Lo stato di abbandono e l’importanza dell’attualità della sua valutazione, oltre che dell’ascolto del minore anche in sede di gravame

Nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, il giudice deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto dell’attuale positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori.

Trattandosi inoltre di un procedimento che riguarda i minori, il Giudice è sempre tenuto a procedere all’audizione degli stessi, ove abbiano compiuto 12 anni, anche se in giudizio di appello, o, se capaci di discernimento, anche di età inferiore. La loro audizione costituisce, infatti, una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del loro diritto fondamentale ad essere informati e ad esprimere le loro opinioni nei procedimenti che li riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del loro interesse per dette ragioni, la loro audizione deve essere estesa all’intero giudizio di adottabilità, quindi anche al gravame, e non solo alla disciplina del primo grado. Il fatto e il diritto. Con ordinanza la Corte di Cassazione cassava la sentenza di appello della Corte di Roma con la quale era stata confermata la sentenza di primo grado che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei minori con divieto di rapporti tra i questi ed i parenti. Nella sentenza della Corte di Appello di Roma si evidenziava l’emergere di una situazione di disagio dei minori, di comportamenti disfunzionali della madre nell’accudimento dei figli e si dava atto, in ragione della documentazione in atti, in specie della relazione del T.S.M.R.E.E., di quella dei servizi sociali e della casa famiglia ove erano stati collocati i minori, dell’incapacità della madre di prendere coscienza della propria inadeguatezza e del suo rifiuto ad un aiuto e sostegno pubblico veniva evidenziava inoltre l’incompatibilità, in termini di tempo, di un programma di recupero delle capacità genitoriali con le esigenze dei figli. La Corte di Cassazione, però, ribaltava la situazione ritenendo che la valutazione fatta dalla Corte di Appello non era attuale, bensì basata su di una documentazione che testimoniava una situazione passata, la quale peraltro non teneva conto della positiva volontà della donna di recuperare il rapporto genitoriale, messa in atto già nelle fasi del giudizio. La donna, infatti, nelle more del procedimento, dopo l’insuccesso del percorso attuato con i servizi sociali, caratterizzato da un’accesa conflittualità con i medesimi e da una rigidità e severità di questi ultimi nei confronti della madre, aveva privatamente intrapreso un percorso alla genitorialità presso un professionista e detto progetto, così come da quanto emergeva dalle relazioni dei servizi, testimoniava il suo interesse ai figli e il profondo legame con gli stessi. Gli Ermellini, pertanto, alla luce della documentazione prodotta, hanno ritenuto che la Corte d’Appello di Roma non avesse sviluppato in maniera adeguata e convincente le argomentazioni sull’inidoneità della madre e sull’impossibilità di un suo recupero in tempi ragionevoli, e rilevavano come questa avesse fondato la propria decisione solo su della documentazione che non poteva considerarsi attuale e comprovante, pertanto, il persistere dello stato di abbondono. Tutto quanto premesso, la Corte di Cassazione ribadiva quindi che, per tutelare al meglio il diritto del minore ad una famiglia, preferendo quella di origine che rappresenta l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, occorre un’indagine sulla persistenza, e non solo preesistenza, della situazione di abbandono e, pertanto, l’indagine deve essere svolta sulla base di un giudizio attuale, in particolare quando vi siano indizi di modificazioni significative di comportamenti e di assunzione di impegni e responsabilità da parte dei genitori biologici. Il Giudice deve procedere all’audizione del minore Infine, trattandosi di un procedimento che riguarda minori, la Corte ha anche ribadito che, in vista della dichiarazione di adottabilità, il Giudice, compreso quello del gravame, qualora il minore abbia nel frattempo compiuto anni 12, o se di età inferiore ma capace di discernimento, è tenuto comunque a procedere alla sua audizione, riflettendo tale obbligo anche una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni e interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, ordinanza 19 dicembre 2018 – 23 gennaio 2019, n. 1887 Presidente Schirò – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d’appello di Roma, Sezione per i minorenni, con sentenza n. 2922/2017, ha confermato la sentenza del novembre 2016 del Tribunale per i minorenni che - all’esito di una prima procedura, di verifica della responsabilità genitoriale, avviata, con affidamento temporaneo esclusivo dei minori ai servizi sociali e loro inserimento in una struttura pubblica, nel 2014 con un ritardo di quattro mesi, a causa dell’irreperibilità dei minori, fatti allontanare dalla madre , definita con provvedimento di non luogo a provvedere , e di un successivo procedimento avviato, su richiesta del PM, nel dicembre 2015 - ha dichiarato lo stato di adottabilità dei minori R.F. , nato il da R.S. e padre che non aveva effettuato il riconoscimento, e di G.F. , nato il omissis , da R.S. ed G.A. , con divieto di rapporti tra i minori ed i parenti. La Corte d’appello ha evidenziato che, dalla documentazione in atti in particolare la Relazione del T.S.M.R.E.E. del maggio 2014, con successivo aggiornamento trasmesso alla Corte d’appello una Relazione redatta dagli operatori dei servizi sociali, a seguito dell’inserimento dei minori in una Casa Famiglia, con un’articolata valutazione, protrattasi da marzo a novembre 2015, che aveva coinvolto, i minori, la madre, il padre di Francesco, uno zio materno le dichiarazioni rese dalla R. , nel corso del giudizio , non efficacemente contrastata dalla documentazione prodotta dalla R. dichiarazioni rese da conoscenti, genitori di ex compagni di classe dei figli, etc , prive di valenza probatoria formale e comunque non significative , emergeva una situazione di disagio in entrambi i minori, anche se per il più piccolo meno grave, nonché comportamenti materni disfunzionali nella cura, anche elementare, dei figli ed il rifiuto sistematico del sostegno pubblico soprattutto per due episodi verificatisi nell’aprile e nel maggio 2014 in ambito scolastico, che avevano coinvolto il minore F. , che, successivamente, non era stato più portato a scuola dalla madre allo stato, non vi era, quanto alla madre, alcun segnale di recupero della capacità genitoriale, gravemente compromessa apparendo la stessa affetta da un disturbo della personalità, di tipo paranoideo , strutturato nel tempo , e, anche ove possibile, lo stesso recupero richiederebbe tempi talmente lunghi da essere incompatibile con le esigenze dei due minori. La Corte d’appello ha osservato, inoltre, che non era fondata la doglianza relativa alla mancata convocazione di uno zio materno dei minori, non avendo quest’ultimo mai manifestato, per tutto il giudizio di primo grado, alcuna volontà di mantenere un rapporto effettivo e costante con i minori, con i quali la frequentazione si era protratta per un breve periodo e quindi non esistevano rapporti significativi, e non essendo, oltretutto, neppure ipotizzabile un collocamento dei minori presso lo stesso zio, che attualmente viveva, per lavoro, a Pordenone. Anche la censura inerente al mancato ascolto dei minori è stata respinta, avendo la Corte territoriale rilevato che gli stessi, infradodicenni, erano stati sentiti ed esaminati dal Centro Bambini nel Tempo e che non era obbligatorio o opportuno disporre la loro audizione dinanzi al Collegio in ultimo, si rilevava che non era neppure percorribile l’ipotesi di mantenere la responsabilità genitoriale in capo al padre di Francesco, assente volutamente dalla vita del figlio dal dicembre 2014, in mancanza di impugnazione, da parte dello stesso della sentenza di primo grado. Avvero la suddetta sentenza, comunicata via PEC il 4/5/2017, R.S. propone ricorso per cassazione, con atto notificato il 31/5/2017, affidato a quattro motivi, nei confronti del Comune di Roma, in persona del Sindaco p.t. e della delegata Dott.ssa C.S. , quale tutore dei minori R.F. e G.F. che resiste con controricorso , e di G.A. che non svolge attività difensiva e nei cui confronti la notifica è stata effettuata, tramite UG, il 7/6/2017, a seguito di un primo tentativo, in data 29/5/2017, non andato a buon fine per trasferimento del destinatario , oltre che del Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Roma. È stata accolta istanza di sollecita definizione del procedimento. La ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. La ricorrente lamenta, 1 con il primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 1984 del 1983, artt. 1 e 8, in relazione al mancato accertamento della irreversibilità della situazione di disagio rilevata a carico dei minori e della sussistenza dello stato di abbandono, non avendo la Corte, tra l’altro, dato rilievo al percorso avviato, con l’aiuto di una psicologa, dalla R. , in assenza, oltretutto, di iniziative di sostegno pubblico al recupero della capacità genitoriale della madre 2 con il secondo motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1993, art. 15, comma 2, art. 12 Convenzione di New York del 20/11/1989, 6 Convenzione di Strasburgo del 25/1/1986, in relazione al mancato ascolto dei minori, capaci di discernimento 3 con il terzo motivo, la nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’omesso ascolto dei minori, in violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1993, art. 15, comma 2, art. 12 Convenzione di New York del 20/11/1989, art. 6 Convenzione di Strasburgo del 25/1/1986 4 con il quarto motivo, la violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 184 del 1983, art. 12, in relazione alla mancata convocazione dello zio materno, denunciando altresì un vizio di motivazione circa l’assenza di rapporti significativi tra quest’ultimo ed i minori. 2. I primi tre motivi, che possono essere unitariamente trattati, sono fondati. 2.1. La Corte d’appello ha evidenziato, sulla base della documentazione in atti i verbali delle udienze, le relazioni redatte dal TSMREE tra il 2015 ed il 2017 , che la R. , incapace di comprendere la situazione di disagio dei figli e le loro esigenze di sviluppo equilibrato, tanto da negarne la stessa sussistenza, abbia rifiutato ogni sostegno ed aiuto anche attraverso un percorso psicoterapeutico offertole dai servizi sociali e dal TSMREE. Anzi, la Corte d’appello ha rilevato che l’abbandono del percorso di valutazione terapeutica comprovasse ulteriormente le difficoltà personali della ricorrente e la presenza, nella sua psiche, di una perdurante divaricazione fra la realtà dei fatti e la sua interpretazione soggettiva . Il fatto che essa avesse iniziato, dal gennaio 2017, un ciclo di sedute da una psicologa, non appartenente a struttura pubblica, risultava insufficiente, tardivo e strumentale la laconica attestazione della Dott.ssa F. non consente una valutazione del percorso che si dice essere in corso, né tanto meno se un qualche obiettivo e beneficio psicologico sia stato raggiunto ovvero sia raggiungibile ed in quali tempi con riferimento al recupero delle competenze genitoriali . Ad avviso della Corte territoriale, non era dunque ipotizzabile un recupero delle capacità genitoriali della R. con tempistiche compatibili con le necessità dei minori. 2.2. In generale, questa Corte ha costantemente ribadito che il giudice di merito, nell’accertare lo stato di adottabilità di un minore, deve in primo luogo esprimere una prognosi sull’effettiva ed attuale possibilità di recupero, attraverso un percorso di crescita e sviluppo, delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento, in primo luogo, alla elaborazione, da parte dei genitori, di un progetto, anche futuro, di assunzione diretta della responsabilità genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento, coabitazione con il minore, ancorché con l’aiuto di parenti o di terzi, ed avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali Cass. n. 14436/2017 . Il diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, è tutelato dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, ragione questa per cui il giudice di merito deve, prioritariamente, tentare un intervento di sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare e, solo quando, a seguito del fallimento del tentativo, risulti impossibile prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, è legittima la dichiarazione dello stato di adottabilità Cass. 22589/2017 Cass. 6137/2015 . Ne consegue che, per un verso, compito del servizio sociale incaricato non è solo quello di rilevare le insufficienze in atto del nucleo familiare, ma, soprattutto, di concorrere, con interventi di sostegno, a rimuoverle, ove possibile, e che, per altro verso, ricorre la situazione di abbandono sia in