Negoziazione assistita e separazione: che succede se il PM nega l’autorizzazione?

Una delle novità più significative del d.l. n. 132/2014 è stata la previsione della possibilità di raggiungere accordi in materia familiare a seguito della nuova procedura di negoziazione assistita. Una possibilità, però, subordinata al nulla osta ovvero all’autorizzazione da parte del pubblico Ministero laddove ci siano figli minori .

Un procedimento rispetto al quale la normativa è tuttavia lacunosa e rispetto al quale erano già intervenuti sia il Ministero degli Interni e il Ministero della Giustizia ognuno per i profili di propria competenza. In particolare, quest’ultimo aveva precisato che la richiesta del nulla osta ovvero della autorizzazione al pubblico ministero rappresenta un procedimento che non necessita del pagamento del contributo unificato e non è soggetto alla sospensione feriale dei termini. Oggi, invece, il Tribunale di Termini Imerese, con l’ordinanza del Presidente del Tribunale del 24 marzo 2015, contribuisce a chiarire un punto delicato del procedimento e, cioè, che cosa succede se il pubblico ministero nega l’autorizzazione o il nulla osta. Nel caso di specie, infatti, era accaduto che i coniugi avessero raggiunto un accordo da loro ritenuto soddisfacente anche con riferimento ai figli minori della coppia che, però, non era stato autorizzato dal pubblico ministero che aveva inviato gli atti al Presidente del Tribunale perché fissasse l’udienza di comparizione dei coniugi. Natura del procedimento. Ma qual è la natura del procedimento che si apre dopo che il pubblico ministero ha negato il nulla osta o l’autorizzazione? Secondo il Tribunale di Termini Imerese il procedimento ha natura giurisdizionale e deve essere ascritto ai procedimenti di volontaria giurisdizione che si svolgono nel contraddittorio delle parti in camera di consiglio. Procedimento nel corso del quale le parti possono integrare o modificare le condizioni dell’accordo con riguardo ai figli, di propria iniziativa o anche su indicazioni o sollecitazioni d’ufficio, per sopperire a quelle inadeguatezze rilevate dal P.M. sempre che ad evidenza le modifiche siano più favorevoli e maggiormente rispondenti agli interessi dei figli . Poteri del giudice. Ma ciò ovviamente non significa che il giudice non abbia autonomi poteri di verifica dell’accordo che prescindono dalla valutazione del pubblico ministero. Ed infatti, il parere del P.M. è obbligatorio ma non certamente vincolante con la conseguenza che il giudice può anche autorizzare quell’accordo che il P.M. aveva ritenuto di non autorizzare come, in effetti, ha fatto nel caso di specie. La chiusura del procedimento – Il procedimento, infine, dovrà concludersi nel più breve tempo possibile con un’ordinanza con la quale viene concessa l’autorizzazione che non necessita di alcuna ulteriore omologazione da parte del Tribunale oppure con la quale viene negata l’autorizzazione richiesta. Peraltro, nel caso di diniego non appare ammissibile una possibilità di trasformazione di tale rito, seppure anomalo, in quello proprio della separazione consensuale ex art. 711 c.p.c. la cui proposizione, peraltro, rimarrebbe sempre possibile successivamente.

