Accettazione con beneficio di inventario in caso di compossesso con soggetti terzi

Il chiamato all’eredità di un patrimonio indiviso che voglia avvalersi del beneficio di inventario, deve rispettare il termine di cui all’art. 485 c.c. relativo alla predisposizione dell’inventario stesso anche laddove i beni ereditari ricadano in una situazione di compossesso con soggetti terzi.

Così il Supremo Collegio con l’ordinanza n. 6167/19, depositata il 1° marzo. La vicenda. I beni lasciati dalla madre defunta formavano oggetto di compossesso tra i figli, chiamati all’eredità, e le rispettive mogli. Dopo il decesso della madre erano infatti stati stipulati dei contratti di locazione relativi a detti beni a favore delle consorti dei figli. Successivamente, una s.r.l., quale creditrice di una certa somma nei confronti della madre defunta, chiedeva al Tribunale di Prato l’accertamento della qualità di eredi puri e semplici dei figli della debitrice. Conseguentemente, l’attrice chiedeva sia l’accertamento dell’inefficacia della rinuncia all’eredità tardivamente effettuata che l’invalidità dei contratti di locazione. Il Tribunale, in ragione del compossesso esercitato dai figli sui beni ereditari e dalla mancata predisposizione dell’inventario ex art. 485 c.c., accoglieva la domanda, e così anche la Corte d’Appello. Il ricorso. Di conseguenza, i figli della de cuius e le rispettive consorti propongono ricorso in Cassazione. I figli in particolare lamentano l'accertamento della qualità di eredi in ragione della nozione di compossesso assunta dai Giudici. I ricorrenti sostengono che il rispetto delle disposizioni relative alla predisposizione dell’inventario ex art. 485 c.c. non sussiste nel caso di compossesso di un bene ereditario del quale solo alcuni dei compossessori siano chiamati all’eredità . Possesso. Gli Ermellini in primo luogo ricordano che la nozione di possesso di cui all’art. 485 c.c., poiché si identifica in una qualunque relazione materiale con i beni ereditari idonea a consentire l’esercizio di concreti poteri sui medesimi , comprende anche quella di compossesso che ugualmente consente l’esercizio di detti poteri sui beni in oggetto. Alla luce di ciò,la Corte ricorda che il compossesso di un patrimonio ereditario indiviso non esonera il chiamato all’eredità dall’osservanza delle disposizioni di legge sul beneficio di inventario ove voglia evitare, trascorso il termine stabilito dall’art. 485 c.c., d’essere erede puro e semplice . Ebbene, ciò che si pone in evidenza è il potere di fatto vantato dal chiamato nel compossesso di beni ereditari il quale ha la possibilità di esercitare concreti poteri sui detti beni sia nel caso in cui gli altri compossessori siano tutti chiamati all’eredità che nel caso in cui taluno dei compossessori non sia chiamato . Per tali ragioni la Corte rigetta il ricorso, ricordando, inoltre, che ai sensi dell’art. 460 c.c. Poteri del chiamato prima dell'accettazione spetta ai chiamati all’eredità esercitare le azioni possessorie a tutela dei beni ereditari il cui possesso può essere trasferito una volta che, con l’accettazione dell’eredità, essi acquistano la qualità di eredi.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 10 ottobre 2018 – 1 marzo 2019, n. 6167 Presidente D’Ascola - Relatore Cosentino Ragioni in fatto ed in diritto della decisione La corte di appello di Firenze ha accolto, confermando la sentenza del tribunale di Prato, la domanda con cui la società Tome s.r.l. - dichiaratasi creditrice per l’importo di Euro 2.312.500 nei confronti di Ba.Ma. , B.L. e B.C. - aveva chiesto l’accertamento della loro qualità di eredi puri e semplici della loro madre L.N. per non aver redatto tempestivo inventario ex art. 485 c.c., pur essendo nel possesso dei beni ereditari , nonché, conseguentemente, l’accertamento della inefficacia della rinuncia all’eredità da loro tardivamente effettuata e dell’accettazione della medesima eredità effettuata da B.M. figlio di B.L. e P.R. e da B.E. figlio di B.C. e Ch.La. , nonché l’invalidità dei contratti di locazione relativi ai beni ereditari stipulati dagli accettanti B.M. e B.E. nei confronti di Ba.Ma. , B.L. e B.C. e delle rispettive mogli C.A. , P.R. e Ch.La. . I signori Ba.Ma. , B.L. , B.C. , C.A. , P.R. , Ch.La. , B.M. e B.E. , hanno proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della predetta sentenza di appello. La Tome s.r.l. ha depositato controricorso. La causa è stata chiamato all’adunanza di camera di consiglio del 10 ottobre 2018, per la quale tanto i ricorrenti quanto la contro ricorrente hanno depositato memorie. Entrambi i motivi di ricorso attingono la statuizione della corte territoriale avente ad oggetto l’accertamento della