La domanda di addebito è autonoma da quella di separazione dei coniugi

Nel giudizio di separazione dei coniugi, la richiesta di addebito ha natura di domanda autonoma nonostante possa essere proposta solo nell’ambito di tale specifico giudizio.

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6668/18, depositata il 16 marzo. Il caso. La Corte d’Appello di Trento dichiarava l’inammissibilità del gravame proposto avverso la sentenza di prime cure con cui veniva pronunciata la separazione personale dei coniugi con addebito di colpa in capo all’ex moglie. Quest’ultima ricorre per la cassazione della pronuncia dolendosi per la violazione dell’art. 151 c.c. per aver la Corte escluso la natura autonoma delle domanda di addebito della separazione rispetto a quella relativa alle spese di lite. Natura della domanda di addebito. Il Collegio sottolinea che, nel giudizio di separazione dei coniugi, la richiesta di addebito ha natura di domanda autonoma nonostante possa essere proposta solo in questo specifico ambito, in quanto presuppone l’iniziativa di parte, soggiace alle regole ed alle preclusioni stabilite per le domande, ha una causa petendi ed un petitum distinti da quelli della domanda di separazione. La causa petendi viene descritta dalla Cassazione come la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole , mentre il petitum come la statuizione destinata ad incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo . Da tale premessa discende che l’impugnazione della sentenza che ha disposto la separazione proposta con riferimento al solo profilo dell’addebito comporta il passaggio in giudicato del capo sulla separazione rendendo esperibile l’azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione. Tornando al caso di specie, risulta fondato il ricorso proposto dall’ex moglie in quanto ella ha proposto appello con atto di citazione nel termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, l’appello non poteva dunque dirsi tardivo. In conclusione, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’Appello di Trento in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 13 febbraio – 16 marzo 2018, n. 6668 Presidente Di Virgilio – Relatore Valitutti Fatto e diritto Rilevato che M.N. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 114/2016, emessa dalla Corte d’appello di Trento, pubblicata il 17 gennaio 2017, con la quale è stato dichiarato inammissibile l’appello della ricorrente avverso alla sentenza n. 286/2016 del Tribunale di Trento con la quale è stata pronunciata la separazione personale della M. con il Signor B.M. , con addebito di colpa in capo alla prima il B. ha resistito con controricorso e con memoria Considerato che la ricorrente ha censurato la sentenza del giudice di secondo grado sulla base di tre motivi - che, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente - con i quali si duole dell’interpretazione che del capoverso dell’articolo 151 del codice civile ha fatto la Corte di appello, per avere la medesima escluso la qualificazione in termini di domande autonome della richiesta di addebito e della domanda relativa alle spese di lite, incorrendo, altresì, nella violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. ne sarebbe derivata, pertanto, una non corretta interpretazione degli articoli 40 del codice di rito e 4 della legge n. 898/ 1970, con conseguente errata declaratoria di inammissibilità dell’appello, poiché irritualmente e non tempestivamente proposto Considerato che la valutazione circa la tempestività o meno dell’appello, ai fini della pronuncia di ammissibilità dello stesso, richiede la preventiva individuazione della portata della domanda di addebito a seguito del primo rilevante intervento che ha interessato nel 1975 il diritto di famiglia, quanto all’istituto della separazione personale giudiziale, si è passati da una visione sanzionatoria della pronuncia, fondata sulla colpa, riconducibile in generale alla violazione dei doveri derivanti dal matrimonio, ad una visione oggettiva , potendo la domanda di separazione essere avanzata allorquando si verifichino fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole il profilo sanzionatorio viene, peraltro, recuperato nel secondo comma dell’articolo in esame, relativo alla domanda di addebito che, sebbene proponibile esclusivamente nel giudizio di separazione, è distinta rispetto alla domanda da cui tale processo ha origine Ritenuto che invero, nel giudizio di separazione personale dei coniugi la richiesta di addebito, pur essendo proponibile solo nell’ambito del giudizio di separazione, abbia natura di domanda autonoma, atteso che la stessa presuppone l’iniziativa di parte, soggiace alle regole e alle preclusioni stabilite per le domande, ha una causa petendi la violazione dei doveri nascenti dal matrimonio in rapporto causale con le ragioni giustificatrici della separazione, intollerabilità della convivenza o dannosità per la prole ed un petitum statuizione destinata a incidere sui rapporti patrimoniali con la perdita del diritto al mantenimento e della qualità di erede riservatario e di erede legittimo distinti da quelli della domanda di separazione pertanto, in carenza di ragioni sistematiche contrarie e di norme derogative dell’art. 329, secondo comma cod. proc. civ., l’impugnazione proposta con esclusivo riferimento all’addebito contro la sentenza che abbia pronunciato la separazione ed al contempo ne abbia dichiarato l’addebitabilità, implichi il passaggio in giudicato del capo sulla separazione, rendendo esperibile l’azione di divorzio pur in pendenza di detta impugnazione Cass. Sez. U., 04/12/2001, n. 15279 Cass., 30/03/2012, n. 5173 l’appello, che involga capi della decisione estranei alla domanda principale avente ad oggetto il rapporto e la conseguente determinazione dell’assegno di mantenimento o di quello divorzile in caso di divorzio , sia - di conseguenza - ben proposta con atto di citazione, prevalendo, in tale ipotesi, le regole del contenzioso ordinario su quelle camerali, per le più ampie garanzie del contraddittorio e di difesa consentite dal dibattito in udienza Cass., 29/12/2011, n. 29867 Rilevato che correttamente la ricorrente ha, pertanto, proposto l’appello in questione con atto di citazione nel termine di 30 giorni dalla notificazione della sentenza di primo grado, sicché l’appello proposto non può essere considerato tardivo, come erroneamente ritenuto dal giudice di seconde cure Ritenuto che per tutte le ragioni suesposte, il ricorso debba essere accolto, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame della controversia, facendo applicazione dei principi di diritto suesposti. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata rinvia alla Corte d’appello di Trento in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.