I genitori evitano di affrontare i propri problemi: adottabile la figlia

Lei è affetta da un problema psicopatologico, lui è dipendente dall’alcool. Entrambi però continuano a non voler fare i passi necessari per affrontare le rispettive difficili situazioni, e ciò ha ripercussioni negative sulla loro bambina. Necessario, di conseguenza, secondo i Giudici, lo stato di adottabilità per tutelare il futuro della minore.

Genitori inadeguati, poiché incapaci di prendere coscienza dei loro problemi e, quindi, di adottare le necessarie soluzioni. A rischio però è soprattutto la loro piccola figlia. Per garantire alla bambina la possibilità di uno sviluppo psico-fisico adeguato vi è una sola strada percorribile, sanciscono i giudici quella dell’adozione Cassazione, sentenza n. 16499/19, sez. I Civile, depositata oggi . Problematiche. A portare avanti la battaglia per riavere la propria bambina è la madre. I primi due gradi di giudizio sono però a lei sfavorevoli in entrambi i casi, difatti, i giudici ritengono sacrosanta l’adottabilità della minore. Ciò perché i due genitori hanno dimostrato la loro indisponibilità ad affrontare e superare le rispettive problematiche personali e sanitarie – patologie psicopatologiche per la moglie e dipendenza dall’alcool per il marito – e così hanno ‘certificato’, secondo i giudici, la propria inadeguatezza al recupero della capacità genitoriale in tempi compatibili con il diritto della figlia a godere di adeguate cure familiari . In sostanza, per i giudici di merito l’adottabilità è l’unico strumento possibile per tutelare la bambina, abbandonata in concreto dai due genitori. Abbandono. Identica valutazione compiono anche i giudici della Cassazione, respingendo il ricorso della donna e confermando l’adottabilità della figlia. In premessa viene ricordato che il concetto di abbandono” non è circoscrivibile alla sola situazione di abbandono materiale, ma ricorre ogni qualvolta l’inadeguatezza genitoriale sia irreversibile e di entità tale da compromettere il sano sviluppo psico-fisico del minore, privandolo di quel calore affettivo, di quell’aiuto psicologico, di quella guida indispensabile per la corretta formazione della sua personalità , e ciò rende la rottura del legame coi genitori l’unico strumento per evitare al minore un maggiore pregiudizio . Legittima, osservano i Giudici, è l’applicazione di questa prospettiva alla vicenda in esame. Decisiva è la constatazione che ai coniugi sono state impartite prescrizioni relative alla necessità di collaborare con i ‘Servizi socio-sanitari’ e di assumere l’impegno primario di seguire un percorso terapeutico finalizzato a compensare le problematiche sanitarie di cui risultano rispettivamente portatori , ma essi hanno mantenuto un atteggiamento di negazione delle loro problematiche, non sottoponendosi ai controlli e non adeguandosi alle proposte terapeutiche, disattendendo, anzi, ripetutamente le indicazioni dei ‘Servizi sociali e sanitari’, così impedendo non solo l’avvio della risoluzione delle rispettive patologie e dipendenze ma anche la sola formulazione di una prognosi di recupero in tempi ragionevolmente contenuti . Tutto ciò ha inciso in termini radicalmente pregiudizievoli sulla bambina, impedendole di contare sull’apporto affettivo ed educativo dei genitori . E non essendo possibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali dell’uomo e della donna entro tempi compatibili con la necessità della minore di vivere in uno stabile contesto familiare , è legittimo parlare di stato di abbandono e tutelare il futuro della bambina con lo stato di adottabilità .

