Trenta i giorni per impugnare in Cassazione la decisione di declaratoria di adottabilità

La l. n. 184/1983 che disciplina la materia dell’adozione prevede espressamente che il termine per proporre impugnazione avverso la sentenza della Corte d’Appello è di trenta giorni dalla notificazione.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30512/18, depositata il 23 novembre. I fatti di causa. Una madre proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza di Corte d’Appello che aveva confermato la sentenza di primo grado del Tribunale per i Minorenni con cui erano state dichiarate adottabili le figlie minori, constatato lo stato di abbandono delle stesse per la completa inadeguatezza dei genitori a garantire il loro normale sviluppo psicofisico e per l’inesistenza di parenti adeguati all’affido. Il ricorso in Cassazione. La madre, scaduti i termini previsti per il ricorso in Cassazione e chiesta la rimessione in termini, lamentava di aver ricevuto copia integrale della sentenza di appello solo quindici giorni dopo la comunicazione della stessa via PEC da parte della cancelleria, di trovarsi in stato di detenzione, in difficoltà a reperire un difensore patrocinante in cassazione, con difficoltà altresì di comprendere la lingua italiana. Tardività. Il ricorso in Cassazione proposto dalla donna viene dichiarato inammissibile per tardività, essendo stato notificato oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione del testo integrale della decisione impugnata. La l. n. 184/1983 che disciplina la materia dell’adozione prevede espressamente che il termine per proporre impugnazione avverso la sentenza della Corte d’Appello è di trenta giorni dalla notificazione. Per notificazione si intende in questo caso la comunicazione d’ufficio da parte della cancelleria. La ratio della sollecitudine. In una materia così delicata come quella di cui trattasi, sono evidenti le ragioni di sollecitudine nella definizione del giudizio e la ratio del termine dimezzato e del dies a quo di decorrenza. Lo stato di detenzione e le difficoltà della ricorrente sono ritenuti ininfluenti. La Corte di Cassazione, dichiarato tardivo il ricorso, non ha accolto la richiesta della madre di esser rimessa in termini. Non sono state, infatti, ravvisate delle impossibilità assolute in capo alla madre di proporre un ricorso tempestivo. Le mere difficoltà o le impossibilità relative non sono idonee ad una rimessione in termini.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 ottobre – 23 novembre 2018, n. 30512 Presidente Giancola – Relatore Iofrida Fatti di causa La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 1449/2017, depositata il 20/11/2017, ha respinto il gravame di G.V. avverso la decisione del Tribunale per i minorenni di declaratoria dello stato di adottabilità delle minori H.R. , nata nel , H.M. e Ho.Me. , nate nel , figlie della G. e di H.G. , constatato, all’esito di tre anni di osservazione, lo stato di abbandono delle minori a causa della completa inadeguatezza dei genitori quanto alla G. , anche prima della sua carcerazione a garantire il loro normale sviluppo psico-fisico e dell’inesistenza di parenti adeguati all’affido. In particolare, la Corte distrettuale, nel respingere il gravame della G. , ha osservato che la rescissione del legame famigliare è necessaria perché, diversamente, le minori verrebbero private della stabilità affettiva e dell’assistenza di cui hanno bisogno per una crescita sana ed equilibrata, subendo un maggiore pregiudizio rispetto all’adozione quanto alla madre, i giudici d’appello hanno rilevato che i tempi di recupero della capacità genitoriale della stessa sono non soltanto oggettivamente lunghi ma opinabili , considerato che la G. , allorché era detenuta presso la ICAM di omissis , nel 2014, unitamente alle due gemelline M. e Me. , si era resa complice di evasione, favorendo una detenuta , ed inoltre, al rientro da un periodo di detenzione domiciliare concesso alla suddetta, si era dovuto constatare una regressione, a livello di linguaggio e di alimentazione, nonché emotivo, delle due minori. Avverso la suddetta sentenza, comunicata a mezzo PEC dalla Cancelleria il 20/11/2017, G.V. attualmente ristretta presso la casa di Reclusione di , dovendo scontare una pena detentiva di circa venti anni propone ricorso per cassazione, notificato per via telematica il 4/01/2018, affidato a sette motivi, nei confronti dell’Avv.to M.S. , quale tutore e curatore speciale delle minori H.R. , H.M. e Ho.Me. , che resiste con controricorso eccependo in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per tardività . Ragioni della decisione 1.La ricorrente, dopo avere chiesto preliminarmente la rimessione in termini, deducendo che la sig.ra G. aveva ricevuto copia integrale della sentenza soltanto in data 5/12/2017 e che, in ogni caso, la stessa si trova in stato di detenzione, apolide de facto e di lingua ROM, con difficoltà a reperire un difensore patrocinante in cassazione cui conferire il mandato al fine del ricorso in cassazione, lamenta 1 con i primi tre