La Corte d’appello di Torino conferma l’adottabilità della figlia dei “genitori-nonni”

La Corte d’appello di Torino ha confermato la dichiarazione di adottabilità di una minore, figlia di una coppia che in età avanzata aveva fatto ricorso alla fecondazione assistita, ritenendo sussistente un’inadeguatezza genitoriale sulla scorta di un’espletata ctu.

Il caso. Accogliendo il ricorso per revocazione presentato dai genitori di una minore dichiarata in stato di adottabilità, la Cassazione Cass. 30 giugno 2016, n. 13435 si veda L. Volpe, Per le adozioni dei minori non conta l'età di chi adotta, in ilFamiliarista.it ha revocato una sua precedente sentenza e cassato la pronuncia della Corte d’appello di Torino oggetto dell’impugnazione, rinviando alla medesima Corte, in diversa composizione, per l’esame del merito. Secondo la Suprema Corte, il giudice di secondo grado non ha evidenziato fattori concreti idonei a integrare la fattispecie di stato di abbandono morale e materiale della minore, essendosi focalizzata solamente sull’unico episodio di abbandono della bambina per il quale, peraltro, i genitori erano stati assolti con sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato oltre che sull’età avanzata della coppia. La valutazione del merito deve riferirsi alla situazione attuale e non alle precedenti pronunce. Osserva la Corte d’appello di Torino che, nella valutazione circa lo stato di abbandono morale e materiale della minore, non può non rilevarsi che, allo stato attuale, la bambina ha due genitori divenuti tali a tutti gli effetti di legge in virtù di sentenza passata in giudicato, un nuovo cognome, una collocazione nella società, legami affettivi di tipo filiale con i genitori, consolidati in molti anni di convivenza . La valutazione ex novo del merito deve, secondo la Corte, considerare la situazione attuale prescindendo dalla ratio decidendi delle precedenti pronunce e riferendosi alla minore di ormai quasi 7 anni e non più alla bambina di pochi giorni allontanata ex art. 403 c.c. dai suoi genitori biologici. Considerato, quindi, che tra questi ultimi e la minore non vi è alcun legame, né frequentazione da molti anni e che tali legami non potrebbero essere ora avviati né è pensabile una rescissione della bambina dalla famiglia adottiva senza causare effetti traumatici nella stessa, la Corte territoriale ritiene infondato l’appello. L’ingerenza dello Stato è giustificata e proporzionata all’interesse del minore. Per quanto riguarda, poi, la tesi sostenuta dagli appellanti in ordine all’imputabilità allo Stato della mancata costruzione di un autentico rapporto filiale con la propria figlia biologica, allontanata con atto arbitrario e crudele quando aveva solo un mese e 18 giorni, la Corte d’appello ritiene debba essere condiviso il giudizio espresso nei precedenti gradi di giudizio laddove era stata affermata la sussistenza dello stato di abbandono non materiale bensì morale, dovuto all’ inemendabile inadeguatezza dei genitori biologici, determinata da precise caratteristiche di personalità accertate con le CTU. Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nel suo stesso interesse, qualora ciò comporti un’incidenza grave e irreversibile sul suo sviluppo psicofisico, nei termini definiti dall’art. 8 l. n. 184/1983. Il ricorso alla dichiarazione dello stato di adottabilità deve essere considerato soluzione estrema da esperire quando ogni altro rimedio appaia inadeguato, valutando le concrete capacità di acquisto o recupero della capacità genitoriale in tempi compatibili con le esigenze del minore. La Corte d’appello ritiene che nel giudizio di merito si siano riscontrati precisi e concordanti elementi di fatto che hanno portato alla dichiarazione di sussistenza dello stato di adottabilità valutati correttamente con l’insieme degli elementi positivi accertati. L’ingerenza dello Stato, nel caso di specie, risulta, pertanto, giustificata e proporzionata rispetto allo scopo, tenendo a mente l’interesse della minore non già ad avere una famiglia migliore ma a vedersi assicurata una crescita sana, adeguata assistenza e stabilità affettiva . Deve, quindi, essere respinto l’appello dei genitori biologici e deve confermarsi la sentenza del Tribunale per i minorenni di Torino con riferimento alla dichiarazione di adottabilità della minore. Fonte www.ilfamiliarista.it

Corte d’appello di Torino, sentenza 21 febbraio - 11 marzo 2017, n. 21 Presidente Della Fina Relatore Lanza Motivazione in fatto e in diritto Premessa La minore D. R. è nata a Torino in data ,è stata dichiarata in stato di adottabilità con sentenza 4/16.8. 2011 dal Tribunale per i minorenni di Torino la pronuncia è stata confermata dalla Corte d’appello sentenza n. 150 depositata in data 22 ottobre 2012 a seguito della reiezione del ricorso per Cassazione - sentenza 25.213/2013 depositata in data 8 novembre 2013 - la pronuncia sullo stato di adottabilità è passata in giudicato. In data 26 - 11/6.12.2014 il Tribunale di Torino ha pronunciato la sentenza di adozione n. 318/2014 da coppia che non può essere nominata. Dal 26.10.2011 la minore è stata inserita in famiglia avente i requisiti per la futura, eventuale adozione cfr. Relazione dei Servizi 4 maggio 2012 Accogliendo il ricorso per revocazione presentato dai signori D., con sentenza 30.6.2016 n. 13435 la Corte di Cassazione ha revocato la sentenza di Cassazione 8.11.2013 n. 25213, ex art. 391 ter , 2 comma, c.p.c. ha cassato la sentenza della Corte d’Appello di Torino 22.10.2012 n. 150 e ha rinviato alla stessa Corte, in diversa composizione, per l’esame del merito. I signori D. hanno notificato atto di citazione in riassunzione, poi depositato in data 12.8.2016, formulando le conclusioni sopra riportate. Si è costituito il Curatore Speciale nominato nel giudizio avanti il Tribunale per i Minorenni pur eccependo il proprio difetto di rappresentanza della minore, eccezione sulla quale si è pronunciata la Corte con ordinanza 10.1.2017 , concludendo come in epigrafe. Non si sono costituiti, benché citati, i signori C. R. e M. L. , intervenuti nel precedente giudizio di merito. All’udienza del 13.12.2016 e del 10.1.2017 sono state discusse e decise questioni preliminari cfr. le ordinanze in pari data . La causa è stata trattata nel merito all’udienza del 21.2.2017, ove sono stati sentiti i signori C. G. e L. D. è comparso il Tutore, già nominato nel giudizio di primo grado, ed ha espresso il proprio parere chiedendo il rigetto del ricorso. Le parti hanno discusso, richiamando le conclusioni riportate in epigrafe, e la Corte ha trattenuto la causa a decisione. I precedenti giudizi. Con ricorso ex artt. 333,336 c.c. e 669 sexies cpc del 4 giugno 2010 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Torino chiedeva al Tribunale di aprire un procedimento di volontaria giurisdizione relativo alla minore D. R., in particolare formulando richieste istruttorie e chiedendo che venisse disposto, in via provvisoria e urgente, l’obbligo di permanenza della neonata in ospedale, fino a conclusione di approfondimenti sui genitori e sulle loro capacità. Il ricorso del PM si basava sugli atti di cui al fascicolo affari civili dal quale emergevano dati quali l’età avanzata