caso di rifiuto ostinato a collaborare con i servizi predetti, sia qualora, a prescindere dagli intendimenti dei genitori, la vita da loro offerta al figlio sia inadeguata al suo normale sviluppo psico-fisico, cosicché la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio ed assicurargli assistenza e stabilità affettiva Cass. 7115/2011 . Il giudizio sulla situazione di abbandono deve fondarsi su una valutazione quanto più possibile legata all’attualità, considerato il versante prognostico. Il parametro, che ci perviene anche dai principi elaborati dalla Corte di Strasburgo cfr. in particolare la sentenza del 13/10/2015 - caso S.H. contro Italia , è divenuto un principio fermo anche nella giurisprudenza di legittimità, come può rilevarsi dalla pronuncia n. 24445 del 2015 In tema di adozione del minore, il giudice, nella valutazione della situazione di abbandono, quale presupposto per la dichiarazione dello stato di adottabilità, deve fondare il suo convincimento effettuando un riscontro attuale e concreto, basato su indagini ed approfondimenti riferiti alla situazione presente e non passata, tenendo conto della positiva volontà di recupero del rapporto genitoriale da parte dei genitori . Solo un’indagine sulla persistenza e non solo sulla preesistenza della situazione di abbandono, svolta sulla base di un giudizio attuale, in particolare quando vi siano indizi di modificazioni significative di comportamenti e di assunzione d’impegni e responsabilità da parte dei genitori biologici, può condurre ad una corretta valutazione del parametro contenuto nella L. n. 184 del 1983, art. 8 dovendosi tenere conto del diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine, così come indicato nella L. n. 184 del 1983, art. 1 Cass. 22934/2017 . In particolare, la norma, anche alla luce della progressiva elaborazione compiuta dalla giurisprudenza di legittimità e dai principi introdotti dalla Corte Europea dei diritti umani, fissa rigorosamente il perimetro all’interno del quale deve essere verificata la sussistenza della condizione di abbandono. Si deve trattare di una situazione non derivante esclusivamente da condizioni di emarginazione socio economica disponendo l’art. 1 che siano intraprese iniziative di sostegno nel tempo della famiglia di origine , fondata su un giudizio d’impossibilità morale o materiale caratterizzato da stabilità ed immodificabilità, quanto meno in un tempo compatibile con le esigenze di sviluppo psicofisico armonico ed adeguato del minore, non dovuta a forza maggiore o a un evento originario derivante da cause non imputabili ai genitori biologici cfr. sentenza Cedu Akinnibuson contro Italia sentenza del 16/7/2015 , non determinata soltanto da comportamenti patologici ma dalla verifica del concreto pregiudizio per il minore Cass. 7193 del 2016 . Da ultimo, questa Corte ha chiarito che in tema di adozione di minori d’età, sussiste la situazione d’abbandono, non solo nei casi di rifiuto intenzionale dell’adempimento dei doveri genitoriali, ma anche qualora la situazione familiare sia tale da compromettere in modo grave e irreversibile un armonico sviluppo psico-fisico del bambino, considerato in concreto, ossia in relazione al suo vissuto, alle sue caratteristiche fisiche e psicologiche, alla sua età, al suo grado di sviluppo e alle sue potenzialità ne consegue l’irrilevanza della mera espressione di volontà dei genitori di accudire il minore in assenza di concreti riscontri Cass.4097/2018 conf. Cass. 26624/2018, in ordine alla irrilevanza della disponibilità, meramente dichiarata, a prendersi cura dei figli minori, che non si concretizzi in atti o comportamenti giudizialmente controllabili, tali da escludere la possibilità di un successivo abbandono . 