Prima la revoca dell’adottabilità, poi l’affido etero familiare, ma qual è la volontà del padre?

Revocato lo stato di adottabilità della minore, la Corte d’appello dispone l’attivazione di un progetto a sostegno della funzione genitoriale del padre tramite l’affido etero familiare della bambina, per una durata di circa due anni. L’ommessa indagine circa la reale volontà del padre di assumere il suo ruolo genitoriale fa sì, però, che i Magistrati del Palazzaccio cassino la sentenza oggetto del ricorso.

Così si è espresso il Collegio di legittimità con sentenza n. 14436/17 depositata il 9 giugno. Il caso. Lo stato di adottabilità della minore interessata veniva revocato dalla Corte d’appello di Torino. In particolare, i Giudici di secondo cure ritenevano opportuno attivare, tramite i servizi competenti, un intervento di sostegno alla genitorialità del padre per via di un affidamento etero familiare della minore per una durata di due anni, durante i quali il geniotore avrebbe potuto continuare ad incontrarla. Il tutore e il curatore speciale ricorrono per cassazione. Idoneità genitoriale. Gli Ermellini riscontrano una carenza nel processo decisionale seguito dalla Corte territoriale laddove è stato omesso l’esame della mancanza di una qualsiasi volontà di recupero della funzione genitoriale in senso proprio del padre. Il progetto di sostegno alla funzione genitoriale deve essere conseguente alla primaria valutazione della complessiva idoneità genitoriale del soggetto interessato. Questo, infatti, è il tratto primario del nucleo valutativo rimesso al giudice di merito. Nel caso di specie, l’omesso esame della circostanza consistente nell’assenza di autonoma progettualità in ordine alla realizzazione di un nucleo familiare all’intero del quale assumere il proprio ruolo genitoriale e la responsabilità ad esse sottesa fa sì che la Cassazione accolga i primi due motivi del ricorso. Pertanto, i Giudici cassano la sentenza impugnata e rinviano alla Corte d’appello in diversa composizione.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 febbraio - 9 giugno 2017, n. 14436 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatti di causa La Corte d’Appello di Torino ha riformato la sentenza del Tribunale per i minorenni con la quale è stato dichiarato lo stato di adottabilità della minore S.G. , revocandolo. A sostegno della decisione è stato affermato che il padre della minore si è rivolto poco dopo la nascita della figlia quattro mesi al servizio sociale per essere sostenuto nella propria genitorialità, segnalando le criticità del proprio nucleo familiare, ottenendo l’inserimento al nido della figlia. Successivamente ha richiesto di nuovo aiuto al servizio territoriale per il peggioramento delle condizioni psichiche della madre della minore, affidandone la cura alla sua figlia maggiore M. . In seguito ha proposto che la figlia fosse affidata ad una coppia di amici. Gli operatori dell’asilo nido avevano affermato che la bambina risultava pulita e curata. Le difficoltà personali sfratto e allontanamento della madre del padre della minore erano aumentate ma il rapporto con la minore, caratterizzato da visite serali presso la famiglia affidatario era proseguito con regolarità. La Corte ha, pertanto, riscontrato, che i servizi competenti non hanno fornito alcun sostegno attivo né hanno indicato proposte o cercato di attivare un progetto di recupero pieno della genitorialità, limitandosi a registrare le strategie indicate dal padre il quale non ha mai smesso di occuparsi attivamente della minore e cercare di trovare una soluzione adeguata per la crescita della stessa che non lo escludesse dalla relazione genitoriale. Secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità ed anche della Corte Edu non può, pertanto, formularsi un giudizio di irrecuperabilità della funzione genitoriale senza la indicazione e la valutazione di un progetto sostenuto attivamente dai servizi competenti e monitorato dal Tribunale. Nella specie, questa parte è del tutto mancata e la valutazione negativa non ha tenuto conto del costante e continuativo impegno del padre diretto a trovare soluzioni adeguate di crescita per la figlia, con la quale, come confermato anche dalla consulenza d’ufficio, ha stabilito un rapporto affettivo significativo. In conclusione, ritiene la Corte d’Appello che il padre della minore, previa revoca della dichiarazione di adottabilità debba essere accompagnato in un adeguato progetto di sostegno alla genitorialità per l’acquisizione di maggiori competenze nel rapporto con la figlia in modo che la relazione affettiva possa trovare espressioni rispondenti ai bisogni della stessa nelle diverse fasi evolutive. Poiché il padre della minore non può occuparsi della figlia nella quotidianità e la figlia maggiore può dare un apporto soltanto occasionale, la soluzione consona alle necessità di G. è l’affido etero familiare per due anni nei quali il padre continuerà ad incontrare la minore in luogo neutro ed alla presenza di un operatore con cadenza bisettimanale. Il servizio territorialmente competente è incaricato di monitorare l’affidamento e di attivare l’intervento di sostegno alla genitorialità del padre. Avverso questa pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione il tutore ed il curatore speciale affidandosi a tre motivi. Ragioni della decisione Nel primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1, 8 e 12 della I. n. 183 del 1984 per non avere la Corte considerato che il padre della minore, a parte l’affetto per la figlia, non ha mai dimostrato di avere un concreto intento di averla con sé richiedendo, anche dopo aver raggiunto una sistemazione abitativa e reddituale stabile, che fosse affidata a terzi e così dimostrando un’intrinseca incapacità di svolgere e d’immaginare