dei genitori, la precedente ritenuta loro inidoneità all’adozione internazionale dichiarata con decreto 11/3/2004, le caratteristiche personali evidenziate dopo la nascita della bambina, consistenti in distanza emotiva, resistenza di indagare su di sé, rifiuto degli aiuti proposti difficoltà di accudimento riferita dagli operatori ospedalieri l’assenza del padre mai presentatosi in ospedale. A seguito di tale richiesta il Presidente del Tribunale disponeva la convocazione dei genitori avanti il Giudice Onorario all’esito il Giudice proponeva specifiche modalità per un possibile intervento dei Servizi Sociali che venivano accettate. In data 9 giugno 2012 il Tribunale autorizzava le dimissioni della bambina dalla struttura ospedaliera, incaricando il Servizio sociale e il Servizio di NPI di prendere in carico la situazione del nucleo familiare della minore, per i necessari interventi di sostegno In data 30 giugno 2010 interveniva nuova richiesta dalla Procura presso il TM, volta ad ottenere la conferma del provvedimento di allontanamento adottato ex articolo 403 c.c. a seguito dell’episodio verificatosi il 28 giugno 2010 su cui riferivano la relazione della ASL di Casale Monferrato, nonché la nota della Stazione dei Carabinieri di Occimiano, competente per territorio rispetto all’abitazione dei coniugi l’apertura di una procedura per la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore la temporanea collocazione presso famiglia affidataria l’effettuazione di approfondimenti istruttori. Il Tribunale, con decreto del 2 luglio 2010, richiamato il proprio precedente provvedimento, sulla scorta di ampi riferimenti all’episodio del 28 giugno e alle osservazioni degli operatori autori della visita domiciliare effettuata il 18 giugno, riportate nella relazione del 29 giugno, ordinava l’apertura del procedimento per l’eventuale dichiarazione dello stato di adottabilità della minore, sospendendo la potestà dei genitori e nominando tutore provvisorio e Curatore Speciale confermava l’inserimento della bambina in idonea famiglia affidataria, permettendo incontri tra i genitori a bambina in luogo neutro con la massima frequenza possibile disponeva CTU in ordine alla personalità di entrambi i genitori ed ai riflessi sull’esercizio della genitorialità, nonché alle condizioni psico-fisiche della minore, alla sua relazione con le figure genitoriali ed al rischio evolutivo. Nel corso dell’istruttoria si acquisirono le numerose relazioni dei Servizi sociali e degli operatori chiamati ad osservare gli incontri in luogo neutro, anche successive all’inserimento della bambina nella famiglia affidataria a partire dal 16 settembre 2010. Erano esaminati anche lo zio materno e una cugina della madre che si erano resi disponibili ad un supporto materiale. Con la relazione del 26 novembre 2010 si riferiva la decisione dei Servizi circa la riduzione degli incontri, da tre a due la settimana, a cagione del malessere della bambina veniva poi registrato un miglioramento a seguito della riduzione degli incontri. Veniva disposta l’audizione diretta degli affidatari, dei genitori, del tutore, della cugina della madre. Depositata la relazione della c.t.u. dottoressa L. A. in data 11 marzo 2011, il Tribunale con sentenza 4 - 16 agosto 2011 dichiarava lo stato di adottabilità della minore disponendone l’immediata collocazione in famiglia affidataria avente i requisiti per la futura, eventuale adozione, autorizzando i genitori ad incontrare la bambina in condizioni protette una volta ogni due settimane. A fondamento della decisione il Tribunale poneva la considerazione di alcuni elementi oggettivi, quali la pregressa ritenuta inidoneità della coppia all’adozione internazionale, e la situazione personale dei due genitori, la cui esasperata ricerca di una genitorialità pur a scapito della loro età anagrafica la madre è nata il 22.2.1953, il padre il 7.8.1941 appariva dettata dalla presunta esistenza di un diritto soggettivo a perseguire la genitorialità biologica, diritto tale da giustificare qualsiasi forzatura. La sentenza poi valutava i comportamenti alla nascita della bambina, e quindi l’episodio del 28 giugno quando la bambina era stata lasciata nell’automobile parcheggiata davanti all’abitazione per un lasso di tempo che si stimava di circa 40-45 minuti non vigilata in modo costante, ma nella migliore delle ipotesi, a intermittenza . L’episodio in sé, pur non rivelatore di un imminente pericolo in capo alla bambina, era comunque assunto ad indice di una evidente disorganizzazione, disattenzione e distacco, da parte di entrambi i genitori. La motivazione poi trattava degli esiti della consulenza tecnica d’ ufficio da cui emergevano innanzitutto gli specifici tratti di personalità dei due genitori. Il padre, secondo la CTU, presentava una struttura di personalità di tipo ossessivo molto rigida, con spunti di tipo proiettivo e persecutorio, passibile di scompensi in senso dissociativo e psicotico , che interferiva gravemente sulle capacità relazionali ed empatiche e sulle capacità genitoriali . Quanto alla madre, si ipotizzava la presenza di un disturbo della personalità con una forte componente narcisistica ed una struttura difensiva molto rigida, dominata dalla razionalizzazione e dalla idealizzazione e dal desiderio onnipotente che rende molto difficile e distante il contatto con la sfera emotiva affettiva e i propri vissuti interni e devitalizza la relazione con l’altro, in cui si perde la capacità di un contatto empatico di una reale comprensione , sì da risultarne inficiate le capacità di relazione con un bambino e le competenze genitoriali, che si ritenevano gravemente compromesse. Il Tribunale rilevava che mancava la capacità in entrambi i coniugi di attivare una relazione primaria capace di promuovere la comunicazione con la bambina e minando fin dall’origine le capacità genitoriali. Ciò, secondo la CTU, poneva la bambina a rischio di un’evoluzione francamente patologica anche verso psicopatologie gravi, di tipo psicotico nè era ipotizzabile un supporto psicologico efficace nei tempi di crescita della bambina, per la rigidità di struttura di personalità di entrambi i genitori e per l’assoluta mancanza di consapevolezza dei propri limiti e delle proprie difficoltà. Inoltre il Tribunale aveva valutato l’osservazione diretta della relazione tra i genitori e la bambina, compiuta dalla CTU, e che aveva mostrato due adulti in evidente difficoltà nell’interagire in modo adeguato con la figlia, anche se nel corso del tempo si erano registrati progressivi segnali che avevano denotato un certo miglioramento. Tuttavia il Tribunale non aveva ritenuto sufficiente questo miglioramento per mutare il segno della decisione finale che accertava lo stato di abbandono nell’accezione che configura non già carenze di tipo materiale, bensì mancanza delle caratteristiche di base minime indispensabili per assicurare alla bambina una crescita psicofisica adeguata, giudizio peraltro ancorato a dati incontrovertibili e tendenzialmente immodificabili, attesa la già evidenziata carente consapevolezza dei propri limiti. Proponevano appello entrambi i genitori con ricorso depositato il 15 ottobre 2011, chiedendo l’integrale riforma