2.3.La Corte d’Appello ha esaminato la capacità genitoriale della madre ed ha formulato un giudizio radicalmente negativo sulla volontà della stessa di recupero del rapporto genitoriale, sulla base essenzialmente dell’insuccesso del programma di sostegno alla genitorialità interrotto dalla ricorrente . Tuttavia, emerge altresì dagli atti che la sign.ra R. , la quale ha sicuramente delle difficoltà psicologiche e caratteriali, nei limiti delle sue capacità e potenzialità non si disinteressa dei figli ed è profondamente legata agli stessi. Emerge altresì un rapporto conflittuale tra la stessa R. ed i servizi sociali, i quali sono stati con lei rigidi e severi, non offrendole il necessario sostegno calibrato sulla situazione psicologica della medesima nel percorso di recupero delle capacità genitoriali. La sentenza di appello non sviluppa adeguate e convincenti argomentazioni sull’inidoneità della madre, sull’impossibilità del recupero in tempi ragionevoli della situazione e sull’adeguatezza/inadeguatezza dell’apporto di sostegno fornito dai servizi, in una situazione di forte criticità dei rapporti tra la R. , la quale aveva dimostrato di essere consapevole del proprio stato psicologico di forte disagio e di volere cooperare, sia pure attraverso il ricorso ad una psicologa privata, ed i Servizi sociali si aggiunga che la R. aveva documentato di avere una buona posizione lavorativa, di avere trovato un nuovo compagno, disposto a prendersi cura dei minori in un tale contesto, la rinnovata richiesta di una consulenza tecnica è stata dalla corte territoriale respinta, stante la sufficienza della relazione svolta dagli operatori della Casa Famiglia e l’atteggiamento non collaborativo tenuto dalla R. . La decisione impugnata non spiega dunque per quale ragione l’adozione, nella specie, costituirebbe l’unico strumento utile ad evitare ai minori un più grave pregiudizio ed ad assicurare loro assistenza e stabilità affettiva. 2.4. La Corte d’appello, in ordine poi all’ascolto dei due minori, infradodicenni, al momento del giudizio di appello F. , 11 anni, Fr. , otto anni , ha rilevato che il quadro probatorio esaminato evidenziava un grave disagio a carico di entrambi i minori, i quali, a proprio modo, hanno chiesto e continuano a chiedere segnali di stabilità e serenità, invece trovando una madre focalizzata su sentimenti di rancore verso le istituzioni, inaffidabile, pericolosamente altalenante nei comportamenti, manipolatrice, rabbiosa, denigrante, senza la minima effettiva attenzione alle loro esigenze su incarico giudiziale, è stata eseguita, da marzo a novembre 2015 con successivo aggiornamento trasmesso alla Corte d’appello nel 2017 , un’articolata valutazione da parte del Centro Bambini nel Tempo e dalla relativa relazione, a seguito di una serie di incontri, che avevano anche coinvolto i minori, emergeva uno stato di sofferenza e di disagio emotivo l’ascolto degli stessi, da parte del Collegio, non era obbligatorio, essendo i minori infradodicenni, e neppure opportuno, essendo stati comunque gli stessi sentiti dalla struttura sociale incaricata. Come chiarito da questa Corte Cass. 6129/2015 , l’audizione dei minori, già prevista nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che li riguardino ed, in particolare, in quelle relative al loro affidamento ai genitori, ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, nonché dell’art. 315-bis cod. civ. introdotto dalla L. n. 219 del 2012 e degli artt. 336-bis e 337-octies cod. civ. inseriti dal D.Lgs. n. 154 del 2013, che ha altresì abrogato l’art. 155-sexies cod. civ. , cosicché l’ascolto del minore di almeno dodici anni, e anche di età minore ove capace di discernimento, costituisce una modalità, tra le più rilevanti, di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse . L’obbligatorietà dell’ascolto Cass. 15365/2015 del minore, che abbia compiuto dodici anni - o anche di età inferiore, se capace di discernimento - in vista della dichiarazione di adottabilità, esprime un principio che, benché inserito nella disciplina del giudizio di primo grado, va esteso al giudizio di adottabilità nel suo complesso, cosicché, ove l’adottando abbia compiuto i dodici anni al tempo del giudizio di appello, il giudice del gravame è tenuto a procedere alla sua audizione, riflettendo tale obbligo una nuova considerazione del minore quale portatore di bisogni ed interessi che, se consapevolmente espressi, pur non vincolando il giudice, non possono essere ignorati . Vero che la L. n. 184 del 1983, art. 15, laddove statuisce che il minore di età inferiore ai dodici anni, se capace di discernimento, deve essere sentito in vista della dichiarazione di adottabilità, conferisce al giudice un potere discrezionale di disporne l’ascolto, anche al fine di verificarne la capacità di discernimento, senza tuttavia imporgli di motivare sulle ragioni dell’omessa audizione, salvo che la parte abbia presentato una specifica