Istitutio ex re certa: sì alla forza espansiva per i beni non compresi nel testamento

In tema di distinzione tra erede e legatario, ex art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale c.d. istitutio ex re certa ove il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nella universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, determinati beni.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12158 depositata l’11 giugno 2015. Erede, legatario ed interpretazione della volontà testamentaria. Con la pronuncia in commento la Corte di Cassazione interviene in tema di istitutio ex re certa prendendo altresì in considerazione il dibattuto tema della devoluzione dei beni non attribuiti in via testamentaria. La controversia portata all’attenzione della Corte origina dall’interpretazione di una disposizione testamentaria con la quale il testatore istituiva testualmente come eredi alcuni parenti attribuendo a questi alcuni beni determinati, disposizione che secondo altri soggetti doveva intendersi in senso atecnico, volendo in realtà attribuire la qualifica di mero legatario ai beneficiari. Il giudice di seconde cure, in riforma della sentenza di primo grado, qualifica espressamente il lascito come a titolo universale, attribuendo portata dirimente al tenore letterale della disposizione, non potendosi per contro ritenere che l’età avanzata del testatore debba far escludere la consapevolezza circa le espressioni utilizzate. Avverso tale statuizione, veniva proposto ricorso per cassazione, deciso con la pronuncia in commento, con la quale la Corte esamina interessanti aspetti dell’istituzione di erede con beni determinati. L’istitutio ex re certa come accertamento di fatto. Il primo aspetto preso in considerazione dalla pronuncia in commento riguarda i criteri di individuazione della istituzione ex re certa secondo quanto disposto dall’art. 588 c.c La Corte, premesso che il relativo accertamento è sottratto al sindacato di legittimità se la decisione del giudice di merito risulta aderente alle regola sull’interpretazione e la statuizione è sorretta da congrua e logica motivazione in tal senso già Cass. 468/2010 e Cass. 7422 del 2005 , rigetta il motivo di ricorso con il quale si era censurata la sentenza di merito per avere erroneamente attribuito la natura di lascito a titolo universale alla disposizione interessata. Al riguardo la Corte, richiamando alcuni recenti precedenti di legittimità, afferma che in tema di distinzione tra erede e legatario, ex art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale c.d. istitutio ex re certa ove il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nella universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, determinati beni Cass. 24163/2013 Cass. 13835/2007 . Su tale presupposto la sentenza ha quindi condiviso la statuizione del Giudice di merito basata sulla considerazione del tenore letterale e tecnico della disposizione testamentaria, dove la nomina di erede si contrapponeva espressamente ad altra disposizione con cui si effettuava la nomina a titolo di legato. La capacità attrattiva della istitutio ex re certa. Ultimo aspetto riguardante l’ istitutio ex re certa che la pronuncia in esame prende in considerazione riguarda la destinazione dei beni non compresi nel testamento, ed in particolare la questione di centrale importanza relativa alla espansione del lascito agli eredi anche con riferimento ai beni non attribuiti con testamento oppure la destinazione degli stessi secondo le regole della successione legittima. Sul punto, la Corte afferma chiaramente la capacità attrattiva della quota ereditaria rispetto ad un bene non contemplato specificatamente dal testatore, con ciò aderendo all’opzione interpretativa che sostiene la forza espansiva della istitutio ex re certa . Al riguardo non si può non considerare che tale questione risulta estremamente controversa in dottrina, contrapponendosi all’orientamento cui aderisce la Corte nella sentenza in rassegna una diversa soluzione che, facendo leva sull’art. 734, comma 2, c.c., ritiene che i beni non compresi nella divisione testamentaria sono attribuiti secondo le regole della successione legittima. Di contro, un’autorevole e più articolata opzione interpretativa distingue l’ipotesi in cui il testatore abbia disposto per testamento di tutti i beni di cui sapeva di poter disporre, nel qual caso i beni non assegnati andrebbero agli eredi testamentari, dal caso in cui il testatore ha inteso consapevolmente disporre solo di alcuni beni, nel qual caso per i beni non assegnati in via testamentaria si aprirebbe al successione legittima.