Tribunale di Termini Imerese, ordinanza – 16 – 24 marzo 2015 Fatto e diritto Il Presidente sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 9 marzo 2015, in cui sono comparsi i coniugi e , i quali hanno congiuntamente dichiarato che l'accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita per la soluzione consensuale della loro separazione personale tutela adeguatamente, nelle pattuizioni di natura economica, l'interesse dei figli minori e, nate rispettivamente il ed il . ed hanno chiesto il rilascio del provvedimento di autorizzazione dell'accordo, depositando memoria congiunta premesso che il presente procedimento si è instaurato a seguito della trasmissione dell'accordo da parte del P.M. ai sensi dell'art. 6 comma 2 del D.L. 12.09.2014, convertito nella legge 10.11.2014 n. 162, che prevede, appunto, che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, quando ritiene che l'accordo, raggiunto dai coniugi a seguito di convenzione di negoziazione assistita, che riguardi figli minori, figli maggiorenni incapaci e portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, non risponda all'interesse dei figli, lo deve trasmettere, entro cinque giorni, al presidente del tribunale competente, che fissa, entro trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo ritenuto che la formulazione della normativa in oggetto presenta indubbie carenze ed incompletezze ed è suscettibile di dubbi interpretativi in particolare sul tipo di procedimento che si instaura davanti al presidente del Tribunale sui poteri di verifica e di valutazione in ordine alla conformità o meno all'interesse dei figli delle disposizioni convenute sulle facoltà di modificare, integrare o correggere le condizioni dell'accordo con riguardo ai figli sulla natura del provvedimento che conclude la fase conseguente al diniego da parte del P.M. dell'autorizzazione richiesta ritenuto, con riguardo al primo profilo, che, a parere di questo decidente, debba ritenersi che il procedimento, che si instaura a seguito della trasmissione dell'accordo da parte del P.M. con la denegata autorizzazione per la ritenuta non corrispondenza all'interesse dei figli, in quanto si svolge davanti ad un organo giurisdizionale, nel contraddittorio dei coniugi, abbia natura giurisdizionale e non avendo ad oggetto una controversia tra le parti, bensì un accordo consensualmente raggiunto, è assimilabile ai procedimenti di volontaria giurisdizione, che si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio e si conclude, sentite le parti e, quindi, nel contraddittorio delle stesse, con ordinanza che appare ammissibile che i coniugi possano, in sede di comparizione davanti al presidente del Tribunale, integrare o modificare le condizioni dell'accordo con riguardo ai figli, di propria iniziativa o anche su indicazioni o sollecitazioni d'ufficio, per sopperire a quelle inadeguatezze rilevate dal P.M., sempre che, ad evidenza, le modifiche siano più favorevoli e maggiormente rispondenti all'interesse della prole che, in ordine ai poteri di verifica da parte dell'organo giurisdizionale della corrispondenza delle condizioni pattuite all'interesse dei figli, posto che il parere del P.M. è obbligatorio ma non certamente vincolante, deve ritenersi che il presidente del tribunale, rivalutate le condizioni, le ragioni addotte a sostegno dell'accordo e la documentazione allegata, possa, in difformità al parere del P.M., ravvisare, invece, l'adeguatezza delle condizioni e sufficientemente salvaguardati gli interessi della prole, così da potere autorizzare l'accordo che, in ordine al provvedimento conclusivo, da emettersi senza ritardo, nel silenzio della norme, che non prevede un ulteriore provvedimento di omologazione dell'accordo da parte del Tribunale, come ha luogo nel procedimento ordinario di separazione consensuale, una interpretazione sistematica del complesso della normativa dettata dal citato art. 6 soprammenzionato indice a ritenere che il procedimento si debba concludere o con un provvedimento autorizzatorio o con il diniego dell'autorizzazione che non appare ammissibile, in caso di diniego dell'autorizzazione, una possibilità di trasformazione di tale rito, seppure anomalo, in quello proprio della separazione consensuale ex art. 711 cpc, non escludendo, ad evidenza, l'eventuale rigetto della richiesta autorizzazione e la normativa in esame la proponibilità di un successivo autonomo ricorso per separazione consensuale, il cui ordinario procedimento si conclude con il decreto di omologazione da parte del tribunale, dopo la valutazione della rispondenza delle condizioni riguardanti i figli al loro interesse ritenuto, fatte queste premesse, che occorre valutare se nel caso di specie può condividersi o meno, sotto il profilo della tutela dell'interesse delle due figlie, il pere, ostativo all'autorizzazione, espresso dal P.M., che ha ritenuto che l'accordo non risponda all'interesse dei figli con particolare riguardo alla pattuizione relativa all'assegno di mantenimento che si impegna a versare nella somma di € 800,00 mensili, il cui importo non appare congruo rispetto al reddito dell'obbligato e al tenore di vita tenuto in costanza di convivenza che l'accordo in questione prevede, per quanto riguarda la parte relativa al mantenimento delle figlie al punto 4 che si obbliga a costituire, entro tre anni dalla sottoscrizione dell'accordo, due distinti depositi fruttiferi, ovvero in alternativa titoli di stato o altro investimentoa basso rischio maggiormente fruttifero, dell'importo di € 35.000,00 ciascuno, uno a nome di . ed uno a nome di .. che al punto 6 dell'accordo è stato previsto, inoltre, l'obbligo del di versare alla moglie a titolo di contributo al mantenimento delle figlie, la somma mensile di € 800, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici ISTAT, suscettibile di modifica, in aumento o diminuzione, ove i redditi del predetto subiscano un aumento o una diminuzione per tre anni consecutivi in misura superiore al 10% che, poi, è stato previsto l'obbligo del padre di sostenere nella misura del 50% le spese mediche e/o sanitarie necessarie per le figlie ove non coperte dal S.S.N. da concordarsi preventivamente con il coniuge considerato che, come rilevato nella memoria depositata, tenuto conto della attuale età della figlia , prossima a raggiungere la maggiore età, e del presumibile tempo, di otto anni, in cui la stessa potrà presumibilmente acquisire l'indipendenza economica, la costituzione del deposito, produttivo di utili, corrisponde ad un ulteriore versamento di € 370,00 mensili, anche nel caso di anticipata indipendenza economica che analogamente, considerata l'età dell'altra figlia e la ragionevolmente più lunga durata per il raggiungimento dell'indipendenza economica, prevedibile in tredici anni, l'importo da costituire in deposito fruttifero corrisponde ad un ulteriore incremento dell'assegno mensile di € 225,00 circa che i termini economici dell'accordo non sono stati complessivamente valutati dal P.M., che ha soltanto preso in considerazione l'ammontare dell'assegno convenuto a titolo di mantenimento delle figlie, ritenendolo non congruo rispetto al reddito percepito dall'obbligato, senza, peraltro, considerare l'analogo obbligo della [moglie], pure medico alle dipendenze della ASP di Palermo, che percepisce un reddito annuo ragguardevole € 67.021 per l'anno 2012, € 66.436,15 nell'anno 2013 di contribuire, in proporzione ai suoi redditi, al mantenimento delle figlie che, in conclusione, le condizioni dell'accordo nei termini sopra riportati appaiono sufficientemente congrue ed idonee a tutelare gli interessi, di natura economica, delle due figlie che, pertanto, l'accordo raggiunto deve essere autorizzato, fermo rimanendo l'obbligo di legge degli avvocati delle parti di trasmettere, entro il termine di dieci giorni dalla comunicazione del presente provvedimento, all'ufficiale di stato civile del comune in cui il matrimonio è stato trascritto, copia autentica dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'art. 5 del D.L. 12.09.2014, convertito nella Legge 10.11.2014 n. 162, nonchè di copia autenticata del presente provvedimento autorizzativo P.Q.M. Autorizza l'accordo raggiunto a seguito di negoziazione assistita per la soluzione consensuale della separazione personale, intervenuto, ai sensi dell'art. 6 comma 2 del D.L. 12.09.2014 convertito nella Legge 10.11.2014 n. 162, tra e dispone darsi comunicazione alle parti del presente provvedimento.