della sentenza, nel senso della revoca dello stato di adottabilità della figlia, con l’immediato rientro della bambina presso la sua famiglia legittima, e con ogni disposizione accessoria ritenuta opportuna. Il ricorso in appello denunciava il ritenuto, grave errore di metodo rinvenibile nella sentenza, che in realtà fondava la decisione non sulla presenza effettiva e riscontrata di uno stato di abbandono, ma piuttosto sul pregiudizio nei confronti della coppia, a cagione della loro ritenuta inidoneità all’adozione internazionale, del loro ricorso a tecniche di fecondazione artificiale in età avanzata, che in particolare veniva ritenuta inadeguata in base ad un giudizio di tipo prettamente etico tale pregiudizio, secondo gli appellanti, aveva comportato una notevole serie di errori della ricostruzione dei fatti e una evidente accelerazione verso il giudizio finale, senza l’attivazione di un sostegno alla genitorialità che pure il Tribunale aveva previsto nel provvedimento 9 giugno 2010, e verso il quale i coniugi non avevano mai espresso rifiuto. La sentenza veniva altresì censurata per aver recepito nella parte motiva la sola versione dei fatti originariamente fornita dagli operatori, avendo così ignorato le circostanziate rettifiche dei coniugi e anche dello zio di R., signor R. C Per ciò che concerneva l’episodio del 28 giugno, gli appellanti ribadivano la propria versione dei fatti, secondo cui la bambina sarebbe rimasta da sola nell’autovettura per non più di sette/otto minuti, fuori dal controllo visivo del padre ma pur sempre in un contesto ambientale privo di ogni pericolo. Gli appellanti inoltre contestavano gli esiti della CTU, ribadendo il buono stato di salute di R., indice di un adeguato accudimento la consulente aveva invece mostrato di non essere indenne da quello stesso pregiudizio a proposito della scelta di una genitorialità in età avanzata, che non poteva non aver influenzato il giudizio circa la loro idoneità a tenere con sé la piccola R In realtà, affermavano, le capacità genitoriali dei coniugi non erano mai state sperimentate in concreto dal momento che la bambina era rimasta con loro solo 18 giorni, durante i quali R. non era mai stata lasciata in condizioni di abbandono. L’appello metteva in evidenza alcuni limiti della relazione peritale, che poggiava su una sola seduta di osservazione degli incontri tra bimba e i genitori. Depositavano atto di intervento in appello anche gli zii per parte di madre di R La Corte disponeva nuova CTU collegiale affidando l’incarico ad una psicologa psicoterapeuta e ad un medico psichiatra dr.ssa M. R. e dott. M. D. . La CTU era depositata il 18 settembre 2012, all’udienza del 26 settembre 2012 la Corte tratteneva la causa a decisione. Con la sentenza n. 150/2012 dep. il 22.10.2012 la Corte respingeva il ricorso dei coniugi D In data 22.3.2013 il Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Casale Monferrato dichiarava non luogo a procedere nei confronti dei signori D. e C. in ordine al reato contestato ex art. 591 c.p. con riferimento all’ episodio avvenuto il 28.6.2010 perché il fatto non costituisce reato. La sentenza, depositata in data 12.6.13, e acquisita agli atti di questo processo, argomenta la condotta dell’imputato pare di difficile ricostruzione, in quanto non è chiaro se L. D., una volta rientrato a casa intorno alle 20.30 abbia, come da lui asserito, dapprima riportato R. in casa e solo successivamente l’abbia posizionata in macchina ovvero se R. sia stata tutto il tempo in macchina, quindi dalle 20.30 alle 22.30, orario di arrivo dei vicini di casa R. non è mai stata esposta ad una condizione di pericolo il reato contestato è una fattispecie costruita in forma dolosa e la volontà di esporre la figlia ad una situazione di abbandono non è ravvisabile nel sig. D. certo, alla condotta del padre può essere mosso un addebito di natura anche gravemente colposa che non supera la soglia della rilevanza penale . La sentenza della Corte d’Appello di Torino veniva confermata dalla Suprema Corte di Cassazione con la pronunzia n. 25213/13, depositata l’8.11.2013 in quella sede venne prodotta dai ricorrenti la sentenza del GUP di Casale Monferrato. La sentenza della corte di cassazione 13435/2016 su ricorso per revocazione . I punti salienti della decisione sono i seguenti la sentenza della Corte di Cassazione n. 25.213/2013 è stata fondata essenzialmente sull’episodio del 28 giugno 2010 un episodio della vita della famiglia che sarebbe risultato però totalmente escluso in forza della sentenza penale del Tribunale di Casale Monferrato del 12 giugno 2013, con la quale i sigg. D. sono stati assolti dal reato di abbandono di minore perché il fatto non costituisce reato, dal momento che la bambina in quell’occasione, ancorché lasciata da sola nella vettura dei genitori parcheggiata sotto casa, non è stata esposta ad una situazione di pericolo . Infatti al di là delle enunciazioni astratte circa l’interesse preminente del minore ed il rinvio ad altre generiche affermazioni contenute nelle sentenze di merito, l’episodio del 28 giugno 2010, che non ha mai costituito un punto controverso, ha costituito un fatto processuale falsamente colto dalla sentenza impugnata per revocazione. Dunque la sentenza fu fondata sulla supposizione erronea di un fatto, accertato dai giudici del merito e acquisito come tale dalla Corte di legittimità, la cui verità era però positivamente esclusa già dinanzi alla Corte nel corso del giudizio di legittimità era già stata prodotta la sentenza penale di assoluzione che cioè i genitori avessero abbandonato la minore in una situazione di reale pericolo. La Corte pertanto ai sensi dell’articolo 391 ter 2 comma c.p.c. ha revocato la sentenza impugnata ritenendo revocabile per errore di fatto la sentenza di Cassazione che, nel confermare la declaratoria dello stato di adottabilità assunta dal giudice di merito, sia fondata su una specifica circostanza supposta esistente nella specie, l’avere i genitori lasciato un neonato da solo in automobile esponendolo ad uno stato di pericolo la cui verità era invece, limitatamente all’evento, positivamente esclusa. Quindi la Corte ha esaminato i 3 motivi del ricorso per Cassazione avanti la sentenza d’appello giudizio rescissorio , ed ha ritenuto fondati i primi due motivi sulla base delle seguenti argomentazioni. - Il giudice nazionale deve verificare l’avvenuto rispetto dei diritti fondamentali tutelati dalla Convenzione, al fine di farsi garante della loro protezione effettiva ed omogenea all’interno dell’Unione, ed è vincolato al rispetto della Convenzione - le decisioni della CEDU, ancorché formalmente limitate al caso deciso, ove la fattispecie concreta sia idonea a fungere da modello generale di comportamento in una serie indeterminata di casi analoghi, si pongono come guida sia per la prevedibilità delle future decisioni sia per le condotte degli Stati, in casi analoghi - in materia di adozione, la Corte EDU esige che le misure che conducono alla rottura dei legami tra un minore e la sua famiglia siano applicate solo in circostanze eccezionali, quando siano giustificate da un’esigenza primaria che riguarda l’interesse superiore del minore, non essendo il