Il percorso di ripristino dei rapporti familiari deve essere continuo e non saltuario

L’abbandono dei minori si configura come grave e irreversibile violazione degli obblighi dei genitori di educazione, mantenimento e istruzione dei figli e l’eventuale percorso di recupero deve essere breve e non interrotto da fasi di sostanziale disinteresse dei genitori.

Questo, in sostanza, è il principio stabilito dalla Sesta sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 6248/16, depositata il 31 marzo. Il caso. La Corte d’appello di Brescia aveva respinto il ricorso dei signori S.Z. e D.G., intervenuti nel ricorso principale proposto in sede di gravame dagli zii dei minori, contro la sentenza del Tribunale dei minorenni della stessa città, che aveva dichiarato lo stato di adottabilità dei loro figli. Nel caso in esame, i ricorrenti avevano chiesto la nullità della sentenza di primo grado, affermando l’insussistenza dell’abbandono, e chiedendo l’affidamento agli zii, che insistevano anche per la revoca dello stato di adottabilità. Si costituiva anche il curatore speciale dei minori, che chiedeva che l’appello fosse rigettato. La Corte territoriale rigettò entrambi gli appelli poiché infondati, e confermò la dichiarazione dello stato di adottabilità dei minori, di cui uno affetto da autismo. Contro tale decisione, hanno presentato ricorso gli zii materni dei minori, con atto affidato a sei motivi, mentre non hanno presentato ricorso i genitori. Ha resistito con controricorso il tutore dei minori. Dei sei motivi, alcuni si riferivano al vizio di motivazione per non avere la Corte d’appello esaminato attentamente le relazioni dei servizi sociali, per la violazione della Convenzione di New York sui diritti dell’uomo, e per non avere ascoltato la minore. Pur se la situazione riguardante i rapporti con i figli, anche grazie all’aiuto dei servizi sociali, appare migliorata, il percorso di ripristino dei rapporti familiari deve essere continuo e non saltuario, e i genitori devono dimostrare di avere arricchito pienamente le loro competenze genitoriali. La Cassazione ha respinto tutti i motivi di ricorso, valutando sussistere pienamente lo stato di abbandono. Stato di abbandono. Per la Suprema Corte, infatti, se è vero che secondo le relazioni dei servizi sociali – che ha ritenuto essere state abbondantemente ed adeguatamente esaminate – la madre aveva mostrato un qualche segno di avvicinamento ai figli, è altrettanto vero che il suo percorso non si può definire completo, sia per il fatto che, proprio durante detta via, fatta di incontri con i figli, ella si allontanava per un lunghissimo soggiorno nel suo paese di origine, sia perché non ha mai dimostrato di avere acquisito un comportamento confacente ai suoi doveri di genitore tanto più nei confronti del figlio, come detto affetto da autismo e già per questo necessitante di una particolare attenzione, che né la madre né il padre gli hanno mai garantito. Quanto a quest’ultima figura genitoriale, infatti, mentre la madre si trovava all’estero, addirittura si era rifiutato di accogliere i figli presso la sua abitazione, dimostrando la sua scarsissima se non inesistente disponibilità a prendersene cura, e a comprendere i gravi problemi del figlio affetto da autismo. In quanto agli zii materni, che pure avevano chiesto l’affidamento dei minori, la Cassazione ha ritenuto che la loro domanda di affido non fosse suffragata da un progetto specifico e coerente, e accompagnata da un rapporto significativo e preesistente con i minori. Ricorda la Suprema Corte, infatti, seguendo le varie relazioni depositate in atti, che esse avevano evidenziato una richiesta di affido fragile e non sufficientemente ragionata e motivata, tanto da essere ondivaga e contradditoria, e addirittura arrivando a richiedere l’affidamento del bambino autistico ad altra famiglia. E’ evidente quindi, per la Cassazione, l’inammissibilità di tale richiesta, anche perché durante gli incontri i minori non avevano mai fatto riferimento agli zii, e che questi avevano comunque mostrato un rapporto con i nipoti caratterizzato da incertezza, fatica e timore. Ascolto del minore. In quanto al mancato ascolto della minore, la Suprema Corte ha ritenuto non essere un elemento determinante, poiché comunque la stessa era stata sentita ripetutamente dalla consulente e dai servizi