La rilevanza della dichiarazione di indegnità a succedere in altri procedimenti

Pur essendosi formata in giudicato esterno, la dichiarazione di indegnità a succedere ha efficacia riflessa anche negli altri giudizi, in particolare in quello in cui il creditore voglia ottenere un pagamento dall’erede dichiarato indegno.

In estrema sintesi, questo è il principio ribadito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 5411/19, emessa nella camera di consiglio del 26 ottobre 2018 e depositata il successivo 25 febbraio 2019. Il ricorso era riferito ad una questione, piuttosto complessa ed assai risalente, essendo stata iniziata addirittura nel lontano 1991, quando l’odierno ricorrente presentò insieme al padre e ad altra coobligata, opposizione a un decreto ingiuntivo dell’importo di oltre cinquecento milioni di lire, quale richiesta di corrispettivo della vendita di prodotti farmaceutici. L’obbligazione in realtà riguardava la moglie e madre degli opponenti, che era stata la reale utilizzatrice della merce fornita. L’opposizione venne respinta dal Tribunale di Messina il 27 dicembre 2001 ben dieci anni dopo , e contro detta sentenza propose appello l’odierno ricorrente, anche nella sua qualità di erede del padre, nel frattempo deceduto. La Corte d’Appello, nonostante le eccezioni dell’appellante, dichiarò che il sig. G.F., oggi ricorrente, fosse debitore dell’appellato, in quanto erede della madre insieme alla coobligata in virtù di un pagamento parziale effettuato da quest’ultima, ridusse notevolmente la somma dovuta, fino all’importo di € 53.800,00. Il caso. La vicenda, come accennato, nasce dalla supposta qualità di erede dei signori C.F. e G.F., rispettivamente marito e figlio della sig.ra C.F., la quale era risultata debitrice di un fornitore, in virtù della cessione di prodotti farmaceutici per la sua farmacia, di una cifra notevole. Gli opponenti, però, avevano eccepito, nei loro atti e nel verbale di udienza, di non poter essere considerati eredi e quindi di non aver ereditato il debito, poiché con la sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009, emessa nel corso del giudizio di appello e prodotta all’udienza del 10 dicembre 2010, era stato accertato che i due opponenti fossero indegni a succedere alla sig.ra C.F., con conseguente perdita della qualità di eredi ad effetti ex tunc , circostanza connotata da un nesso di pregiudizialità-dipendenza rispetto al credito azionato nei confronti degli stessi dai creditori originari. Sulla base di questo stesso motivo, veniva quindi presentato ricorso per la cassazione della sentenza di appello, dato che secondo il ricorrente la Corte di appello di Messina non aveva tenuto in considerazione il giudicato, pur se esterno e sopravvenuto all’instaurazione ma non alla conclusione del giudizio di appello e del tutto valido anche nel procedimento di opposizione, anche perché sulla relativa eccezione, riportata in più atti e verbali di udienza, la Corte d’appello di Messina non ha dato in sentenza alcuna risposta. Anche se statuita in giudizio esterno, la dichiarazione di indegnità a succedere ha effetto di pronuncia di natura costitutiva e spiega efficacia anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, dato che contiene un’affermazione obiettiva di verità e non essendo ulteriormente impugnabile. La Cassazione ha accolto il ricorso, statuendo efficacia al giudicato esterno anche per il procedimento di cui alla sentenza impugnata, sostenendo che, poiché la qualità di erede del convenuto è titolo necessario per la fondatezza dell’azione rivolta a ottenere da questi il pagamento di debiti del de cuius, il giudicato maturato in un distinto processo che, come in questo caso, abbia negato la qualità di erede, essendo stata accertata e dichiarata l’esclusione dalla successione per indegnità, spiega un’efficacia riflessa anche nei confronti del creditore rimasto estraneo a quel processo, dato che la pretesa creditoria verso il chiamato all’eredità rimane comunque dipendente dalla situazione descritta. Detto accertamento non è stato effettuato nella sentenza impugnata, e quindi il ricorso come detto è stato accolto vista la non sussistenza della qualità di erede della debitrice originaria da parte del ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 ottobre – 25 febbraio 2019, n. 5411 Presidente D’Ascola – Relatore Scarpa Fatti di causa F.G. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso a sentenza n. 769/2013 della Corte d’Appello di Messina, depositata il 21 novembre 2013. Rimangono intimati, senza svolgere attività difensive, la Nuova Safarm s.p.a. e la curatela del Fallimento di F.A.T. . Il giudizio ebbe inizio con citazione del 26 luglio 1991. F.C. e G. convennero la R. -B. & amp c. s.r.l. poi Nuova Safarm s.p.a. e F.A.T. , opponendosi al decreto ingiuntivo emesso dal Presidente del Tribunale di Messina su domanda della R. -B. & amp c. s.r.l. e volto ad intimare a F.C. , G. ed A.T. , eredi di Fr.Ca. , il pagamento della somma di Lire 518.806.278, oltre accessori, quale corrispettivo per la fornitura di prodotti farmaceutici. Il giudizio venne interrotto per il fallimento di F.A.T. e riassunto nei confronti della curatela fallimentare. L’opposizione venne poi respinta con sentenza resa dal