Indisponibilità preventiva degli effetti patrimoniali della separazione personale: scrittura privata vs assegnazione della casa coniugale

Sull’accordo stragiudiziale che i coniugi, comproprietari della casa coniugale e senza prole, avevano raggiunto in ordine alla sorte di tale immobile comune ed in funzione di una loro eventuale separazione, deve essere valutata l’interferenza dell’assegnazione della casa familiare al marito disposta nel giudizio di separazione personale.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 23001 della Corte di Cassazione, depositata il 29 ottobre scorso. Il caso. Con scrittura privata sottoscritta in epoca antecedente alla separazione, i coniugi prevedevano, tra le condizioni economiche alle quali sarebbe dovuta avvenire la futura ed eventuale separazione personale, l’assegnazione della casa coniugale, di comproprietà di entrambi, al marito ed il contestuale diritto della moglie di scegliere, all’atto della separazione, se cedere la proprietà o ricevere un canone di locazione mensile. Dies a quo della prescrizione. Il diritto di opzione riconosciuto alla moglie veniva esercitato dalla medesima per la prima volta nel successivo giudizio di divorzio. Disattendendo la pronuncia dei giudici di primo grado che, ravvisando il dies a quo della prescrizione del diritto di opzione nella data di deposito del ricorso per separazione, avevano affermato l’intervenuta prescrizione del diritto stesso in quanto non esercitato dalla titolare per 10 anni, la Corte d’Appello condannava il marito a versare, in favore della moglie, un importo quale corrispettivo locatizio riferito ai circa 17 anni di occupazione dell’immobile coniugale da parte dello stesso. La Corte territoriale, in particolare, riteneva che la facoltà di scelta riservata alla signora e contenuta negli accordi con i quali i coniugi avevano inteso preregolare i loro rapporti in caso di separazione fosse concettualmente ed ontologicamente vincolata e condizionata alla definitiva separazione e quindi al conseguimento della sentenza definitiva di separazione , con la conseguenza che il dies a quo di inizio della prescrizione coincideva con l’emanazione della sentenza definitiva e non del deposito del ricorso come aveva ritenuto il Tribunale e che il diritto della signora non risultava ancora prescritto. Inammissibile ed infondata la pretesa della moglie. Nell’impugnare la sentenza di secondo grado, il ricorrente chiedeva che i giudici di legittimità dichiarassero inammissibile e/o infondata la pretesa dell’ex moglie ad ottenere il corrispettivo locativo, stante la nullità di una tale clausola inserita nella scrittura privata per indisponibilità preventiva degli effetti patrimoniali della separazione personale. Inoltre, il ricorrente rilevava che tale pretesa era stata superata tanto dall’ordinanza presidenziale quanto dalla sentenza definitiva di separazione che avevano assegnato la casa coniugale esclusivamente al marito al quale era stato posto l’obbligo di versare alla moglie un cospicuo assegno di mantenimento mensile. L’assegnazione prevale sugli accordi tra coniugi. La Suprema Corte afferma che sull’accordo stragiudiziale avrebbe dovuto essere valutata l’interferenza dell’assegnazione della casa coniugale al marito disposta nel giudizio di separazione personale intercorso tra le parti, benché in assenza di figli. Nella pronuncia in esame, i giudici di legittimità ribadiscono la natura dei provvedimenti di assegnazione della casa familiare quale emessi rebus sic stantibus, di indole dapprima urgente e poi stabile, titoli esecutivi opponibili anche alla comproprietaria dell’immobile sino alla successiva revoca o modifica. Il provvedimento di assegnazione della casa coniugale a seguito del quale il marito aveva occupato l’immobile legittimava, anche nei confronti della ex moglie, la presenza e permanenza gratuite dello stesso in tale abitazione, ed essendo esso dotato di funzione e portata diverse e di efficacia assorbente l’antecedente accordo negoziale, non avrebbe potuto essere accolta la pretesa di corrispettivo locativo avanzata dalla moglie, pretesa in contrasto con le statuizioni giurisdizionali di assegnazione gratuita dell’immobile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 settembre – 29 ottobre 2014, n. 23001 Presidente Luccioli – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con ricorso rubricato per la determinazione del canone locatizio depositato in cancelleria il 5 aprile 2006, L.G.C. , premesso di essere comproprietaria, nella misura del 50%, di una villa sita in omissis che il restante 50% era di proprietà di N.R. suo ex marito, essendo stata pronunciata, con sentenza del 24.11.2004, la cessazione degli effetti civili del loro matrimonio che in data 21.1.1991, antecedente alla separazione di cui al suo ricorso del 27.05.1992 ed al divorzio dal marito, aveva con lui sottoscritto una scrittura privata in