L’ex moglie non perde l’assegno divorzile nonostante l’eredità ricevuta

Vittoria parziale per l’ex marito, che è riuscito a ottenere un ‘taglio’ dell’assegno da versare ogni mese, passato da 550 euro a 350 euro. Impossibile, però, secondo i Giudici, ipotizzare addirittura una revoca totale del contributo in favore della ex. Ciò perché ella non è comunque autosufficiente dal punto di vista economico, avendo perso il lavoro, avendo un’età avanzata e dovendo anche badare alla madre.

L’eredità paterna e il beneficio derivante dall’assistenza fornita alla madre con lei convivente migliorano la posizione economica della donna e legittimano la pretesa dell’ex marito di vedere ridotto l’assegno divorzile che è obbligato a versarle ogni mese Cassazione, ordinanza n. 506/20, sez. VI Civile - 1, depositata oggi . Accordo. Il contenzioso coniugale pare chiuso a pochi mesi dal 2000, quando l’accordo tra moglie e marito ‘sigilla’ il divorzio, corredato da un assegno mensile di 550 euro in favore della donna. Quasi quindici anni dopo, però, l’uomo punta ad ottenere la revoca dell’assegno, ponendo in evidenza in Tribunale l’incremento del patrimonio e del reddito dell’ex moglie a seguito della successione ereditaria paterna e del beneficio derivante dall’assistenza alla madre che convive con lei . Per i Giudici le osservazioni fatte dall’uomo sono corrette, ma possono portare solo a un ‘taglio’ della cifra decisa nel 1999 così l’assegno divorzile viene ridotto a 350 euro mensili . Posizione. A portare il caso in Cassazione è ancora l’uomo che ribadisce la propria pretesa, cioè vedere revocato in toto l’obbligo di fornire un contributo economico all’ex moglie. E in questa ottica egli sottolinea ancora una volta il miglioramento della posizione economica della donna, aggiungendo che ella è, nella sostanza, dipendente della madre in qualità di badante . Questa visione è però respinta dai Giudici del ‘Palazzaccio’, i quali condividono la linea di pensiero della Corte d’appello, linea di pensiero centrata sulla condizione di non autosufficienza economica della donna. E a tale proposito viene posto in evidenza che il dato positivo rappresentato dalla successione ereditaria è bilanciato da condizioni chiaramente sfavorevoli, cioè la perdita del lavoro, l’età avanzata che impedisce di ipotizzare una persistente capacità lavorativa e, infine, la necessità di assistere la madre .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 2 luglio 2019 – 14 gennaio 2020, n. 506 Presidente Genovese – Relatore Bisogni Rilevato che 1. I coniugi Re. Ad. e Da. Na. erano pervenuti nel 1999 a un accordo sulla base del quale avevano richiesto e ottenuto l'emissione di una sentenza di divorzio congiunto che prevedeva l'attribuzione alla Na. di un assegno mensile di 550 Euro. Successivamente il sig. Ad. aveva proposto ricorso ex art. 9 della legge n. 898/1970 chiedendo al Tribunale di Padova la revoca della assegno per sopravvenuto incremento del patrimonio e del reddito della Na. conseguente alla sua successione ereditaria paterna e al beneficio derivante dall'assistenza alla madre con lei convivente. Il Tribunale di Padova ha accolto parzialmente il ricorso del sig. Re. Ad., e ha ridotto l'assegno a 350 Euro. 2. Re. Ad. ha proposto appello che è stato dichiarato inammissibile per tardività della notifica alla controparte. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso per cassazione proposto dal sig. Ad. e ha cassato con rinvio la pronuncia di inammissibilità dell'appello. 3. In seguito alla riassunzione del giudizio da parte del sig. Ad. la Corte di appello di Venezia ha respinto la richiesta di revoca dell'assegno ritenendo che l'assenza di redditi da lavoro, l'età della sig.ra Na., la sua dedizione alla assistenza della madre giustifichino la conferma della decisione di primo grado. 