fine dell’adozione quello di individuare ad ogni costo una famiglia migliore -La Corte EDU ha altresì sottolineato che in questo tipo di cause l’adeguatezza di una misura si valuta a seconda della rapidità della sua attuazione, in quanto lo scorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sui rapporti tra il minore e il genitore che non vive con lui - tali principi sono del tutto consonanti con quelli della giurisprudenza costituzionale, comunitaria, e della stessa Corte di Cassazione il prioritario diritto fondamentale del figlio di vivere nei limiti del possibile con i suoi genitori e di essere allevato nell’ambito della propria famiglia, posto dall’articolo 1 della legge 184 del 1983, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adottabilità, ai fini del perseguimento del suo superiore interesse, potendo tale diritto incontrare un limite solo nel caso in cui la sua famiglia non sia in grado di prestare le cure necessarie, con conseguente configurabilità di un radicale stato di abbandono quando i genitori, irreversibilmente, siano incapaci di allevare ed educare i figli per totale inadeguatezza a prendersene cura - resta così confermato anche alla luce delle significative convergenze della giurisprudenza costituzionale, della Corte europea dei diritti dell’uomo, della Corte di giustizia UE e della Corte di Cassazione che la dichiarazione di stato di abbandono è reputata sotto ogni aspetto come l’extrema ratio. Questi principi non sarebbero stati correttamente applicati nella sentenza della Corte d’appello nell’equilibrio generale della sentenza, ha ritenuto la S.C., il vero fulcro intorno al quale ruota la dichiarazione di adottabilità è l’episodio di abbandono della minore avvenuto la sera del 28 giugno 2010 - deve considerarsi infatti il ripetuto richiamo per tutto il corso della motivazione della sentenza di tale unico episodio e la mancanza di concorrenza degli ulteriori elementi addotti dalla Corte d’appello inoltre accanto ad esso traspare un secondo elemento latente, quello dell’età dei genitori al momento della nascita della bambina la mamma aveva 57 anni e il padre 69 . La Corte avrebbe dovuto indicare elementi seri e gravissimi circa l’assoluta inidoneità genitoriale da cui far derivare la misura estrema e dai risvolti irreversibili quale lo stato di adottabilità, elementi che invece non sono stati indicati. Gli aspetti di personalità sottolineati sarebbero solo transitori e ormai estremamente ridimensionati nella loro gravità, esasperatamente vaghi e fumosi e che potrebbero essere riscontrati in moltissime coppie genitoriali senza tuttavia integrare lo stato di adottabilità. Per contro la sentenza avrebbe individuato riscontri favorevoli circa la situazione complessiva della minore non sono stati ravvisati maltrattamenti, il padre non presenta derive patologiche o segni di decadimento intellettuale a causa dell’età e si è mostrato perfettamente adeguato, la madre appare adeguata nel rispondere alle domande, sono assenti segni di disturbo psichiatrico clinicamente significativi. Unico elemento negativo è il disagio profondo della bambina nel rapporto con i genitori, disagio indotto dallo Stato medesimo allorché ha allontanato una neonata dai suoi genitori a pochissime settimane dalla nascita. La Corte di Cassazione ha dunque ravvisato che la sentenza della Corte d’appello non avesse evidenziato fattori concreti idonei a integrare la fattispecie di stato di abbandono morale e materiale, con ciò ledendo il diritto fondamentale della bambina, ed ha rinviato a questa Corte per un nuovo esame della situazione di abbandono morale o materiale della minore alla luce dei principi sopra richiamati. Il presente giudizio. Questa Corte deve dunque pronunciare nel merito dello stato di abbandono della minore, alla luce dei principi richiamati dalla Suprema Corte di Cassazione principi posti dalla legge 184 del 1983, nella interpretazione resa negli anni dalla Corte di Cassazione, dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo secondo la lettura fornita dalla Corte EDU, richiamati nella pronuncia citata, non ignorati da questa Corte. La difesa del Curatore Speciale ha da subito sottolineato i limiti della pronuncia della Cassazione 13435/16, che non ha esaminato il problema, per la verità sussistente e molto serio, dei rapporti tra il nuovo giudizio di merito richiesto con riferimento ad una pronuncia che dichiara lo stato di adottabilità e la sentenza di adozione, in questo caso già intervenuta e già passata in giudicato da ciò consegue, secondo il Curatore Speciale, che lo stato di abbandono da parte dei genitori naturali non possa oggi più essere oggetto di controversia, in quanto la bambina ora ha acquisito lo status di figlia di altri genitori. Sostiene il Curatore Speciale che la propria costituzione in questo giudizio trova giustificazione solo in quanto litisconsorte necessario nel giudizio di appello e che sul piano della rappresentanza la minore R., già D., a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di adozione è figlia legittima dei suoi genitori rispetto ai quali non vi è più alcuna situazione di conflitto di interesse evidenzia che la sentenza della Cassazione ha creato un paradosso la bambina non è più soggetta a tutela perché ha genitori che esercitano la piena responsabilità genitoriale su di lei, ma questa coppia di genitori legittimi e soli legali rappresentanti della figlia non può essere parte del presente giudizio, essendo vigente l’obbligo, penalmente sanzionato, del segreto in materia di adozione legittimante si chiede il Curatore Speciale come possa essere revocato in questa sede uno status senza che nel giudizio venga instaurato il contraddittorio con i soggetti direttamente interessati e portatori di diritto al riguardo, e cioè i genitori legittimi. La Corte è consapevole della estrema serietà di tali argomentazioni, non prospettate e non affrontate nel giudizio di revocazione, ma richiama quanto già espresso con l’ordinanza 10.1.17, e cioè, in sintesi, rileva che il presente giudizio trova origine esclusiva, e necessaria nella sentenza di revocazione non sindacabile né dalle parti né dalla Corte stessa , che la pronuncia citata vincola in maniera stringente lo svolgimento del presente giudizio, che la pronuncia della Cassazione non ha disposto in ordine alle sorti della sentenza di adozione successivamente intervenuta, sentenza costitutiva di status e pronunziata inter alios pertanto la questione risulta del tutto estranea al presente giudizio. La Corte osserva che in linea di principio appare giuridicamente e logicamente impossibile la coesistenza di un giudizio ancora pendente sullo stato di abbandono e la sentenza di adozione passata in giudicato, coesistenza che tuttavia, nei fatti, si è venuta a creare a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione, e che viene risolta necessariamente, ai fini di questo stesso giudizio e nei limiti imposti dal giudice della revocazione, nel senso che la minore deve considerarsi in stato di affido a rischio giuridico tale statuizione è, in assoluta evidenza, del tutto inidonea ad incidere sulla sostanza di una sentenza costitutiva di status, passata in giudicato, ma