Lui infertile e alcolizzato, lei tenuta all’oscuro: addebitabile la rottura coniugale

Sgombrato il campo da ogni dubbio le condotte dell’uomo, il quale ha volutamente occultato i propri problemi agli occhi della moglie, hanno condotto, inevitabilmente, alla crisi irreversibile della coppia di coniugi. Evidente la frustrazione subita dalla donna per il ‘tradimento’ compiuto dal marito.

Tradimento clamoroso nei confronti della moglie. Non si tratta, però, in questo caso, di una relazione extraconiugale, bensì della scelta di nascondere, alla compagna di vita, prima la propria infertilità – rifiutandosi, peraltro, di sostenere fino in fondo il ciclo di procreazione assistita scelto di comune accordo – e poi la propria condizione di alcolista – non superata nonostante l’aiuto psico-fisico offerto dalla consorte –. Evidente come questi comportamenti dell’uomo abbiano minato alle fondamenta il rapporto coniugale. Consequenziale l’addebito al marito per la separazione tra i coniugi Cassazione, sentenza n. 7132, sez. I Civile, depositata oggi . Rottura. Andamento altalenante nei giudizi di merito in Tribunale, riconosciuto l’ addebito all’uomo per la separazione in appello, invece, ritenuta non provata la correlazione tra le condotte dell’uomo e la rottura della coppia. Per i giudici di secondo grado, difatti, è mancata la ‘prova provata’ del nesso causale tra il comportamento dell’uomo e la irreversibile crisi coniugale . Significativo, in questa ottica, il fatto che la condotta relativa all’interruzione del progetto di fecondazione assistita risaliva a quattro anni prima del ricorso per separazione . E rilevante, poi, la constatazione che il rapporto coniugale era continuato, sul piano affettivo, anche dopo che la donna era venuta a conoscenza prima dell’intenzione del marito – affetto da infertilità – di non proseguire nel progetto procreativo , e poi dell’ alcolismo di lui, che aveva ricevuto, comunque, il sostegno della moglie nelle cure e nei tentativi di disintossicazione . Decisiva, quindi, la mancanza di collegamento, anche a livello temporale, tra le condotte dell’uomo e la decisione relativa alla separazione . Tradimento. Pronta la replica da parte della donna, la quale, ricorrendo in Cassazione, ribadisce, con forza, che la causa esclusiva della crisi coniugale era rappresentata dall’ inganno, reiterato e continuativo dell’uomo in ordine a due suoi aspetti fondamentali per una serena convivenza , ossia l’infertilità – che, peraltro, aveva costretto la moglie in un primo tempo a cure inutili, e, dopo l’iniziale condivisione del progetto di procreazione assistita, a terapie invasive altrettanto superflue, vista la sopravvenuta unilaterale decisione d’interruzione del marito – e l’etilismo, tenuto nascosto, e non superato, nonostante l’assistenza e la solidarietà offerte dalla donna. Per la moglie, in sostanza, è evidente, rispetto alla separazione , la incidenza della violazione , realizzata dall’uomo, della fiducia reciproca che deve sostenere un’unione coniugale . Ebbene, tale prospettiva, tale linea di pensiero viene condivisa e fatta propria dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, smentendo categoricamente le valutazioni compiute in appello, ritengono lapalissiano il ‘peso specifico’, in questa vicenda, della violazione , realizzata dall’uomo, della fiducia nella lealtà dell’altro coniuge, che caratterizza la comunione spirituale e materiale posta a base dell’ affectio coniugalis . Evidente, e non discutibile, la frustrazione subita dalla donna a seguito della ‘ferita’ all’ affidamento riposto sull’osservanza degli impegni reciproci assunti dai coniugi , frustrazione che, sottolineano i giudici, è idonea a costituire la causa dell’impossibilità di proseguire nel rapporto matrimoniale . Alla radice di questa frustrazione, è chiaro, le bugie dell’uomo, il quale ha, da un lato, omesso di rivelare di essere la causa esclusiva dell’infertilità di coppia – peraltro, poi, non condividendo le difficoltà di accettazione del progetto procreativo assistito – , e, dall’altro, ha evitato di confessare alla donna la propria dipendenza dall’alcool – che, chiariscono i giudici, non è catalogabile come patologia , e quindi non può obbligare il coniuge all’ assistenza –, occultando peraltro di avere interrotto il percorso di recupero intrapreso grazie anche alla moglie . Non vi è alcun dubbio, quindi, sulle condotte dell’uomo, inquadrabili come violazione del dovere solidale di lealtà e di condivisione del progetto di vita in comune . Tali condotte hanno minato il nucleo imprescindibile di fiducia reciproca che deve caratterizzare il vincolo coniugale , e hanno condotto alla separazione , addebitabile, quindi, concludono i giudici, all’uomo.