertamento in favore di D.d.G. del credito alla base della richiesta di insinuazione, limitandosi ad osservare che la tutela del coniuge non proprietario del suolo operava non sul piano reale, bensì su quello meramente obbligatorio e rimanendo a carico della ricorrente l’onere di fornire la prova della provenienza del denaro o dei beni utilizzati per la costruzione del fabbricato sul suolo di proprietà esclusiva del coniuge. Conformemente, anche la Corte d’Appello di l’Aquila, con sentenza numero 648/2016 del 22 giugno 2016, rigettava l’appello proposta da D.d.G. confermando pienamente l’impostazione del giudice di primo grado. Veniva quindi proposto ricorso per cassazione basato su diversi motivi di doglianza. In particolare la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c. per avere la Corte d’Appello erroneamente attribuito carattere incidentale all’affermazione della sussistenza di un diritto di credito violazione e falsa applicazione degli artt. 935 c.c., 2697 c.c., 143 e ss. c.c., 324 c.p.c. e 374 c.p.c. per la mancata applicazione del principio dell’automatismo dell’acquisizione dei beni in comunione legale. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Accessione e comunione legale. Ai sensi dell’art. 934 c.c. il proprietario del suolo acquista, a titolo originario, qualunque piantagione, costruzione od opera insistente sopra o sotto il medesimo suolo. Si tratta, ad onor del vero, di una forma di espansione automatica del diritto di proprietà. Questo automatismo nell’acquisto avviene, è bene ribadirlo, a titolo originario e non derivativo, e può essere escluso soltanto se il titolo o la legge prevedono diversamente. Suddetto principio è valevole ancorché la costruzione sia stata realizzata in costanza di matrimonio e nella vigenza del regime patrimoniale della comunione legale. L’acquisto della proprietà per accessione, infatti, avviene a titolo originario senza la necessità di apposita manifestazione di volontà. Ciò significa che il principio in orza del quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell'incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata non è derogato dalla disciplina della comunione legale tra coniugi. La tutela del coniuge non proprietario del suolo. L’art. 177 c.c. sancisce che costituiscono oggetto della comunione legali gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati e le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio. Nel dettaglio, la disposizione de qua prevede al numero 1, la contitolarità al 50% dei beni provenienti dagli acquisti compiuti dai coniugi anche separatamente, in costanza di matrimonio. Si tratta di acquisti aventi carattere derivativo. Occorre ora comprendere come si coniugano il principio di accessione ex art. 934 c.c. e il regime della comunione legale ex art. 177, comma 1, c.c E’ principio acquisito e costante nella giurisprudenza che, quando per effetto del principio enunciato dall'art. 934 c.c. il coniuge proprietario esclusivo del suolo acquisti la proprietà dell'immobile realizzato su di esso in regime di comunione legale, la tutela del coniuge non proprietario del suolo opera non sul piano del diritto reale, nel senso che in mancanza di un titolo o di una norma non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria, sulla costruzione, ma sul piano obbligatorio, nel senso che a costui compete un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione ex multis Cass. numero 28258/19 . La tutela del coniuge, cioè, consiste nel diritto di ripetere nei confronti dell’altro coniuge le spese affrontate per la costruzione medesima. Di conseguenza, ci si pone fuori dal perimetro dell'art. 177 c.c. e pertanto non vi è alcun automatismo dell’acquisizione dell’opera alla comunione legale. Alla luce di quanto esposto, allora, al coniuge non proprietario che abbia contribuito all'onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell'onere della prova d'aver fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese a tal fine. Nel caso di specie la signora D.d.G. non aveva fornito alcuna prova a riguardo, basando invece la sua domanda di insinuazione al passivo sulla scorta del summenzionato automatismo, che non trova cittadinanza né all’interno di