L’eccezione relativa alla durata della convivenza è un’eccezione in senso stretto e, in quanto tale, deve essere sollevata al primo momento utile

La convivenza stabile e duratura tra gli sposi successiva alla celebrazione del matrimonio costituisce una eccezione in senso stretto e, come tale, deve essere proposta all’atto della costituzione tempestiva del convenuto.

Quanto sopra è stato ribadito dalla sentenza n. 26188 depositata il 19 dicembre 2016 dalla Corte di Cassazione, seguendo l’orientamento già espresso dalle Sezioni Unite con le sentenze gemelle n. 16379 e 16380 del 2014 in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche. I fatti di causa. Il caso in esame riguarda la richiesta del marito rivolta alla Corte d’Appello di dichiarare l’efficacia nel nostro ordinamento della sentenza del Tribunale ecclesiastico che aveva dichiarato la nullità del matrimonio contratto con la moglie, per vizio psichico di un coniuge comportante inettitudine al momento della manifestazione del consenso a contrarre matrimonio. Avanti la Corte d’Appello, la moglie si costituiva deducendo la contrarietà della decisione rotale all’ordine pubblico italiano e, in subordine, chiedeva il riconoscimento del suo diritto a ricevere dal marito un mantenimento. Il vizio psichico e l’incapacità di intendere e di volere. La Corte d’Appello dichiarava efficace in Italia la sentenza ecclesiastica ed inammissibile la domanda della moglie volta a conseguire il diritto a ricevere dal marito il mantenimento. Secondo la Corte di Cassazione, bene hanno fatto i giudici d’appello a considerare conforme all’ordine pubblico tale decisione posto che la condizione di vizio psichico, comportante inettitudine del soggetto a contrarre matrimonio, non si discosta sostanzialmente dall’ipotesi di incapacità di intendere e di volere di cui all’art. 120 c.c La durata della convivenza. Per la prima volta in sede di udienza camerale di appello, la moglie eccepiva la durata della convivenza matrimoniale quale ostacolo al riconoscimento nel nostro ordinamento della sentenza ecclesiastica dichiarativa di nullità del matrimonio. I giudici di legittimità ribadiscono l’orientamento ormai costante della giurisprudenza secondo il quale la convivenza stabile e duratura tra gli sposi, successiva alla celebrazione del matrimonio, costituisce un limite generale di ordine pubblico alla delibazione delle sentenze ecclesiastiche di nullità del matrimonio. Tuttavia, tale questione costituisce un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio e da sollevarsi dalla parte interessata nel primo momento utile la costituzione tempestiva e non tardivamente per la prima volta in appello.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 luglio – 19 dicembre 2016, n. 26188 Presidente Bernabai – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con citazione, ritualmente notificata, T.M. conveniva in giudizio F.M. davanti alla Corte di Appello di Firenze, per sentir dichiarare l’efficacia nel nostro ordinamento di sentenza, emessa dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Etrusco del 05/06/2012, ratificata in data 15/11/2012 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Flaminio e resa esecutiva in data 03/04/2013 dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, dichiarativa della nullità del matrimonio contratto tra le parti, per vizio psichico del soggetto comportante inettitudine,al momento della manifestazione del consenso, a contrarre matrimonio. La F. si costituiva, deducendo la contrarietà della decisione all’ordine pubblico italiano, e chiedendo, in via subordinata, l’affermazione del suo diritto ad un assegno di mantenimento. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza in data 10/10/2014, dichiarava efficace in Italia la sentenza del Tribunale ecclesiastico, nonché inammissibile la domanda subordinata, proposta dalla convenuta, circa l’assegno di mantenimento. Ricorre per cassazione la F. . Resiste, con controricorso, il T. . Motivi della decisione Con il primo motivo, la ricorrente lamenta violazione dell’art. 120, 64 l. 218/95, 8 l. n. 121/85, 112 c.p.c., là dove la Corte territoriale aveva ritenuto irricevibili le argomentazioni della ricorrente poste a sostegno della sussistenza degli effetti contrari all’ordinamento interno della sentenza ecclesiastica. Afferma la ricorrente che le emergenze istruttorie di cui alla sentenza ecclesiastica sono state richiamate al solo fine di rappresentare che le circostanze poste a base della decisione sul difetto di discrezione di giudizio, non sono equiparabili alla incapacità di intendere e di volere di cui all’art. 120 c.c Con il secondo motivo, violazione