Il diritto di permanenza in Italia è garantito anche ai genitori assenti?

Se si è genitori di una famiglia numerosa , il permesso di permanere sul territorio italiano è garantito in maniera automatica? O si deve dimostrare di essere veramente nelle condizioni di accudire i propri figli?

A queste domande dà risposta la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27272/16 depositata il 28 dicembre. Il caso. Un cittadino tunisino chiedeva l’autorizzazione a permanere sul suolo italiano per poter accudire i suoi tre figli. Questa però gli veniva negata, sulla base della sua irreperibilità a fronte dei contatti dei Servizi sociali e delle dichiarazioni della madre dei minori, la quale definiva sporadici gli incontri intercorsi tra il padre e i suoi figli e aggiungeva che egli non si era mai fatto carico delle loro esigenze, anche a causa dei suoi numerosi e gravi precedenti penali, anche recenti . Il cittadino tunisino, quindi, proponeva reclamo, deducendo che il recapito al quale era stato contattato era errato motivo per il quale non era stato reperibile e che, dal momento del divorzio con la madre dei suoi figli, egli aveva intrapreso un percorso di riavvicinamento a questi ultimi. Anche il reclamo, però, veniva respinto dalla Corte d’appello, la quale escludeva l’esistenza di una situazione di continuativo accudimento e costante cura dei minori . Questa condizione è il presupposto per il riconoscimento dell’autorizzazione a permanere sul territorio italiano, riconosciuta dall’art. 31, comma 3 del d. lgs. n. 286/1998, la cui disposizione è finalizzata ad evitare di far patire ai minori i gravi danni che possano derivare dalla separazione dei genitori. Avverso la pronuncia del giudice del gravame veniva proposto ricorso in Cassazione. Le valutazioni sulla vita familiare del ricorrente. Il ricorrente si affida a tre motivi di ricorso. Nel primo egli lamenta che la pronuncia impugnata non tenga conto dell’ eventuale grave pregiudizio derivante dall’allontanamento del genitore convivente o dall’allontanamento dei figli stessi dall’ambiente in cui erano vissuti fin dalla nascita inoltre, ritiene illogica e priva di fondamento giuridico la valutazione effettuata a proposito della sua effettiva presenza nella vita dei figli, adducendo che il suo avere vissuto per molti anni lontano dai figli, perché costrettovi per vicissitudini legali, non esclude quella situazione di accudimento e cura dei minori prescritta dal summenzionato d. lgs. al fine di ottenere l’autorizzazione alla permanenza in Italia. Da ultimo, la pronuncia di secondo grado peccava nella valutazione dei rapporti del ricorrente con la propria famiglia, tant’è vero che, nonostante l’espulsione, la sua ultima figlia era nata in Italia nel 2006, il che dimostrerebbe l’esistenza di un rapporto di tipo stabile. Un dubbio recupero del ruolo genitoriale. La Corte di Cassazione ritiene infondato il ricorso, in quanto in esso si censura la pronuncia di secondo grado per aver valutato come inesistente quella situazione di continuativo accudimento e costante cura. Tale è, però, la situazione che emerge oggettivamente dalla storia personale del ricorrente . Per di più, per quanto attiene alla possibile redenzione” degli ultimi anni del soggetto e al recupero del proprio ruolo genitoriale, la Corte d’appello ha ritenuto che si trattasse di una situazione non tutelabile ex art. 31 del succitato d. lgs., effettuando una valutazione di merito non censurabile in sede di legittimità. Per configurarsi un disagio grave del minore, prosegue la Suprema Corte, l’assenza del genitore deve essere di breve durata, e tendenzialmente non stabile. Per questi motivi il ricorso va respinto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 13 giugno – 28 dicembre 2016, n. 27272 Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni Fatto e diritto Rilevato che 1. Con ricorso ex art. 31 d. lgs. N. 268/98, A.F. ha chiesto al Tribunale per i minorenni dell’Emilia Romagna di essere autorizzato a permanere sul territorio italiano a motivo della sua numerosa famiglia composta da tre bambini, nati tutti e tre a omissis . 2. Il T.M. ha negato l’autorizzazione con provvedimento del 2 dicembre 2014 - 8 gennaio 2015. Ha rilevato il Tribunale minorile che i Servizi sociali, demandati a sentire il richiedente, non erano stati in grado di contattarlo mentre la madre dei minori P.A. aveva dichiarato che il padre aveva solo sporadici incontri con i figli e non si era mai fatto carico delle loro esigenze. Il ricorrente aveva inoltre numerosi e gravi precedenti penali anche recenti. 