Il ruolo centrale degli affidatari del minore nel giudizio di adottabilità

La Corte d’Appello revoca lo stato di adottabilità del minore. Il Procuratore Generale, però, ricorre in Cassazione lamentando che i Giudici di merito, prima di decidere per la revoca, non abbiano consultato la famiglia affidataria.

Sul tema la Cassazione con sentenza n. 27137/17, depositata il 15 novembre. Il caso. La Corte d’Appello aveva revocato lo stato di adottabilità di un minore disponendo l’affidamento dello stesso al padre. Secondo la Corte territoriale non è condivisibile l’iter argomentativo dei giudici di primo grado, i quali avevano accertato lo stato di abbandono. La Corte d’Appello ha osservato che nella sentenza impugnata non era state correttamente accertate le carenze genitoriali e non erano neanche state prese in considerazione le condotte positive poste in essere dal padre per prendersi cura del figlio. Avverso la pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello e il tutore del minore. Necessaria convocazione degli affidatari del minore. Il Procuratore generale e il tutore del minore deducono in Cassazione la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 5, comma 1, l. n. 148/1983 Diritto del minore ad una famiglia . I ricorrenti sostengono che la Corte territoriale non aveva assolto l’obbligo di convocazione degli affidatari del minore. La Cassazione ha evidenziato che il citato art. 5, comma 1, l. n. 148/1983, così come modificato dall’art. 2, l. n. 173/2015, dispone che l’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati a pena di nullità nei procedimenti civili in materia di affidamento e adottabilità del minore. Inoltre, evidenzia la S.C. che, come è stato chiarito di recente dalla Corte di legittimità Corte Cass. n. 14167/17 , la novella normativa si pone l’obbiettivo di riconoscere il importante ruolo degli affidatari nello sviluppo psico-fisico del minore. Invero, il ruolo degli affidatari consiste nella costruzione del contesto relazionale del minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità, secondo una valutazione fondata sull’esperienza relazionale . Infine la Corte ha rilevato che nella pronuncia impugnata manchi ogni riferimento agli affidatari ed alla loro relazione affettiva con il minore nel periodo dell’affidamento preadottivo. Per questo motivo la S.C. ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 giugno – 15 novembre 2017, n. 27137 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatti di causa La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza n. 16/2016, ha revocato lo stato di adottabilità del minore O.R. disponendone l’affidamento al padre O.V. , da attuarsi con modalità di riavvicinamento graduale entro tre mesi dalla pronuncia. A sostegno della decisione assunta, la Corte territoriale ha premesso in fatto il Tribunale per i minorenni aveva accertato la sussistenza dello stato di abbandono del minore, nato il 4/2/2015, ritenendo che né la madre né il padre né i parenti fino al quarto grado fossero in grado di fornire allo stesso un grado adeguato di assistenza morale e materiale. La madre subito dopo il parto si era mostrata indecisa sul tenere con sé il bambino e la stessa indecisione era stata manifestata anche dal padre le difficoltà della coppia genitoriale, non convivente, era dettata dal fatto che la figlia primogenita della madre non era a conoscenza della gravidanza perché la stessa non era stata in grado di affrontare con lei questa tematica, nonché alla mancanza di sostegno familiare. Veniva, pertanto, disposto un affido etero familiare di due mesi. I servizi sociali evidenziavano l’intento dei genitori, un mese dopo la nascita, di prendere con loro il figlio e di convivere insieme allo stesso e alla figlia maggiore della madre, manifestando un atteggiamento congruo. La madre, tuttavia, non compariva all’udienza davanti al Tribunale per i minorenni senza alcuna giustificazione ed i servizi sociali spiegavano che aveva manifestato l’intento di non prendere con sé il figlio e di preferire di darlo in adozione . Al contrario il padre si dimostrava più coinvolto emotivamente ed affermava di volersi e potersi occupare del bambino anche con l’aiuto di una baby sitter e facendolo vivere con lui nella casa dei suoi genitori. La nonna paterna evidenziava una difficoltà attuale ad occuparsi del minore a causa della cura di tre figli portatori di handicap, ma mostrava di non volere che fosse dato in adozione, dimostrando ampia disponibilità ad accogliere il bambino nella sua casa. L’indagine psicologica svolta sul padre aveva evidenziato uno stato ansioso depressivo con lievi postumi di disturbi psico-patologici passati, diagnosticati come disturbo borderline di personalità con dipendenza da sostanze. Lo stesso era seguito dal Sert e manifestava una solida motivazione volta all’astensione delle stesse. All’esito del test sulla personalità emergeva il rifiuto ad ogni forma di autorità, con interazioni sociali caratterizzate da una forte carica di aggressività