La relazione extraconiugale consente la revoca della donazione?

Una coppia in crisi, ormai separata di fatto. Lei inizia una relazione con un personaggio famoso e la storia finisce in pasto ai mass media. Il marito, che aveva pagato interamente l’appartamento milanese intestato poi alla coniuge, prova ad ottenere la revoca della donazione. Ma, secondo i Giudici, il comportamento della donna non costituisce un’ingiuria grave.

Sul caso si è espressa la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24965/18, depositata il 10 ottobre. Il caso. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda di revoca della donazione indiretta avente ad oggetto un appartamento sito in Milano proposta dal marito della donataria per ingratitudine della stessa. Dalla ricostruzione dei fatti era emerso che l’immobile, acquistato dall’attore poco prima del matrimonio, era stato intestato alla moglie ma la stessa, dopo pochi anni, aveva intrattenuto due relazioni extraconiugali con comportamenti ingiuriosi nei confronti del coniuge. Avverso la sentenza della Corte d’Appello che confermava la decisione di prime cure, il marito ricorre in Cassazione. L’ingratitudine del donatario. Il ricorrente censura la violazione dell’art. 801 c.c. per omessa e insufficiente motivazione sul comportamento tenuto dalla donataria, anche pubblicamente, come emerso dalle prove testimoniali acquisite durante il giudizio di separazione, comportamento che manifestava disistima, avversione ed irriconoscenza nei suoi confronti, fino a sfociare nell’ingiuria grave per la relazione adulterina tenuta dalla donna con un noto personaggio, vicenda che aveva avuto una grande risonanza mediatica. Il Collegio, dichiarando infondata la censura, ricorda che l’ingiuria grave indicata dal legislatore nell’art. 801 c.c. quale presupposto per la revoca della donazione per ingratitudine, pur mutando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro di una persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante . In altre parole, l’ingiuria in tal senso rilevante deve esprimere una radicata e profonda avversione o perversa animosità verso il donante . Aggiunge inoltre il Collegio che la valutazione del comportamento del donatario deve essere valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche con riguardo alla potenziale offensività del patrimonio morale del donante. In tal modo l’ordinamento ha creato una formula aperta ai mutamenti di costume sociale, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale . Conclude dunque la Corte affermando che la relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante . La Corte territoriale ha dunque correttamente escluso la sussistenza di un’ingiuria nella relazione intrattenuta dalla donna con il personaggio famoso posto che, da un lato, la relazione era iniziata quando i coniugi erano di fatto già separati e che, dall’altro, la risonanza mediatica era dovuta esclusivamente alla notorietà del nuovo compagno. Si tratta dunque di un comportamento che assume rilevanza ai fini dell’addebito della separazione ma che non incideva sull’onore e sul decoro del ricorrente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 27 aprile – 10 ottobre 2018, n. 24965 Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatto Con atto di citazione notificato il 21.7.2005, S.G. citava in giudizio V.E.C. chiedendo la revoca della donazione indiretta, avente ad oggetto un appartamento sito in omissis per ingratitudine della donataria. Esponeva di aver contratto matrimonio con V.E.C. il omissis e di aver acquistato l’immobile poco prima del matrimonio, pagando interamente il prezzo ed intestandolo alla medesima. Soggiungeva che nel 2004 la moglie aveva intrattenuto una relazione sentimentale extraconiugale, tenendo comportamenti ingiuriosi nei suoi confronti. Il Tribunale di Milano rigettava la domanda la decisione veniva confermata con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 17.1- 4.2.2012. Per la cassazione propone ricorso il S. affidato ad un unico motivo la V.E. è rimasta intimata. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. L.C., ha chiesto il rigetto del ricorso. Diritto Con l’unico motivo di ricorso si allega la violazione e falsa applicazione dell’articolo 801 c.p.c. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Il ricorrente deduce l’erronea decisione della corte milanese, che non ha ravvisato l’ingiuria grave in una serie di comportamenti tenuti dalla V.E. nei suoi confronti, consistiti in due relazioni extraconiugali, nelle sue affermazioni in pubblico di tenere in mano il marito ed in una serie di episodi emersi nelle prove testimoniali acquisite nel giudizio di separazione e confermati dalla teste O.K. . Si tratterebbe, secondo il ricorrente, non di un solo comportamento ma di una pluralità di episodi in cui V.E. avrebbe manifestato, anche pubblicamente, disistima, avversione ed irriconoscenza verso il donatario, offendendone la dignità. Inoltre, la corte territoriale avrebbe errato nel non ravvisare l’ingiuria