motivi, la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 1, 8, 15 della L. 184/1983, 1 L. 149/201, 47 quinquies l. 347/1975, 29, 30 e 31 della Costituzione, 8 della Convenzione EDU, nonché 18 della Convenzione di New York del 1989, per insussistenza dei presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori in relazione alla mancanza di assistenza morale e materiale da parte della madre, atteso che dalle risultanze processuali emergeva una figura materna e positiva ed attenta ai bisogni delle figlie ed una donna che, consapevole dei propri errori, è intenzionata a stabilire un buon rapporto con le figlie, nonostante lo stato detentivo, nonché in riferimento allo stato di indigenza e di detenzione della stessa, non sufficienti a fondare la dichiarazione di incapacità genitoriale o lo stato di abbandono dei minori ed anche in relazione alla mancata adozione da parte dei giudici di merito di rimedi alternativi che consentissero alla G. di sostenere le minori all’interno o comunque in stretto collegamento con il nucleo familiare di origine, con conseguente nullità del procedimento, ex articolo 360 n. 4 c.p.c. 2 con il quarto ed il quinto motivo, sia la violazione e/o falsa applicazione, ex articolo 360 n. 3 c.p.c., degli artt. 1, 8, 10 e 12 della L. 184/1983, 29, 30 e 31 della Costituzione, 8 della Convenzione EDU, 9 della Convenzione di New York e 115 e 116, 184 e 345 c.p.c., in quanto i giudici di merito avrebbero ignorato e travisato gli elementi probatori in atti, non procedendo, né prima né dopo l’allontanamento delle minori dalla madre, ad ulteriori approfonditi accertamenti sull’ambiente parentale delle minori e sulle reali condizioni della madre, né disponendo una consulenza tecnica d’ufficio, più volte richiesta dalla parte, sia l’omesso esame, ex articolo 360 n. 65 c.p.c., di punti decisivi, rappresentati dalla significativa circostanza della volontaria costituzione della G. , nel procedimento penale a suo carico, dal legame affettivo tra la madre e tutte le figlie, dal percorso intrapreso in carcere con adeguato sostegno psicologico, sia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alle affermazioni presenti nella sentenza impugnata circa il favoreggiamento del tentativo di evasione di altra detenuta in assenza di un procedimento penale al riguardo , la regressione delle minori apoditticamente addebitata alla madre, anziché alle condizioni carcerarie all’epoca del carcere di , ed il trasferimento all’estero degli altri minori, imputabile semmai al padre 3 con il sesto ed il settimo motivo peraltro formulati dal difensore in forma dubitativa, premettendo di non avere avuto cognizione completa degli atti di causa , la nullità del procedimento e della sentenza, ex articolo 360 n. 4 c.p.c., sia per violazione degli artt. 24 e 111 Cost. e 6 della convenzione EDU, per non avere il Tribunale per i minorenni informato la G. dell’apertura di un procedimento di adottabilità, ex articolo 330 c.p.c., anche in relazione alla non perfetta conoscenza della lingua italiana da parte dell’interessata ed alla mancata traduzione degli atti, alla mancata assistenza di un traduttore e di un mediatore culturale, sia per mancata fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni, con concessione dei termini per il deposito di conclusionali e repliche, ex articolo 190 c.p.c., per omessa convocazione, dinanzi alla Corte d’appello, dell’affidatario o dell’eventuale famiglia collocataria e per la secretazione del verbale della convocazione di questi ultimi dinanzi al Tribunale per i minorenni. 2. Il ricorso è inammissibile per tardività, essendo stato notificato oltre il termine di trenta giorni dalla comunicazione del testo integrale della decisione impugnata. Emerge dall’esame degli atti che la sentenza impugnata, depositata il 20/11/2017, secondo la prescrizione contenuta nella L. n. 184 del 1983, articolo 17 è stata notificata, sia nel dispositivo che nel suo testo integrale, al domicilio eletto in data 20/11/2017 a mezzo PEC. Il ricorso in esame, essendo stato notificato a mezzo PEC il 4 gennaio 2018, risulta tardivamente proposto, non essendosi rispettato il termine di trenta giorni specificamente previsto al riguardo. La L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 17, comma 4, dispone, infatti, che avverso la sentenza emessa in materia di adottabilità del minore, le parti legittimate possono con ricorso proporre impugnazione, entro trenta giorni dalla notifica dinanzi alla sezione per i minorenni della Corte d’Appello ed al comma 5 che avverso la sentenza della Corte d’Appello è ammesso ricorso per Cassazione per violazione di legge entro trenta giorni dalla notificazione . Tale chiaro dettato normativo è stato interpretato da questa Corte nel senso che ai fini del ricorso per Cassazione la sentenza emessa dalla Corte d’Appello-Sezione minorile - in tema di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notifica d’ufficio di detta sentenza effettuata alla stregua del disposto della L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 17, comma 3, è idonea a far decorrere il termine