un’interpretazione teleologica e sistematica delle norme del codice civile, né all’interno della giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 6 dicembre 2019 – 24 febbraio 2020, n. 4794 Presidente Federico – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con ricorso depositato, a norma dell'art. 101 legge fall, in data 15.2.2007 Di. Do. De Gr. ha presentato innanzi al Tribunale di Lanciano istanza di insinuazione al passivo dei fallimenti D’Al. Do. e Qu. s.n.comma e Calcestruzzi D’Al. s.n.comma La ricorrente ha premesso di aver contratto matrimonio, in regime di comunione legale, con Qu. D’Al., poi dichiarato fallito con sentenza del Tribunale di Lanciano del 6 maggio 1997 e, dunque, aveva dedotto lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi ex art. 191 c.c La signora De Gr. ha, altresì, dato atto di aver precedentemente promosso un procedimento di divisione dei beni ex art. 191 c.comma nei confronti della Curatela dei predetti Fallimenti -giudizio poi definito con le sentenze della Corte d'Appello di L'Aquila n. 135 del 2003 e 96 del 2006 passate in giudicato - nell'ambito delle quali è stato accertato il suo diritto di credito relativo alla manodopera e ai materiali impiegati nella costruzione dei beni realizzati in costanza di matrimonio sul fondo di proprietà esclusiva dell'altro coniuge. La signora De Gr. ha chiesto quindi l'insinuazione allo stato passivo dei predetti fallimenti in prededuzione, o in subordine, in privilegio, del credito ex art. 192 cod. civ. dell'importo di Euro 890.800 pari alla metà del valore dei beni sopra individuati quantificato in Euro 637.366,18 , oltre al risarcimento dei danni quantificati in Euro 200.000,00. Il Tribunale di Lanciano ha rigettato la domanda, rilevando che la sentenza della Corte d'Appello di l'Aquila non conteneva alcun accertamento in favore della ricorrente del credito di cui era stata chiesta l'insinuazione allo stato passivo, limitandosi ad osservare che la tutela del coniuge non proprietario del suolo operava non sul piano reale, bensì su quello meramente obbligatorio, rimanendo a carico della ricorrente l'onere di fornire la prova della provenienza del denaro o dei beni utilizzati per la costruzione del fabbricato sul suolo di proprietà esclusiva del coniuge fallito. La Corte d'Appello di l'Aquila, con sentenza del 22 giugno 2016, ha rigettato l'appello proposto dalla signora De Gr., confermando pienamente l'impostazione del giudice di primo grado sia nell'interpretazione della sentenza passata in giudicato sia nello stabilire la ripartizione dell'onere della prova in ordine alla provenienza del denaro utilizzato per l'acquisto dei materiali impiegati nella costruzione del fabbricato sul suolo di proprietà esclusiva del coniuge fallito. Avverso questa pronunzia la signora De Gr. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a sette motivi. La Curatela dei Fallimenti D’Al. Do. e Qu. snc e Calcestruzzi D’Al. sncomma si è costituita in giudizio con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la signora De Gr. deduce ex art. 360 n. 3 cod. procomma civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2909 c.comma e 324 c.p.c, per avere la Corte d'Appello erroneamente attribuito carattere incidentale all'affermazione della sussistenza di un diritto di credito a favore dell'odierna ricorrente. 2. Il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi. Va osservato che, come ricostruito dalla sentenza impugnata, il Giudice d'Appello, nel giudizio avente ad oggetto lo scioglimento della comunione legale tra coniugi per effetto del fallimento del marito e sfociato nella sentenza, ormai passata in giudicato, n. 135/2003, nell'escludere in modo perentorio che il coniuge non proprietario vantasse alcun diritto reale sui beni immobili costruiti sul suolo di esclusiva proprietà del marito, si è limitato ad affermare che l'altro coniuge poteva, al limite, invocare il riconoscimento di un diritto di credito. In particolare, è stato evidenziato che nessun riconoscimento del diritto di credito - espresso e tacito - fosse stato compiuto nella predetta sentenza n. 135/2003, tanto è vero che la stessa non conteneva nel dispositivo alcuna statuizione riguardante il presunto diritto di