4. Ricorre per cassazione Re. Ad. proponendo tre motivi di impugnazione con i quali deduce a violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art. 9 della legge n. 898/1970 e agli artt. 2 e 23 Cost. Secondo il ricorrente si sarebbe dovuto considerare l'intervenuto cambiamento della giurisprudenza Cass. 11504/2017 sui presupposti del riconoscimento dell'assegno divorzile b violazione di legge ex art. 360 n. 5 c.p.c. e art. 111 Cost. il ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo e cioè che la Na. è dipendente della madre come badante c violazione di legge ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 88, 91, 92, 96 c.p.c. Il ricorrente censura la decisione della Corte di appello che ha compensato le spese relative a tutti i gradi del giudizio. 5. Propone controricorso Da. Na. che contesta l'applicabilità della nuova giurisprudenza in materia di assegno divorzile eccependo l'esistenza di un giudicato modificabile solo quanto alle modifiche sopravvenute delle condizioni economiche. La controricorrente nega di aver mai ricevuto alcun compenso dalla madre e rileva che quest'ultima ha testimoniato in questo senso sul punto. Contesta infine la ricorrenza di violazioni di legge quanto alla statuizione di compensazione delle spese processuali. 6. Le parti depositano memorie difensive. Ritenuto che 7. Il primo motivo di ricorso è inammissibile e comunque infondato. Esso consiste piuttosto che in una rappresentazione di una violazione di legge nella richiesta di riesame del diritto della Na. a percepire un assegno divorzile perché la stessa non avrebbe mai avuto e in particolare non l'avrebbe ora una condizione di non autosufficienza economica. La prospettazione di circostanze idonee a determinare il venir meno del diritto all'assegno è tuttavia limitata a quanto già valutato nel primo grado dal Tribunale di Padova che ha, in relazione a tale valutazione, ridotto l'ammontare dell'assegno divorzile. La Corte di appello ha respinto la richiesta di revocare o ridurre ulteriormente l'assegno in considerazione di una valutazione complessiva delle condizioni sopravvenute favorevoli la successione ereditaria e sfavorevoli la perdita del lavoro, la necessità di assistere la madre e l'età raggiunta dalla Na. che impedisce di ipotizzare una persistente capacità lavorativa . A fronte di tale motivata statuizione di merito la richiesta di un riesame delle condizioni economiche delle parti è palesemente inammissibile e non trova giustificazione neanche sotto il profilo della applicazione della giurisprudenza invocata Cass. 11504/17 che peraltro risulta a sua volta, almeno in parte, superata dalla pronuncia n. 18287/2018 delle Sezioni Unite di questa Corte. 8. Anche il secondo motivo è inammissibile perché la circostanza della assistenza prestata dalla Na. alla madre e quella dei vantaggi economici che ne sono derivati e potrebbero derivarne è stata presa in considerazione dai giudici del merito che hanno provveduto a ridurre notevolmente l'assegno divorzile fissato nel 1999 in somma corrispondente a 516,46 Euro e nel 2013 portato a 350,00 Euro mensili. La motivazione della Corte di appello richiama tali circostanze e le valuta espressamente nel confermare il diritto della sig.ra Na. a percepire l'assegno nella misura ridotta di 350 Euro mensili. L'impugnazione non risponde pertanto ai requisiti richiesti dall'art. 360 n. 5 c.p.c. 9. Infine il terzo motivo è infondato non sussistendo la dedotta violazione di legge perché la Corte di appello ha confermato ed esteso la compensazione delle spese processuali in applicazione del principio della reciproca soccombenza e in relazione al complessivo esito del giudizio. 10. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione e la presa d'atto, in dispositivo, dell'applicabilità dell'art. 13 del D.P.R. n. 115/2002. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 3.100, di cui 100 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell'art. 13 comma 1 bis del D.P.R. n. 115/2002.