Rilascio di una procura generale per l’amministrazione dei beni: accettazione tacita dell’eredità?

Tenuto conto che non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa, che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione, ai sensi dell’art. 460 c.c., la questione si sposta sull’indagine relativa all’esistenza di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, che si risolve in un accertamento di fatto riservato al Giudice del merito, che non è censurabile in sede di legittimità.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18830/16, depositata il 26 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Salerno ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania nel procedimento introdotto dalla ricorrente, in proprio e nella qualità di procuratrice di A.B. e dei relativi germani, per la dichiarazione di apertura della successione ab intestato del de cuius , F.D.L., deceduto in data 24 dicembre 1960, e del germano G.D.L., e lo scioglimento della comunione ereditaria nei confronti di L.D.L e degli eredi. Il Tribunale dichiarava prescritto il diritto di accettare l’eredità relativamente ad A.B. e agli altri eredi. La Corte d’appello, in accoglimento del gravame principale, ha riformato sul punto la decisione, ritenendo che la procura generale rilasciata da A.B. il 25 marzo 1966, in proprio e quale procuratrice della allora figlia minore, e dagli altri eredi a L.D.L., contenesse l’accettazione implicita dell’eredità del de cuius , morto sei anni prima. La Corte d’appello ha quindi rigettato il gravame incidentale proposto da F.D.L. e dalla moglie di L.D.L., deceduto nel corso del giudizio di primo grado, perché fosse accertata la prescrizione del diritto di accettare l’eredità relativamente agli altri eredi. Per la cassazione della sentenza ricorrono gli eredi di L.D.L Procura generale. Il ricorso è però infondato. I ricorrenti contestano l’idoneità dell’atto di procura generale, rilasciata per il compimento di atti di conservazione del patrimonio, a produrre l’effetto di accettazione dell’eredità e formulano, di conseguenza il seguente quesito di diritto se il rilascio di una procura generale, da parte di alcuni chiamati all’eredità, diretta all’amministrazione di tutti i propri beni e non solo di quelli caduti in prescrizione, può comportare l’accettazione tacita dell’eredità e l’acquisizione dello status di erede . La doglianza è però infondata. Comportamento dei chiamati. La Corte d’appello ha ritenuto che il tenore della procura generale rilasciata nel 1966 dai consorti D.L., residenti negli Stati Uniti, al parente residente in Italia, esprimesse la volontà di accettare l’eredità del de cuius F.D.L. deceduto sei anni prima, in quanto conferiva al parente italiano predetto ampi poteri gestori su tutti i beni di qualsiasi specie da essi posseduti. La ratio della decisione non risiede, dunque, nella equiparazione tra il rilascio della procura generale e l’accettazione dell’eredità stessa, denunciata dai ricorrenti con il quesito che si rivela perciò non pertinente, ma nella qualificazione del comportamento dei chiamati – rappresentato dal conferimento di quella procura generale, con quel contenuto e in quelle circostanze di tempo e di luogo – in termini di accettazione dell’eredità . Ribadito il principio secondo cui non possono essere ritenuti atti di accettazione tacita quelli di natura meramente conservativa, che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione ai sensi dell’art. 460 c.c. , la questione si sposta sull’indagine relativa all’esistenza di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, che si risolve in un accertamento di fatto riservato al Giudice del merito, che non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto. La Corte rigetta pertanto il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n 25 maggio – 26 settembre 2016, n. 18830 Presidente Manna – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnata la sentenza della Corte d'appello di Salerno, depositata il 15 febbraio 2008 e notificata il 9 aprile 2008, che ha parzialmente riformato la sentenza non definitiva del Tribunale di Vallo della Lucania n. 311 del 2004, nel procedimento introdotto nel 1995 da C. D.L., in proprio e quale procura trice dì A.B. e dei germani A. M., A., A., A., L., I. e L. D.L., per la dichiarazione di apertura della successione ab intestato dì F. D.L., deceduto il 24 dicembre 1960, e dei germano G. D.L., e lo scioglimento della comunione ereditaria nei confronti di C. D.L., L. D.L., M. D.L., F. D.L. e M. R. C 1.2. - Per quanto riportato nella sentenza d'appello e ancora di rilievo in questa sede, il Tribunale dichiarò prescritto il diritto di accettare l'eredità relati vamente ai sigg. A.B., A. M., G., A., A., A., L., I. e L. D.L 2. - La Corte d'appello, in accoglimento del gravame principale, ha rifor mato sul punto la decisione, ritenendo che la procura generale rilasciata il 25 marzo 1966, per notaio P. di New York, da A.B., in proprio e quale procuratrice della allora figlia minore A. M., e da G., A., A., A., L., I. e L. D.L. a L. D.L., contenesse l'accettazione implicita dell'eredità dei de cuius, morto sei anni prima. La Corte d'appello ha quindi rigettato il gravame incidentale, proposto da F. D.L. e C. L.S. moglie di L. D.L., deceduto nel corso dei giudizio di primo grado , perché fosse accertata la prescrizione del diritto di accettare l'eredità relativamente ai sigg. C., C. e M. D.L. e M. R. C 3. - Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso C. L.S., F. D.L., A. D.L., Loredana D.L. e T. D.L., anche in qualità di eredi di L. D.L., sulla base di due moti vi. Sono rimasti intimati C. D.L. in proprio e nella qualità di procuratrice speciale dei sigg. A. M., A., A., A., L. I. e L. D.L., C. D.L., M. D.L. in Z., M. R. C Considerato in diritto 1. - Il ricorso è infondato. 