istanza con cui abbia indicato gli argomenti ed i temi di approfondimento, ex art. 336-bis c.c., comma 2, su cui ritenga necessario l’ascolto del minore Cass. 5676/2017 invero, può sempre il giudice indicare specificamente la sussistenza di particolari ragioni che ne sconsiglino l’audizione, ove essa possa essere dannosa per il minore stesso, tenuto conto, altresì, del suo grado di maturità Cass 3319/2017 l’audizione del minore infradodicenne, capace di discernimento, implica l’obbligo del giudice di specifica e circostanziata motivazione - tanto più necessaria quanto più l’età del minore si approssima a quella dei dodici anni, oltre la quale subentra l’obbligo legale dell’ascolto - non solo se ritenga il minore infradodicenne incapace di discernimento ovvero l’esame manifestamente superfluo o in contrasto con l’interesse del minore, ma anche qualora il giudice opti, in luogo dell’ascolto diretto, per un ascolto effettuato nel corso di indagini peritali o demandato ad un esperto al di fuori di detto incarico, Cass. 12957/2018, in tema, peraltro, non di adozione, ma di separazione e di provvedimenti correlati di affidamento dei minori . Nella specie, la Corte d’appello ha succintamente concluso nel senso della non necessità stante la documentazione acquisita, dalla quale emergeva come i minori erano stati sentiti dai tecnici/esperti incaricati, nel corso del giudizio di adottabilità e della non opportunità di procedere all’ascolto dei due minori. Ma proprio perché si trattava di minori di undici attualmente 13 ed otto anni attualmente dieci , capaci di discernimento anche se affetti da varie problematiche psicologiche, risultava necessario procedere al loro ascolto, anche considerato che l’ultima relazione aggiornata della Casa Famiglia, i cui operatori avevano proceduto a sentire la madre con i minori, risaliva al 2015. 3. La quarta censura è infondata. Con riguardo alla presenza ed alla disponibilità a prendersi cura dei minori dello zio materno fratello della ricorrente , la Corte territoriale ha rilevato che lo stesso non aveva mai mostrato né una significativa relazione con i minori né alcuna disponibilità ad occuparsi dei minori trovandosi, peraltro, lontano per esigenze di lavoro né a sopperire alle carenze materne non avendo mai manifestato, in occasione degli incontri con il servizio sociale, la volontà, il desiderio o l’intenzione di chiedere l’affidamento dei nipoti , né avendo impugnato la decisone d primo grado o avendo spiegato intervento in appello . Ora, questa Corte ha precisato che lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità Cass. 9021/2018 Cass. 3915/2018, ove si evidenzia che il giudizio debba essere espresso sulla base di dati oggettivi, quali l’osservazione da parte dei servizi sociali . In ordine poi alla necessità di convocazione, nel giudizio di adottabilità, dei parenti entro il quarto grado, questa Corte ha affermato Cass. 15369/2015 che in tema di dichiarazione dello stato di adottabilità del minore, i genitori dell’adottando, ove esistenti, sono le sole parti necessarie e formali dell’intero procedimento e quindi litisconsorti necessari anche nel giudizio di appello, quand’anche in primo grado non si siano costituiti, nonché unici soggetti a dover essere obbligatoriamente sentiti, poiché la convocazione dei parenti entro il quarto grado è richiesta solo in mancanza dei genitori e sempre che tali familiari abbiano rapporti significativi con il minore, sicché, ove i genitori del minore siano stati già sentiti nel corso del giudizio, la mancata audizione di parenti entro il quarto grado nella specie, la nonna materna , per di più in difetto di specifiche indicazioni circa la sussistenza di rapporti significativi intrattenuti con il minore, non può avere conseguenza alcuna sulla legittimità del procedimento . La valutazione espressa dalla Corte territoriale risulta pertanto, sul punto, conforme ai predetti principi di diritto ed esente da vizio di omesso esame di fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., n. 5. 4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento dei primi tre motivi del ricorso, respinto il quarto motivo, va cassata la sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie i primi tre motivi del ricorso, respinto il quarto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.