all’interno di questo giudizio ha lo scopo di riportare la situazione processuale attuale a quella esistente nel giudizio di appello sulla dichiarazione di adottabilità della minore, come ha prescritto la Corte di Cassazione dunque è necessaria la presenza, in questo giudizio, del Tutore e del Curatore Speciale, e non vi è luogo a provvedere sulla sospensione degli effetti della sentenza di adozione, richiesta dalla Difesa degli appellanti. E queste sono le precisazioni che debbono valere sotto un profilo strettamente ed esclusivamente processuale, al fine di giustificare la presenza, nel giudizio, di Tutore e Curatore Speciale, e di consentire la stessa celebrazione del processo. Tuttavia, poiché, quanto al merito, questa Corte è chiamata a valutare nuovamente la situazione di abbandono morale e materiale della minore, non può non rilevarsi come ha molto efficacemente argomentato il Curatore Speciale che nella sostanza e nella realtà, ora la minore R. già D. ha due genitori divenuti tali a tutti gli effetti di legge in virtù di sentenza passata in giudicato, un nuovo cognome , una collocazione nella società, legami affettivi di tipo filiale con i genitori, consolidati in molti anni di convivenza più di 5 in una parola, non è più la minore di cui hanno trattato le pronunce sin qui descritte . Dunque la fictio processuale che ha consentito lo svolgimento di questo giudizio non può valere per ritenere tamquam non esset la situazione reale venutasi a creare, in quanto - la Cassazione, in sede di revocazione , come detto, non ha pronunciato in ordine alla sentenza di adozione, dunque non vi è alcuna pronuncia vincolante per questa Corte sul punto - non è possibile, come già detto, pronunciare in questa sede in ordine ad una sentenza costitutiva di status, resa inter alios, ove peraltro le parti non possono intervenire, non essendo litisconsorti necessari e essendo protette dal segreto penalmente tutelato -questa Corte è chiamata a valutare ex novo il merito, anche con riferimento alla situazione attuale della quale la Cassazione, giudice di legittimità, non ha evidentemente potuto conoscere dovendo procedere ad un nuovo esame prescindendo dalla ratio decidendi della sentenza revocata e della sentenza cassata e non limitandosi alla correzione del precedente giudizio, definendo l’intero giudizio v. Cass. Sez. lavoro 15.2.2001 n. 2181 Cass. 16.6.2016 n. 12387 -infine, poiché nel diritto minorile il fulcro di ogni valutazione e decisione è rappresentato dal superiore interesse del minore, a questa minore occorre fare riferimento, alla minore R. già D. , di quasi 7 anni alla cui attuale situazione, valutata ad oggi, non ha potuto far riferimento la Cassazione, in quanto giudice di legittimità , e non alla bambina di 35 giorni allontanata, ex art. 403 c.c., dai suoi genitori biologici. Ciò premesso, in prima battuta deve affermarsi che tra la bambina e i signori D. ora non vi è legame, non vi è frequentazione, né esperienza di vita da molti anni, anni estremamente significativi se rapportati all’età della bambina, né, ragionevolmente, tali legami potrebbero essere avviati e instaurati circa la rilevante carenza di capacità genitoriale degli attuali appellanti si dirà in seguito . Dall’altro lato, vi è un status di filiazione piena , legittima sul piano giuridico e caratterizzata da effettività di vita famigliare, con riferimento alla famiglia adottiva. La rescissione, comportante un effetto traumatico inimmaginabile, del legame e delle condizioni di vita di R., con lo scopo di tentare la ricostruzione di un rapporto non più esistente, ma vissuto, con molte difficoltà, solo per un tempo breve in cui R. era molto piccola , ad oggi appare nei fatti improponibile. I CCTTUU nella relazione depositata il 18.9 2012 scrivevano che, dato il giudizio sulle caratteristiche di personalità dei genitori, non era pensabile un rientro della minore presso di loro, dovendosi valutare come molto elevato il rischio di un disagio evolutivo grave nella bambina qualora si modificassero i suoi attuali punti di riferimento, riconosciuti nell’attuale famiglia affidataria pagg. 59 e 60 perizia . In questo momento quasi 5 anni dopo il deposito della perizia gli appellanti avrebbero dovuto allegare e provare di possedere risorse riparative straordinarie, al solo fine di ripristinare il legame di sangue, per garantire il sereno sviluppo psicofisico della minore e scongiurare il giudizio prognostico dei CCTTUU è stata prodotta nel giudizio di Cassazione il cui fascicolo è stato acquisito parere pro veritate sulla vicenda giuridica del sig. L. D. e della signora G. C. , redatta dal prof. Cancrini, in data 20.2.2014 ove di tali capacità riparative non si argomenta - ma si propone una diversa lettura dei fatti di causa, e viene fortemente criticata la valutazione del perito di primo grado, dr.ssa L. A., peraltro poi rinnovata, con brevi cenni alla perizia svolta in secondo grado. La tutela approntata dall’art. 8 Cedu, Diritto al rispetto della vita privata e familiare. 1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui ora deve essere riferita a R. all’interno della sua attuale famiglia . Questa Corte ha già pronunziato, in diritto, sul tema, osservando che nel valutare i best interests per il minore, compito del giudice, come ribadito dalle pronunce della Corte di Giustizia che recano in epigrafe diritti concreti ed effettivi non teorici illusori’, è quello di rendere effettivi con la giurisdizione i diritti previsti dalla legge non può affermarsi, in questo caso, che costituisca il miglior interesse del minore privarlo di un legame, di fatto e di diritto, attraverso il quale si esprime il diritto al proprio status di figlio. Le sentenze Mennesson c. Francia e Labasee c. Francia della Corte Europea dei Diritti dell'uomo, 26 giugno 2014, hanno statuito che il rispetto per la vita include il primario interesse a definire la propria identità come essere umano, compreso il proprio status di figlio o di figlia di una coppia di genitori altra era, in quel caso, la situazione di fatto, ma ivi la Corte EDU ha ritenuto dovesse essere posto rimedio ad uno stato di incertezza giuridica circa lo status di figlio. Dunque, l’interpretazione giurisprudenziale data dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo fornisce una definizione del concetto di vita familiare ex art 8 Convenzione, fondamentalmente ancorata ai fatti, poichè sono i rapporti, i legami, la convivenza, a meritare tutela. L'esistenza di vita familiare non è subordinata all'accertamento di un determinato status giuridico quanto piuttosto all'effettività dei legami, come ha affermato la CEDU nelle sentenze Gas e Dubois contro Francia, K.T. contro Finlandia, Emonet e altri c. Svizzera. Nel caso che ci occupa, peraltro, esiste anche lo status giuridico, costituito dalla sentenza di adozione, ed anche la filiazione adottiva costituisce vita famigliare’ tutelabile ai sensi dell’art. 8 cfr. sentenza CEDU 5.6.2014, I.S. vs Germania, ricomma /08 In conclusione, la valutazione del merito allo stato attuale porta a considerare infondato l’appello. Sotto diverso, autonomo profilo, si osserva quanto segue. La tesi degli appellanti, richiamata anche da Cass. 13435/16, è