1.1. - Con il primo motivo è dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 460 cod. civ. e vizio di motivazione. I ricorrenti contestano l'idoneità in sé dell'atto di procura generale, rila sciata per il compimento di atti di conservazione dei patrimonio, a produrre l'effetto di accettazione dell'eredità, e, in ossequio al disposto dell'art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporís, formulano il seguente quesito di di ritto [se] il rilascio di una procura generale, da parte di alcuni chiamati all'eredità, diretta all'amministrazione di tutti i propri beni non solo di quelli ca duti in successione può comportare l'accettazione tacita dell'eredità e l'acquisizione dello status di erede . 1.2. - La doglianza è infondata. La Corte d'appello ha ritenuto, con argomentazione esaustiva e congrua, che il tenore della procura generale rilasciata nel 1966 dai consorti D.L., re sidenti negli Stati Uniti d'America, al parente L., residente in Italia, esprimesse la volontà di accettare l'eredità del de cuius F. D.L., deceduto sei anni prima, in quanto conferiva al predetto L. ampi poteri gestori su tutti i be ni di qualsiasi specie da essi posseduti, con riferimento esplicito a quelli ereditari a cagione dell'eredità . La ratio della decisione non risiede, dunque, nella e quiparazione tra il rilascio della procura generale ad amministrare da parte dei soggetti chiamati all'eredità e l'accettazione dell'eredità stessa, denunciata dai ri correnti con il quesito, che si rivela perciò non pertinente, ma nella qualificazione dei comportamento dei chiamati - rappresentato dal conferimento di quella pro cura generale, con quel contenuto e in quelle circostanze di tempo e di luogo - in termini di accettazione dell'eredità. Ribadito il principio secondo cui non possono essere ritenuti atti di accetta zione tacita quelli di natura meramente conservativa, che il chiamato può com piere anche prima dell'accettazione ai sensi dell'art. 460 cod. civ., la questione si sposta sull'indagine relativa alla esistenza di un comportamento qualificabile in termini di accettazione tacita, che si risolve in un accertamento di fatto riservato al giudice dei merito, alla luce delle peculiarità della singola fattispecie, che non è censurabile in sede di legittimità, purché la relativa motivazione risulti immune da vizi logici o da errori di diritto ex plurimis, Cass., sez. 3, sentenza n. 12753 del 1999 . 2. - Con il secondo motivo è dedotta violazione dell'art. 116 cod. proc. civ. e vizio di motivazione, e si contesta la valutazione effettuata dalla Corte d'appello dei contenuto dell'atto di procura in oggetto, riportato nel ricorso in ossequio al principio di autosufficienza. 2.1. - La doglianza è infondata. Il sindacato di questa Corte sull'attività di interpretazione delle prove an che documentali, che spetta al giudice del merito, è limitato al controllo di congruità della motivazione, e la parte che intenda denunciare con il ricorso per cas sazione un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell'interpretazione di un atto è onerata della specificazione dei canoni che in concreto assuma violati ed il punto ed il modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato, non po tendosi limitare a contrapporre la propria interpretazione a quella accolta nella sentenza impugnata ex plurimis, Cass., sez. L, sentenza n. 25728 del 2013 . Nel caso in esame, i ricorrenti non indicano i canoni interpretativi in assunto violati dalla Corte d'appello e prospettano una inammissibile comparazione tra le due procure, rilasciate entrambe nell'anno 1966 a L. D.L. dai due gruppi di chiamati all'eredità del de cuius F. D.L Neppure si ravvisa la denunciata contraddittorietà della motivazione nella parte in cui la Corte d'appello ha ritenuto che il riferimento, contenuto nella pro cura in oggetto, alla facoltà di rinunciare alle eredità che ai mandanti fossero devolute concernesse eredità future. La lettura che la Corte di merito ha fatto risulta coerente con la particolare ampiezza dei poteri conferiti, tale da compren dere la gestione di situazioni non ancora attuali al momento dei rilascio della pro cura. 3. - Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese del presente giudizio, poiché gli intimati non hanno svolto difese. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.