per sé un ruolo genitoriale da esercitare in autonomia. Ne consegue l’inapplicabilità del principio indicato anche dalla sentenza CEDU Zhou contro Italia secondo il quale lo Stato deve favorire e sostenere anche con interventi attivi il legame genitoriale perché l’applicazione di tale principio presuppone l’esistenza di una volontà coerente e concreta nell’attuazione della relazione genitoriale cui il padre della minore si è sempre sottratto chiedendo sempre l’affidamento a terzi. Nel secondo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. e degli artt. 1-8 della L. n. 184 del 1983 nonché l’omesso esame di un fatto decisivo consistente nella radicale mancanza di un progetto del padre volto ad occuparsi in prima persona della figlia minore, salvo la delega a terzi. Non si comprende, pertanto, come tale progettualità potrebbe scaturire nei due anni dell’affido etero familiare. Nel terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 8 della legge n. 184 del 1983 per avere la Corte d’Appello disposto l’affido etero familiare in violazione del principio secondo il quale il diritto del minore di vivere nella famiglia di origine cessa quando la carenza non sia transitoria come nella specie. La prognosi sottesa all’affido e all’adozione è del tutto diversa. Per il primo vi deve essere una valutazione di temporaneità che nella specie in mancanza della volontà paterna di avere la figlia con sé non è affatto riscontrabile in mancanza di altri familiari in grado ei svolgere tale ruolo, non avendo la figlia M. ed il marito espresso disponibilità in tale senso. Peraltro l’affidamento a terzi non avrebbe potuto essere disposto dalla Corte d’Appello essendo competenti i servizi territoriali per quello consensuale ed il Tribunale per i minorenni per quello non consensuale. Il primo e secondo motivo possono essere trattati congiuntamente in quanto logicamente connessi. Deve rilevarsi, in primo luogo, che risulta del tutto condivisibile il richiamo, operato nella sentenza impugnata, all’orientamento di questa Corte secondo il quale il ruolo dei servizi territoriali non è soltanto quello di rilevare insufficienze in atto nel nucleo familiare ma in particolare quello di concorrere con interventi di sostegno alla genitorialità, ove risulti una situazione di base compromessa ma migliorabile ed ove risulti la volontà di realizzare un progetto genitoriale non attuabile senza l’intervento dei servizi territoriali e delle autorità pubbliche a tale scopo preposte. Deve, tuttavia, osservarsi che nella specie la progettualità e l’azione del S. si sono rivelate univocamente dirette a richiedere ed ottenere l’affidamento a terzi della figlia, peraltro senza l’indicazione di un termine finale, quanto meno tendenziale, ma come esclusiva possibilità di conservare con la medesima una relazione genitoriale. Coerentemente con quanto affermato dal consulente tecnico d’ufficio pag.10 della sentenza impugnata , non vi è stata la prospettazione di un progetto anche futuro di assunzione diretta della funzione genitoriale, caratterizzata da cura, accudimento ed in particolare coabitazione con la minore stessa, ancorché sostenuta dall’aiuto di parenti o di terzi. La proposta si è mantenuta sul binario dell’affidamento eterofamiliare già avviato infruttuosamente con i coniugi B. , senza soluzione di continuità, anche quando le condizioni abitative ed economiche del padre sono migliorate e si sono avviate verso una condizione di stabilità. Tale peculiare ed incontestata circostanza di fatto ha indotto la Corte d’Appello a proporre l’affidamento etero familiare per due anni con possibilità di proroga, senza tuttavia neanche adombrare l’obiettivo concreto di un recupero della funzione genitoriale nel suo contenuto essenziale di cura, accudimento ed educazione della minore, risultando, al riguardo, del tutto generica l’indicazione del sostegno alla genitorialità del S. , in assenza di un suo progetto personale al riguardo. Deve, in conclusione ritenersi che i motivi sopra prospettati siano fondati limitatamente al vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ravvisandosi nell’omesso esame della mancanza di un qualsiasi progetto di recupero della funzione genitoriale in senso proprio indicato o proposto dal S. , una carenza decisiva nel processo decisionale della Corte d’Appello. Tale specifica circostanza consistente nell’assenza di autonoma progettualità in ordine alla realizzazione di un nucleo familiare all’interno del quale assumere il proprio ruolo genitoriale e la responsabilità ad esso sottesa, non può essere omessa nella valutazione della complessiva idoneità genitoriale, essendo la prognosi sulla capacità di assumersi tale responsabilità il tratto primario del nucleo valutativo rimesso al giudice del merito. Il sostegno alla funzione genitoriale non può che essere conseguente all’indicazione di questo obiettivo ancorché realizzabile attraverso un percorso di crescita e sviluppo delle capacità e competenze genitoriali per realizzare il quale l’intervento dei servizi territoriali può essere decisivo. Nella specie, tuttavia, l’azione del S. non è affatto sostenuta da questo specifico e indispensabile obiettivo, risultando diretta ad ottenere esclusivamente l’affidamento della figlia minore a terzi in modo da conservare con lei una relazione continuativa ma priva dei tratti costitutivi dell’assunzione della responsabilità genitoriale. L’accoglimento per quanto di ragione dei primi due motivi determina l’assorbimento del terzo. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino perché prenda in esame il fatto decisivo omesso, così come enucleato in motivazione. P.Q.M. Accoglie per quanto di ragione i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla corte d’Appello di Torino in diversa composizione.