che la mancata costruzione di un autentico rapporto filiale è da imputare allo Stato, che ha decretato l’allontanamento di R. quando aveva un mese e 18 giorni, con atto arbitrario e crudele. Al riguardo, la Corte osserva quanto segue. L’art. 8, punto 2, Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo impone la verifica della sussistenza di proporzionalità tra la misura adottata e lo scopo perseguito, e nel caso di specie, rivalutando il merito, deve essere condiviso il giudizio espresso nei precedenti gradi di giudizio, laddove venne sostanzialmente affermato sussistere lo stato di abbandono non materiale bensì morale, dovuto alla inemendabile in tempi consoni con la crescita della minore inadeguatezza genitoriale, determinata da precise caratteristiche di personalità accertate con le disposte CTU. Ad avviso di questa Corte, risulta giustificata l’ingerenza in allora attuata con riferimento alla famiglia biologica, sotto il profilo della proporzionalità imposta dall’art. 8, n. 2 cit., nonchè conforme allo spirito e alla lettera delle norme interne in materia di adottabilità. Il diritto del minore a vivere nella propria famiglia di origine incontra un limite, nello stesso interesse del minore art. 1 legge n. 184 del 1983 , fino a quando ciò non comporti un'incidenza grave ed irreversibile sul suo sviluppo psicofisico, nei termini definiti dall'articolo 8 della stessa legge si afferma in giurisprudenza che è necessario contemperare il principio secondo cui il minore ha il diritto di rimanere nella propria famiglia di origine, con conseguente ricorso alla dichiarazione dello stato di adottabilità come soluzione estrema, quando ogni altro rimedio appaia inadeguato, valutando le concrete possibilità di acquisto o recupero della capacità genitoriale in tempi compatibili con esiti con l'esigenza del minore di uno stabile contesto familiare cfr. Cassazione 20.1.2015 n. 881, che richiama Cass. 14.6.2012 n. 9769, Cass. 26.1.2011 n. 1837 . La Cassazione ha altresì affermato che una semplice carenza culturale o caratteriale o intellettiva dei genitori non può essere ritenuta idonea per sradicare un minore dalla famiglia e farlo dichiarare in stato di abbandono, ma deve ritenersi invece sussistente lo stato di abbandono quando ci si trovi di fronte ad una inidoneità strutturale dei genitori, che comporti una irreparabile compromissione della crescita del minore, in tempi congrui con le sue esigenze Cass. 20.9.2011 n. 19609 , nonostante l'affetto dimostrato dai genitori Cass. 26.1.2011 n. 1837 già citata Tali principi, consolidati in giurisprudenza, non sono in contrasto con quanto affermato, con riferimento all'articolo 8 della Convenzione, nelle numerose sentenze della Corte EDU richiamate nella sentenza di revocazione n. 13435/16 che ha dato corso a questo giudizio. Dunque nel caso di specie questa Corte deve e può rivalutare il merito, allo specifico fine sopra indicato-cioè al fine di valutare se di arbitrio da parte dello Stato e di inaccettabile ingerenza nella vita familiare si trattò, o meno osserva incidentalmente che anche la sentenza 13435/16 in realtà si è occupata del merito, con una certa incisività, laddove ha rilevato che l’episodio del 28.6.2010 era il vero fulcro della decisione mentre, rispetto all’evento, l’abbandono non si era verificato , che il secondo elemento latente era rappresentato dall’età dei genitori, e che gli altri aspetti, attinenti alla personalità dei genitori, ricavati dalla CTU, erano da considerarsi transitori, poi ridimensionati, esasperatamente vaghi e fumosi, smentiti da altri, positivi. Per contro, ritiene questa Corte, nel giudizio di merito si sono riscontrati precisi e concordanti elementi di fatto che hanno portato alla dichiarazione di sussistenza dello stato di adottabilità, pur doverosamente valutati con l’insieme degli elementi positivi accertati. In sede di discussione all’odierna udienza la Difesa degli appellanti ha sottolineato che nel caso di specie non vi furono maltrattamenti, comportamenti nocivi, patologie psichiatriche o stato di tossicodipendenza dei genitori, e ciò è assolutamente pacifico anche i CCTTUU D. e R. hanno scritto pur con i limiti sopra descritti la signora e in generale la coppia non ha assolutamente caratteristiche di indegnità e non hanno affatto confermato la prima diagnosi circa la presenza di scompensi psicotici nel sig. D. , tuttavia, rileva la Corte, restano la diagnosi di inidoneità genitoriale, a mezzo CTU, la prognosi di non recuperabilità con riferimento ai tempi e alle esigenze della bambina, e la prognosi circa il prodursi di un serio rischio evolutivo nella bambina, già molto sofferente . Inoltre, ritiene la Corte, tale giudizio non è mai andato in contrasto con gli altri elementi di fatto risultanti dall'istruttoria esperita sia in primo che in secondo grado Ed in particolare la Corte, in fatto, vuole richiamare i seguenti passaggi 1. con provvedimento del Tribunale per i minorenni 11 marzo-1/4/2004 fu respinta la domanda dei coniugi D. C. di adozione internazionale in quell'occasione vennero effettuate una relazione sociale un'indagine sociale e psicologica, in atti il provvedimento così motivava tenuto conto dell'età dei coniugi all'epoca della domanda 62 anni lui, 51 lei , e dei limiti posti dalle legislazioni straniere rispetto alla differenza di età tra adottanti ed adottando ben difficilmente riuscirebbero ad ottenere un abbinamento con un bambino dell'età richiesta 8-10 anni inoltre sussistono fondati dubbi in merito alla coesione della coppia, all'interno della quale la signora svolge un ruolo dominante, la consapevolezza delle problematiche tipiche del percorso adottivo sembra esclusivamente teorica, appresa ma poco interiorizzata e i coniugi non hanno alcuna esperienza diretta rispetto alla gestione di bambini, tanto meno problematici quali sono in genere i minori in stato di abbandono l'adozione, definita dalla signora una sfida , sembra vissuta semplicemente come un mezzo per dare continuità alla coppia e per superare l'infertilità, e rivela soprattutto nella signora una personalità autocentrata e poco incline a mettersi in discussione le caratteristiche di scarsa empatia e comunicatività, di rigidità di pensiero, unitamente all'isolamento e alla mancanza di relazioni sociali costituiscono altre caratteristiche non compatibili con il percorso adottivo 2. la bambina nasceva il , a seguito di pratiche di fecondazione assistita con riferimento alle quali la coppia non ha mai voluto fornire spiegazioni o chiarimenti, neppure con riferimento al paese straniero nel quale si recarono, comportamento sul quale i c.t.u. hanno tratto argomenti di riflessione, cfr. pag 53 perizia in data 27 maggio 2010 l'ospedale Sant'Anna di Torino segnalava con urgenza alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni le prossime dimissioni della bambina all'epoca indicata come rilevando che alla signora era stato proposto prima del parto l'intervento sia da parte del Servizio Sociale ospedaliero sia da parte del Servizio di Psicologia clinica dell'ospedale ma che la stessa aveva opposto un netto rifiuto, e chiedeva intervento urgente e immediato a tutela della minore 3. dalla successiva relazione 1 