Inerzia dei giudici dello Stato di residenza abituale del minore: lo Stato di cittadinanza può decidere sulla responsabilità genitoriale

L’atteggiarsi della duplice competenza degli Stati, una principale, che fa capo allo Stato di residenza abituale, ed una sostitutiva, propria invece dello Stato di cittadinanza, rimarca la finalità della Convenzione Aja 1996 di realizzare, al meglio, l’interesse superiore del minore.

L’interessante pronuncia in commento, n. 22828 pubblicata in data 12 settembre 2019, individua una competenza concorrente, ma eccezionale, del giudice dello Stato di cui il minore è cittadino, chiarendo il riparto di giurisdizione nel caso di fattispecie caratterizzate da elementi di internazionalità, ribadendo la principalità del criterio di residenza abituale. Il caso. La Corte d’appello di Venezia, ritenendo sussistenti i requisiti indicati all’art. 67 della legge di diritto internazionale privato n. 218/1995 Attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri di giurisdizione volontaria e contestazione del riconoscimento”, riconosceva nel nostro ordinamento l’efficacia della sentenza pronunciata dal Tribunale ucraino che, pronunciandosi in materia di responsabilità genitoriale, aveva disposto il trasferimento in Ucraina presso la madre della figlia minore nata a Venezia ed ivi residente dalla nascita, senza con ciò minimamente motivarne la scelta e regolamentare il diritto di visita paterno. Il ricorso per Cassazione. Il padre ricorreva così in Cassazione attraverso tre motivi di diritto in primo luogo lamentava che la Corte d’Appello avesse errato nel non rilevare il difetto di giurisdizione del giudice ucraino in favore del giudice italiano, in quanto la minore era residente in Italia dalla nascita, violando l’art. 8 del Regolamento n. 2201/2003 che, sulle domande relative alla responsabilità genitoriale, attribuisce la giurisdizione alle autorità giurisdizionali del luogo di residenza abituale del minore al momento della domanda in secondo luogo, il ricorrente lamentava che la Corte d’Appello avesse violato l’art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, in quanto non avrebbe rilevato il mancato rispetto dell’interesse supremo del minore posto che il Tribunale ucraino non aveva svolto alcuna indagine sulla idoneità dell’ambiente ove era stato disposto il trasferimento del minore, non aveva spiegato il motivo per il quale la minore dovesse esser collocata dalla madre e non aveva previsto il diritto di visita paterno in ultimo il padre lamentava che la Corte d’Appello non avesse rilevato la contrarietà all’ordine pubblico della sentenza straniera per contrasto con i principi di bigenitorialità e corresponsabilità dei genitori, non avendo tale sentenza nemmeno statuito sul diritto di visita paterno. La condizione di reciprocità. Vertendo la materia del contendere sulla responsabilità genitoriale, per verificare il riconoscimento della sentenza resa da un Tribunale di uno Stato non parte dell’Unione Europea è necessario verificare la c.d. condizione di reciprocità ai sensi dell’art. 64, lettera a della legge 218/1995, verificare cioè se il giudice ucraino abbia fondato la propria competenza sugli stessi principi in base ai quali il giudice italiano, in casi corrispondenti, avrebbe fondato la propria giurisdizione. La Convenzione Aja 1961 e la dimora abituale del minore. L’art. 42 l. n. 218/1995, Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori, in merito alla determinazione della competenza giurisdizionale su questioni che attengono la responsabilità genitoriale, richiama la Convenzione Aja del 5 ottobre 1961, di cui l’Ucraina è parte, successivamente modificata dalla Convenzione Aja 18 ottobre 1996 in vigore in Italia dal 1° gennaio 2016. Essendo, tuttavia, il procedimento giunto all’esame della Corte di Cassazione antecedentemente all’entrata in vigore della Convenzione Aja 1996, la Suprema Corte analizza la precedente normativa internazionale ove all’art. 1 viene indicato il criterio principale di giurisdizione fondato sulla residenza abituale del minore. La Convenzione Aja 1961 e il criterio concorrente della cittadinanza. L’art. 4 prevede la competenza concorrente ed eccezionale dello Stato di cui il minore è cittadino se ritiene che l’interesse del medesimo lo esiga. In particolare lo Stato della cittadinanza, dopo aver informato le autorità dello Stato di residenza abituale, può adottare misure finalizzate alla protezione della persona del minore o dei suoi beni. Tale