credito rivendicato dalla sig.ra De Gr Nel percorso argomentativo sopra descritto, il giudice d'appello ha riportato uno stralcio della sentenza n. 135/2003, nella quale si legge a pag. 7 testualmente che quanto alle costruzioni realizzate su terreni di proprietà esclusiva del coniuge dell'attrice, quest'ultima poteva vantare un mero diritto di credito, da far valere nei confronti della massa fallimentare con le debite forme unitamente ad eventuali altri crediti da essa allegati e che a pag. 10 la tutela del coniuge non proprietario del suolo opera non sul piano del diritto reale bensì su quello meramente obbligatorio. Principio esteso a tutte le altre variegate fattispecie ipotizzabili che vanno dalla ristrutturazione di un edificio o un appartamento alla trasformazione delle colture di un fondo, al rimboschimento, ai lavori di miglioramento ed abbellimento. In tutti questi altri casi, espressamente contemplati dalla disposizione sull'accessione ed aventi a base la stessa ratio normativa, non è posto in discussione il principio dell'acquisto per accessione con la conseguenza che l'incremento del bene personale di uno dei coniugi esclude qualsiasi ipotesi di comunione di diritti reali e fa sorgere soltanto un diritto di credito in favore dell'altro coniuge della stessa comunione . 3. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta ex art. 360 n. 3 cod. procomma civ. la violazione ed errata applicazione degli artt. 177, lett. a , 195, ultimo comma e 935 c.comma e 374 c.p.comma per la mancata applicazione del principio dell'automatismo dell'acquisizione dei beni in comunione legale. 4. Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta ex art. 360 n. 3 cod. procomma civ. la violazione ed errata applicazione degli artt. 3, 29 e 7 Cost. e dell'art. 34, I. 847/1929, nonché degli artt. 143, 144 e 147 c.c., degli artt. 17, 20, 21 e 47 CEDU e dell'art. 374 c.p.comma Lamenta la ricorrente che la Corte di merito fatto prevalere la logica proprietaria e tipicamente individualista del principio di accessione sulla logica comunitaria caratterizzante la nuova riforma del diritto di famiglia del 1975 e avendo fatto incombere l'onere di provare l'acquisto congiunto dei materiali per la costruzione sul coniuge non proprietario. 5. Con il quarto motivo è stata dedotta ex art. 360 n. 3 cod. procomma civ. la violazione e/o errata applicazione degli artt. 112 c.p.comma 177, 195, ultimo comma, 2697 c.comma e 179 c.comma per non avere ritenuto che gravasse sulle procedure dimostrare la provenienza personale del denaro impiegato nell'acquisto dei beni mobili incorporati al suolo e non aver giudicato conformemente alla pronuncia della Cass. Sez. Un. 22755/2009. 6. I motivi dal secondo al quinto, da esaminarsi unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono infondati. E' orientamento consolidato di questa Corte che il principio generale dell'accessione posto dall'art. 934 c.c., in base al quale il proprietario del suolo acquista ipso iure al momento dell'incorporazione la proprietà della costruzione su di esso edificata, non trova deroga nella disciplina della comunione legale tra coniugi, in quanto l'acquisto della proprietà per accessione avviene a titolo originario senza la necessità di un'apposita manifestazione di volontà, mentre gli acquisti ai quali è applicabile l'art. 177, comma 1, c.comma hanno carattere derivativo, essendone espressamente prevista una genesi di natura negoziale, con la conseguenza che la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale da entrambi i coniugi sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno di essi è a sua volta proprietà personale ed esclusiva di quest'ultimo, mentre al coniuge non proprietario, che abbia contribuito all'onere della costruzione spetta, previo assolvimento dell'onere della prova di avere fornito il proprio sostegno economico, il diritto di ripetere nei confronti dell'altro coniuge le somme spese a tal fine. Cass. n. 28258/2019 Cass. n. 27412/2018 n. 16670/2013 n. 20508/2010 . Questa Corte ha quindi più volte affermato il principio che è onere del coniuge non proprietario del suolo dimostrare che le somme di denaro utilizzate per l'acquisto dei materiali impiegati per la realizzazione del