L’onere probatorio del padre che appella la decisione sull’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne

Ciò che assume rilievo nel giudizio d’appello proposto contro la decisione che ha accertato l’obbligo di contribuzione al mantenimento del figlio maggiorenne non ancora autosufficiente, non è il comportamento processuale tenuto dall’appellante ma se quest’ultimo è riuscito a dimostrare di non godere del reddito che la sentenza di primo grado gli ha attributo.

Lo ha affermato la Cassazione con ordinanza n. 26083/19 depositata il 15 ottobre. Il caso. Nel rigettare l’appello del padre proposto contro la decisione del Tribunale di porre a suo carico l’assegno di mantenimento della figlia maggiorenne, la Corte territoriale ne confermava l’importo di 700 euro mensili motivando tale decisione sulla base della sua condotta difensiva omissiva, consistita nell’essersi sottratto all’obbligo di produrre la dichiarazione dei redditi degli ultimi anni, così da non far emergere redditi compatibili con il contributo stabilito dal Tribunale. Avverso tale decisione, il padre propone ricorso per cassazione. Onere probatorio dell’appellante. La Cassazione, nel ritenere il ricorso infondato, stabilisce che quello che viene in rilievo nel giudizio d’appello avverso una decisione che ha accertato l’obbligo di contribuzione al mantenimento di un figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente economicamente, non è il comportamento processuale tenuto dall’appellante ma piuttosto la verifica dell’adempimento o meno dell’onere probatorio, che grava sull’appellante, di dimostrare di non godere del reddito che la sentenza di primo grado gli ha attributo, ai fini dell’accertamento e della quantificazione del diritto al mantenimento del figlio . Pertanto, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 febbraio – 15 ottobre 2019, n. 26083 Presidente Genovese – Relatore Bisogni Rilevato che 1. Nel giudizio per la dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio fra C.B. e B.R. si controverte sull’ammontare sull’assegno di mantenimento della figlia maggiorenne C.E. , nata nel e non ancora autosufficiente economicamente, assegno che è stato posto dal Tribunale di Firenze a carico del sig. C. nella misura di 700 Euro mensili confermata dalla Corte di appello che ha rilevato a il sig. C. , dopo il fallimento della sua attività commerciale agenzia di viaggi in regime di s.a.s. , svolge varie prestazioni di consulenza in materia turistica per le quali ha dichiarato nel 2012 e 2013 rispettivamente redditi per 11.742 e 13.018 Euro b secondo quanto dedotto dalla B. con produzioni documentali al riguardo il C. ha un introito regolare da un servizio di deposito bagagli che ha costituito di recente e sostiene rilevanti spese di rappresentanza c non ha prodotto le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni. La Corte di appello non ha condiviso la motivazione del Tribunale che ha ritenuto ancora salda la posizione economica del C. ma ha ritenuto infondato l’appello per il contegno processuale dell’appellante che si è sottratto all’obbligo di produrre la dichiarazione dei redditi degli ultimi anni e non ha nè dedotto nè documentato quali lavori svolga attualmente e con quali reddititrendendosi così protagonista di omissioni difensive dirette a non far emergere redditi compatibili con il contributo stabilito dal Tribunale. 2. Ricorre per cassazione e deposita memoria difensiva C.B. deducendo a violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4 b violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.p.c., comma 4 e art. 147 c.c., della L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 2, artt. 112, 113, 115 c.p.c., art. 116 c.p.c., comma 2 e degli artt. 2697, 2727 2729 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. 3. Si difende con controricorso B.R. . Ritenuto che 1. Con il primo motivo di ricorso il sig. C. afferma la mera apparenza della motivazione basata sulla presunzione di redditi occultati e ricollegata al comportamento processuale ritenuto erroneamente omissivo in quanto non esiste alcun obbligo di produzione delle dichiarazioni dei redditi nè può attribuirsi valenza probatoria alla mancata produzione in giudizio di documenti di cui non è stata disposta la esibizione. 2. Con il secondo motivo si censura la decisione in quanto fondata su astratte congetture dirette ad affermare la sottovalutazione del reddito dichiarato sino al 2013 e rimasto tale anche negli anni successivi. 3. Il primo motivo è infondato perché la motivazione resa dalla Corte di appello non è affatto apparente ed è lo stesso ricorrente a contestarne il contenuto. Il secondo motivo che in parte si sovrappone al precedente è anche esso infondato perché la motivazione è basata non su astratte congetture ma su dati incontestati, di cui aveva già dato atto la sentenza di primo grado come l’espletamento di attività di consulenza per due società l’apertura di un esercizio di deposito bagagli le spese di rappresentanza sostenute dal sig. C. non compatibili con i redditi dichiarati. Con motivazione che deve essere corretta la Corte di appello ha riferito tali elementi istruttori a un comportamento processuale omissivo, specificamente quanto alla mancata produzione delle dichiarazioni dei redditi successive al 2013 e genericamente quanto alla mancata ricostruzione delle attività lavorativa e delle fonti di reddito idonee a rappresentare la situazione economica dell’odierno ricorrente facendo discendere la conferma della decisione di primo grado da una valutazione negativa del comportamento processuale dell’appellante. 4. Per ciò che concerne il sopra riportato contenuto della motivazione della Corte di appello va tuttavia chiarito, affermandosi al riguardo uno specifico principio di diritto, che quello che viene in rilievo nel giudizio di appello avverso una decisione che ha accertato l’obbligo di contribuzione al mantenimento di un figlio maggiorenne ma non ancora autosufficiente economicamente non è il comportamento processuale tenuto dall’appellante ma piuttosto la verifica dell’adempimento o meno dell’onere probatorio che grava sull’appellante diretto a dimostrare di non godere del reddito che la sentenza di primo grado gli ha attribuito ai fini dell’accertamento e della quantificazione del diritto al mantenimento del figlio. 5. Il ricorso per cassazione va pertanto respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione cui grava l’obbligo del versamento di somma pari a quella versata a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.200, di cui 200 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie. Dispone che in caso di pubblicazione della presente ordinanza siano omesse le generalità e gli altri elementi identificativi delle parti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.