ulteriore competenza non è però alternativa, essendo definita dalla Suprema Corte eccezionale”, esperibile solo in caso di inerzia dello Stato di residenza abituale ovvero di impossibilità per quest’ultimo di addivenire ad una decisione. La Convenzione Aja 1996. La Suprema Corte precisa che anche la successiva Convenzione Aja del 1996 prevede un meccanismo di funzione sussidiaria all’art. 9 secondo cui le autorità dello Stato di cittadinanza ove ritengano di esser meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso particolare” potranno avviare una diretta interlocuzione con lo Stato di residenza abituale. Lo scambio di vedute tra i due Stati. La diretta interlocuzione tra lo Stato di cui il minore è cittadino e quello ove risiede abitualmente viene definita dalla Corte di Cassazione uno scambio di vedute” che si realizza con la richiesta all’autorità dello Stato di residenza abituale, direttamente o tramite l’Autorità Centrale di tale Stato, di poter esercitare la competenza ad adottare le misure necessarie nonché con l’invito alle parti stesse a presentare tale richiesta alle autorità dello Stato di residenza abituale. Ciò, sempre se sono assolti gli oneri della prova sostanziali se è dimostrata la necessità di operare nella impossibilità o inerzia dello Stato di residenza abituale e formali consistente nella avviata preliminare interlocuzione con lo Stato di residenza abituale . La decisione della Cassazione. Nel caso in esame, invece, la Corte d’Appello di Venezia, non ha rispettato i principi indicati dalla Suprema Corte avendo riconosciuto gli effetti di una sentenza di un giudice straniero privo della competenza giurisdizionale secondo i criteri di determinazione di tale competenza previsti dall’ordinamento italiano, avendo accolto la domanda sul rilievo che il giudice ucraino potesse conoscere della causa in quanto entrambi i genitori erano di nazionalità ucraina.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 15 marzo – 12 settembre 2019, n. 22828 Presidente Acierno – Relatore Scalia Fatti di causa 1. La Corte di appello di Venezia, con ordinanza emessa del D.Lgs. n. 150 del 2011, ex art. 30, in data 22 giugno 2015, ha accertato la sussistenza dei requisiti di riconoscimento, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 67, della sentenza pronunciata in data 20 maggio 2013 dal Tribunale distrettuale Shevcenkivskyi di Chernivtsi Ucraina , che aveva disposto il trasferimento in Ucraina, presso la madre, della minore V.N.Y. , nata a omissis ed ivi residente dalla nascita, con ordine di riconsegna rivolto al padre, già con lei convivente. 2. La Corte territoriale, nello scrutinio del provvedimento giudiziario estero, ha ritenuto non ostare al riconoscimento della sua efficacia la pendenza in Italia del procedimento di decadenza della madre dalla responsabilità genitoriale, introdotto dal padre successivamente alla definizione del giudizio ucraino. 3. Ricorre per la cassazione dell’indicata ordinanza il padre della minore, V.Y. , con tre motivi. Resiste con controricorso B.V.N.O.S. . Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative. 4. Con ordinanza interlocutoria della sesta sezione civile, sottosezione prima, la causa è stata rinviata alla prima sezione civile per la discussione in pubblica udienza, in relazione all’incidenza della questione di giurisdizione sul richiesto riconoscimento della pronuncia straniera. Nelle memorie depositate, entrambe le parti danno atto dell’esito del giudizio relativo alla domanda di decadenza della responsabilità genitoriale della controricorrente. Al riguardo la Corte di appello ha evidenziato che la madre della minore aveva dichiarato in corso di giudizio di non voler più trasferire in Ucraina la figlia e che avrebbe aderito al progetto di graduale riavvicinamento alla minore mediante l’intervento dei servizi sociali. È stato, altresì, dato atto della reciproca disponibilità dei genitori in relazione a tale percorso. Non risultano tuttavia atti o dichiarazioni di rinuncia al presente giudizio. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge ed omesso esame su di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. a ed art. 3. Si censura, in particolare che la Corte di appello di Venezia, mancando di effettuare ogni indagine sul punto, non avrebbe rilevato il difetto di giurisdizione del giudice ucraino in quanto la minore era residente in Italia dalla nascita, in tal modo incorrendo, anche, nella violazione dell’art. 8 del Regolamento di Bruxelles II 2 bis n. 2201 del 2003 che attribuisce la giurisdizione sulle domande relative alla responsabilità genitoriale al giudice del luogo ove il minore risiede. 