cui, tra l'altro, si era stabilito al punto tre 3 Nel caso in cui i coniugi decidessero di separarsi consensualmente ed anche nel caso di separazione giudiziale i coniugi fin d'ora pattuiscono che la separazione avverrà alle seguenti condizioni economiche 3.1 la casa coniugale sito in omissis di proprietà comune rimarrà assegnata al marito con tutto quanto l'arreda e la sig.ra L. potrà ritirare gli effetti personali 3.2 all'atto della separazione la sig.ra Lavorato potrà scegliere se cedere la proprietà o ricevere un canone di locazione mensile che a partire dal 3.11.1992, data dell'udienza di comparizione avanti il Presidente del Tribunale nella causa di separazione giudiziale, lei e il marito erano stati autorizzati a vivere separati, che il marito aveva occupato l'intero immobile e che in virtù del prodotta scrittura lei aveva diritto ad un canone di locazione mensile, tanto premesso adiva il Tribunale per sentir condannare il N. a corrisponderle la somma di Euro 325.000, quale 50% del canone di locazione corrente di mercato maturato dal 3.11.1992 in poi. Il N. si costituiva chiedendo la sospensione del processo per pendenza di altro processo concernente la revoca per indegnità della donazione del 50% dell'immobile da lui effettuata in favore della L. ed eccependo oltre al vizio di notifica poi sanato nel merito l'intervenuta prescrizione del preteso diritto della ricorrente e, in subordine, la nullità della pattuizione per indeterminatezza dell'oggetto misura del canone aggiungeva, inoltre, in una prospettiva ancora antecedente all'eccezione di prescrizione, che la ricorrente, non avendo esercitato all'atto della separazione la facoltà di scelta prevista al punto 3 dell'azionata scrittura, era decaduta dal potere di esercitare quella scelta. Con sentenza n. 670 del 13-30.10.2006 il Tribunale di Pavia rigettava la domanda della L. , osservando tra l'altro che la scrittura del 21 gennaio 1991, in virtù del suo contenuto e di quanto trascritto dalle parti nelle sue premesse , appariva pacificamente una pattuizione, nota alla giurisprudenza, con la quale i coniugi avevano inteso pre regolare i loro rapporti patrimoniali per il caso in cui gli stessi decidessero di separarsi definitivamente . Al punto 3.2 di detta scrittura le parti avevano stabilito di riconoscere alla L. un diritto potestativo si noti il verbo potrà in ordine alla casa coniugale in comproprietà un diritto da esercitare all'atto della separazione sia consensuale che giudiziale e avente ad oggetto la facoltà di scegliere se cedere la proprietà al prezzo di mercato e, in caso di disaccordo, da determinarsi tramite perizia contrattuale ovvero se ricevere un canone di locazione mensile in questo caso, senza alcun riferimento, nemmeno per relationem , ad un prezzo specifico ovvero al modo con cui determinarlo . Comunque la si volesse intendere opzione, preliminare unilaterale tale pattuizione recava un preciso riferimento temporale all'atto della separazione , che altro non poteva interpretarsi se non in relazione al momento della presentazione del ricorso per la separazione, come si desumeva anche dall' incipit del punto 3 della scrittura, laddove le parti avevano dichiarato di pattuire le successive condizioni nel caso in cui i coniugi decidessero di separarsi consensualmente ed anche nel caso di separazione giudiziale . In data 27 maggio 1992 la L. depositava ricorso per separazione personale in esso la ricorrente formulava in merito alle richieste patrimoniali, un generico riferimento alle condizioni pattuite con la scrittura del 21.1.1991 senza però esercitare, in ordine alla casa coniugale, il diritto di scelta tra la cessione in proprietà ovvero la percezione del canone di locazione tale scelta risultava effettuata invece per la prima volta nella comparsa di costituzione relativa al successivo giudizio di divorzio, depositata nella cancelleria del Tribunale di Milano il 21 giugno 2002. Come fondatamente eccepito dal resistente, pertanto, il diritto di scelta pattuito nella scrittura 21.1.1991 risultava prescritto al più tardi il 27 maggio 2002 la ricorrente, su cui gravava l'onere di contro eccepire eventuali cause di sospensione o interruzione della prescrizione non rilevabili d'ufficio , nulla aveva dedotto al riguardo e, anzi, invitata espressamente dal giudice a prendere posizione sull'eccezione di prescrizione, aveva corretto il tiro invocando non più la scrittura azionata ma il proprio diritto derivante dalla comproprietà dell'immobile, domanda del tutto nuova e pertanto inammissibile. Peraltro, che l'intento della ricorrente fosse quello di azionare la scrittura era desumibile, oltre che dalla narrativa del ricorso, dall'oggetto, dell'azione e dai documenti prodotti, anche dalla scelta del rito ex art. 447 bis c.p.c., laddove la domanda per la regolamentazione di beni in comunione avrebbe dovuto essere introdotta con ordinario atto di citazione