fabbricato costruito sopra il predetto suolo siano di sua provenienza o provengano dalla comunione legale, non potendosi in alcun modo presumere tale provenienza. Né, d'altra parte, è, all'uopo, pertinente l'argomento - portato all'attenzione della Corte dalla ricorrente nel secondo motivo di ricorso - relativo alla inapplicabilità della cd. presunzione muciana di cui al vecchio testo dell'art. 70 I. fall. , che così recitava i beni che il coniuge del fallito ha acquistato a titolo oneroso nel quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento si presumono di fronte ai creditori, salvo prova contraria, acquistati con denaro del fallito e si considerano di proprietà di lui onde il curatore è legittimato ad apprendere il possesso . In primo luogo, la Corte d'Appello di L'Aquila, nella sentenza impugnata, non ha mai sostenuto di riportarsi alla suddetta presunzione muciana nel decidere il ricorso. Inoltre, la prospettazione della ricorrente, secondo cui vi sarebbe una sorta di presunzione di provenienza dalla comunione legale del contributo all'acquisto dei materiali impiegati per la costruzione sul ruolo di proprietà esclusiva di un solo coniuge, non può certo trarsi dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di presunzione muciana Cass. n. 2272/1996, citata proprio dalla ricorrente , la quale aveva, viceversa, affermato il principio opposto che la presunzione di cui al previgente art. 70 L.F. contrasta con il principio di effettività degli acquisti personali . Orbene, la costruzione realizzata sul suolo di proprietà di uno dei coniugi, in virtù del principio dell'accessione di cui all'art. 934 cod. civ., rientra proprio tra gli acquisti di natura personale, con la conseguenza che non si può presumere alcun automatismo in ordine alla provenienza dalla comunione legale del denaro per l'acquisto dei materiali. Alla luce di quanto sopra illustrato, la ricorrente non può vantare alcun diritto di credito - pari alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione - risultando dalla ricostruzione della sentenza impugnata che la stessa non solo non ha dedotto, ma non ha neppure fornito alcun elemento di prova idoneo a ritenere che le spese per la costruzione fossero state sostenute con denaro della comunione o suo personale. Infine, questa Corte non può certo pervenire alla soluzione interpretativa auspicata dalla ricorrente sulla base di quanto da quest'ultima affermato a pagina 19 del ricorso, secondo cui il principio di automatismo della caduta in comunione dei beni mobili in parola e dell'onere della prova in capo a controparte si evince pure dalla recente pronuncia conforme delle Sezioni Unite della S.C. n. 22755/2009 ai punti 4.3, 4.4 e 4.5 . In proposito, tale richiamo è del tutto inconferente. Difatti, nella pronuncia in questione, le Sezioni unite hanno affrontato la questione in ordine al valore da dare al consenso di un coniuge all'esclusione di un acquisto immobiliare dalla comunione ex art. 179, comma secondo, c.comma ove l'immobile acquistato non rientri tra i beni personali elencati dall'art. 179, comma primo, c.comma La quaestio iuris aveva tratto origine da un contrasto sorto in seno alla giurisprudenza di legittimità in ordine alla natura e agli effetti dell'atto con il quale una persona coniugata in regime di comunione legale dichiarava di consentire all'esclusione della comunione stessa. Se talune decisioni avevano ritenuto che il consenso all'esclusione di un bene dalla comunione legale avesse natura negoziale, in modo tale che, una volta manifestato, fosse idoneo ad impedire la caduta in comunione anche di beni che personali non erano, altre decisioni, per converso, avevano ritenuto che il consenso avesse natura di mero atto giuridico ricognitivo, con la conseguenza che non avrebbe mai potuto mai impedire l'esclusione dalla comunione di beni personali. Appare icto oculi come la questione e la relativa soluzione prospettata nella sentenza non afferisca in alcun modo al caso de quo, ove nessun consenso, espresso o tacito, è stato manifestato dalla coniuge odierna ricorrente. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano come in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1. bis dello stesso articolo 13.