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 17 marzo – 11 giugno, n. 12158 Presidente Piccialli – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione del 20.11.2000 C.G. , C.L. e C.A. , quali eredi legittime di C.A. , deceduta il 21.4.2000, convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Terni, Z.M. , C.F. e C.D. , queste ultime quali eredi di C.A. , chiedendo la condanna di Z.M. alla restituzione della somma di L. 38.000.000, per averla egli sottratta dal patrimonio ereditario. Assumevano le attrici che la de cuius, al momento del decesso, era titolare di un c/c, acceso presso la Banca Commerciale di Terni, il cui saldo ammontava, al 20.11.2000, a L. 38.000.000 che Z.M. , figlio di C.F. sorella della de cuius , grazie alla delega ad operare sul conto corrente suddetto, aveva ritirato illegittimamente detta somma il 26.4.2000. Si costituiva in giudizio lo Z. ed eccepiva il difetto di legittimazione passiva delle attrici atteso che, con il testamento olografo, C.A. aveva nominato eredi universali esso convenuto e C.D. , che il conto corrente rientrava nel patrimonio della de cuius e che l’operazione bancaria in questione era legittima in quanto effettuata il 21.4.2000, quando ancora era viva la Co. . Si costituiva in giudizio anche C.D. riportandosi a quanto dedotto dalle attrici ed, in via subordinata, nel caso in cui fosse stata ravvisata la sua qualifica di erede testamentaria, insieme allo Z. , chiedeva la metà dell’importo di L. 38.000.000. Con sentenza non definitiva il Tribunale riteneva le attrici eredi legittime della de cuius affermando che a Z.M. ed a C.D. era stato attribuito solo un legato con sentenza definitiva del 14.7.2004 condannava, poi, lo Z. a restituire alle eredi stesse la somma di Euro 19.625,36, oltre alla svalutazione monetaria secondo indici Istat ed al pagamento delle spese di lite. Avverso le due sentenze,non definitiva e definitiva, Z.M. proponeva appello cui resistevano C.G. , C.D. , C.L. e C.A.R. C.D. , in via subordinata, chiedeva anche la condanna dell’appellante a corrisponderle il 50% della somma suddetta. Con sentenza depositata il 13.5.2008 la Corte di Appello di Perugina, in riforma delle sentenze impugnate, respingeva la domanda proposta nei confronti di Z.M. e condannava le attrici alla restituzione, in favore dello stesso, delle somme percepite in ottemperanza delle sentenze appellate oltre al rimborso delle spese processuali sostenute dallo Z. nei due gradi di giudizio condannava Z.M. al pagamento, in favore di C.D. , della somma di Euro 7.102,19, oltre interessi legali e rimborso, nei confronti della stessa, delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio dichiarava compensate le spese processuali nei confronti di Z.F. erede di C.F. rimasta contumace. Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva nel presene giudizio, che l’espressione adoperata dalla de cuius nel testamento olografo Istituisco miei eredi universali in parti uguali tra loro i miei nipoti Z.M. e C.D. , oltre ad attribuire letteralmente la qualità di eredi, si poneva in contrapposizione con la disposizione con cui si attribuivano a titolo di legato determinati beni ai nipoti successivamente nominati ed, il fatto che la testatrice avesse già 84 anni al momento della redazione del testamento, non ne escludeva la consapevolezza delle disposizioni testamentarie. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso, affidato a quattro motivi, C.A. . Resiste con controricorso Z.M. , gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione La ricorrente deduce 1 insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla interpretazione delle disposizioni testamentarie la volontà attribuita dalla Corte di appello alla testatrice di assegnare il bene immobile di via OMISSIS come quota del patrimonio, ovvero come istituzione ereditaria ex re certa, ai sensi dell’art. 588, 2 co. c.c, era sorretta pressoché esclusivamente da un’inesatta comparazione tra l’alto valore dell’immobile stesso rispetto al minor valore degli altri beni ereditari, circostanza priva di riscontro nelle risultanze processuali e non veritiera 2 violazione e/o falsa applicazione degli artt. 588 c.c. e 457, 2 co. c.c. la Corte di merito non aveva tenuto conto del principio fondamentale previsto dall’art. 457 2 co. c.c., secondo cui la parte dei beni non ricompresa nel testamento si trasferisce agli eredi legittimi e, nella specie,il testamento non conteneva alcuna espressione che e stendeva al lascito in favore di Z.M. e C.D. il cespite rappresentato dalle somme depositate sul conto corrente della de cuius 3 violazione e/o falsa applicazione degli artt. 588 c.c. e 734, 2 co. c.c. in base al disposto di quest’ultima norma, quand’anche Z.M. e C.D. potessero ritenersi eredi e non legatari essa ricorrente doveva considerarsi chiamata all’eredità, quale erede legittima, in virtù dell’art. 734, 2 co. c.c., che, nell’ipotesi