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 1 aprile – 19 giugno 2019, n. 16499 Presidente Giancola – Relatore Fidanzia Fatti di causa Con sentenza depositata il 19 luglio 2017 la Corte d’Appello di Caltanissetta - sezione Minorenni - rigettando l’appello proposto A.M.C. , ha confermato la sentenza emessa in data 17 marzo/13 aprile 2017, con cui il Tribunale per i Minorenni di Messina ha dichiarato lo stato di adottabilità della minore R.G. , nata il omissis . Ha evidenziato la sentenza impugnata che la ricorrente ed il marito, sig. R.A. , nonostante gli interventi e le sollecitazioni degli organi preposti effettuati durante tutto il procedimento di adottabilità, dimostrando la loro indisponibilità ad affrontare e superare le rispettive problematiche personali e sanitarie, hanno manifestato la propria inadeguatezza al recupero della propria capacità genitoriale in tempi compatibili con il diritto della minore G. a godere di adeguate cure familiari. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione A.M.C. . La tutrice della minore, avv. D.M.V. non ha svolto difese. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo A.M.C. ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. in relazione alla L. n. 184 del 1983, artt. 1 e 8. Lamenta la ricorrente che la decisione della Corte d’Appello si è fondata, sulla scorta delle relazioni dei servizi sociali, sulla inadeguatezza della stessa a svolgere il ruolo di madre, ma senza rilevare una carenza di cure materiali e morali tali da determinare una situazione di abbandono. Si duole che i giudici di merito abbiano omesso un accertamento diretto a verificare una reale situazione di abbandono della minore da un punto di vista morale e materiale. Espone di essere sempre stata disponibile e propensa ad intraprendere un percorso finalizzato a prendere consapevolezza delle proprie mancanze ed al recupero del proprio ruolo di genitore, cercando di mantenere viva la sua presenta nella vita della minore, recandosi a trovare quest’ultima in comunità in modo da trascorrere con la stessa tutto il tempo che le era concesso. Rileva, altresì, che il proprio marito ha iniziato a lavorare, dando un taglio netto alle bevande alcoliche ed intraprendendo un nuovo stile di vita, assumendo consapevolezza del suolo ruolo di genitore. 2. Il motivo è infondato. Va preliminarmente osservato che questa Corte ha già affermato che la situazione di abbandono che, ai sensi della L. n. 184 del 1983, art. 8, è presupposto necessario per la dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, comportando il sacrificio dell’esigenza primaria di crescita in seno alla famiglia biologica, è configurabile non solo nei casi di materiale abbandono del minore, ma ogniqualvolta si accerti l’inadeguatezza dei genitori naturali a garantirgli il normale sviluppo psico-fisico, così da far considerare la rescissione del legame familiare come strumento adatto ad evitare al minore un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva. Rientra quindi nello stato di abbandono anche una situazione di fatto obiettiva del minore, che, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, impedisca o ponga in pericolo il suo sano sviluppo psicofisico, per il non transitorio difetto di quell’assistenza materiale e morale necessaria a tal fine Sez. 1, Sentenza n. 1838 del 26/01/2011, Rv. 616353 . Va, peraltro, rilevato che la finalità di consentire al minore di crescere, nei limiti del possibile, nell’ambito della propria famiglia d’origine, sancita dalla L. 4 maggio 1983, n. 182, art. 1, nel testo novellato dalla L. 28 marzo 2001, n. 149 , impone di verificare, prioritariamente, se possa essere utilmente fornito un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà e di disagio familiare e, solo ove risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittimo e corretto l’accertamento dello stato di abbandono Sez. 1, Sentenza n. 6137 del 26/03/2015, Rv. 634844 . Non vi è dubbio che la ricorrente abbia invocato una interpretazione troppo restrittiva del concetto di abbandono, che non è circoscrivibile alla sola situazione di abbandono materiale - non a caso l’art. 8 della legge cit. si esprime in termini di assistenza morale e materiale ma ricorre ogni qualvolta l’inadeguatezza genitoriale sia irreversibile e di entità tale da compromettere il sano sviluppo psico-fisico del minore, privando il minore di quel calore affettivo, di quell’aiuto psicologico, di quella guida indispensabile per la corretta formazione della sua personalità, di talché la rottura del legame diventa l’unico strumento per evitare al minore medesimo un maggiore pregiudizio. La sentenza impugnata ha descritto con dovizia di particolari che, nonostante i plurimi interventi di una pluralità strutture servizi sociali, Consultorio Familiare, servizi sanitari , entrambi i genitori della minore G. non hanno aderito al programma loro proposto, manifestando resistenza a qualunque modificazione del loro stile di vita. In particolare, è stato precisato nel provvedimento impugnato che con decreto del 22 gennaio 2016 ai coniugi sono state impartite prescrizioni relative alla necessità di entrambi di coniugi di collaborare con i Servizi Sociali e Sanitari e di assumere l’impegno primario di seguire un percorso terapeutico finalizzato a compensare le problematiche sanitarie di cui risultano rispettivamente portatori l’una, patologie psicopatologiche, l’altro, dipendenza da alcool incidente nelle relazioni con la moglie e con il nucleo familiare . Orbene, dalle informazioni provenienti dal Servizio Sociale e dal Consultorio, è emerso che entrambi i coniugi hanno mantenuto un atteggiamento di negazione delle loro problematiche, non sottoponendosi ai controlli e non adeguandosi alle proposte terapeutiche, disattendendo, anzi, ripetutamente le indicazioni dei Servizi, così impedendo non solo l’avvio della risoluzione delle rispettive patologie e dipendenze, ma anche la sola formulazione di una prognosi di recupero in tempi ragionevolmente contenuti. Sul punto, le censure con cui la ricorrente prospetta di aver avviato, invece, un percorso finalizzato a prendere consapevolezza delle proprie manchevolezze, si configurano come di merito, essendo dirette soltanto a sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti, e, come tali, sono inammissibili in sede di legittimità. La Corte d’Appello ha, altresì, messo in luce che l’assenza di una prospettiva di risoluzione delle problematiche dei due coniugi ha inciso in termini radicalmente pregiudizievoli sulla minore impendendole di contare sull’apporto affettivo, educativo dei genitori viene evidenziato, peraltro, che la A. , dopo l’ingresso in struttura con la figlia, sia rientrata presso il domicilio familiare allo scopo di ricongiungersi al compagno, e non si è resa disponibile all’assistenza della più piccola dei suoi tre figli durante un ricovero ospedaliero, adducendo ulteriori impegni . È evidente che, in un caso quale quello in esame, risulta impossibile, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità della minore di vivere in uno stabile contesto familiare, così integrandosi lo stato di abbandono. 3. Con il secondo motivo è stata dedotta la mancanza, insufficienza e manifesta contraddittorietà della motivazione. Lamenta che il dovere motivazionale avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a valutare le prospettazioni difensive in modo tale da addivenire ad una diversa decisione. 4. Il motivo è inammissibile. A prescindere dal rilievo che l’art. 360 c.p.c., n. 5, è stato modificato con la riforma del 2012, con la conseguenza che non è più deducibile la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione , ma solo l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti - già questo rende inammissibile il motivo - la ricorrente, non solo nella forma, ma anche nella sostanza nello svolgimento del motivo ha articolato la censura della motivazione in fatto nell’unico modo attualmente consentito. Nulla per le spese non essendosi la tutrice della minore costituita in giudizio. P.Q.M. rigetta il ricorso. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.