sociali, non dimostrando però una adatta capacità di discernimento né, peraltro, un particolare attaccamento ai genitori o agli zii. Pertanto, ha ritenuto la decisione di secondo grado correttamente formata, e ha confermato, nell’interesse dei minori, il loro stato di adottabilità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, sentenza 18 gennaio – 31 marzo 2016, n. 6248 Presidente/Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 29/09/2014, il Tribunale per i Minorenni di Brescia dichiarava lo stato di adottabilità dei minori Z.M.A. , nata a omissis e ZA.Se. nato a omissis . Avverso tale sentenza ricorrevano in appello, gli zii materni A.I. e J.J.E. chiedendo revocarsi lo stato di adottabilità dei minori e disporsi l’affidamento ad essi stessi. Si costituivano in giudizio anche i genitori Z.S. e G.D.A.Y.D. , affermando l’insussistenza dell’abbandono. Si costituiva pure il curatore speciale dei minori, che chiedeva rigettarsi l’appello. Con separato atto di appello impugnavano la sentenza i genitori dei minori. Si costituiva il Curatore Speciale chiedendone il rigetto. La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 6/26 febbraio 2015, rigettava entrambi gli appelli. Ricorrono per cassazione gli zii materni dei minori. Resiste con controricorso il curatore dei minori. Motivi della decisione Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 1 e 8 L. 184 del 1983, nonché vizio di motivazione per aver omesso la corte di valutare le relazioni dei Servizi sociali e dei documenti prodotti dai genitori, volti ad escludere l’abbandono. Con il secondo, violazione dell’art. 10 L. 184/1983 e vizio di motivazione per avere la Corte omesso di esaminare le relazioni dei servizi sociali da cui emergeva un mutamento dei genitori rispetto alla consulenza espletata nel procedimento di volontaria giurisdizione. Con il terzo, violazione dell’art. 3, Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, nonché della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli, di Strasburgo del 1996 e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 20001 riguardo all’interesse dei minori. Con il quarto, violazione dell’artt. 7 L. 184 del 1983, per non avere la Corte di Appello di Brescia ascoltato la minore M. . Con il quinto vizio di motivazione, per non avere la Corte di Appello valutato le relazioni dei Servizi Sociali inviate al PM dopo la pronuncia di adottabilità. Con il sesto, violazione dell’art. 8 L. 184 del 1983, in relazione alla valutazione negativa degli zii. Il ricorso va rigettato. È bensì vero che l’art. 1 L. 184 riconosce il diritto del minore a vivere nella propria famiglia ma l’art. 8 precisa che sussiste abbandono in caso di mancanza di assistenza morale e materiale da parte dei genitori. L’abbandono si configura come grave e irreversibile violazione degli obblighi dei genitori di educazione, mantenimento ed istruzione dei figli, ai sensi dell’art. 30 Cost. e 147, 316 c.c Ma tale irreversibilità va correlata alle esigenze di armonico sviluppo dei minori, e dunque l’eventuale recupero della inadeguatezza genitoriale dovrebbe essere determinato, certo e ragionevolmente non lungo, dovendosi pertanto verificare la concreta possibilità di pregiudizio per il minore dovuto all’incertezza e alla durata del percorso di eventuale recupero genitoriale così la giurisprudenza ampiamente consolidata di questa Corte tra le altre Cass. N. 1837 del 2011 19609 del 2011 . Sostanzialmente in tal senso si configurano i vari documenti internazionali che i ricorrenti richiamano dalla Convenzione di New York a quella di Strasburgo, alla Carta dell’Unione Europea. Va altresì precisato che non contrasta con tale impostazione la recente decisione della CEDU del 13/10/2015 S.H. - Italia che sottolinea, del tutto condivisibilmente, la necessità che sia stata predisposta una azione di aiuto e sostegno alla famiglia, di cui essa eventualmente non abbia saputo o potuto profittare. Chiarisce il giudice a quo, diversamente da quanto affermato dai ricorrenti, in parte richiamando pure e facendo proprie le argomentazioni del primo giudice e sulla base di un attento esame della documentazione in atti che in una prima fase la situazione iniziale, sicuramente negativa, si era evoluta con un ampliamento degli incontri fra minori e genitori, interrotti tuttavia a seguito dell’allontanamento della madre che si era recata per un lungo periodo a omissis , in concomitanza con una indisponibilità del padre ad accogliere i figli nella propria abitazione. Alla luce delle numerosissime relazioni dei servizi che hanno seguito i genitori, precisa la Corte di Appello, con motivazione adeguata e non illogica che, pur essendosi superati alcuni problemi legati alle dipendenze da parte della madre, alla conflittualità fra i genitori, alla precarietà lavorativa del padre i genitori stessi non hanno mostrato adeguate capacità genitoriali. Continua la corte di merito, precisando che il padre non ha mai dato la disponibilità a prendersi cura dei figli e non è stato in grado di comprendere i gravi problemi relativi a Se. affetto da autismo la madre dopo l’allontanamento per alcuni mesi dall’Italia ha mostrato un certo affiatamento per M. pure una incapacità di prendersi cura di Se. . Non ravvisa quindi la Corte di Appello elementi concreti che permettano di ritenere che la madre, all’esito del lungo percorso effettuato con l’intervento dei servizi abbia arricchito le proprie competenze genitoriali, soprattutto con riferimento alla condizione dei minori Se. come si diceva, affetto da autismo e M. che manifesta una situazione di disequilibrio. Per quanto attiene la posizione degli zii, secondo giurisprudenza ampiamente consolidata di questa Corte tra le altre, Cass. n. 16280 del 2014 non può ricercare, ai fini di un superamento dell’abbandono, la mera disponibilità dei parenti all’affidamento, se non suffragata da un progetto specifico e concreto, e accompagnata da un rapporto significativo e preesistente con i minori. Richiama ampiamente il giudice a quo la CTU dott. S. , caratterizzata da argomentazioni articolate ed approfondite il CTU ha esaminato varie relazioni psico-sociali e la relazione psicologica del 2013 dott. V. , concludendo che per la zia la discontinuità nell’approcciarsi al percorso peritale e di ripensamenti esplicitati al progetto di affido hanno messo in luce una richiesta di affido fragile non sufficientemente pensata e motivata che non si iscrive all’interno di un progetto familiare condiviso e sostenuto da entrambi i coniugi”. Richiama altresì la corte di merito la circostanza che nel corso dell’incontro di coppia, gli zii dei minori avevano perplessità circa l’ipotesi di chiedere l’affidamento di entrambi i minori e avevano avanzato la richiesta di un affidamento di Se. ad una altra parente. In tal senso si affermava – ancora la Corte richiama la CTU - che il funzionamento di personalità dell’Anselmi appariva ascrivibile ad una organizzazione al limite che con l’aumento delle complessità della situazione finiva per scivolare verso un livello di funzionamento cognitivo e psichico deficitario e scarsamente adattativo . Ricorda infine la Corte di Appello l’osservazione del CTU che, durante gli incontri, i minori non avevano mai fatto riferimento agli zii e che questi avevano mostrato un rapporto caratterizzato da elementi di incertezza, fatica e timore. Il giudice di appello si sofferma sulle relazioni sociali che avevano espresso qualche favore per un collocamento dei minori presso gli zii paterni, sottolinea che la stessa relazione sociale del 2013 M. sottolineava che la possibilità di inserimento dei minori presso gli zii comportava comunque dei rischi e il servizio avrebbe dovuto mantenere uno stretto monitoraggio e sostegno della situazione. Quanto al mancato ascolto della minore infradodicenne, va precisato che ai sensi dell’art. 7 L. 184 questi deve essere sentito dal Giudice in considerazione della sua capacità di discernimento consistente nella idoneità a comprendere le proprie esigenze esprimersi in modo consapevole Al riguardo, tra le altre, Cass. n. 21662 del 2012 . Il giudice di appello dà espressamente atto della incapacità di discernimento della minore ritenendo che essa manifesti una situazione di disequilibrio”. Viene precisato che comunque M. era stata ascoltata dalla consulente e dagli operatori, e dunque non si può affermare, come fanno i ricorrenti, che il volere di M. non sia stato in alcun modo considerato dal giudice di secondo grado. Va dunque rigettato il ricorso. La natura della causa e la posizione delle parti richiedono la compensazione delle spese giudiziali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.