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, ratificata in Italia con la L. n. 176 del 1991, sui diritti del fanciullo. La Corte di merito non avrebbe rilevato il mancato rispetto dell’interesse supremo del fanciullo garantito dalla normativa di diritto internazionale privato, nella specie affermativa della giurisdizione italiana, nonché dall’art. 3 Cost. e dall’art. 12 della Convenzione di New York del 1989, e sarebbe incorsa in omesso esame di fatti decisivi. I servizi sociali ucraini non avrebbe svolto alcuna indagine su relazioni ed abitudini di vita della minore, in violazione dell’interesse a veder verificata l’idoneità dell’ambiente in cui deve crescere e svilupparsi la sua personalità, e la qualità delle relazioni instaurate con i genitori. Il Tribunale ucraino non avrebbe motivato sul perché la minore dovesse essere collocata presso la madre senza prevedere alcuna modalità di esercizio del diritto-dovere di frequentazione del padre. 3. Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione di legge ed omesso esame su di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte di merito rilevato la contrarietà all’ordine pubblico, ai sensi della L. n. 218 del 1995, art. 64, comma 1, lett. g , della sentenza del Tribunale ucraino, per contrasto con i principi di cui alla L. n. 218 del 1995, art. 36-bis e di cui agli artt. 2, 3 e 30 Cost. e degli artt. 3, 9, 10 e 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo. I principi della bigenitorialità e della corresponsabilità dei genitori, incidenti sull’adozione di misure di protezione a tutela dell’interesse del figlio a non subire atti pregiudizievoli, sarebbero stati violati dalla sentenza ucraina che nulla avrebbe disposto sul diritto di visita del padre, senza che il genitore collocatario fosse sottoposto ad esame ai fini di una declaratoria di decadenza. 4. Deve preliminarmente osservarsi che l’oggetto del presente giudizio è il riconoscimento di una pronuncia estera, emessa in uno Stato, non appartenente all’Unione Europea, avente ad oggetto la fissazione della residenza della figlia minore delle parti presso la madre in Ucraina. Oggetto della cognizione del giudice del merito e di questa Corte è pertanto la corrispondenza della pronuncia in esame ai parametri stabiliti nella L. n. 218 del 1995, art. 64. 5. Deve ulteriormente precisarsi in via preliminare che la decisione ucraina riguarda, per quel che si conosce dalla pronuncia della Corte di appello di Venezia, l’esercizio della responsabilità genitoriale delle parti nei confronti della figlia minore, di cui il provvedimento delibato modifica la residenza, in tal modo fortemente incidendo sulle modalità di rapporto tra il padre e la minore stessa. 6. Non trova applicazione nella specie il regime specifico di riconoscimento delle sentenze emesse all’interno dell’Unione Europea, dettato dal Regolamento n. 2201 del 2003, dal momento che la pronuncia di cui si chiede il riconoscimento non è stata adottata da uno Stato membro dell’Unione stessa art. 23 del Regolamento . 7. Le condizioni di riconoscimento nell’ordinamento italiano della pronuncia ucraina sono, pertanto, quelle contenute nella L. n. 218 del 1995, art. 64. L’oggetto della decisione, in quanto inerente la responsabilità genitoriale sul figlio minore e conseguentemente, la tutela del suo preminente interesse, pone in luce la necessità di scrutinare, in primo luogo, la condizione cd. di reciprocità indicata nella lettera a della norma. È necessario, alla luce del parametro normativo sopra indicato che il giudice straniero abbia fondato la propria competenza giurisdizionale sugli stessi principi in base ai quali, in casi corrispondenti, il giudice italiano avrebbe esercitato la sua giurisdizione nei confronti del giudice straniero S.U. n. 8038 del 2011 . È necessario, in conclusione, che il giudice straniero sia munito della competenza internazionale nella materia oggetto della decisione, per la determinazione della quale occorre fare riferimento ai criteri stabiliti dall’ordinamento italiano S.U. n. 21946 del 2015 . Nella specie, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale internazionale deve rilevarsi che la decisione ucraina, involgendo questioni strettamente inerenti l’esercizio della responsabilità genitoriale, ha adottato misure rientranti nell’ambito degli istituti