Possessore di un bene ereditario o titolare di un diritto di abitazione?

La permanenza, dopo il decesso del coniuge, nell’ abitazione familiare, integra l’ipotesi di esercizio del diritto di abitazione e di uso dei mobili . Tale diritto è posto in capo al coniuge superstite dalla legge, ai sensi dell’art. 540 c.c. ed è, pertanto, escluso che lo stesso possa ritenersi possessore di bene ereditario per gli effetti previsti dall’art. 485 c.c

Così la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23406/15, depositata il 16 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Napoli, accoglieva la domanda di gravame proposta dalla curatela per il fallimento di una s.r.l. e condannava gli eredi della parte processuale originaria, deceduta nelle more del giudizio di primo grado, al pagamento di una somma a titolo di risarcimento danni da responsabilità, ai sensi dell’art. 146 l. fall. . Gli eredi ricorrevano per cassazione, contestando la propria legittimazione passiva, essendo stata fondata sul presupposto, erroneamente assunto dalla Corte territoriale, che gli stessi si trovassero nel possesso dei beni del de cuius al momento dell’apertura della successione. La Corte d’Appello aveva ritenuto tardiva, sulla base della convinzione di cui sopra, la rinuncia all’eredità da parte dei ricorrenti, in quanto effettuata oltre i termini previsti dall’art. 485 c.c. . Il coniuge che continua a dimorare presso la casa familiare dopo la morte del consorte non può ritenersi possessore di bene ereditario soltanto in virtù di tale scelta. La Suprema Corte ha precisato come la permanenza, dopo il decesso della parte processuale originaria, nell’ abitazione familiare, da parte dei ricorrenti, debba essere considerata alla stregua di un esercizio del diritto di abitazione e di uso dei mobili, posto in capo al coniuge superstite dalla legge, ai sensi dell’art. 540 c.c. . Gli Ermellini hanno chiarito come la considerazione sopra esposta valga anche nelle ipotesi di successione legittima, indipendentemente dalla ulteriore qualità di chiamato all’eredità del soggetto. La Corte di legittimità ha affermato che i ricorrenti non possono essere considerati possessori di beni ereditari soltanto perché hanno continuato ad abitare nella dimora familiare, dopo l’apertura della successione. Per le ragioni sopra esposte, la Suprema Corte ha accolto il ricorso e cassato il provvedimento impugnato, rilevando il difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile 1, ordinanza 11 novembre 2014 – 16 novembre 2015, numero 23406 Presidente Di Palma – Relatore Scaldaferri In fatto e in diritto E' stata depositata in Cancelleria la seguente relazione Il consigliere relatore, letti gli atti depositati, rilevato che G.T., N.R.L. e M.I., in proprio e in qualità di eredi del rispettivo coniuge e padre C. I., hanno proposto ricorso per cassazione della sentenza, depositata il 16 gennaio 2012 e notificata il 25 maggio 2012, con la quale la Corte d'appello di Napoli, in accoglimento del gravame proposto dalla Curatela del Fallimento OVERSEAS S.r.l. avverso la sentenza del 21 dicembre 2006 del Tribunale di Napoli, ha condannato i ricorrenti, in qualità di eredi di C. I. deceduto nel corso del giudizio di appello, al pagamento della somma di euro 1.454.535,44 oltre rivalutazione ed interessi a titolo di risarcimento danni da responsabilità ex articolo 146 legge fallimentare che l'intimata Curatela resiste con controricorso considerato che con il primo motivo i ricorrenti censurano, sotto il profilo della violazione di norme di diritto artt. 485, 540, 1022, 2697 cod.civ. e 113, 190 cod.proc.civ. e sotto quello del vizio di motivazione, le statuizioni con cui la corte di merito ha dichiarato la legittimazione passiva degli stessi fondandosi sul presupposto, errato secondo gli eredi I., che essi, al momento dell'apertura della successione, si trovassero nel possesso dei beni del de cuius nella specie, la residenza familiare e i beni mobili che la corredano , e che pertanto fosse tardiva la loro rinuncia all'eredità effettuata oltre i termini di cui all'articolo 485 cod.civ. che con il secondo motivo si dolgono, sotto il profilo della violazione dell'articolo 485, comma 2, cod.civ. e sotto quello del vizio di motivazione, delle affermazioni con cui la corte territoriale ha ritenuto di non doversi pronunciare sulla impugnazione a sua volta proposta da C. I., fondandosi sul presupposto, erroneo secondo gli odierni ricorrenti, che essi costituendosi a seguito della riassunzione del processo non avessero fatto proprie, nemmeno in via subordinata o implicita, né le difese né l'appello incidentale proposti dal de cuiu., che con il terzo motivo denunciano la violazione di norme di diritto artt. 303 e 352 cod.proc.civ. ed il vizio di motivazione della pronuncia impugnata, in relazione all'omesso esame dell'appello incidentale avanzato dal dante causa degli odierni ricorrenti ritenuto che il primo motivo pare meritevole di accoglimento che invero il fatto della permanenza, dopo il decesso del I., nella abitazione familiare da parte degli odierni ricorrenti appare qualificabile come esercizio del diritto di abitazione e di uso dei mobili che la corredano, spettante al coniuge superstite quale legatario ex lege articolo 540 cod.civ. in ogni caso, anche nella ipotesi di successione legittima cfr.Cass.S.U.numero 4847/13 Sez.2 numero 18354/13 Sez.5 numero 1920/08 , e quindi a prescindere dalla sua ulteriore qualità di chiamato all'eredità che pertanto sembra debba escludersi che il fatto di continuare ad abitare, dopo l'apertura della successione, nella casa familiare e ad utilizzare i mobili che la corredano possa aver conferito agli odierni ricorrenti la qualità di possessori di beni ereditari per gli effetti previsti dall'articolo 485 cod.civ. la contraria opinione, espressa da Cass.numero 11018/08, pare in effetti conseguente alla ivi ritenuta insussistenza del diritto di abitazione a favore del coniuge nella successione legittima, tesi smentita dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sopra richiamata sentenza del 2013 che il secondo ed il terzo motivo, presupponendo la sussistenza, in capo agli odierni ricorrenti, della legittimazione passiva, dovrebbero ritenersi assorbiti nell'eventuale accoglimento del primo motivo diretto a negare tale legittimazione per questi motivi ritiene che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio a norma dell'articolo 380 bis cod.proc.civ. per ivi, qualora il collegio condivida i rilievi che precedono, essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata. In esito alla odierna adunanza camerale il Collegio condivide pienamente le considerazioni esposte nella relazione, avverso le quali del resto parte ricorrente non ha ritenuto di replicare. Si impone dunque, in accoglimento del primo motivo di ricorso assorbiti gli altri , la cassazione del provvedimento impugnato. Quindi, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda svolta nei confronti degli odierni ricorrenti, per difetto di legittimazione passiva. Tenuto conto del mutamento di giurisprudenza intervenuto nelle more, si ritiene giustificata la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio e del giudizio di appello. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal Fallimento Overseas s.r.l. nei confronti di G.T., N. R. I. e M.I., per difetto di legittimazione passiva. Compensa fra le parti le spese di questo giudizio di cassazione e del giudizio di appello.