e con produzione in giudizio per lo meno dall'atto di donazione da cui derivava la legittimazione della L. ad azionare i diritti connessi alla propria quota di proprietà sull'immobile, peraltro sempre azionabili in separato giudizio. Il diritto di scegliere tra cessione e locazione, invece, che era diritto di origine convenzionale e che costituiva un quid pluris di natura pattizia rispetto agli ordinari diritti del comproprietario , si era definitivamente prescritto trascorsi dieci anni dal momento in cui lo stesso avrebbe potuto essere fatto valere, con la conseguenza che la domanda formulata dalla ricorrente nel 2006 andava rigettata. Con sentenza del 27.10-12.11.2010 la Corte di appello di Milano, in riforma della sentenza di primo grado impugnata dalla L. , condannava il N. a versarle quale corrispettivo locatizio l'importo di Euro 130.000,00, riferito ai circa diciassette anni di occupazione intercorsi tra il novembre 1992 ed il 25 marzo 2010 data dell'intervenuta divisione dell'immobile , importo calcolato in via equitativa tenendo conto delle plurime variabili intervenute in così lungo lasso di tempo, quali indicate dal CTU nonché dalla difesa appellata denunciato periodo circa trimestrale di occupazione da parte della L. , ininfluenza della nomina di un custode giudiziario soltanto per la quota già di pertinenza del N. . La Corte territoriale osservava e riteneva che la facoltà di scelta riservata alla L. e contenuta negli accordi con i quali i coniugi avevano inteso preregolare i loro rapporti per il caso in cui gli stessi decidessero di separarsi definitivamente era concettualmente ed ontologicamente vincolata e condizionata alla definitiva separazione e quindi al conseguimento della sentenza definitiva di separazione, intervenuta il 24.09-1-12.1997. Pertanto solo con il conseguimento di questo titolo definitivo era divenuto esercitabile dalla L. il diritto di azionare legittimamente la scelta seppure poi con efficacia dal provvedimento provvisorio di assegnazione della casa attesi gli ordinari effetti retroattivi della sentenza e quindi era iniziato a decorrere il dedotto termine prescrizionale, che pertanto nella fattispecie non si era consumato e ciò a prescindere da ogni considerazione sulla prescrittibilità di facoltà, evidenti espressioni del diritto di proprietà . Doveva pertanto affermarsi il diritto della appellante a ricevere un corrispettivo pro quota per la occupazione da parte dell'ex coniuge della villa, diritto condizionato alla separazione definitiva, condizione che si era verificata appunto solo con la sentenza di separazione. Venendo alla determinazione del corrispettivo la clausola pattizia era inequivoca e significativa nel senso di esplicitare l'accordo delle parti in punto di non gratuità dell'assegnazione in via esclusiva al marito dell'intero immobile. Un'interpretazione di buona fede della clausola contestualizzata non consentiva alcuna sua elusione. Quanto all'entità del corrispettivo, le parti si erano riferite alla determinabile misura di un canone locatizio che poteva conformarsi con riguardo alle oggettive caratteristiche dell'immobile ed alle desumibili quotazioni in uso. Sovvenivano quindi le utili determinazioni della espletata CTU in relazione alle qualità della villa ed ai prezzi di mercato. In totale mancanza di trattativa sul punto ed accordo tra le parti, nella determinazione della concreta entità occorreva però riguardare la mancanza nella clausola di espliciti riferimenti ai valori di mercato e lo spirito ancora di collaborazione esistente tra i coniugi, al momento di redazione dell'accordo. Talché ferma restando la pattuita onerosità dell'occupazione, la determinazione dell'entità doveva rapportarsi ad una funzione indennitaria riferibile ad una mera quota indivisa e come tale priva di concreta appetibilità da parte del mercato immobiliare. Tutte tali considerazioni comportavano logicamente un notevole abbattimento dell'astratta metà del corrispettivo locatizio dell'intera villa quale indicato come presumibile dal CTU oltre che suscettibile di oscillazione per plurimi fattori ISTAT, possibile arredamento, ampliamenti . Avverso questa sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi e notificato il 28.12.2011-28.01.2012 alla L. , che non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione A sostegno del ricorso il N. denunzia 1. Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 comma 1, n. 5 c.p.c. violazione o falsa applicazione degli artt. 2946 e 2935 c.c. art. 360 I comma n. 3 c.p.c. . . Il ricorrente si duole del fatto che la Corte d'Appello, ritenuto il diritto della L. di cui alla scrittura del 21.01.1991, esercitabile solo a decorrere dal giudicato separatizio del 24.09-1-12.1997, abbia respinto la sua eccezione di prescrizione decennale del diritto in questione, ed abbia poi, anche illogicamente, fatto decorrere l'attribuzione alla stessa del corrispettivo locatizio mensile dalla data anteriore del 3 novembre 1992, in cui si era tenuta l'udienza di comparizione avanti il Presidente del Tribunale nella suddetta causa di separazione giudiziale. 2. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1346, 1571, 1418 c.c. art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. . Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. . Il N. , premesso che nel giudizio di primo grado aveva eccepito la nullità parziale della menzionata clausola pattizia in riferimento soltanto all'opzione di locazione attribuita alla L. ed al fatto che rispetto ad essa fosse mancata la determinazione della misura del canone, a suo parere non altrimenti determinabile, sostiene che la Corte distrettuale ha eluso l'eccezione e che ha violato le rubricate norme procedendo ad una non consentita determinazione giudiziale del canone in questione. 3. Violazione o falsa applicazione degli artt. 1418, 1343, 155 c.c., 6, 6 comma legge 01.12.1970 n. 898 art. 360 I comma, n. 3 c.p.c. . Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360, 1 comma, n. 5 c.p.c. . Il ricorrente censura l'impugnata sentenza anche per il profilo argomentativo, sostenendo che la pretesa al corrispettivo locativo esercitata dalla L. avrebbe dovuto essere ritenuta inammissibile e/o infondata, in quanto non poteva trovare titolo nella clausola pattizia, che oltre che nulla per indisponibilità preventiva degli effetti patrimoniali della separazione personale, era stata superata sia dal provvedimento presidenziale adottato il 3.11.1992 nel giudizio di separazione, col quale la casa coniugale era stata assegnata soltanto a lui, e sia dalla pronuncia definitiva resa in quel giudizio, con la quale era stata confermata l'assegnazione gratuita dell'immobile a lui, all'esito di una valutazione complessiva della situazione economica dei coniugi, che aveva anche comportato l'obbligo a suo carico di versare alla moglie un cospicuo assegno mensile. 4. Violazione o falsa applicazione degli artt. 156 c.c., 113 c.p.c. art. 360, I comma, n. 3 c.p.c. . Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 36,1 comma, n. 5 c.p.c. . Anche ad integrazione delle censure sul medesimo punto svolte col primo motivo, il N. deduce che la retrodatazione al novembre 1992 del corrispettivo dovuto alla L. è affetta da errore di diritto e vizi motivazionali, in quanto è stata erroneamente attribuita valenza generalizzata al principio della retroattività delle sentenze, segnatamente di quella di separazione personale, e non si è inoltre considerato né che la domanda in questione era stata proposta dalla medesima L. non nella causa separatizia ma il 21.06.2002 ed il 5.04.2006 nei due successivi giudizi né che l'opzione includeva in via alternativa la possibilità di trasferimento della quota dell'immobile comune, non dotabile di efficacia retroattiva. Il terzo motivo del ricorso merita in via logico-giuridica trattazione prioritaria al relativo accoglimento nei limiti in prosieguo precisati segue anche l'assorbimento degli altri tre motivi d'impugnazione. Nella specie sull'accordo stragiudiziale che, con la scrittura privata del 21.01.1991, i coniugi, comproprietari della casa coniugale e senza prole, avevano raggiunto in ordine alla sorte di tale immobile comune ed in funzione soltanto di una loro eventuale separazione personale, avrebbe dovuto essere valutata l'interferenza dell'assegnazione della casa familiare al N. , disposta, nonostante peraltro l'assenza di figli delle parti, nel giudizio di separazione personale tra le stesse intercorso. I provvedimenti di assegnazione in questione infatti, d'indole dapprima urgente e poi stabile rebus sic stantibus , costituivano per legge titoli esecutivi giudiziari opponibili anche alla comproprietaria del bene, che sino a successiva loro modifica o revoca doveva consentirne l'attuazione negli imposti termini legittimavano, quindi, anche nei confronti della L. e sin dal novembre del 1992, la presenza e permanenza gratuite del solo comproprietario N. nella casa coniugale, ed essendo essi dotati di funzione e portata diverse e di efficacia assorbente l'antecedente accordo negoziale intervenuto tra i coniugi nel 1991, di questo non avrebbe potuto disporsi in giudizio il chiesto adempimento per la parte confliggente con le statuizioni giurisdizionali di assegnazione gratuita, quanto meno per il tempo di loro vigenza. Conclusivamente si deve accogliere nei precisati sensi il terzo motivo del ricorso, dichiarare assorbiti gli altri tre motivi e cassare l'impugnata sentenza, con rinvio alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, perché accerti la perdurante o meno vigenza sino al 24.03.2010, data della divisione, delle pronunce di assegnazione, ed alla quale si demanda anche la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione. Ai sensi dell'art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.