La competenza del Tribunale per i minorenni per il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento di adozione

Ai sensi dell’art. 36, comma 2, della l. n. 184 del 1983, l’adozione o l’affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia internazionale, possono essere dichiarati efficaci in Italia solo alle condizioni stabilite dalla norma stessa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 17295/18 depositata il 2 luglio. Il caso. Il Tribunale per i minorenni dichiarava la propria incompetenza con riferimento alla domanda di riconoscimento dell’efficacia della sentenza emessa dal Tribunale di Grande Istanza con cui era stata pronunciata l’adozione di due minori, poiché, non avendo l’istante richiesto il decreto di idoneità all’adozione internazionale, non trovava applicazione il procedimento indicato nella l. 184 del 1983. L’efficacia del provvedimento di adozione straniero. Coma già dichiarato da questo Collegio, il mancato svolgimento del procedimento previsto dalla richiamata legge non consente di escludere la spettanza della relativa competenza al Tribunale per i minorenni, anziché alla Corte d’Appello, in quanto la diversità della residenza abituale del minore straniero rispetto a quella dell’adottante rende irrilevante la circostanza che, in quanto titolare della cittadinanza del medesimo Stato di provenienza del minore, l’istante abbia fatto ricorso alla diversa procedura prevista dalle norme in vigore nel predetto Stato, trovando in ogni caso applicazione la normativa speciale in materia di adozione . Tale orientamento giurisprudenziale è anche conforme alla sentenza della Corte Costituzionale n. 76/2016, la quale, facendo riferimento ad un’ipotesi in cui al momento della pronuncia dell’adozione l’adottante aveva la cittadinanza dello Stato di provenienza del minore, senza indicare se fosse stabilmente residente in Italia, espone l’inapplicabilità del succitato art. 36 nel caso in cui la fattispecie in esame non presenti alcun collegamento con l’ordinamento giuridico italiano. Pertanto, la Suprema Corte conferma la spettanza del riconoscimento dell’efficacia del provvedimento di adozione al Tribunale per i minorenni al quale riassume il processo.

Corte di Cassazione, sez. VI – I Civile, ordinanza 19 aprile – 2 luglio 2018, n. 17295 Presidente Scaldaferri – Relatore Mercolino Fatto e diritto Ritenuto che con decreto del 23 settembre 2016 il Tribunale per i minorenni delle Marche ha dichiarato la propria incompetenza in ordine alla domanda di riconoscimento dell’efficacia delle sentenze del Tribunale di Grande Istanza di Brazzaville n. 5286 - anno 2013 - rep. n. 5742 del 18 ottobre 2013 e n. 5272 - anno 2013 - rep. n. 5741 del 18 ottobre 2013, con cui è stata pronunciata l’adozione dei minori M.M.J.D.S. , nata a omissis , e M.M.J.C.B. , nato a omissis , da parte di B.S.B. , in quanto, non avendo l’istante richiesto il decreto di idoneità all’adozione internazionale, non poteva trovare applicazione il procedimento previsto dalla legge 4 maggio 1983, n. 184 che la domanda è stata pertanto riproposta dinanzi alla Corte d’appello di Ancona, la quale, con ordinanza del 20 ottobre 2017, ha sollevato conflitto negativo di competenza, sostenendo che nell’ipotesi di sentenza straniera di adozione di minori non operano le norme generali di diritto internazionale privato relative al riconoscimento dei provvedimenti stranieri, ma trovano applicazione le disposizioni speciali in materia di adozione, ai sensi dell’art. 41 della legge 31 maggio 1995, n. 218, non essendo il procedimento per la dichiarazione di efficacia dei provvedimenti stranieri di adozione assimilabile all’ordinario procedimento di delibazione delle sentenze straniere riservato alla competenza della corte d’appello, e spettando al tribunale per i minorenni una competenza funzionale esclusiva per tutti i procedimenti in materia che l’istante non ha svolto attività difensiva che il Collegio ha deliberato, ai sensi del decreto del Primo Presidente del 14 settembre 2016, che la motivazione dell’ordinanza sia redatta in forma semplificata. Considerato che il procedimento promosso dinanzi al Tribunale per i minorenni delle Marche e riassunto dinanzi alla Corte d’appello di Ancona ha ad oggetto il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento di adozione pronunciato dall’autorità competente della Repubblica del Congo, in conformità della procedura prevista dalle norme vigenti in quello Stato, nei confronti di cittadini congolesi minori di età ad istanza di un altro soggetto ugualmente in possesso della cittadinanza congolese ma stabilmente residente in Italia che, in tema di riconoscimento dell’efficacia del provvedimento di adozione del minore straniero, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il mancato svolgimento della procedura prevista dagli artt. 29 e ss. della legge n. 184 del 1983 non consente di escludere la spettanza della relativa competenza al tribunale per i minorenni, anziché alla corte d’appello, dal momento che la diversità della residenza abituale di quest’ultimo rispetto a quella dell’adottante rende irrilevante la circostanza che, in quanto