Illegittima la cartella di pagamento del servizio di refezione calcolata sul reddito familiare

In tema di erogazione di servizio pubblico ed opposizione a cartella di pagamento e quindi di responsabilità contrattuale, l’assistenza socio-sanitaria a persone con handicap permanente grave, resa da appositi centri residenziali e sovvenzionata dal fondo sanitario regionale, va, normalmente, parametrata alla situazione economica del singolo soggetto così, è invalida” la norma prevista dalla delibera di consiglio comunale recante la determinazione della relativa contribuzione sulla scorta dell’I.s.e.e. dell’intero nucleo familiare.

E’, quindi, illegittima, e va pertanto annullata, la sentenza di merito relativamente alla cartella con cui, accertata la situazione economica del soggetto disabile beneficiario del servizio di refezione comunale, venga richiesto, al padre ed amministratore di sostegno, il pagamento, in favore dell’ente pubblico creditore, del relativo contributo calcolato sulla base della situazione economica dell’intero nucleo familiare, in rispetto della delibera del Consiglio comunale difforme dalla legislazione regionale. Il principio si argomenta dalla sentenza n. 15679 della Corte di Cassazione, decisa il 21 maggio e depositata il 27 luglio 2015. Il caso. Il padre ed amministratore di sostegno di un soggetto disabile riceveva una cartella da Equitalia s.p.a., calcolata con riferimento al reddito dell’intero nucleo familiare secondo quanto previsto da delibera del Consiglio comunale difforme dalla normativa regionale, relativamente al pagamento delle rette del servizio di refezione già svolto da un Centro comunale per disabili così, egli si opponeva, invano, con sentenza di rigetto confermata in secondo grado. L’inadempimento tra credito pubblicistico e debito privatistico l’illecito agevolato riducibile”. In primis , vanno richiamati gli artt. 2, 3, 4, 97 e 117 Cost. 438, 1173, 1218 e 1321 c.c. 112 c.p.c. 2, comma 6, e 3, comma 2 ter , d.lgs. n. 109/1998. All’uopo, necessita focalizzare sul concetto di obbligazione, adempimento, illecito, danno, responsabilità. Preliminarmente, sotto il profilo procedurale, due le principali osservazioni da effettuare. La prima sulla giurisdizione ordinaria in subiecta materia Cass. nn. 6966/2013, SSUU n. 9693/2013, n. 22097/2013 . La seconda sulla potestà del magistrato in sede di merito e, cioè, sui relativi obblighi di pronuncia, non violati quando, pur senza decidere su un punto specifico, il provvedimento comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo Cass. nn. 16788/2006, 10696/07, 20311/2011, 21612/2013 . Prima facie , si potrebbe pensare ad una sorta di esperibilità automatica dell’azione di responsabilità, da parte della P.A. erogatrice di un servizio pubblico nei confronti di soggetto disabile, e di imperatività, assoluta ed incondizionata, dell’adempimento da parte del genitore del medesimo beneficiario. In realtà, sul piano formale tre le principali osservazioni da effettuare. La prima sulla carenza di legittimazione attiva del Comune a richiedere sempre e comune, iure proprio e sic et simpliciter , il pagamento delle rette del servizio di refezione, nei confronti del familiare del beneficiario. La seconda, derivata, sulla legittimazione passiva del genitore e, quindi, sulla configurabilità, e reversibilità, del debito ex contractu et ex lege . La terza sui rapporti normativi tra Stato e Regione, quindi sull’inesistenza giuridica della potestà legislativa del Comune, pur essendo derogabile il principio di rilevanza della situazione economica del solo assistito non costituendo infatti livello essenziale delle prestazioni Corte Cost. nn. 296/2012, CdS n. 5355/2013 . De iure condito , sono previste deroghe ad hoc per le prestazioni inserite in percorsi integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale, di tipo diurno o continuativo, in favore di portatori di handicap permanente grave nonché di soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti CdS n. 1607/2011, n. 5355/2013 . In altri termini, la condizione oggettiva stato di salute qualifica il soggetto, abilitandolo” al favor legis ”. E’, peraltro, vietata, in applicazione del codice civile, la rivalsa da parte dell’ente pubblico erogatore a carico dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata CdS n. 6674/2012 , senza che possa inoltre rilevare, in re ipsa , la qualità di amministratore di sostegno. Rebus sic stantibus , l’ente territoriale locale non può giuridicizzare” un obbligo, mediante l’introduzione di una norma in deroga contra legem a quella regionale, risultando quest’ultima peraltro conforme alla legislazione nazionale in tal senso, è, quindi, illegittima la cartella quantificata senza beneficio delle deroghe previste a livello normativo sovraordinato. Non si configura responsabilità genitoriale negoziale” in caso di cartella ultra legem. In ambito di rapporti tra P.A. ed utente, il genitore ed amministratore di sostegno del soggetto disabile beneficiario del servizio di refezione non è tenuto, contrariamente a quanto sostenuto dal gdp di Pavia pronuncia n. 1966 del 28 ottobre 2010 e dal Tribunale di Pavia pronuncia n. 222 del 12 marzo 2013 , a pagare il contributo determinato, dunque erroneamente, sulla base del reddito dell’intero nucleo familiare e non del solo ascendente. Ergo , il ricorso va accolto e la sentenza va cassata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 21 maggio – 27 luglio 2015, n. 15679 Presidente Forte – Relatore Valitutti Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 1966/2010, depositata il 28.10.2010, il Giudice di pace di Pavia rigettava l'opposizione proposta da P.D.T. , avverso la cartella di pagamento emessa a suo nome da Equitalia Esatri s.p.a., per la somma di Euro 1663,54, relativa al pagamento delle rette concernenti il servizio di refezione praticato, nei confronti del figlio disabile P.A. del quale l'opponente è anche amministratore di sostegno, dal Centro Diurno Disabili CDD Il Naviglio di . 2. L'appello proposto avverso tale decisione dal P. veniva -del pari rigettato dal Tribunale di Pavia, con sentenza n. 222/2013, depositata il 12.3.2013, con la quale il giudice di seconde cure riteneva legittimato il Comune di Pavia a richiedere il pagamento in questione, in quanto portatore di un autonomo diritto, non ricondu-cibile al disposto dell'art. 438 c.c., nei confronti dell'amministratore di sostegno del disabile P.A. , e reputava del tutto legittima, sul piano sostanziale e procedurale, la pretesa azionata dall'ente pubblico con l'atto in discussione. 3. Per la cassazione della sentenza n. 222/2013 ha proposto, quindi, ricorso P.D.T. nei confronti del Comune di Pavia, affidato a due motivi. L'intimato non ha svolto attività difensiva. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo di ricorso, P.D.T. denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c 1.1. Il giudice di appello, a parere del ricorrente, non si sarebbe, infatti, pronunciato sul motivo di gravame con il quale il P. aveva denunciato la violazione, da parte del giudice di prima istanza, dell'art. 3, co. 2 ter, del d.lgs. n. 109 del 1998, nella parte in cui prevede che, ai fini della determinazione del contributo a carico dell'assistito al costo delle prestazioni sociali agevolate nella specie rette per il servizio di refezione , praticate dal Comune in ambiente residenziale a ciclo diurno, si debba avere riguardo alla situazione economica del solo disabile, e non dell'intero nucleo familiare. 1.2. Il motivo è infondato. 1.2.1. Va osservato, infatti, che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo cfr. Cass. 16788/2006 10696/2007 20311/2011 21612/2013 . 1.2.2. Ebbene, nel caso di specie, tale decisione implicita di rigetto della violazione del d.lgs. n. 109 del 1998 deve ritenersi sussistente, laddove il Tribunale ha affermato che il Comune di Pavia avrebbe correttamente dal punto di vista sostanziale e procedurale preteso l'adempimento di obbligazione scaturente dal servizio di refezione presso il CDD . Siffatto pronuncia, invero, come lo stesso ricorrente finisce per ammettere nel formulare il secondo motivo di ricorso, presuppone che il giudice di appello abbia ritenuto corretta la quantificazione delle rette in questione, operata dal Comune sulla base del reddito dell'intera famiglia di P.A. , e non del solo disabile, come vorrebbe il ricorrente. Tanto più che il Tribunale ha ritenuto di escludere, sebbene la cartella esattoriale fosse stata notificata al padre del disabile ed intestata al medesimo, la violazione dell'art. 2, co. 6, del d.lgs. n. 109 del 1998, che esclude la facoltà per gli enti erogatori di richiedere in rivalsa ai familiari dell'assistito, in forza dell'art. 438 c.c., un contributo per il pagamento delle spese sostenute per il servizio erogato. 