di protezione del minore, destinate al perseguimento del suo preminente interesse. La norma applicabile risulta pertanto la L. n. 218 del 1995, art. 42, secondo la quale la protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione di minori, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742 , di cui è parte la stessa Ucraina. Ad essa è succeduta, anche nei rapporti reciproci, la Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, entrata in vigore in Italia il 1 gennaio 2016, secondo la L. 18 giugno 2015, n. 101 ex art. 2, che richiama l’art. 61 par. 2 lett. a della Convenzione con la quale l’Italia ha proceduto alla ratifica e all’esecuzione dello strumento convenzionale. Il rapporto in esame, tuttavia, resta disciplinato dalla Convenzione dell’Aja nel testo originario dal momento che, la modifica introdotta con la successiva convenzione del 18.10.1996, ancorché applicabile in Ucraina dal 1 febbraio 2008, è entrata in vigore in Italia, come già rilevato, solo successivamente all’instaurazione del giudizio volto al riconoscimento della pronuncia estera, conclusosi con ordinanza del 22 giugno 2015. 8. L’art. 1 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 stabilisce che Le autorità, così giudiziarie come amministrative, dello Stato di dimora abituale d’un minorenne sono, con riserva delle disposizioni degli artt. 3, 4 e 5, capoverso 3, della presente Convenzione, competenti a prendere delle misure per la protezione della persona o dei beni dello stesso . In esordio, la fonte convenzionale, nella sua prima norma, assegna con univocità allo Stato di dimora abituale la competenza ad adottare le misure per la protezione del minore. La previsione deve essere raccordata con quella contenuta nel successivo art. 4 che reca il seguente testo se le autorità dello Stato di cui il minore è cittadino giudicano che l’interesse del minore lo esige, esse possono, dopo aver informato le autorità dello Stato di sua residenza abituale, adottare in base alla loro legislazione interna misure miranti alla protezione della sua persona o dei suoi beni . Si tratta di una disposizione che stabilisce una competenza concorrente in capo allo Stato di cittadinanza del minore, destinata ad attivarsi all’esito di un percorso procedimentale precisato nella stessa norma che ne rivela il carattere non equiordinato. Nella Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, l’attivazione delle autorità dello Stato di cittadinanza passa attraverso l’apprezzata necessità di un intervento a tutela dell’interesse del minore e resta, ancora, mediata dalla previsione della preliminare informazione tra gli Stati di dimora e cittadinanza, in relazione alle ragioni della deroga rispetto al criterio ordinario ed alla necessità d’intervenire. I criteri della dimora abituale e della cittadinanza del minore, nel combinarsi delle disposizioni di cui agli artt. 1 e 4 della Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, non valgono ad individuare competenze concorrenti ed alternative, ma, al contrario, evidenziano un criterio ordinario non derogabile se non nei limiti prefigurati nell’art. 4. La competenza ulteriore ed eventuale, prevista in quest’ultima disposizione, ha la esclusiva funzione di rafforzare la tutela e la protezione del minore in relazione alle scelte inerenti la sua persona ed i suoi beni ma è strettamente correlata all’inerzia a provvedere dello Stato di dimora o ad altre circostanze che possano precludere o rendere non effettivo il suo intervento. L’indicata disciplina prevede la possibilità di affiancare alla competenza principale dello Stato di dimora abituale quello dello Stato di cittadinanza ove la prima non riesca a dispiegarsi in modo efficace. L’intervento dello Stato di cittadinanza ha natura eccezionale e come tale deve essere giustificato, dal punto di vista sostanziale, dalla necessità di provvedere e, da quello procedimentale, dalla previa interlocuzione con lo Stato in via ordinaria competente art. 4, comma 1, Convenzione dell’Ala del 1961 . 