grave nella successiva relazione adulterina tenuta con il Duca A. omissis , che venne accompagnata da grande risonanza mediatica, con pregiudizio all’onore del ricorrente, che ancora coabitava con la moglie nonostante la separazione di fatto. Il motivo non è fondato né sotto il profilo della violazione di legge né sotto quello della insufficiente e contraddittoria motivazione. L’ingiuria grave richiesta dall’articolo 801 c.c. quale presupposto necessario per la revocabilità di una donazione per ingratitudine, pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona, si caratterizza per la manifestazione esteriore del comportamento del donatario, che deve dimostrare un durevole sentimento di disistima delle qualità morali del donante e mancare rispetto alla dignità del donante Cassazione civile, sez. II, 24/06/2008, n. 17188 Cassazione civile, sez. II, 31/10/2016, n. 22013 L’ingiuria deve, pertanto, essere espressione di radicata e profonda avversione o di perversa animosità verso il donante. Il comportamento del donante va valutato non solo sotto il profilo oggettivo, ma anche nella sua potenzialità offensiva del patrimonio morale del donante, perché espressamente rivolta a ledere la sua sfera morale, tale da essere contraria a quel senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, dovrebbero improntare l’atteggiamento del donatario. Si tratta, evidentemente di una formula aperta ai mutamenti dei costumi sociali, il cui discrimine è segnato dalla ripugnanza che detto comportamento suscita nella coscienza sociale. La relazione extraconiugale intrattenuta dal coniuge donatario costituisce ingiuria grave solo se ad essa si accompagna un atteggiamento di disistima ed avversione da parte del donante. La corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tale principio, accertando, sulla base delle risultanze istruttorie, una relazione della V.E. con il M. , peraltro riscontrata con contorni vaghi ed imprecisi. La successiva relazione extraconiugale con D.A. , non solo sarebbe iniziata nel periodo in cui i coniugi erano separati di fatto, ma aveva avuto una risonanza mediatica a causa della notorietà del nuovo compagno. Tanto bastava ad escludere che l’infedeltà della donataria nascesse da un sentimento di avversione e di disprezzo nei confronti del S. , tanto da ripugnare la coscienza comune. Come correttamente evidenziato dalla corte milanese, il comportamento della V.E. era rilevante ad altri fini, quale l’accertamento dell’addebito, ma non incideva sull’onore ed il decoro del S. . Né può costituire espressione di avversione ed animosità l’espressione utilizzata dalla V.E. di tenere in mano il marito. Quanto all’omessa valutazione di altri elementi probatori da cui sarebbe emerso un comportamento di manifesta ingratitudine, il ricorso è privo di specificità poiché fa riferimento a dichiarazioni testimoniali rese nel giudizio di separazione, che, da un lato, non risulta siano state acquisite come prove nel giudizio di merito, dall’altro non sono riportate integralmente ma solo per stralci, in violazione dell’articolo 366 c.p.c. Cassazione civile, sez. un., 07/11/2013, n. 25038 Cassazione civile, sez. un., 03/11/2011, n. 22726 Cassazione civile, sez. un., 25/03/2010, n. 7161 . Né, può assumere rilievo l’omessa valutazione delle dichiarazioni della teste O.K. , in considerazione degli altri elementi istruttori su cui si è fondata la decisione della corte territoriale. Questa Corte ha più volte affermato che, qualora con il ricorso per cassazione venga dedotta l’incongruità o illogicità della motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione delle risultanze processuali, è necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività della risultanza non valutata o insufficientemente valutata , che il ricorrente precisi - mediante integrale trascrizione della medesima nel ricorso - la risultanza che egli asserisce decisiva non valutata o non sufficientemente valutata, dato che solo tale specificazione consente alla Corte, alla quale è precluso l’esame diretto degli atti di causa, di delibare la decisività della risultanza stessa. La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013 Cass. 4.3.2014, n. 4980 . Anche qualora le deposizioni testimoniali esaminate dalla Corte di Cassazione comportino valutazioni ed apprezzamenti di fatto, quali la maggiore o minore attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex articolo 2727 c.c., il motivo è inammissibile, in particolare ove si chieda una valutazione delle deposizioni prese singolarmente e non già in maniera complessiva Cass., Sez. L, sentenza n. 15205 del 3 luglio 2014, Rv. 631686 Cass., Sez. L, sentenza n. 25608 del 14 novembre 2013, Rv. 628787 Cass., Sez. U, sentenza n. 24148 del 25 ottobre 2013, Rv. 627790 . Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese di lite che liquida in Euro 6000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge nella misura del 15%, iva e cap come per legge. Ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13