giugno 2010 risultava che la signora era contraria a qualunque tipo di aiuto, che non si coglieva presenza di un immaginario materno che comprendesse un impegno di accudimento, oltre che pratico, emotivo-affettivo, di un bambino e che erano state evidenziate difficoltà, nella signora, nella gestione della relazione con la figlia pertanto il PM chiedeva l'apertura di una procedura di volontaria giurisdizione a tutela della minore in data 4 giugno 2010 4. i coniugi venivano convocati avanti il giudice delegato Dott.ssa P. D. R. la quale prospettava la possibilità di un intervento di osservazione da parte dei Servizi, colloqui psicologici con Servizio di NPI per supporto e osservazione, e i coniugi accettavano 5. l'allontanamento ex articolo 403 codice civile è avvenuto in data 29 giugno 2010, con riferimento all'episodio già citato 28 giugno 2010 e al fatto che, il giorno successivo, i genitori avevano condotto la bambina ad un controllo sanitario all'ospedale Sant'Anna a Torino senza nemmeno portare con sé il biberon, nonostante il tempo per lo spostamento e la visita stessa visita che peraltro non aveva ravvisato criticità sotto il profilo medico 6. con riferimento all'episodio del 28 giugno 2010 deve osservarsi che il fatto storico non può essere in contestazione, mentre è sicuramente escluso che da tale atto sia derivata la responsabilità penale del signor D., ed è altresì escluso che la minore fosse stata realmente posta in stato di pericolo questo era stato espressamente escluso nella sentenza del Tribunale per i minorenni. I coniugi hanno fornito versioni diverse sui fatti avanti il Giudice Penale v. sopra e in primo grado il D. riferì di aver lasciato la moglie al supermercato, di essere rientrato in casa intorno alle 20.30, di aver portato la bambina in casa e di aver iniziato a preparare la cena avvicinatasi l'ora in cui la moglie doveva rientrare pensò di andarle incontro in macchina, insieme alla bambina e così l'aveva caricata nuovamente sull'auto ma, resosi conto che non aveva ancora scaricato gli acquisti del pomeriggio, aveva iniziato a spostarli nel deposito adiacente alla casa lì aveva rotto accidentalmente un oggetto e si era fermato a sistemare il danno. A quel punto, accortosi dell'ora tarda, aveva cambiato i suoi progetti ed era rientrato in casa preparare il pasto per la neonata, di seguito avvenne il rientro a casa della moglie e l'arrivo dei vicini all'odierna udienza invece il D. ha dichiarato verso le ore 19.00 la bambina ed io ritornavamo a casa in macchina sono partito che la bambina dormiva. Arrivato a casa ho cominciato a scaricare qualcosa dalla macchina, poi mi sono ricordato che era il tempo di dare il latte alla bambina e ho lasciato le cose in un deposito adiacente alla casa. Erano circa le 22.00 e potrebbe essere successo che il suono delle campane abbia svegliato la bambina. Forse in quei tre/cinque minuti mentre preparavo il latte lei si è svegliata e i nostri vicini casualmente l'hanno sentita e si sono avvicinati, e poi sono venuti ad avvisarci . Sempre all'odierna udienza la signora C. ha dichiarato che al rientro in casa quella sera vide il marito davanti alla carrozzina, gli chiese come stava R., ma osserva la Corte in quel momento la bambina non era nella carrozzina, ma ancora in auto. Altre versioni sono state fornite, in particolare ai c.t.u. e non è stato possibile, come già non ha potuto il giudice penale, ricostruire con esattezza i fatti. Osserva la Corte, come già ha osservato il Giudice Penale, che il racconto del sig. D. anche quello in questa sede ribadito farebbe ritenere che R. sia rimasta in auto, da sola, dalle 19 o 20 alle 22.30, ora di arrivo dei vicini. Osserva anche che la signora C., rientrata finalmente a casa, neppure si preoccupò di vedere la figlioletta, accontentandosi di riscontrare la presenza della carrozzina peraltro vuota. I CCTTUU hanno poi valutato la rilevanza di questi fatti non si può non considerare un simile comportamento espressione di una difficoltà di comprendere i bisogni della bambina, di possibili rischi e di una adeguata capacità di agire nel concreto in modo adeguato. Tale giudizio coinvolge non solo il padre ma anche la madre che, dopo essere stata a lungo distante dalla bambina, non si sincera immediatamente al suo ritorno delle condizioni della stessa e che comunque considera sostanzialmente normale il comportamento del marito. Non ravvisiamo in questo fatto alcun segno di una patologia psicotica del signor D. Però dobbiamo considerare questo gesto espressione di scarsa mentalizzazione dei bisogni della bambina pag. 54 perizia 7. i signori C. D. hanno continuato a incontrare la figlia con i tempi e le modalità previste, mostrando sempre collaborazione con i Servizi 8. la perizia di primo grado è stata vivamente e fortemente contestata dalle parti e la Corte d'appello ritenne di provvedere ad un nuovo accertamento peritale. In ogni caso, osserva la Corte e in tal senso si è espresso anche il Curatore Speciale nella discussione odierna le conclusioni sui punti fondamentali della vicenda e cioè sulle capacità relazionali, empatiche e genitoriali dei coniugi non si discostano da quelle della perizia di secondo grado e da quelle del provvedimento del TM che respingeva la domanda di adozione internazionale, a seguito di valutazione psicologica della coppia effettuata, in allora, dal Servizio di Psicologia dell’ASL 9. la perizia effettuata in secondo grado, affidata ad uno psichiatra e una psicologa, come detto, è stata depositata in data 18 settembre 2012 e ha così concluso quanto al padre, i CTU hanno accertato che egli nel corso dei colloqui si è mostrato persona perfettamente adeguata, non sono mai emersi sintomi della serie psicotica né alterazioni dell’umore di possibile significato patologico, nel racconto della sua vita non sono stati segnalati disturbi psichiatrici di nessun tipo, nè altre patologie degne di nota egli mostra una struttura di personalità con tratti di personalità dipendente, in particolare i CTU hanno segnalato la dipendenza dalla moglie e la totale adesione, acritica, alle sue aspettative. Le capacità genitoriali sono quelle che ci si può attendere da una persona di settant’anni, di media cultura, che non ha mai avuto esperienze precedenti a cui fare riferimento. Nel breve periodo in cui ha esercitato il ruolo paterno ha dimostrato di non rendersi pienamente conto, anche da un punto di vista pratico, delle necessità di un bambino. Per quanto riguarda la madre, i CTU hanno registrato l’assenza di segni di disturbo psichiatrico clinicamente significativo circa la struttura di personalità, al fine del giudizio sulle capacità genitoriali, hanno ravvisato un ferreo controllo delle emozioni, un sistema difensivo fortissimo, la costante negazione di qualsiasi problema la nascita della bambina ha rappresentato per la signora C. la realizzazione di un processo narcisistico che limita la sua possibilità di percepire R. come un oggetto reale di investimento affettivo. È vero, scrivono i CCTTUU, che l’aver potuto vedere la bambina poche decine di volte ha alterato il rapporto tra lei e la bambina, e vi è ragione di una certa rigidità nella relazione, ma altrettanto vero è che vi sono grosse difficoltà nel comprendere i bisogni del bambino, difficoltà che si palesano non solo nel corso degli incontri ma anche soprattutto nei racconti e nelle dichiarazioni che la signora ha reso ai consulenti. La signora C. denota un’incapacità di fondo a capire e farsi carico dei bisogni della bambina. 