9. Anche nella successiva Convenzione dell’Aja del 18 ottobre 1996 viene previsto un meccanismo di competenza in funzione sussidiaria, analoga a quella sopradescritta, a conferma della correttezza della soluzione ermeneutica sopra delineata, peraltro coerente con il testo e la funzione delle norme esaminate. L’art. 9, richiamando il meccanismo disciplinato dal precedente art. 8 sui rapporti tra Stato di residenza abituale del minore, inteso come quello avente ordinaria competenza, e Stato di cittadinanza del minore, inteso come quello avente competenza straordinaria ed aggiuntiva, stabilisce che le Autorità degli Stati contraenti di cui all’art. 8, paragrafo 2 - e quindi dello Stato di cittadinanza o di quello in cui si trovino i beni del minore o di quello la cui autorità sia stata chiamata a conoscere di un’istanza di divorzio o di separazione legale dei genitori del minore, o di annullamento del matrimonio o ancora dello Stato con il quale il minore presenti uno stretto legame -, ove ritengano di essere meglio in grado di valutare il superiore interesse del minore in un caso particolare , potranno avviare una diretta interlocuzione con lo Stato della residenza abituale. Più puntualmente, lo Stato, la cui competenza è meramente aggiuntiva potrà attivarsi, all’esito di uno scambio di vedute , osservando una pluralità di iniziative, tra le quali figura a la richiesta all’autorità competente dello Stato contraente, quella di residenza abituale del minore, direttamente o tramite l’Autorità centrale di tale Stato, di poter esercitare la competenza ad adottare le misure di protezione che ritenesse necessarie b l’invito alle parti a presentare tale richiesta alle autorità dello Stato contraente di residenza abituale del minore art. 9, commi 1 e 2 . L’Autorità richiedente potrà esercitare la competenza in nome e per conto dell’Autorità dello Stato contraente di residenza abituale del minore ove tale autorità abbia accettato la richiesta art. 9, comma 3 . Nella definita ed articolata cornice, l’atteggiarsi della duplice competenza degli Stati, una principale, che fa capo allo Stato di residenza abituale, ed una sostitutiva, propria invece dello Stato di cittadinanza, o di quello altrimenti individuato dalla Convenzione del 1996, giusta i criteri di cui all’art. 8, par. 2, rimarca la finalità della Convenzione stessa di realizzare, al meglio, l’interesse superiore del minore, secondo finalità e scansioni che sono comuni a quella previgente del 1961, di cui la seconda migliora la disciplina, meglio esplicitandone gli intenti ma in continuità coerente con il sistema convenzionale preesistente. 10. In conclusione, sulla base della Convenzione del 1961 perché lo Stato di cittadinanza possa intervenire, a mezzo delle sue autorità, giudiziarie o amministrative, adottando misure in favore del minore, è necessario dimostrare, o almeno allegare di aver assolto a all’onere sostanziale, rappresentato dalla necessità di operare nella impossibilità o inerzia dello Stato di residenza abituale del minore stesso avente competenza in via principale b all’onere formale, consistente nella avviata preliminare interlocuzione con lo Stato della residenza abituale. Tanto premesso, ove richiesto di concedere l’exequatur, dovrà essere lo Stato di dimora abituale a verificare che i detti presupposti siano stati tutti adempiuti. 11. La Corte di appello di Venezia, con l’impugnata decisione, non si è attenuta ai principi indicati, avendo accolto la domanda sul rilievo che il giudice dello Stato ucraino potesse conoscere della causa in quanto entrambe le parti - i genitori della minore - sono di nazionalità ucraina . La decisione ucraina di cui è stato richiesto il riconoscimento non integra, pertanto, per le ragioni esposte, la condizione di reciprocità prevista dalla L. n. 218 del 1995, art. 64, lett. a , essendo stata emessa da giudice di uno Stato privo della competenza giurisdizionale internazionale secondo i criteri di determinazione di tale competenza previsti dal nostro ordinamento. 12. L’ordinanza della Corte di appello di Venezia deve essere pertanto cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2 e, in accoglimento del proposto ricorso, deve essere rigettata la domanda di riconoscimento nello Stato italiano della sentenza emessa dal Tribunale distrettuale Shevcenkivskyi di Chernivtsi Ucraina , in data 20 maggio 2013, tra B.V.N.O.S. e V.Y. . 13. La novità e complessità delle questioni esaminate sostiene l’integrale compensazione delle spese di lite sia del giudizio di merito che di quello di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa l’ordinanza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di riconoscimento nello Stato italiano della sentenza emessa dal Tribunale distrettuale Shevcenkivskyi di Chernivtsi Ucraina , in data 20 maggio 2013, tra B.V.N.O.S. e V.Y. . Compensa le spese del giudizio di merito e di questo giudizio. Dispone che ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento.