E’ ammissibile la richiesta di riconoscimento di maternità del minore dichiarato adottabile

La dichiarazione di adottabilità del minore nato da un parto in anonimato non preclude alla madre biologica di richiedere il riconoscimento di maternità. Tale richiesta sarebbe inammissibile allorquando, a seguito della dichiarazione di adottabilità del minore, segua l’affidamento preadottivo.

Così ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 31196/18, depositata il 3 dicembre. Un parto in anonimato. Un parto in anonimato e una madre che richiede il riconoscimento di maternità sono questi gli oggetti della controversia giunta innanzi al Tribunale dei minorenni di Perugia. A fronte del parto in anonimato si apriva un procedimento di adozione abbreviata e solo successivamente la madre, che aveva mutato la propria volontà, presentava istanza per la sospensione della procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità, richiedendo contestualmente il riconoscimento della maternità. Il Tribunale respingeva la richiesta di sospensione della procedura e dichiarava inammissibile la domanda di riconoscimento della maternità. La madre proponeva appello ma, la Corte del riesame pur dando atto della tempestività della richiesta di sospensione del procedimento, rilevava che il Tribunale territoriale aveva infine dichiarato lo stato di adottabilità del minore dichiarazione che rendeva inammissibile l’appello proposto per sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare la decisione che respingeva la sospensione del procedimento di adottabilità poiché oramai definito. La madre propone ricorso in Cassazione. L’affidamento preadottivo. Gli Ermellini ribadiscono che il riconoscimento materno dopo il parto in anonimato non è precluso dalla sola sopravvenuta declaratoria di adottabilità del minore e sarebbe – non nullo – ma inefficace solo se tale declaratoria sia seguita dall’affidamento preadottivo, che nella specie non pare fosse in atto. La Corte territoriale non poteva riscontrare la mancanza dell’interesse della madre a impugnare la sentenza di primo grado poiché l’appellante poteva ancora procedere al riconoscimento del figlio. In conclusione, il Tribunale dei minorenni prima e la Corte d’Appello poi avevano di fatto svuotato il diritto della madre al ripensamento poiché avevano negato in maniera del tutto arbitraria la concessione del termine per addivenire al riconoscimento. La Suprema Corte accoglie il ricorso con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Civile , sentenza 24 ottobre – 3 dicembre 2018, numero 31196 Presidente Giancola – Relatore Pazzi Fatti di causa 1. In data omissis nasceva a , con parto in anonimato, un minore non riconosciuto dai genitori per il quale si apriva un procedimento di adozione abbreviata ai sensi dell’art. 11 l. 184/1983 avanti al Tribunale per i minorenni di Perugia. 2. Il successivo 12 novembre 2016 P.E. presentava istanza per la sospensiva della procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità, con contestuale richiesta di riconoscimento della maternità, precisando che, dopo il parto in anonimato, aveva mutato la propria volontà. 3. Il Tribunale per i minorenni di Perugia, con sentenza numero 1 del 3 gennaio 2017, respingeva la richiesta di sospensione della procedura e dichiarava inammissibile la domanda di riconoscimento del minore. 4. La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza numero 189 depositata in data 17 marzo 2017, pur dando atto che la richiesta di sospensione del procedimento avente ad oggetto la dichiarazione di adottabilità era stata tempestiva, rilevava che il Tribunale per i minorenni di Perugia, a mezzo di successiva sentenza del 30 gennaio 2017, aveva dichiarato lo stato di adottabilità del minore e di conseguenza riteneva che l’appello proposto fosse inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare la decisione che aveva negato la sospensione del procedimento di adottabilità, in quanto ormai definito. 5. Ha proposto ricorso per cassazione avverso questa pronuncia P.E. affidandosi a due motivi di impugnazione. Ha resistito con controricorso l’Avv. L.M.V. , tutore del minore. La sesta sezione di questa Corte, inizialmente investita dell’esame del ricorso, ha ritenuto che lo stesso, presentando profili di possibile rilievo nomofilattico, dovesse essere rinviato a nuovo ruolo per la trattazione in udienza pubblica. Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 6. È necessario rilevare, in limine, l’infondatezza delle eccezioni sollevate in via preliminare dalla difesa del controricorrente. 6.1 Assume in primo luogo il controricorrente che il ricorso avversario sarebbe inammissibile perché entrambi gli atti notificatigli mancherebbero della firma digitale del ricorso, della procura, dell’attestazione di conformità e della stessa relata di notifica. 6.2 La doglianza, nel suo complesso, non merita accoglimento. Nessun rilievo infatti può essere attribuito alla mancanza, all’interno della relata di notificazione del ricorso per cassazione a mezzo posta elettronica certificata, della firma digitale dell’avvocato notificante, che non è causa d’inesistenza dell’atto, poiché la stessa può essere riscontrata attraverso altri elementi di individuazione dell’esecutore della notifica, come la riconducibilità della persona del difensore menzionato nella relata alla persona munita di procura speciale per la proposizione del ricorso cfr. Cass. 14/03/2017 numero 6518 . In ogni caso il raggiungimento della conoscenza dell’atto, tale da consentire la predisposizione e la notifica del controricorso ad opera della parte resistente con difesa nel merito, dimostra come il destinatario abbia avuto la possibilità di ascriverne comunque la paternità certa e impedisce, ex art. 156, comma 3, cod. proc. civ., la pronunzia di alcuna nullità, in virtù del generale principio di sanatoria dei vizi degli atti processuali del raggiungimento dello scopo Cass. 12/07/2018 numero 18402 . 