titolare della cittadinanza del medesimo Stato di provenienza del minore, l’istante abbia fatto ricorso alla diversa procedura prevista dalle norme in vigore nel predetto Stato, trovando in ogni caso applicazione la normativa speciale in materia di adozione, fatta salva dall’art. 41, secondo comma, della legge n. 218 del 1995, la quale, imponendo di valutare la conformità dell’adozione all’interesse del minore, prevalente sugli altri interessi eventualmente confliggenti, giustifica il riconoscimento della competenza del giudice minorile, avente carattere tendenzialmente generale in subiecta materia cfr. Cass., Sez. VI, 12/12/2017, n. 29668 v. anche Cass., Sez. VI, 22/09/2017, n. 22220 Cass., Sez. I, 18/03/2006, n. 6079 che l’applicabilità del predetto principio non può ritenersi esclusa, nella specie, dalla circostanza che la Repubblica del Congo non abbia aderito alla Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L’Aja il 29 maggio 1993 e resa esecutiva nel nostro ordinamento dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476, dal momento che, ai sensi dell’art. 36, secondo comma, della legge n. 184 del 1983, l’adozione o l’affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla Convenzione né firmatario di accordi bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia soltanto alle condizioni stabilite dal secondo comma, il cui accertamento compete, a norma del terzo comma, al tribunale per i minorenni che ha emesso il decreto di idoneità all’adozione che non può condividersi l’obiezione formulata in proposito dal Procuratore generale, secondo cui l’orientamento richiamato comporterebbe la riduzione di ogni ipotesi di adozione di minori stranieri a quella di adozione internazionale, in contrasto con la molteplicità delle fattispecie adottive, ridimensionando inoltre la portata precettiva del principio del riconoscimento automatico dei provvedimenti stranieri in materia di adozione, sancito dal primo comma dell’art. 41 della legge n. 218 del 1995, la cui applicabilità risulterebbe di fatto soppressa in ragione dell’affermata esclusività della competenza del tribunale per i minorenni che l’osservanza dei principi stabiliti dalla Convenzione dell’Aja in ogni caso di adozione di adozione di minori stranieri, ivi compreso quello in cui il provvedimento sia pronunciato dall’autorità di un Paese non aderente né firmatario di accordi bilaterali, è infatti prevista espressamente dal citato art. 36, secondo comma, della legge n. 184, la cui applicabilità, trattandosi di adozione di minori, è fatta espressamente salva dall’art. 41, secondo comma, della legge n. 218 del 1995, restando l’operatività del principio del riconoscimento automatico circoscritta alle fattispecie non riconducibili allo ambito applicativo della legge n. 184 del 1983, e segnatamente all’adozione di maggiorenni ed all’ipotesi in cui non sussista alcun collegamento con l’ordinamento italiano, come nel caso di adozione di minore straniero pronunciata all’estero su istanza di un soggetto che non sia in possesso della cittadinanza italiana e non risieda stabilmente in Italia che, contrariamente a quanto sostenuto dal Procuratore generale, il citato orientamento della giurisprudenza di legittimità non si pone neppure in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale n. 76 del 2016, la quale anzi, riferendosi ad un caso in cui al momento della pronuncia dell’adozione l’adottante era in possesso della cittadinanza dello Stato di provenienza del minore, senza precisare se fosse stabilmente residente in Italia, conferma l’inapplicabilità dell’art. 36 della legge n. 184 del 1983 nell’ipotesi in cui la fattispecie non presenti alcun elemento di collegamento con l’ordinamento italiano che, per altro verso, la pronuncia richiamata conferma la duplicità delle forme di riconoscimento previste dall’art. 41 della legge n. 218 del 1995, distinguendo quella automatica contemplata in via generale dal primo comma da quella prevista dal secondo comma, disciplinata dalla legge n. 184 del 1983 e sottoposta al vaglio del tribunale per i minorenni, la cui competenza, diversamente da quanto affermato dal Procuratore generale, non postula affatto che l’adozione sia stata pronunciata all’esito del procedimento disciplinato dalla medesima legge n. 184, richiedendosi soltanto, ai fini dell’accoglimento della relativa istanza, il rispetto dei principi stabiliti dalla Convenzione dell’Aja che, in conformità del predetto orientamento, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, deve pertanto escludersi la competenza della Corte d’appello di Ancona in ordine alla domanda proposta dalla B. , spettando il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento di adozione al Tribunale per i minorenni delle Marche, al quale la causa va conseguentemente rinviata che la proposizione d’ufficio del regolamento di competenza esclude la necessità di provvedere al regolamento delle spese processuali. P.Q.M. dichiara la competenza del Tribunale per i minorenni delle Marche, dinanzi al quale il processo dovrà essere riassunto nel termine di legge. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella ordinanza.