3. Ha proposto reclamo A.F. lamentando che i Servizi non lo avessero contattato al giusto recapito e deducendo che erroneamente il Tribunale per i minorenni lo avesse ritenuto pressoché estraneo alla vita dei figli. Ha dedotto che, intervenuto il divorzio tra i coniugi nel maggio 2013 , aveva intrapreso un percorso di riavvicinamento ai figli. Ha contestato la rilevanza dei suoi precedenti penali. 2. La Corte d’appello di Bologna, con decreto n. 144/2015, ha respinto il reclamo ritenendo che, in base alla relazione di aggiornamento del Servizio sociale che ha ricostruito più compiutamente la storia familiare attestando che A.F. per parecchi anni non ha avuto con i figli alcuna consuetudine di vita, dapprima perché rientrato per una decina di anni in Tunisia e poi a causa della detenzione conseguita ai gravi reati commessi debba escludersi quella situazione di continuativo accudimento e costante cura dei minori che costituisce il presupposto per il riconoscimento dell’autorizzazione ex art. 31 d.lgs. n. 268/98 a permanere in Italia per evitare i gravi danni derivanti al minore dalla separazione dai genitori. 3. A.F. propone ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi 1 violazione ed errata applicazione dell’art. 31 co. 3 d. lgs. n. 286/1998 nonché insufficiente motivazione, ex art. 360 co. 3 c.p.c. Il ricorrente afferma che nel caso di specie è mancata la valutazione dell’eventuale grave pregiudizio derivante dall’allontanamento del genitore convivente o dall’allontanamento dei figli stessi dall’ambiente in cui erano vissuti fin dalla nascita 2 ex art. 360 comma 3 c.p.c. Violazione ed errata applicazione dell’art. 31 co. 3 d.lgs. n. 286/98 per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla ritenuta mancanza di pregiudizio allo sviluppo psicofisico dei minori quale effetto dell’allontanamento improvviso dal contesto in cui erano vissuti. Illogica, immotivata e priva di fondamento giuridico sarebbe l’affermazione secondo cui l’avere il ricorrente forzatamente vissuto per parecchi anni lontano dai propri figli esclude quella situazione di continuativo accudimento e costante cura dei minori. Tale ragionamento, secondo il ricorrente, non valuta la situazione degli ultimi 2 anni e mezzo. È mancata, inoltre, un’indagine volta all’apprezzamento di tale danno. 3 Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. In merito alla lontananza del padre dai figli per parecchi anni, non viene valutato e tenuto in considerazione il fatto che nonostante l’allontanamento dall’Italia - a causa di espulsione - venivano ad ogni modo mantenuti i rapporti con la famiglia, tanto che l’ultima figlia è nata in Italia nel 2006. Ritenuto che 4. Il ricorso appare fondato perché la valutazione compiuta dalla Corte di appello si incentra esclusivamente sul comportamento tenuto dal ricorrente nel corso degli anni e pur dando atto di un cambiamento in senso positivo del rapporto genitoriale negli ultimi due anni non indaga quale sia l’impatto di un allontanamento del padre per i minori che nonostante la loro età non risulta siano stati sentiti nel procedimento che li riguarda direttamente. 5. Sussistono pertanto i presupposti per la discussione della causa in camera di consiglio e se il Collegio condividerà la relazione per l’accoglimento del ricorso. La Corte ritiene, discostandosi dalla relazione sopra riportata, che il ricorso sia infondato in quanto censura la motivazione della sentenza di appello sulla inesistenza di una situazione di continuativo accudimento e costante cura dei minori che però emerge oggettivamente dalla storia personale del ricorrente. Quanto poi alla prospettiva di un recupero del suo ruolo genitoriale la Corte di appello, con una valutazione di merito non censurabile in questa sede, ha ritenuto non trattarsi di una situazione tutelabile, ai sensi dell’art. 31 del decreto legislativo n. 286/1998, perché, alla stregua della giurisprudenza di legittimità Cass. Civ., S.U. n. 21799 del 25 ottobre 2010, Cass. Cív. sez. VI - 1 n. 17739 del 7 settembre 2015 e n. 15191 del 20 luglio 2015 deve ricorrere a tal fine una situazione non di lunga durata, né tendenzialmente stabile, e capace - se interrotta - di provocare eventi traumatici e non prevedibili che trascendono il normale disagio del minore causato dal rimpatrio di un familiare. Il ricorso deve essere pertanto respinto senza statuizioni sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di cassazione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.