Tribunale di Messina il 27 dicembre 2001. Propose appello F.G. , anche quale erede del deceduto padre F.C. , contestando, tra l’altro, la qualità di condebitori, in quanto la farmacia era gestita soltanto da F.A.T. . La Corte d’Appello di Messina riconobbe che F.G. ed A.T. fossero entrambi debitori della fornitrice R. -B. & amp c. s.r.l. poi Nuova Safarm s.p.a. , in quanto eredi della titolare della farmacia Fr.Ca. F. accertò, peraltro, l’avvenuto pagamento di parte della somma ingiunta da parte della coobbligata F.A.T. e perciò ridusse l’importo ancora dovuto nella cifra di Euro 53.800,00, oltre interessi. Ragioni della decisione I. Il primo motivo di ricorso di F.G. deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., non avendo la Corte di Messina tenuto in considerazione il giudicato, sopravvenuto all’instaurazione del giudizio di appello, contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009 del 27 maggio 2009. Tale sentenza, prodotta all’udienza del 10 dicembre 2010, aveva infatti accertato l’indegnità di F.G. e C. a succedere a Fr.Ca. , con conseguente perdita della qualità di eredi ad effetti ex tunc, circostanza connotata da un nesso di pregiudizialità-dipendenza rispetto al credito azionato nei confronti degli stessi dalla R. -B. & amp c. s.r.l Il secondo motivo di ricorso di F.G. allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 113 e 115 c.p.c., sempre censurando la mancata valutazione da parte dei giudici di appello della sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009 del 27 maggio 2009. II. Il primo motivo di ricorso risulta fondato, rimanendo così assorbito il secondo motivo, il quale diviene privo di immediata rilevanza decisoria in conseguenza dell’accoglimento della prima censura. Si espone in ricorso che nel corso del giudizio di appello il difensore di F.G. dedusse in più udienze di non avere la qualità di erede di Fr.Ca. , essendo stato dichiarato indegno a succedervi in forza di sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 30 dicembre 1998, confermata dalla Corte d’appello di Messina, con sentenza depositata il 23 giugno 2003, e quindi passata in giudicato per effetto della sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009, prodotta all’udienza del 10 dicembre 2010. A tal deduzione la Corte di Messina non ha dato in sentenza alcuna risposta. Secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, l’indegnità a succedere, di cui all’art. 463 c.c., pur essendo operativa ipso iure, deve essere dichiarata con sentenza costitutiva su domanda del soggetto interessato, atteso che essa non costituisce un’ipotesi di incapacità all’acquisto dell’eredità, ma solo una causa di esclusione dalla successione. L’indegnità, infatti, non è uno status connaturato al soggetto che si assume essere indegno a succedere, ma una qualificazione di un comportamento del soggetto medesimo, che deve essere data dal giudice a seguito dell’accertamento del fatto che integra quella determinata ipotesi di indegnità dedotta in giudizio, e che si sostanzia in una vera e propria sanzione civile di carattere patrimoniale avente un fondamento pubblicistico Cass. Sez. 2, 05/03/2009, n. 5402 Cass. Sez. 2, 29/03/2006, n. 7266 Cass. Sez. 2, 23/11/1962, n. 3171 . Nel caso in esame, la causa di indegnità di F.G. e C. , in quanto, appunto, effetto di una pronuncia di natura costitutiva, non può aversi per verificata che nel momento del passaggio in giudicato correlato alla sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009 del 27 maggio 2009. Si tratta, del resto, di una negazione della qualità di erede, conseguente alla esclusione dalla successione correlata all’effetto costitutivo della dichiarazione di indegnità maturato soltanto in pendenza del giudizio di appello , negazione operata dal soggetto convenuto in causa da un creditore della de cuius, e dunque di una mera deduzione difensiva concernente un fatto costitutivo della pretesa di pagamento dell’azionato debito, la cui ammissibilità va valutata ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2, nella formulazione anteriore alla novellazione di cui all’art. 52 della legge n. 353 del 1990, ratione temporis applicabile nel procedimento in esame si veda proprio Cass. Sez. 2, 05/03/2009, n. 5402, in motivazione . L’interpretazione di questa Corte sostiene che, allorquando il giudicato esterno si sia formato nel corso del giudizio di secondo grado e la sua esistenza sia stata eccepita, nel corso dello stesso, dalla parte interessata come il ricorrente allega essere avvenuto all’udienza del 10 dicembre 2010 davanti alla Corte di Messina , la sentenza di appello che si sia pronunciata in difformità da tale giudicato è impugnabile con il ricorso per cassazione arg. da Cass. Sez. U, 20/10/2010, n. 21493 . È altresì costante l’insegnamento per cui il giudicato esterno, alla stregua dell’art. 2909 c.c. - secondo cui il medesimo giudicato fa stato ad ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa - suppone l’esistenza di due giudizi tra le stesse parti che facciano riferimento al medesimo rapporto giuridico, uno dei quali definito con sentenza passata in giudicato, sicché l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dell’identico punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il