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 22 gennaio – 9 aprile 2015, n. 7132 Presidente Forte – Relatore Acierno Svolgimento del processo Con la sentenza impugnata, la Corte d'Appello di Firenze, in riforma della sentenza di primo grado, escludeva l'addebitabilità della separazione personale tra i coniugi F.G. e L.M.P. al marito, riconosciuta in primo grado. A sostegno della decisione, per quel che ancora interessa, la Corte evidenziava la domanda di addebito era fondata su due aspetti, il primo, relativo all'infertilità del G. ed in particolare all'unilaterale decisione, non comunicata alla moglie, di non procedere oltre nel ciclo di procreazione assistita in precedenza deciso in comune, nonostante che laP. si fosse sottoposta a terapie invasive la seconda la dipendenza da alcool della quale il coniuge non aveva messo al corrente la moglie e dalla quale non si era liberato nonostante la solidarietà e l'assistenza della moglie una volta scopertolo non era stata fornita nella specie la prova del nesso causale tra il comportamento volontario ascritto al G. e l'irreversibile crisi coniugale, dal momento che la condotta relativa all'interruzione del progetto di fecondazione assistita risaliva a quattro anni prima del ricorso per separazione e non era neanche stata menzionata due aspetti fondamentali per una serena convivenza l'infertilità che aveva costretto la ricorrente in un primo tempo a cure inutili e dopo l'iniziale condivisione del progetto di procreazione assistita a terapie invasive altrettanto superflue visto la sopravvenuta unilaterale decisione d'interruzione da parte del G. ed, infine, l'etilismo tenuto nascosto e non superato nonostante l'assistenza e la solidarietà della moglie. Sotto il profilo del vizio d'insufficiente motivazione la parte ricorrente ha rilevato che la Corte d'Appello, nell'escludere il nesso di causalità ha omesso una valutazione globale della vita coniugale e dell'incidenza esclusiva della violazione unilaterale della fiducia reciproca che deve sostenere un'unione coniugale. La censura è fondata. Come correttamente evidenziato in ricorso la Corte d'Appello per escludere il nesso causale tra le condotte soggettivamente riferibili esclusivamente al G. e l'irreparabile deteriorarsi del rapporto causale esamina separatamente il profilo dell'infertilità e dell'interruzione del progetto procreativo assistito ed il profilo dell'etilismo, omettendo di considerare che entrambe compongono un quadro di violazione del tutto unilaterale della fiducia nella lealtà dell'altro coniuge che caratterizza la comunione spirituale e materiale posta a base dell'affectio coniugalis. In ordine al primo aspetto la esclusiva valorizzazione della mancanza di consequenzialità cronologica tra la condotta contestata d'interruzione del progetto procreativo all'insaputa della moglie e la domanda di separazione ha condotto la Corte territoriale ad omettere di considerare che vi è stata da parte del G. prima nel non rivelare di essere la causa esclusiva dell'infertilità di coppia e successivamente nel non condividere con la moglie le difficoltà di accettazione del progetto procreativo assistito una costante violazione dell'obbligo di lealtà reciproca che caratterizza non soltanto con riferimento alla sfera sessuale, la comunione affettiva posta a base del vincolo coniugale. La frustrazione che consegue alla reiterata disconferma dell'affidamento riposto sull'osservanza degli impegni reciproci assunti dai coniugi è del tutto idonea a costituire la causa dell'impossibilità di proseguire nel rapporto matrimoniale. Nella specie, peraltro la indicata frustrazione si è verificata anche sul fronte della non confessata dipendenza dall'alcool e si è rafforzata dopo le cure e l'assistenza prestate dallaP., così come riferito dalla sentenza impugnata. Anche in ordine a questo profilo non può condividersi l'argomentazione sostenuta dalla Corte d'Appello per escludere il nesso causale. Poiché si tratta solo di una grave infermità , afferma la Corte territoriale, laP. era tenuta all'obbligo di assistenza Bsolidaristica proprio del vincolo coniugale tanto da potersi profilare l'addebitabilità della separazione a carico di chi a tale obbligo si sottragga. Deve osservarsi al riguardo che la dipendenza da alcool e droghe non può equipararsi integralmente ad una patologia sulla quale non interferisce la volontà o l'impegno del paziente. Al contrario si può ragionevolmente ritenere che contrariamente ad affezioni di carattere organico si tratta di patologie superabili esclusivamente mediante la partecipazione e l'autodeterminazione del soggetto che ne è colpito. Partendo da questa premessa nella specie, anche sotto questo profilo, la violazione del dovere solidale di lealtà e condivisione del progetto di vita in comune è stato duplice, consistendo sia nell'aver tenuta nascosta tale dipendenza e successivamente nell'aver interrotto il percorso di superamento e recupero intrapreso anche grazie all'assistenza e collaborazione della moglie. Si condivide in conclusione il consolidato principio della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la pronuncia di addebito non può fondarsi soltanto sulla violazione dei doveri coniugali cfr. tra le ultime Cass. 18074 del 2014 ma nella specie la violazione del dovere di lealtà ha caratterizzato la condotta continuativa e le scelte unilaterali e non condivise del G., così da minare il nucleo imprescindibile di fiducia reciproca che deve caratterizzare il vincolo coniugale. La pronuncia impugnata deve in conclusione essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto deve pronunciarsi la separazione personale tra i coniugi L.P. e F.G. con addebito al marito, con compensazione delle spese processuali di tutti i gradi, in considerazione della natura della controversia e delle problematiche personali del contro ricorrente. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso e decidendo nel merito cassa la sentenza impugnata e dichiara addebitabile a F.G. la separazione personale. Compensa le spese processuali di tutti i gradi. In caso di diffusione omettere le generalità.