Comunione legale: la natura della dichiarazione del coniuge non acquirente e che partecipa all’atto

La dichiarazione concorde del coniuge non acquirente che partecipa all’atto notarile in merito alla natura personale dell’acquisto da parte dell’altro non può considerarsi idonea a determinare in sé l’esclusione della comunione dell’acquisto fatto dall’altro coniuge.

Quanto sopra è stato affermato dalla Suprema Corte nella pronuncia n. 29342 pubblicata in data 14 novembre 2018. I fatti di causa. La sentenza in commento riguarda due coniugi, sposati in regime patrimoniale di comunione legale dei beni, in cui la moglie, già proprietaria di metà della casa coniugale, in costanza di matrimonio, acquistava dal fratello proprietario l’altra metà di quota, divenendone così proprietaria per l’intero. Al rogito, la moglie espressamente dichiarava di acquistare tale quota ai sensi dell’art. 179 c.c., lett. f con la conseguenza che tale acquisto non rientrava nella comunione legale, essendo un bene personale. Al rogito, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c., partecipava anche il marito che confermava la dichiarazione resa dalla moglie. Dopo 15 anni, il marito conveniva in giudizio la moglie assumendo che la metà della casa coniugale acquistata dalla coniuge in costanza di matrimonio non fosse un bene personale della stessa bensì in comunione legale. Tanto in primo grado quanto in quello di appello, venivano rigettate le pretese dell’uomo. Che natura ha la dichiarazione dell’altro coniuge che partecipa all’atto? Secondo il marito ricorrente in Cassazione, la decisione di merito impugnata aveva errato nell’aver ritenuto la metà della casa coniugale come bene personale della coniuge per aver il marito partecipato all’atto e confermato con propria dichiarazione quella resa dalla moglie, non essendo quindi necessaria l’indicazione dei mezzi specifici dei beni utilizzati per l’acquisto del bene e la prova che gli stessi fossero personali. Secondo i giudici di legittimità, al contrario, la dichiarazione del marito non ha natura confessoria. La dichiarazione della moglie, infatti, non aveva ad oggetto un fatto storico essendosi limitata la stessa ad affermare di essere coniugata in comunione dei beni, di acquistare fuori dalla comunione legale trattandosi di acquisto ex art. 179 lett. f c.c. e, pertanto, la dichiarazione di conferma del marito non poteva avere alcun valore confessorio. Requisiti per l’esclusione dei beni dalla comunione. Non avendo natura confessoria la dichiarazione dell’altro coniuge, questa non è sufficiente per escludere un bene dalla comunione legale. Pertanto, nel caso di acquisto di un immobile successivo al matrimonio da parte di uno dei due coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge è condizione necessaria ma non anche sufficiente per far escludere tale bene dalla comunione, occorrendo sia il riconoscimento dei coniugi della natura personale del bene sia l’esistenza effettiva di una delle cause di esclusione di cui all’art. 179, comma 1, lettere c , d , f c.c

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 6 luglio – 14 novembre 2018, n. 29342 Presidente Matera – Relatore Bellini Fatti di causa V.G., in data 2.1.1982, contraeva matrimonio con C.M.T., adottando il regime patrimoniale della comunione dei beni. La casa coniugale era rappresentata da un’unità abitativa sita in omissis , già di proprietà per la quota di metà della moglie e per la restante metà del fratello della medesima, C.G. . In costanza di matrimonio, con atto notarile in data 5.7.1996, C.M.T., acquistava dal fratello G. la restante quota, dichiarando in atto che l’acquisto avveniva ai sensi della lett. f dell’art. 179 c.c. a V.G. era richiesto di partecipare all’atto, essendogli rappresentato dalla moglie che la sua partecipazione era necessaria in quanto coniuge e, in tale sede, egli confermava la dichiarazione resa dalla moglie. Il corrispettivo dell’acquisto, pur dichiarato in atto in Lire 115.000.000, era in realtà di Lire 400.000.000, somma versata all’alienante. Con atto di citazione, notificato in data 20.9.2011, dinanzi al Tribunale di Lecco, V.G. conveniva in giudizio la moglie C.M.T., assumendo che la quota di metà della casa coniugale - formalmente intestata alla moglie in forza dell’atto di acquisto del 5.7.1996 - fosse in realtà in comunione, in ragione della disciplina legale degli acquisti compiuti dai coniugi in costanza di matrimonio, in base al regime patrimoniale di comunione legale. L’attore chiedeva il relativo accertamento, oltre alla divisione e, in via subordinata, per l’ipotesi in cui la proprietà della casa fosse ritenuta in via esclusiva della moglie, chiedeva che la stessa fosse dichiarata tenuta a rimborsare alla comunione il denaro prelevato dalla stessa per l’acquisto, con condanna all’esito della divisione al versamento in favore del marito della metà della somma. C.M.T. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto delle domande attoree, evidenziando che il marito, intervenuto personalmente all’atto pubblico, aveva prestato il suo assenso, ai sensi dell’art. 179, comma 2, lett. f c.c., riconoscendo che l’immobile era acquistato dalla moglie quale bene personale. Esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione ed espletato l’interrogatorio formale della C., con sentenza n. 781/2013, depositata il 29.8.2013, il Tribunale di Lecco rigettava la domanda di caduta in comunione sulla quota di metà della casa, condannando il V. alle spese di lite. Avverso detta sentenza proponeva appello V.G. sotto un duplice profilo che la dichiarazione resa dallo stesso non potesse avere natura confessoria per non avere la moglie affermato un fatto, ma per essersi limitata al richiamo di una norma di legge che, oltretutto, prevede due fattispecie alternative e che, ove si riconoscesse natura confessoria alla propria dichiarazione, quella della moglie era di per sé insufficiente per carenza della specifica indicazione dei beni utilizzati per l’acquisto. Con sentenza n. 3378/2014, depositata il 24.9.2014, la Corte d’Appello di Milano rigettava l’appello, condannando l’appellante alle spese del grado. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione V.G. sulla base di due motivi resiste C.M.T. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1.1. - Con il primo motivo, il ricorrente deduce la Falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. falsa applicazione dell’art. 179, comma 1, lett. f , e comma 2, c.c. sotto il profilo della carenza di natura confessoria della dichiarazione dell’altro coniuge partecipante all’atto , là dove erroneamente la Corte di merito, con la sentenza impugnata ha ritenuto l’immobile non incluso nella comunione in quanto il marito aveva partecipato all’atto di acquisto da parte della moglie ha affermato che quanto trasferito era escluso dalla comunione ai sensi dell’art. 179 lett. f c.c., poiché il marito aveva confermato nell’atto quanto dichiarato dalla moglie ha evidenziato la natura confessoria della dichiarazione resa dal marito richiamando Cass. sez. un. n. 22755 del 2009 , superabile dalla revoca della confessione stragiudiziale, ammissibile, ex art. 2732 c.c., solo per errore di fatto o violenza ha rilevato che, in ogni caso, non sarebbe necessaria l’indicazione specifica dei beni utilizzati per l’acquisto preteso solitario e la prova che gli stessi siano personali, essendo sufficiente che il coniuge acquirente dichiari che lo siano e che l’altro coniuge, che interviene all’atto, possa non esprimersi. 1.2. - Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la Falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. falsa applicazione dell’art. 179, comma 1, lett. f , c.c. sotto il profilo della necessità di indicazione specifica dei beni personali ai quali si è fatto ricorso per l’acquisto preteso solitario , poiché la Corte di merito non ha preso in esame la seconda questione, secondo cui la dichiarazione della moglie sarebbe carente dell’indicazione dei beni personali ai quali sarebbe ricorsa per l’acquisto, limitandosi ad affermare che il richiamo contenuto nel rogito alla specifica norma dell’art. 179 lett. f c.c. configura dichiarazione resa dal coniuge acquirente confermata dall’altro coniuge idonea a determinare gli effetti indicati dall’art. 179, co. 2 c.c 2. - Il primo motivo è fondato. 2.1. - Preliminarmente va evidenziato che la Corte di merito ha riconosciuto l’errore in cui era incorso il Giudice di primo grado nella ricostruzione dei fatti, nella parte in cui affermava che nell’atto notarile fosse contenuta la dichiarazione attribuita al V., che quanto trasferito era bene personale , mentre tale dichiarazione era stata resa dalla parte alienante. 2.2. - Ciò chiarito, dal tenore della affermazione contenuta nell’atto notarile e testualmente riportata - secondo la quale la signora C.M.T. dichiara di essere coniugata in regime di comunione legale dei beni, ma che il presente acquisto è escluso dalla comunione legale ai sensi dell’art. 179 lett. f codice civile, come ad ogni effetto conferma il coniuge signor V.G. - i giudici di merito hanno ritenuto che tale conferma avesse natura confessoria lasciando spazio alla sua revoca solo per errore o violenza, non dedotti . Va, viceversa, rilevato che la dichiarazione resa dalla C. nel contesto dell’atto notarile non può dirsi che avesse ad oggetto un fatto storico, richiamandosi con essa le mere conseguenze giuridiche della applicazione di una norma di legge per cui anche la relativa conferma da parte del V. non era riferita ad un fatto non assumendo dunque valenza confessoria . 