Opposizione alla liquidazione dell’eredità: l’erede ha un mese per convocare creditori e legatari

Deve essere riconosciuta natura perentoria al termine di cui all’art. 498, comma 2, c.c. secondo cui l’erede beneficiario è tenuto ad invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito entro un mese dalla notificazione dell’opposizione.

La vicenda. Con l’ordinanza n. 30247/19, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso avverso la sentenza con cui il Tribunale di Ascoli Piceno, a conferma – seppur con diversa motivazione - della decisione del Giudice di Pace, aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo avanzata dagli eredi ed avente ad oggetto il compenso professionale dovuto dal de cuius al creditore. In prime cure, il Giudice di Pace aveva accertato in via incidentale l’avvenuta decadenza degli eredi dal beneficio di inventario. In sede di gravame invece il Tribunale negava l’avvenuta decadenza sulla base della non perentorietà del termine di cui all’art. 498, comma 2, c.c. ed addiveniva alla medesima conclusione motivando sulla mancanza di prove circa l’incapienza dei beni ereditari a soddisfare il credito azionato. La questione è dunque giunta all’attenzione della Suprema Corte su ricorso del creditore. Termine perentorio. Premettendo che il creditore/ricorrente ha interesse all’accertamento dell’avvenuta decadenza degli eredi dal beneficio di inventario al fine di poterne esecutare il patrimonio personale senza incorrere nel divieto di promuovere azioni individuali di cui all’art. 506, comma 1, c.c., la Corte ritiene fondato il ricorso. L’art. 498 c.c. relativo alla liquidazione dell’eredità in caso di opposizione prevede, al comma 2, che l’erede entro un mese dalla notificazione dell’opposizione deve, a mezzo di notaio del luogo dell’aperta successione, invitare i creditori e i legatari a presentare, entro un termine stabilito dal notaio e non inferiore a 30 giorni, le dichiarazioni di credito. Il termine di un mese, in virtù dell’espressione utilizzata dal legislatore, si configura come perentorio, in coerenza con l’esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell’eredità. Il Tribunale ha dunque erroneamente attribuito natura ordinatoria al termine stesso facendo leva sull’art. 505, comma 1, c.c. che sanzionerebbe con la decadenza dal beneficio solo alcuni comportamenti dell’erede. In realtà, il Collegio, richiamando il dettato normativo, ricorda che tale disposizione fa riferimento e tutti gli incombenti a cui l’erede è onerato a partire dal momento in cui gli sia stata notificata l’opposizione dei creditori e dei legatari, nei quali deve dunque includersi anche quello previsto dall’art. 498, comma 2. Per questi motivi, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 11 settembre – 20 novembre 2019, n. 30247 Presidente Carrato – Relatore Picaroni Fatti di causa 1. Oggetto di ricorso è la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 643 del 2016, pubblicata il 30 maggio 2016, che ha confermato con diversa motivazione la sentenza del Giudice di pace di San Benedetto del Tronto n. 330 del 2011. 1.1. Il giudizio di primo grado era stato introdotto da Ri.Lu. e R.L. , eredi beneficiati di F.O. insieme alle germane V. ed A.M. , con atto di opposizione al decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato ad essi eredi il pagamento di Euro 4.200,00 in favore di P.L. , a titolo di compenso dell’attività professionale da questi svolta nell’interesse del de cuius. 1.2. Il Giudice di pace rigettò l’opposizione, accertando incidentalmente l’avvenuta decadenza degli eredi dal beneficio dell’inventario. 2. Il Tribunale, adito da Ri.Lu. e L. , i quali lamentavano l’erroneità dell’accertamento sia pure incidentale della decadenza dal beneficio, ha rigettato il gravame con diversa motivazione. Secondo il Tribunale, infatti, non si era verificata la decadenza dal beneficio dell’inventario in quanto non era perentorio il termine fissato dall’art. 498 c.c., comma 2, sicché la responsabilità patrimoniale degli eredi rimaneva intra vires hereditatis. Nondimeno, il beneficio risultava privo di effetti e l’opposizione al decreto ingiuntivo doveva essere rigettata in quanto gli opponenti non avevano allegato nè provato l’incapienza dei beni ereditari a soddisfare il credito azionato, mentre il creditore opposto non aveva interesse a chiedere l’accertamento della decadenza. 3. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso P.L. , sulla base di due motivi. Non hanno svolto difese gli intimati Ri.Lu. e R.L. . Il Pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 498 c.c., comma 2, art. 505 c.c., comma 1, art. 152 c.p.c., art. 12 preleggi, comma 1 e si contesta, in particolare, l’affermazione del Tribunale secondo cui il termine previsto dall’art. 498 c.p.c., non sarebbe perentorio. 2. Con il secondo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. e carenza assoluta di motivazione, e si contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui il creditore opposto non aveva interesse a chiedere l’accertamento della decadenza degli eredi dal beneficio d’inventario. 3. I motivi, da esaminare congiuntamente per l’evidente connessione, sono fondati. 3.1. In primo luogo occorre chiarire che, essendo stata accertata l’esistenza del credito azionato in via monitoria, l’odierno ricorrente ha interesse all’accertamento dell’avvenuta decadenza degli eredi del debitore dal beneficio dell’inventario, per poterne esecutare il patrimonio personale senza incorrere nel divieto di promuovere azioni individuali previsto dall’art. 506 c.c., comma 1, per la durata della procedura di liquidazione concorsuale. Non rileva in senso contrario il fatto che la sentenza impugnata abbia rigettato l’opposizione proposta dagli eredi. L’affermazione contenuta nella motivazione, secondo cui gli eredi non sarebbero decaduti dal beneficio d’inventario, è idonea a limitare la responsabilità degli eredi intra vires, e in questa prospettiva a recare pregiudizio al creditore odierno ricorrente. Sussiste dunque un concreto interesse giuridico, non di mero fatto, che sorregge il ricorso in esame, rendendolo ammissibile, e nel contempo impone di rilevare l’illogicità ed erroneità della decisione del Tribunale nella parte in cui ha negato tale interesse in capo al creditore appellato, sul presupposto che gli eredi non avevano dimostrato l’incapienza dei beni ereditari a soddisfare il credito azionato, e senza considerare l’onere per il creditore di doversi inserire nella procedura liquidatoriae non poter promuovere azioni esecutive individuali fino alla conclusione della procedura. 3.2. Il Tribunale è incorso in errore anche e decisivamente nell’affermare la natura ordinatoria del termine - nella specie pacificamente non rispettato - previsto dall’art. 498 c.c., comma 2. L’art. 498, rubricato Liquidazione dell’eredità in caso di opposizione, stabilisce al comma 2 che, A tal fine egli l’erede , non oltre un mese dalla notificazione dell’opposizione, deve, a mezzo di un notaio del luogo dell’aperta successione, invitare i creditori e i legatari a presentare, entro un termine stabilito dal notaio stesso e non inferiore a giorni trenta, le dichiarazioni di credito . L’espressione utilizzata dal legislatore - non oltre un mese - depone nel senso della perentorietà del termine, perentorietà che, del resto, è coerente con l’esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell’eredità, in funzione della quale si ritiene perentorio anche il termine, fissato dal notaio, entro il quale i creditori e i legatari possono presentare le dichiarazioni di credito così Cass. 19/10/1994, n. 8527, di recente ribadita da Cass. 13/08/2018, n. 20713 . 3.3. Il Tribunale ha richiamato a sostegno della tesi della natura ordinatoria del termine in oggetto la previsione contenuta nell’art. 505 c.c., comma 1, sull’assunto che tale norma sanzionerebbe con la decadenza dal beneficio soltanto alcuni comportamenti dell’erede, ma anche questo argomento è privo di fondamento. La norma citata, là dove stabilisce che l’erede che, in caso di opposizione, non osserva le norme stabilite dall’art. 498 c.c., o non compie la liquidazione o lo stato di graduazione nel termine stabilito dall’art. 500 , fa riferimento a tutti gli incombenti di cui l’erede beneficiato è onerato a partire dal momento in cui gli sia stata notificata l’opposizione dei creditori e dei legatari, e non v’è ragione per escludere dal novero di tali incombenti quello previsto dall’art. 498, comma 2. 4. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale si atterrà al seguente principio di diritto il termine previsto dall’art. 498 c.c., comma 2, entro il quale l’erede beneficiato è tenuto ad invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, è perentorio . Lo stesso giudice provvederà a liquidare le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale monocratico di Ascoli Piceno, in persona di altro magistrato.