10. Quanto agli incontri ai cui ha assistito anche la consulente pagg 45-47 perizia i genitori si sono mostrati molto in difficoltà rispetto all'accudimento concreto, vanno subito in ansia , mostrano tutta la loro inesperienza/inadeguatezza, e per la bambina è evidente la grande fatica sopportata e il bisogno di chiudere in fretta una situazione per lei pesante. Scrive la consulente emerge in chi osserva un'ansia grave identificandosi con la bambina e un gran senso di pena identificandosi con i genitori e conclude che non emerge un rapporto significativo con i genitori . 11. Circa la minore, i consulenti affermano che si tratta di una bambina che ha vissuto un trauma significativo sul piano relazionale, ciononostante è cresciuta bene raggiungendo le tappe evolutive tipiche della sua età e appare una bambina adeguata sia sul piano cognitivo che emotivorelazionale. Gli affidatari, e i Servizi territoriali di competenza riferiscono di acute crisi di angoscia che si esprimono prima e dopo gli incontri con i genitori naturali in comportamenti fortemente regressivi e talvolta autolesionisti. Le conclusioni dei CCTTUU circa l’ipotesi di riaffidamento della bambina i genitori sono quelle già riportate . 12. Giova notare che in quella sede gli appellanti avevano nominato consulenti tecnici di parte, i quali avevano partecipato alle operazioni peritali, dando atto che tali operazioni erano state condotte in maniera metodologicamente irreprensibile dai c.t.u. cfr pag. 2 delle osservazioni di CTP i consulenti di parte hanno precisato che riguardo all'età dei genitori i due c.t.u. D. e R.avevano tenuto un atteggiamento adeguato e consono pag. 6 , in quanto sostenevano che pur non essendo l'età avanzata un dato ostativo di per sé, deve essere valutato in rapporto alla struttura di personalità dei soggetti ed alle loro capacità genitoriali ancora i CTP hanno ritenuto condivisibili le valutazioni dei c.t.u. circa i tratti narcisistici ed istrionici presenti nella signora C. ma hanno formulato una diversa prognosi ritenendo che tali tratti non fossero così disturbanti da impedirle di raggiungere un miglior livello di empatia e investimento affettivo . Tale ultima valutazione è stata oggetto di discussione con i CCTTUU, che hanno adeguatamente risposto, osservando pag. 2 della Relazione di risposta alle osservazioni dei CTP dopo due anni di incontri in luogo neutro, tempo significativo per possibili cambiamenti dei Signori D. - C. tenuto conto del sostegno ricevuto dai professionisti interpellati Dott. C., Dott.ssa P., gli stessi CCTTPP e tempo significativo per la bambina che intanto cresce, si ritiene che la valutazione dei CCTTUU possa avere buoni margini di attendibilità. L'esistenza di ulteriori possibili cambiamenti nei genitori è naturalmente auspicabile, ma al momento è solo teorica Al momento attuale l'ipotesi di non rescindere totalmente i rapporti con i genitori naturali appare percorribile solo in via teorica e comunque non applicabile in tempi brevi o medi . Questi i fatti. La Corte vuole ancora premettere, con riferimento al valore probatorio della perizia, che anche la giurisprudenza Corte EDU con la pronunzia che pure ha accolto la richiesta di condanna dell’Italia 16.7.2015, Akinnibosun contro Italia ricomma /14 ha ravvisato la necessità, prima di pronunciare la rescissione del legame genitoriale, di effettuare una valutazione seria e attenta della capacità della parte di esercitare il suo ruolo di genitore e di effettuare perizia psicologica, nonché di mettere in atto i tentativi per salvaguardare il legame. Nel caso di specie invece la valutazione circa il profilo psicologico è stata seria e approfondita, i consulenti di parte hanno dato atto della correttezza della metodologia e sostanzialmente della diagnosi, pur non concordando sull'incidenza in ordine alla capacità genitoriale, l'episodio del 28 giugno 2010 quanto al fatto storico realmente avvenuto, non rilevante penalmente e mai considerato tale né dal Tribunale, né dalla Corte d’Appello nella sentenza cassata è stato correttamente valutato, sia dal giudice di primo grado, sia dai consulenti in secondo grado, come significativo di una mancata consapevolezza delle esigenze della minore, spia di una inadeguatezza complessiva e grave, segno di una mancata mentalizzazione della bambina e dei suoi bisogni, come hanno precisato i CCTTUU. Quanto al pregiudizio dell’età , si osserva che l’età anagrafica è evidentemente un fatto oggettivo e che, circa la sua incidenza sulla capacità genitoriale, gli stessi CT di parte, come sopra evidenziato, avevano concordato con l’approccio tenuto dai Consulenti d’Ufficio, che hanno congruamente motivato, in maniera esente da vizi logici o giuridici, le proprie complessive conclusioni. Pertanto, anche sotto questo aspetto, la Corte conclusivamente ritiene che l’ingerenza dello Stato risulti giustificata, e certamente proporzionata rispetto allo scopo, tenendo a mente l’interesse della minore non già ad avere una famiglia migliore , ma a vedersi assicurata una crescita sana, adeguata assistenza e stabilità affettiva v per tutte Cassazione civile, sez. I, 20/09/2013, n. 21607 . E risulta altresì condivisibile la valutazione circa lo stato di abbandono della minore, in allora formulata, con riferimento alle gravi carenze genitoriali riscontrate e non emendabili, in tempi consoni con la crescita della bambina si è visto come il lungo periodo in cui i genitori hanno continuato a incontrare la bambina, con l’aiuto degli operatori, non abbia consentito la strutturazione di alcun legame nutritivo e funzionale per il benessere di R. ma , anzi, sia stato per la bambina fonte di sofferenza , e, nonostante la compliance, indubbia, dei signori D. rispetto ai tempi e alle modalità degli incontri previsti, e nonostante il sostegno ricevuto dai professionisti interpellati, non è stata neppure prospettata l’ipotesi dell’esistenza di un concreto margine di cambiamento. Per le suesposte, assorbenti argomentazioni, deve essere respinto l’appello dei signori D. C., con conferma della sentenza del Tribunale per i Minorenni di Torino con riferimento alla dichiarazione di adottabilità della minore. Nessuna pronunzia accessoria circa la collocazione della minore deve essere resa, non sussistendone la necessità e neppure la concreta possibilità. Le spese processuali del grado, e del giudizio di legittimità, vengono integralmente compensate tra le parti, considerando che trattasi di procedimento originato dal ricorso del PM., ove la materia trattata non consente di individuare la soccombenza di una parte rispetto all’altra. P.Q.M. Visto l’art. 17 legge n. 184/83, modif. legge n. 149/01 Respinge l’appello e conferma la sentenza del Tribunale per i minorenni di Torino n. 133/2011 nei termini di cui in motivazione. Compensa integralmente tra le parti le spese processuali del presente grado e di quello di legittimità.