di vocazione testamentaria incompleta, prevede la devoluzione dei beni non espressamente individuati nel testamento secondo le norme della successione legittima, con la conseguenza che, nella specie, il denaro depositato sul conto corrente della de cuius, non incluso nell’assegnazione dei beni effettuata dalla testatrice, doveva distribuirsi fra gli eredi legittimi 4 omessa e insufficiente motivazione in ordine alla mancata applicazione degli artt. 477, 2 co. c.c. e 734, 2 co. c.c. la Corte di merito aveva omesso di motivare sull’incidenza di tali norme nella fattispecie in esame, comportanti, a fronte di una vocazione e/o divisione testamentaria incompleta, che la somma depositata sul conto corrente bancario, intestato alla de cuius alla data del 21.4.2000, fosse distribuita prò quota fra tutti gli eredi legittimi. Il primo motivo di ricorso è infondato. Secondo il costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte, l’interpretazione della volontà del testatore espressa nel testamento, si risolve in un accertamento in fatto demandato al giudice di merito cui è riservata la scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire detta volontà, con la possibilità di avvalersi, in tale attività interpretativa, delle regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 c.c., con gli opportuni adattamenti per la particolare natura dell’atto, con la conseguenza che ove tale operazione è aderente a dette regole e la statuizione è sorretta da congrua e logica motivazione, la stessa esula dal sindacato di legittimità Cfr. Cass. n. 468/2010 n. 7422/2005 . Va aggiunto che, in tema di distinzione tra erede e legatario, ex art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale institutio ex re certa ove il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nella universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, determinati beni Cass. n. 24163/2013 n. 13835/2007 . Tanto premesso, deve ritenersi che la motivazione del giudice di appello su tale questione, come riportata nella parte dedicata allo svolgimento del processo , sia immune da vizi logico giuridici, essendo stata la distinzione tra istituzione di erede e legato fondata sul tenore letterale e tecnico delle espressioni utilizzate dal testatore nella scheda testamentaria, laddove si specifica istituisco miei eredi universali , espressione contrapposta a quella relativa all’attribuzione di determinati beni a titolo di legato . Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza impugnata non ha, quindi, interpretato la volontà della testatrice di assegnare il bene immobile di via OMISSIS come quota di patrimonio, ovvero come un’istituzione ex re certa ex art. 588, 2 co. c.c., solo sulla base di una inesatta comparazione tra l’alto valore dell’immobile stesso e lo scarso valore degli altri beni ereditari, avendo, fra l’altro, la Corte di merito evidenziato che detta terminologia utilizzata dalla de cuius era diretta ad indicare quello che nella mente della testatrice costituiva il nucleo centrale del suo patrimonio, l’universum ius una volta sottratti i beni mobili fatti oggetto dei vari legati V. pag. 8 sent. imp. . Gli altri motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro evidente connessione, sono anch’essi privi di fondamento. La Corte di appello ha ricompreso la somma depositata sul conto corrente nell’asse ereditario in quanto non oggetto di legato , escludendoci conseguenza, il concorso con la successione testamentaria di quella legittima quanto all’attribuzione di detta somma, inclusa correttamente nella quota spettante agli eredi universali, stante la capacità attrattiva della quota stessa rispetto ad un bene patrimoniale non contemplato specificamente dalla testatrice non potendosi, inoltre, ex art. 457 c.c., far luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria ed in particolare nel caso di testamento che, senza contenere istituzione di erede, contenga solo attribuzione di legati Cass. n. 2968/1997 . Non è dato, peraltro, ravvisare la violazione dell’art. 734, 2 co. c.c., una volta accertata la qualità di legataria dell’attuale ricorrente per la quale non può, quindi, configurarsi la qualità di erede legittima, come invece sostenuto nel motivo sub 3 . La Corte di Appello, sulla base della interpretazione globale del testamento, ha, pertanto, correttamente escluso il ricorso ad una successione legittima quanto alla somma di denaro suddetta, ricomprendendola nella quota relitta a titolo universale, avuto riguardo alla c.d. forza espansiva della istituzione ex re certa per Ì beni ignorati dal testatore o sopravvenuti ed implicitamente riconoscendo la volontà della testatrice in tal senso. In conclusione il ricorso va rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.