poco controllata ma con volontà d’inserimento nel gruppo al fine di evitare l’isolamento sociale. Dalle informazioni dei Carabinieri del marzo 2015 emergeva che l’O. fosse una persona di cattiva condotta morale e civile con manifestazioni di aggressività anche nei confronti della famiglia. Nel 2009 era stato arrestato per estorsione, maltrattamenti in famiglia, ingiurie e minacce verso i propri genitori. Veniva disposta valutazione sociale, ambientale, sanitaria ed abitativa del padre del minore e della nonna paterna nonché la verifica di situazioni di rischio per il minore anche dovute alla presenza di tre persone affette da ritardo mentale medio grave. Con la relazione del 16 aprile 2015 venivano valutate come precarie le condizioni abitative del nucleo familiare dell’O. la nonna paterna veniva ritenuta incapace di sostenere il padre adeguatamente tenuto conto del carico dei tre figli portatori di handicap e dell’età avanzata e veniva valutata negativamente la personalità del padre, sia per lo stato di disoccupazione, sia per i precedenti penali a suo carico. Veniva, in conclusione, formulata una prognosi negativa in ordine all’adeguatezza delle capacità genitoriali dello stesso. Il Tribunale dichiarava, pertanto, lo stato di adottabilità. La riforma della Corte d’Appello è fondata sulle seguenti affermazioni a il giudice di primo grado non ha compiuto con il rigore imposto dalla gravità e delicatezza del caso i necessari accertamenti circa l’esistenza di carenze genitoriali di gravità tale da compromettere irreversibilmente lo sviluppo del minore, effettuando una serie di enunciazioni generiche mai raccordate alle prospettive di vita del bambino ed incorrendo nell’omesso esame di circostanze decisive quali la certificazione medica del Sert, che ha evidenziato l’espletamento da parte dell’O. di programmi socio riabilitativi evidentemente coronati da successo visto che lo stesso non si è più presentato al servizio fino alla data dell’indagine esperita. Peraltro nella stessa certificazione è indicato che lo stesso non ha manifestato più alcuna sintomatologia connessa all’uso di sostanze stupefacenti e si è osservata una solida motivazione verso l’astensione dalle stesse, né si sono osservate tendenze volte all’impulsività od aggressive. Nell’indagine sulla personalità dello stesso è emersa la disponibilità all’interazione senza mostrare particolare rigidità ed un equilibrio emotivo abbastanza stabile, con meccanismi difensivi funzionanti in modo adeguato b nella specie il giudice di primo grado si è soffermato sulla patologia borderline senza però considerare che le patologie possono incidere sulla valutazione relativa all’adottabilità soltanto se si traducano nell’incapacità di allevare ed educare il bambino coinvolgendolo a tal punto da produrre danni irreversibili al suo sviluppo ed equilibrio psichico c la decisione si è fondata esclusivamente sulle oggettive criticità del padre elevate a caratteristiche assorbenti in modo apodittico d non è stata considerata la forte spinta motivazionale di riavere con sé l’unico figlio e il profondo attaccamento ad esso dimostrato, né è stato valutato che il padre biologico può essere coadiuvato dalla nonna materna vicino alla quale vivrebbe, la quale è disposta a coadiuvarlo nel prendersi cura del minore e non ricorre pertanto nella specie una situazione caratterizzata dall’impossibilità ed incapacità di garantire al minore quel minimo di cure materiali, di sostegno affettivo e psicologico indispensabile per il suo sviluppo e la sua formazione f l’O. non ha soltanto manifestato una forte determinazione a prendersi cura del figlio ma anche posto in essere alcune condotte positive, avendo ristrutturato la propria abitazione rendendola più funzionale ed adeguata alle esigenze del minore nonché autonoma ed indipendente da quelle dei familiari g l’iter argomentativo della sentenza di primo grado non è condivisibile neanche per la parte relativa alla prognosi futura sull’apporto educativo dei familiari del padre ed in particolare della nonna materna. La stessa è stata rappresentata come di età avanzata, ed è stata stigmatizzata in modo ingiustificatamente discriminatorio la presenza dei fratelli disabili che appaiono di indole tranquilla, ben curati e sufficientemente autosufficienti, mentre la nonna paterna costituisce il cardine e il punto di riferimento essenziale dell’intera famiglia. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Catanzaro, sulla base di un unico motivo, e il tutore del minore, sulla base di tre motivi. Ha resistito con controricorso O.V. . Ragioni della decisione Il Procuratore generale deduce, con l’unico motivo di ricorso, la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art. 5, comma 1, della L. 184/83, come modificata dalla L. 173/2015, in quanto la Corte d’appello non ha assolto all’obbligo di convocazione degli affidatari del minore, come impone tale norma. Con il primo motivo di ricorso il tutore lamenta la violazione dell’art. 8, L. 183/1984, rispetto alla ritenuta insussistenza dello stato di abbandono. La Corte d’appello non ha valutato gli importanti indici dell’incapacità genitoriale dell’O. , quali la sua attuale situazione di vita assenza di un lavoro e dipendenza economica ed abitativa dalla madre e i suoi gravi problemi di carattere psicologico, che lo rendono del tutto inidoneo ad assolvere alla funzione di padre. D’altra parte, il mero desiderio di riavere il figlio con sé e l’espressa disponibilità di occuparsene non sono di per sé sufficienti ad escludere lo stato di abbandono. Con il secondo motivo il tutore lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla condotta e alle pendenze penali dell’O. , indici di una personalità aggressiva e pericolosa. Con il terzo e ultimo motivo il tutore lamenta, al pari del Procuratore generale, la violazione dell’art. 5, L. 184/1983, come modificata dall’art. 2, L. 173/2015, perché la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere alla convocazione degli affidatari preadottivi, essendo stata in primo grado ascoltata, peraltro, una diversa coppia di affidatari, ovvero gli affidatari provvisori individuati consensualmente dalla coppia dei genitori unitamente al Servizio competente. Il ricorso del tutore è altresì accompagnato da memoria depositata il 21/06/2017, di cui non può tenersi conto in quanto tardiva. Il ricorso del Procuratore generale e il terzo motivo di ricorso del tutore, prospettanti la medesima censura, sono meritevoli di accoglimento. Come evidenziato dalle parti ricorrenti, l’art. 2, L. 173/2015, ha modificato l’art. 5, L. 184/1983, aggiungendo al primo comma il seguente periodo L’affidatario o l’eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell’interesse del minore . Tale norma ha natura processuale e, in mancanza di una puntuale disciplina di diritto transitorio, trova immediata applicazione nei giudizi in corso, fra cui il procedimento d’appello conclusosi con la sentenza oggi impugnata, che si è svolto sotto la vigenza della disposizione in questione. Di recente questa Corte, con la sentenza n. 14167 del 07/06/2017, ha chiarito che la ratio della novella normativa risiede, da un lato, nel riconoscimento del ruolo degli affidatari nello sviluppo psico-fisico del minore, specie quando si sia stabilita una relazione affettiva di media o lunga durata dall’altro, nell’esigenza di conservare figure significative e caratterizzanti fasi decisive dello sviluppo psico-fisico del minore. Invero, il ruolo degli affidatari consiste nella costruzione del contesto relazionale del minore, spesso primario, e nella conseguente conoscenza della sua indole e dei suoi comportamenti, bisogni e criticità, secondo una valutazione fondata sull’esperienza relazionale. Tale precetto è stato, nella specie, violato. Prive di pregio sono le deduzioni svolte sul punto dal controricorrente, il quale rileva che i genitori affidatari sono stati ritualmente escussi dal Tribunale per i minorenni e, benché ritualmente citati in appello, hanno scelto di rimanere contumaci invero, gli affidatari cui la stessa sentenza impugnata si riferisce p. 2 sono i coniugi T. -P. , nominati in via provvisoria del giudice tutelare del Tribunale di Paola con provvedimento del 10/02/2015, in accordo con i genitori del minore che avevano deciso, dopo la nascita, di ricorrere all’affido temporaneo per due mesi. Come rilevato dal tutore ricorrente, a fronte dell’individuazione, da parte del Tribunale per i minorenni, di una nuova coppia quale affidataria con finalità preadottive, la Corte d’appello avrebbe dovuto procedere alla loro personale convocazione. D’altra parte, non sarebbe comunque sufficiente, alla luce della più rigorosa formulazione della norma, l’audizione degli affidatari in primo grado senza alcuna giustificazione dell’omessa reiterazione della loro convocazione nel giudizio d’appello, trattandosi di un adempimento imposto al giudice a pena di nullità. Nella pronuncia impugnata manca ogni riferimento agli affidatari ed al ruolo da essi eventualmente svolto in relazione alla minore nel periodo dell’affidamento preadottivo. La partecipazione in giudizio degli affidatari è, inoltre, ulteriormente tutelata dall’art. 4, comma 5 ter, della L. 184/1983 comma inserito dalla L. 173/2015 , che prevede Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all’interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l’affidamento . Dal riscontrato vizio discende, pertanto, la nullità della sentenza impugnata. In conclusione, deve essere accolto il ricorso del Procuratore generale e il terzo motivo di ricorso del tutore, con assorbimento delle restanti censure. La pronuncia impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, che si atterrà al principio sopra richiamato e si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso del Procuratore generale presso la Corte d’appello di Catanzaro e il terzo motivo del ricorso del tutore, di cui dichiara assorbiti il primo e il secondo motivo cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.