2.3. - La natura giuridica e i limiti di efficacia della dichiarazione del coniuge non acquirente, partecipe all’atto di compravendita, sono stati chiariti da Cass., sez. un. n. 22755 del 2009, secondo cui essa si atteggia diversamente a seconda che la personalità del bene dipenda dal pagamento del prezzo con i proventi del trasferimento di beni personali, o alternativamente dalla destinazione del bene all’esercizio della professione dell’acquirente. Solo nel primo caso la dichiarazione del coniuge non acquirente assume natura ricognitiva della natura personale e portata confessoria dei presupposti di fatto già esistenti. Laddove nel secondo - che è quello pertinente anche nella presente fattispecie - esprime la mera condivisione dell’intento altrui. Ne consegue che la successiva azione di accertamento della comunione legale sul bene acquistato, mentre è condizionata, nella prima ipotesi, dal regime di prova legale della confessione stragiudiziale, superabile nei limiti di cui all’art. 2732 c.c., per errore di fatto o violenza, nella seconda implica solo la prova dell’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato Cass. n. 1523 del 2012 . In linea con siffatto orientamento, in analoga fattispecie, questa Corte ha affermato che, nel caso di acquisto di un immobile effettuato dopo il matrimonio da uno dei coniugi in regime di comunione legale, la partecipazione all’atto dell’altro coniuge non acquirente, prevista dall’art. 179 cod. civ., comma 2, si pone come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione in tal steso anche Cass. n. 18114 del 2011 occorrendo, a tal fine come allora, anche nella odierna fattispecie , non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene - richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura - ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179 c.c., comma 1, lett. c , d ed f . Con la conseguenza che l’eventuale inesistenza di tali presupposti può essere fatta valere con una successiva azione di accertamento negativo, non risultando precluso tale accertamento dalla circostanza che il coniuge non acquirente sia intervenuto nel contratto per aderirvi Cass. sez. un. n. 22755 del 2009 . Né si può assegnare alla dichiarazione del coniuge comparente, verbalizzata nell’atto pubblico di compravendita, valore di confessione di un fatto storico, come tale, revocabile successivamente solo per errore di fatto o violenza art. 2732 cod. civ. . Cass. n. 18114 del 2010 . 2.4. - Tali principi sono stati confermati, anche di recente, precisandosi che, in caso di comunione legale tra i coniugi, il bene acquistato dai medesimi, insieme o separatamente, durante il matrimonio, costituisce, in via automatica, ai sensi dell’art. 177, comma 1, lett. a , c.c., oggetto della comunione tra loro e diventa, quindi, in via diretta, bene comune ai due coniugi, anche se destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia ed il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell’attività separata di uno dei coniugi, a meno che non si tratta del denaro ricavato dall’alienazione di beni personali e sempre che, in quest’ultimo caso, l’acquirente dichiari espressamente la provenienza del denaro art. 179, lett. f, c.c. ovvero si tratta di un bene di uso strettamente personale di ciascun coniuge art. 179, lett. c, c.c. ovvero che serve all’esercizio della professione del coniuge art. 179, lett. d, c.c. , ed, in caso di acquisto di beni immobili o di beni mobili registrati , tale esclusione risulti dall’atto di acquisto ed il coniuge non acquirente partecipi alla relativa stipulazione art. 179, comma 2, c.c., con espresso riferimento ai casi previsti dall’art. 179, lett. c, d, f cit. . La dichiarazione resa nell’atto dal coniuge non acquirente, ai sensi dell’art. 179, comma 2, c.c., in ordine alla natura personale del bene, si pone, peraltro, come condizione necessaria ma non sufficiente per l’esclusione del bene dalla comunione, occorrendo a tal fine non solo il concorde riconoscimento da parte dei coniugi della natura personale del bene, richiesto esclusivamente in funzione della necessaria documentazione di tale natura, ma anche l’effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall’art. 179, comma 1, lett. c , d ed f , c.c. Cass. n. 11668 del 2018 . Pertanto - contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito, secondo la quale, per l’esclusione della caduta in comunione del bene acquistato da un coniuge in regime di comunione dei beni deve ritenersi sufficiente la sua partecipazione alla conclusione del contratto, accompagnata dalla mancata opposizione alla dichiarazione di esclusione resa dall’altro coniuge ed inserita nell’atto sentenza impugnata, pag. 6 - la dichiarazione concorde del ricorrente nell’atto notarile non può considerarsi idonea a determinare in sé l’esclusione della comunione dell’acquisto fatto dalla controricorrente, caratterizzata come è dal solo richiamo alle conseguenze giuridiche dell’atto. 3. - Il primo motivo di ricorso va accolto, con assorbimento del secondo motivo la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Milano, altra sezione, anche in ordine alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e rinvia la stessa alla Corte d’appello di Milano, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.