1.3. Il motivo in esame va, pertanto, disatteso. 2. Con il secondo motivo di ricorso, P.D.T. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 3, co. 2 ter del d.lgs. n. 109 del 1998, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c 2.1. Si duole il ricorrente del fatto che il giudice di seconde cure non abbia applicato correttamente le norme di cui al d.lgs. n. 109 del 1998, ed in special modo il disposto di cui all'art. 3, co. 2 ter, nella parte in cui stabilisce che, ai fini della determinazione del contributo a carico dell'assistito al costo delle prestazioni sociali agevolate nella specie rette per il servizio di refezione , praticate dal Comune in ambiente residenziale a ciclo diurno, si debba avere riguardo alla situazione economica del solo disabile, e non a quella dell'intero nucleo familiare. Sarebbe, pertanto, errata l'impugnata sentenza, per avere il giudice di appello ritenuto correttamente determinata, da parte dell'ente pubblico, la contribuzione al servizio di refezione praticato in favore di P.A. , all'interno del CDD Il Naviglio di , sebbene la situazione economica del solo disabile non avrebbe consentito affatto al Comune di richiedere tale contributo nei confronti del padre del portatore di handicap, ancorché amministratore di sostegno del medesimo. 2.2. Il motivo è fondato. 2.2.1. Premesso che sulla giurisdizione del giudice ordinario sulla questione oggetto di causa deve ritenersi formato il giudicato, per avere il Tribunale di Pavia pronunciato nel merito, affermando implicitamente la propria giurisdizione Cass. 6966/2013 S.U. 9693/2013 22097/2013 , va osservato che il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 109 del 1998. Dall'esame del ricorso e dell'impugnata sentenza si evince, infatti, che a P.D.T. è stata notificata da Equitalia Esatri s.p.a. una cartella esattoriale intestata a proprio nome, secondo la quale egli risultava debitore nei confronti del Comune di Pavia della somma di Euro 1663,54 , quale contributo al pagamento delle rette concernenti il servizio di refezione praticato, nei confronti del figlio disabile P.A. , del quale l'opponente è anche amministratore di sostegno, dal Centro Diurno Disabili CDD Il Naviglio di v. ricorso, p. 2 . L'amministrazione comunale riteneva, invero, con la notifica dell'atto suindicato, di essere titolare di un autonomo diritto nei confronti del padre del portatore di handicap, in quanto familiare ed amministratore di sostegno del medesimo v. sentenza di appello, p. 2 . 2.2.2. Orbene, tanto premesso, va osservato che, in relazione alla determinazione della contribuzione a carico dei portatori di handicap, per le prestazioni assistenziali di natura sociosanitaria rese da centri assistenziali e sovvenzionate dal fondo sanitario regionale -contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza di primo grado, confermata in toto da quella di appello deve considerarsi immediatamente applicabile, anche in assenza del previsto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'art. 3 co. 2 ter, del d.lgs. n. 109 del 1998, che introduce deroghe alla valutazione della situazione economica dell'intero nucleo familiare relativamente all'assistenza dovuta ai portatori di handicap. 2.2.3. Pertanto, limitatamente alle prestazioni sociali agevolate assicurate nell'ambito di percorsi assistenziali integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale a ciclo diurno o continuativo nella specie nel Centro Diurno Disabili Il Naviglio di , rivolte a persone con handicap permanente grave nonché a soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti, al fine di determinare la contribuzione a carico dell'assistito, dev'essere valutata esclusivamente la sua situazione economica e non quella del nucleo familiare. In tal senso si è, invero, espresso l'indirizzo, assolutamente univoco, della giurisprudenza amministrativa, pronunciatasi in diverse occasioni proprio con riferimento alle prestazioni in questione rese da centri di assistenza situati nella regione Lombardia. Nelle decisioni in parola si è, invero, osservato che la deroga rispetto alla valutazione del reddito dell'intero nucleo familiare per l'accesso alle prestazioni socio-sanitarie agevolate è limitata, sotto il profilo soggettivo alle persone con handicap permanente grave e ai soggetti ultrasessantacinquenni non autosufficienti e, con riguardo all'ambito oggettivo, alle prestazioni inserite in percorsi integrati di natura socio-sanitaria, erogate a domicilio o in ambiente residenziale, di tipo diurno oppure continuativo, cfr., ex plurimis, C. St. 1607/2011 6674/2012 5355/2013 . 