petitum del primo cfr., fra le più recenti, Cass. Sez. 3, 15/05/2018, n. 11754 Cass. Sez. 6 - 2, 14/05/2018, n. 11600 Cass. Sez. 2, 10/05/2018, n. 11314 . L’autorità del giudicato sostanziale opera, dunque, soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone, di regola, che tra la precedente causa e quella in atto vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta ai soggetti che siano posti in grado di intervenire nel processo. Il giudicato contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009 del 27 maggio 2009, posto a base dei due motivi di ricorso ed inerente alla dichiarazione di indegnità di F.C. , G. e A.T. a partecipare alla successione di Fr.Ca. , venne reso in giudizio svoltosi tra F.G. , il padre C. e la sorella F.A.T. nonché la curatela fallimentare del fallimento di quest’ultima , sicché non rivela integrale identità delle parti in rapporto al presente giudizio, di cui è parte essenzialmente la creditrice R. -B. & amp c. s.r.l. poi Nuova Safarm s.p.a. . Tuttavia, le pronunce di questa Corte aggiungono che il giudicato può altresì spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando contenga un’affermazione obiettiva di verità che non ammette la possibilità di un diverso accertamento non potendo, cioè, la situazione giuridica in esso acclarata essere altrimenti liberamente valutata dal giudice cui la sentenza sia prodotta, semmai in relazione agli ulteriori elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa , e sempre che il medesimo terzo, il quale subisca o si avvantaggi dell’effetto riflesso del giudicato inter alios, sia titolare di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a tale situazione, restando tale efficacia riflessa esclusa nei confronti di chi sia, piuttosto, titolare di un diritto autonomo, e cioè di un diritto il cui titolo trovi fondamento in un rapporto diverso rispetto al rapporto sul quale ha statuito la sentenza definitiva si vedano, indicativamente, Cass. Sez. 1, 06/08/1997, n. 7271 Cass. Sez. 1, 13/01/1996, n. 250 quindi Cass. Sez. U, 26/07/2002, n. 11092, in ordine ai rapporti fra effetti riflessi di un giudicato intervenuto fra altre parti e opposizione ex art. 404 c.p.c. per le più recenti riaffermazioni del principio, Cass. Sez. 6 - 2, 28/08/2018, n. 21240 Cass. Sez. 3, 27/04/2017, n. 10383 . Mentre il pregiudizio dei diritti del terzo, che legittima la proposizione da parte di questo dell’opposizione ordinaria di terzo alla sentenza pronunciata fra altre persone, deve derivare dall’efficacia diretta del giudicato su un diritto autonomo del terzo stesso così, ad esempio, Cass. Sez. 3, 10/03/1982, n. 1546 , la cosiddetta efficacia riflessa del giudicato nei confronti di aventi causa o creditori di una delle parti, che non siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale è intervenuto il giudicato, è rimovibile con l’opposizione di terzo prevista dall’art. 404 c.p.c., comma 2, ad esempio, Cass. Sez. L, 09/05/1985, n. 2900 . Così, ancora, in un precedente di questa Corte venne riconosciuta la sussistenza della pregiudizialità, agli effetti dell’art. 295 c.p.c., della causa vertente sull’accertamento della nullità o dell’annullabilità di un testamento rispetto alla causa in cui l’attore, in qualità di asserito erede testamentario universale, aveva convenuto un istituto di credito chiedendo la restituzione delle somme spettanti al de cuius, pur in assenza dell’assoluta identità delle parti dei due giudizi, essendo oggetto della causa pregiudiziale il titolo di erede, invece dedotto come qualificazione legittimante della causa petendi esplicitata nella causa pregiudicata Cass. Sez. 2, 18/02/2008, n. 3936 . Pertanto, poiché la qualità di erede del convenuto è titolo necessario per la fondatezza dell’azione rivolta ad ottenere da costui il pagamento di debiti del de cuius, il giudicato maturato in un distinto processo che, come nella specie, abbia negato detta qualità di erede, avendo accertato l’esclusione dalla successione correlata alla dichiarazione di indegnità, spiega un’efficacia riflessa anche nei confronti del creditore rimasto estraneo a quel processo, atteso che la pretesa creditoria verso il chiamato all’eredità rimane comunque dipendente dalla situazione ivi definita. La Corte d’Appello di Messina non ha preso in esame l’efficacia riflessa nel presente giudizio della sentenza della Corte di Cassazione n. 12346/2009 del 27 maggio 2009 in ordine alla dichiarata indegnità di F.G. e C. a succedere a Fr.Ca. , né la collegata deduzione difensiva dell’appellante consistente nella negazione della qualità di erede, e perciò di soggetto tenuto al pagamento del debito azionato dalla R. -B. & amp c. s.r.l IV. Conseguono l’accoglimento del primo motivo di ricorso di F.G. , l’assorbimento del secondo motivo di ricorso e la cassazione della sentenza impugnata in ragione della censura accolta, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Messina, che deciderà tenendo conto dei rilievi svolti ed uniformandosi ai richiamati principi, provvedimento anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata in ragione della censura accolta e rinvia ad altra sezione della Corte d’Appello di Messina, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.