dell’art. 112 c.p.c. affermando la tempestività dell’eccezione ostativa alla delibazione, in ragione della durata del matrimonio, formalizzata all’udienza di discussione. Il primo motivo appare infondato. Correttamente la Corte di merito afferma, secondo un indirizzo giurisprudenziale ampiamente consolidato tra le altre Cass. n. 16051 del 2009 , che, in tema di delibazione delle sentenze ecclesiastiche dichiarative della nullità di matrimonio concordatario per difetto di consenso, la condizioni di vizio psichico, assunta dal giudice ecclesiastico come comportante inettitudine del soggetto a contrarre il matrimonio, pur non essendo del tutto coincidente, non si discosta sostanzialmente dall’ipotesi di incapacità di intendere e di volere contemplata dall’art. 120 c.c Afferma la ricorrente di non voler sindacare le emergenze istruttorie della sentenza ecclesiastica, ma di indicare la differenza, nella specie, tra il difetto di discrezione di controparte e l’incapacità di cui all’art. 120 c.c. Ma, in realtà, essa finisce proprio inamissibilmente per chiedere un controllo della decisione ecclesiastica, richiamando in particolare la nozione di immaturità , secondo l’ordinamento ecclesiastico, privilegiata dalla sentenza, oggetto di delibazione, che essa definisce assai ambigua . Del resto, la ricorrente non chiarisce in che modo eventuali differenze tra la nozione di vizio psichico ecclesistico e dell’incapacità di cui all’art. 120 c.c. potrebbero essere in contrasto con l’Ordine pubblico Italiano. Il secondo motivo va dichiarato parimenti infondato. Questa Corte a Sezioni Unite Cass. N. 16379 e 16380 del 2014 , componendo in contrasto giurisprudenziale, sorto nell’ambito della prima sezione civile al riguardo, v. Cass. N. 1343 del 2011 Cass. N. 8926 del 2012 , ha indicato nella convivenza stabile e duratura tra gli sposi ma se non vi fosse stabilità e durata, a ben vedere, non vi sarebbe neppure convivenza , successiva alla celebrazione del matrimonio, e dunque attinente al matrimonio rapporto, un limite generale di ordine pubblico alla delibabilità delle sentenze ecclesiastiche di nullità matrimoniale. Le predette sentenze a Sezioni Unite precisano che la relativa questione costituisce eccezioni in senso stretto e, come tale, deve essere proposta all’atto della costituzione tempestiva del convenuto. Richiamano in tal senso le sezioni Unite l’eccezione circa l’interruzione della separazione, ai fini della pronuncia di divorzio art. 3 L. Divorzio . Si tratta di interpretazione che questo Collegio condivide e che ben esprime una scelta di rispetto dell’autonomia delle parti libero il convenuto di proporre o meno l’eccezione , con l’apposizione di un limite alla valutazione, altrimenti troppo incisiva, del giudice, così invece opportunamente scevra da ogni forma di paternalismo. L’eccezione dunque non può essere rilevata di ufficio dal giudice. Solo la parte interessata e cioè il convenuto è legittimata come il diritto a chiedere la nullità o l’annullamento matrimoniale, spetta alle parti anche lo strumento per paralizzare l’azione, che rimane nella loro disponibilità. L’eccezione, da intendersi, come si diceva, in senso tecnico, dovrà essere formulata, a pena di decadenza, con la comparsa di costituzione e risposta, ai sensi degli artt. 166 e 167 c.p.c È da escludere che l’eccezione possa essere ritualmente proposta per la prima volta in sede di memoria ex art. 183 VI comma c.p.c., così come, per la prima volta, davanti a questa Corte. È pacifico, nella specie, che l’eccezione sia stata proposta dalla convenuta soltanto in sede di udienza di discussione davanti alla Corte di Appello. Questo Collegio non condivide l’assunto di una pronuncia di questa Corte, rimasta peraltro isolata Cass. n. 25676 del 2015 che ha parlato di overruling e cioè di una regola nuova di diritto, introdotta dalle predette sentenze a Sezioni Unite, tale da comportare una remissione di termini In realtà il revirement non è stato così profondo e repentino la questione era già stata ampiamente dibattuta in dottrina e non mancavano pronunce di merito, nel senso poi recepito da questa Corte a Sezioni Unite, che, del resto, come si è detto ha composto un contrasto sorto nell’ambito della prima sezione tra Cass. N. 1343 del 2011 e 8926 del 2012. E dunque ben avrebbe potuto la convenuta proporre in termini la relativa eccezione, anche prima dell’intervento risolutore delle Sezioni Unite. Va conclusivamente rigettato il ricorso. La sostanziale novità delle questioni trattate richiede la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. A norma dell’art. 52 D.L. 196/03, in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.