2.2.4. Ebbene, a fronte di tale statuizione di principio, sancita da una disposizione normativa di rango primario, è evidente che una disposizione contraria al principio generale desumibile dal citato art. 3, co. 2 ter del d.lgs. n. 109 del 1998 non potrebbe essere introdotta, a livello locale, da determinazioni di diverso contenuto dei Comuni interessati. Ed invero, il principio di rilevanza della situazione economica del solo assistito, desumibile dalla norma in esame, pur non costituendo livello essenziale delle prestazioni ex art. 117, co. 2, lett. m Cost., e potendo, quindi, essere derogato dalla legislazione regionale, non può, per contro, essendo tale disposizione costituzionale diretta a regolare esclusivamente la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni, essere derogato anche da un regolamento o da una delibera comunale, trattandosi di una fonte inferiore a quella primaria e sub-primaria considerate dalla norma succitata cfr. C. Cost. n. 296/2012, C. St. 5355/2013 . 2.2.5. Sicché è da ritenersi del tutto errata con riferimento al presente giudizio la statuizione dei giudici di merito, che recepiscono entrambi la regolamentazione comunale e, segnatamente la delibera del Consiglio Comunale di Pavia n. 303 del 19.11.2003 trascritta, sul punto, nel ricorso, a p. 4 , nella parte in cui statuiva che la misura della contribuzione per frequenza in strutture di accoglienza disabili viene determinata sulla scorta dell'ISEE dell'intero nucleo familiare . Tanto più che la Regione Lombardia, della quale si tratta, ha confermato, a livello legislativo, il principio della contribuzione alle prestazioni in parola in ragione del reddito personale del solo portatore di handicap, e non dell'intero nucleo familiare. Ed infatti, l'art. 8, co. 2, lett. h della legge regionale n. 3 del 2008 stabilisce che nel rispetto dei principi della normativa statale in materia di indicatore della situazione economica equivalente ISEE , la quota di compartecipazione al costo delle prestazioni sociali e la quota a valenza sociale delle prestazioni sociosanitarie sono stabilite dai comuni . in base ai seguenti criteri h valutazione della situazione reddituale e patrimoniale solo della persona assistita nel caso di accesso ad unità d'offerta residenziali o semiresidenziali per disabili gravi . 2.2.5. Ne discende che l'impugnata sentenza, avendo posto a carico di P.D.T. , con cartella esattoriale emessa a suo nome, una quota del contributo al pagamento delle rette per il servizio di refezione praticato dal CDD suindicato, determinate sulla base del reddito dell'intero nucleo familiare, e non del solo assistito, è da considerarsi del tutto erronea in diritto. Tanto più che, ai sensi dell'art. 2, co. 6, del decreto succitato, è vietata la rivalsa in forza del disposto di cui all'art. 438 c.c., da parte dell'ente erogatore, a carico dei componenti il nucleo familiare del richiedente la prestazione sociale agevolata C. St. 6674/2012 . 2.3. Per tali ragioni, pertanto, il mezzo in esame non può che essere accolto. 3. L'accoglimento della suindicata censura comporta la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, nell'esercizio del potere di decisione nel merito di cui all'art. 384, co. 2, c.p.c., accoglie il ricorso introduttivo del P. . 4. Le spese del presente grado del giudizio e di quelli di merito vanno poste a carico dell'intimato soccombente, nella misura di cui in dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il secondo motivo di ricorso, e rigetta il primo cassa l'impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo proposto da P.D.T. condanna l'intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.700,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge condanna l'intimato alle spese di merito, che liquida in Euro 1.100,00, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, da atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso art. 13.