6.3 Il controricorrente sostiene inoltre che il ricorso sarebbe inammissibile a causa della mancata sottoscrizione dello stesso e della procura. 6.4 La verifica del fascicolo processuale dimostra che il ricorso, predisposto in forma cartacea e notificato alla controparte dopo essere stato scansionato, è stato depositato, ex art. 369 c.p.c., nel suo originale cartaceo. L’eccezione contrasta con il contenuto materiale del ricorso, depositato in originale unitamente alla procura, e risulta perciò infondata, in considerazione della sottoscrizione presente in calce tanto nell’atto quanto nella procura ad litem. 6.5 Deve infine escludersi il passaggio in giudicato della sentenza impugnata. La consultazione degli atti di causa non consente di rinvenire nel fascicolo d’ufficio alcuna relata di notifica della decisione della Corte d’Appello nei confronti dell’appellante P.E. . Questa circostanza risulta estranea all’attestazione rilasciata dalla cancelleria della corte territoriale in data 19 giugno 2017, che non fa menzione dell’avvenuta notificazione in forma integrale della decisione a entrambe le parti costituite. Né vale a dare suffragio all’eccezione di giudicato interno l’intervenuta notifica della sentenza al tutore del minore, dato che non vi è prova dell’avvenuta esecuzione di analoga notifica anche nei confronti dell’odierna ricorrente. In mancanza della compiuta dimostrazione dell’esecuzione di alcuna notifica, ad opera della cancelleria o su iniziativa di parte, della decisione della corte territoriale l’odierna ricorrente rimaneva soggetta al rispetto del termine previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., che non è stato superato, dovendosi considerare tempestiva l’impugnazione proposta in data 18 ottobre 2017 rispetto a una sentenza pubblicata il precedente 17 marzo 2017, perché al termine di sei mesi previsto dall’art. 327 cod. proc. civ., da computarsi, ex art. 155, comma 2, cod. proc. civ., ex nominatione dierum, devono aggiungersi trentuno giorni, calcolati ex numeratione dierum, ai sensi del combinato disposto dell’art. 155, comma 1, dello stesso codice e dell’art. 1, comma 1, della legge 7 ottobre 1969 numero 742 si vedano in questo senso Cass. 4/10/2013 numero 22699, Cass. 4/3/2015 numero 4310 . 7.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 11, commi 2 e 5, legge 184/1983 la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto della circostanza determinante costituita dal fatto che la sentenza di adottabilità era stata emessa dal Tribunale per i minorenni di Perugia nonostante fosse già stata depositata, tempestivamente e in epoca anteriore alla dichiarazione di adottabilità, l’istanza prevista dall’art. 11, comma 2, legge 184/1983 la dichiarazione di adottabilità, pronunciata pur in mancanza dei suoi presupposti, doveva pertanto essere revocata, come era stato espressamente richiesto alla corte territoriale, tenuto conto che il diritto al riconoscimento da parte della madre biologica, di carattere indisponibile, poteva essere validamente esercitato anche nel caso in cui la genitrice non avesse proceduto al riconoscimento nell’immediatezza del parto, contegno che non avrebbe potuto mai essere considerato ex se condizione necessaria e sufficiente ai fini della declaratoria di adottabilità del minore. Il Tribunale per i minorenni prima e la Corte d’Appello poi, negando in maniera del tutto arbitraria la concessione del termine per addivenire al riconoscimento, avrebbero invece di fatto svuotato il diritto della madre al ripensamento. 7.2 Il secondo mezzo lamenta la violazione dell’art. 360 comma 1, numero 4, cod. proc. civ. ed assume la conseguente nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia sulla domanda con cui era stata sollecitata la revoca della pronuncia di adottabilità. 8. Il primo motivo di ricorso merita accoglimento. La Corte territoriale ha ritenuto che la sentenza del Tribunale dei minori dichiarativa dello stato di adottabilità del minore, depositata il 30 gennaio 2017, facesse venir meno in questo diverso procedimento l’interesse della madre biologica a impugnare la sentenza numero 1 depositata il 3 gennaio 2017, con cui il medesimo Tribunale minorile aveva in precedenza rigettato la sua richiesta di sospensione del procedimento di adottabilità e dichiarato inammissibile la domanda di riconoscimento del minore. Una simile statuizione è sfornita di base normativa, dato che, come espressamente prevede l’art. 11, ultimo comma, l. 184/198, il riconoscimento materno dopo il parto in anonimato non era precluso dalla sopravvenuta declaratoria di adottabilità del minore e sarebbe stato non nullo ma inefficace solo se questa declaratoria fosse stata seguita dall’affidamento preadottivo, che invece nella specie non pare che all’epoca fosse in atto. La Corte territoriale non avrebbe perciò potuto riscontrare il venir meno dell’interesse a impugnare la sentenza di primo grado, ben potendo l’appellante ancora procedere, se lo avesse voluto, al riconoscimento del figlio. D’altra parte, nella specie l’unico procedimento adottivo ha avuto in primo grado uno svolgimento anomalo, dato che, anziché essere condotto e deciso in maniera unitaria inclusiva della fase interinale sospensiva, si è impropriamente articolato in due distinte ed autonome procedure definite con due sentenze autonomamente impugnabili e di cui la seconda, sebbene dipendente dalla prima, ha ostacolato in rito la definizione dell’appello sull’altra. Gli argomenti appena illustrati hanno carattere assorbente e rendono superfluo l’esame del secondo motivo di ricorso. 9. La sentenza impugnata andrà dunque cassata, con rinvio della causa alla corte distrettuale, la quale, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese di questo grado di giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Perugia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.