qualità di eredi puri e semplici dei signori Ba.Ma. , B.L. e B.C. , in ragione del compossesso da loro esercitato sui beni ereditari e della mancata predisposizione dell’inventario, ai sensi dell’art. 485 c.c Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 485 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in cui la corte fiorentina sarebbe incorsa applicando detta disposizione in una fattispecie di compossesso di un bene ereditario del quale solo soltanto alcuni dei compossessori siano chiamati all’eredità. Sotto altro profilo, nel mezzo di gravame si argomenta che la ratio dell’art. 485 c.c., vale a dire la tutela dei creditori del de cuius, impedirebbe applicare tale disposizione a favore dei creditori dell’eredità quale, nella specie, la Tome s.r.l. . Con il secondo motivo i ricorrenti deducono l’omesso esame del fatto decisivo per il giudizio costituito dal compossesso dei beni ereditari tra i chiamati all’eredità e le rispettive mogli, non chiamate all’eredità. Il primo motivo va giudicato infondato. Correttamente, infatti, la corte territoriale ha ritenuto che l’art. 485 c.c., vada inteso nel senso che la nozione di possesso ivi contemplata comprenda quella di compossesso. La nozione di possesso ex art. 485 c.c., si identifica infatti in una qualunque relazione materiale con i beni ereditari idonea a consentire l’esercizio di concreti poteri sui medesimi tra le tante, 11018/08 e non vi è dubbio che il compossesso consente l’esercizio di concreti poteri sui beni che ne formano oggetto. È peraltro risalente, nella giurisprudenza di legittimità, il principio che il compossesso di un patrimonio ereditario indiviso non esonera il chiamato all’eredità dall’osservanza delle disposizioni di legge sul beneficio di inventario ove voglia evitare, trascorso il termine stabilito dall’art. 485 c.c., d’essere considerato erede puro e semplice Cass. 1590/67 . Nè il ricorso indica convincenti ragioni per ritenere che tale principio si applichi solo nel caso in cui il chiamato all’eredità compossegga i beni ereditari con altri chiamati e non anche nel caso in cui il chiamato compossegga i beni ereditari anche o soltanto con soggetti non chiamati all’eredità il chiamato nel compossesso di beni ereditari ha infatti la possibilità di esercitare concreti poteri su detti beni sia nel caso in cui gli altri compossessori siano anch’essi tutti chiamati all’eredità, sia nel caso in cui taluno dei compossessori non sia chiamato. Va peraltro aggiunto che il presupposto su cui si fonda la doglianza in esame - ossia che i beni ereditari lasciati dalla defunta signora L.N. formassero oggetto di compossesso non solo dei chiamati all’eredità ma anche delle rispettive mogli, non trova riscontro nella sentenza gravata nella quale non si fa alcun cenno di situazioni possessorie riconducibili alle nuore della defunta signora L. . D’altra parte, le signore C. , P. e Ch. non potevano ritenersi nel compossesso dei beni relitti dalla de cuius per il solo fatto di essere nuore di costei i poteri di godimento da loro asseritamente esercitati sugli immobili in questione derivavano, infatti, dal rapporto di coniugio con i chiamati all’eredità, ai quali soltanto spettavano, a mente dell’art. 460 c.c., le azioni possessorie a tutela di tali beni ed ai quali soltanto, a mente dell’art. 1146 c.c., il possesso di detti beni era destinato ad essere trasferito una volta che, con l’accettazione dell’eredità, essi avessero acquistato la qualità di eredi. Nemmeno appare fondato l’assunto svolto nella seconda parte del primo mezzo di ricorso, laddove i ricorrenti sostengono che il disposto dell’art. 485 c.c., opererebbe soltanto in relazione ai creditori del de cuius e non in relazione ai creditori dell’erede tale assunto non risulta infatti supportato da alcuna base normativa e, d’altra parte, non appare giuridicamente e, prima ancora, logicamente possibile che ad una medesima persona la qualità di erede di un defunto possa essere riconosciuta nei rapporti con taluni soggetti i creditori del de cuius e negata nei rapporti con altri soggetti i suoi creditori . Il secondo motivo risulta travolto dalla proposta di rigetto del primo. Giova comunque ribadire, al riguardo, che il fatto di cui si denuncia l’omesso esame - vale a dire che le nuore della defunta signora L. abitavano, insieme con rispettivi mariti, negli appartamenti da costei relitti - è privo di decisività, perché tale situazione abitativa non era idonea ad esprimere una situazione possessoria, in quanto dipendeva dal rapporto di coniugio con i chiamati all’eredità. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti a rifondere alla società controricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.