dimidiato di trenta giorni di cui all’ultimo comma di detta norma, senza che tale limitazione temporale al giudizio di legittimità, quali che siano i motivi del ricorso, arrechi alcun apprezzabile vulnus al diritto di difesa delle parti interessate, che sono perciò comunque tenute al suo rispetto Cfr. Cass. Sez. Un., 5 aprile 2005, n. 6985 . È stato altresì precisato che ai fini del ricorso per Cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte d’appello - sezione minorile - in tema di opposizione alla dichiarazione di adottabilità, la notifica di ufficio di detta sentenza, effettuata alla stregua del disposto di cui alla L. 4 maggio 1983, n. 184, articolo 17, comma 3, è idonea a far decorrere il termine dimidiato di trenta giorni di cui all’ultimo comma del medesimo articolo 17, con la conseguente inammissibilità del ricorso per Cassazione proposto oltre detto termine Cass., 28 febbraio 2006, n. 4396 Cass., 1 marzo 2005, n. 4292 di recente Cass. 9511/2013 Cass.11895/2015 Cass.20947/2018 e Cass.10106/2018, proprio con riguardo ad una comunicazione di cancelleria, ex articolo 171.184/1983, a mezzo PEC . Peraltro, nella specie, la notifica della sentenza della Corte d’appello è avvenuta regolarmente all’indirizzo PEC indicato dal difensore della G. , come risulta dalla copia autentica della ricevuta telematica rilasciata dalla Cancelleria della Corte di Appello di Milano, a seguito di istanza di parte. La predetta notifica era, quindi, idonea a determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione di cui all’articolo 325, comma II, cod. proc. civ. anche per il notificante Cass. S.U., sent. n. 23829 del 19/11/2007 . L’articolo 17 citato, ai fini della decorrenza del termine per impugnare nella materia in oggetto, usa il termine notifica , con evidente riferimento alla notificazione eseguita a cura dell’ufficio menzionata alla fine del comma precedente, per altrettante evidenti ragioni di sollecitudine nella definizione del giudizio in considerazione del suo oggetto anche la giurisprudenza di legittimità anteriore alla novella di cui alla richiamata L. n. 149 del 2001, sull’adozione, del resto, si era attestata nel senso della decorrenza del termine di trenta giorni per ricorrere per cassazione dalla data della notifica di ufficio - già all’epoca prevista dalla legge - della sentenza di appello sulla dichiarazione di adottabilità cfr., tra le più recenti, Cass. 22/06/2012, n. 10486 28/02/2006, n. 4396 01/03/2005, n. 4292 la regola generale di cui all’articolo 133 c.p.c., è manifestamente derogata dalla richiamata disposizione speciale di cui alla L. n. 184 del 1983, articolo 17, secondo cui il termine per ricorrere per cassazione decorre dalla notificazione della sentenza di appello eseguita d’ufficio Cass.10106/2018 . La ricorrente ha chiesto la rimessione in termini, deducendo di essere detenuta attualmente presso la casa di Reclusione di Bollate, di non avere ricevuto copia della sentenza impugnata, se non il 5/12/2017, di essere apolide e di non comprendere bene la lingua italiana, il che le aveva impedito di proporre tempestivamente il ricorso per cassazione. La richiesta non può essere accolta. L’istituto della rimessione in termini articolo 153, secondo comma, c.p.c. è applicabile anche nel giudizio di cassazione v. Cass. n. 23836/2012, n. 22245/2010 , ma richiede pur sempre che vi sia una causa non imputabile riferibile ad un evento che presenti il carattere della assolutezza - e non già una impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà - e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione v. Cass. n. 8216/2013 . Nel caso in esame, nel giudizio di appello, la ricorrente era assistita dal difensore, il quale era in condizione di proporre tempestivamente, nell’interesse dell’assistita, il ricorso per cassazione avverso la sentenza che - come s’è detto - gli era stata notificata. La decadenza processuale è stata quindi determinata da una scelta difensiva avendo il precedente legale scelto di non assistere la signora nel presente giudizio di legittimità, comunicando per tempo la decisione, come si evince dallo stesso ricorso e da mere difficoltà difetto di tempestiva comunicazione tra il difensore all’epoca e l’interessata e non dagli eventi riferiti dalla ricorrente, il che, quindi, non ha assunto rilievo causale e non può giustificare la richiesta rimessione in termini. Peraltro, lo stato di detenzione della ricorrente non rappresenta un evento sopravvenuto alla sentenza impugnata e, quanto alla non conoscenza da parte della medesima della lingua italiana, il dato non emerge dalla decisione impugnata. 3. Per tutto quanto sopra esposto, va dichiarato inammissibile il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna la ricorrente a rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, a titolo di compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si dà atto che il processo risulta esente. Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, articolo 52 siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione dei presente provvedimento.