Per essere un buon genitore, oltre alle parole, servono i fatti

La mera disponibilità dei genitori o di altri parenti ad accudire il minore, se non sostenuta da precisi comportamenti circostanziati e concludenti, non può escludere l’abbandono.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 14784, depositata il 30 giugno 2014. Il caso. La Corte d’appello di Palermo confermava lo stato di adottabilità di un minore, disposto dal tribunale per i minorenni di Palermo. Il padre ed il nonno del minore ricorrevano in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione sulla situazione di abbandono e sul recepimento delle conclusioni della ctu. Situazione di abbandono acclarata. Tuttavia, per la Corte di Cassazione, i giudici di merito avevano valutato correttamente, ed in maniera approfondita, sia la consulenza tecnica che le relazioni dei servizi sociali e della comunità di accoglimento, che avevano evidenziato l’immaturità della madre e del padre ad accudire il figlio, oltre che incostanti nel visitarlo. Il nonno paterno, invece, aveva allontanato per ben due volte il nucleo familiare da casa sua ed aveva cancellato ogni contatto con il minore in comunità per un certo periodo, apparendo quindi incapace di accedere ad un’adeguata funzione genitoriale. Pericolo per il minore. Erano state, perciò, ritenute sussistenti le carenze di cure morali e materiali, nonché il rifiuto delle misure di sostegno offerte loro, per cui il risultato era il pericolo di un pregiudizio grave ed irreversibile per il bambino. Non basta dire di essere disponibili. I giudici di legittimità ricordavano, poi, che la mera disponibilità dei genitori o di altri parenti ad accudire il minore, se non sostenuta da precisi comportamenti circostanziati e concludenti, non può escludere l’abbandono. Infatti, l’art. 1 l. n. 184/1983 disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori stabilisce che il minore ha il diritto di crescere e svilupparsi nella propria famiglia d’origine, ma soltanto fino a quando non sussista una situazione di abbandono, come avvenuto nel caso di specie. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 aprile – 30 giugno 2014, numero 14784 Presidente Forte – Relatore Dogliotti Svolgimento del processo Con sentenza in data 25/10/2010, il Tribunale per i Minorenni di Palermo dichiarava lo stato di adottabilità del minore R.L., nato a Palermo il 7/10/2008. Avverso tale sentenza ricorrevano in appello il padre, R.F. e il nonno, R.G Si costituivano in giudizio il curatore speciale del minore, che chiedeva il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Palermo, con sentenza in data 25 ottobre 2010, rigettava l'appello. Ricorrono per cassazione gli appellanti. Non hanno svolto attività difensiva le altre parti. Motivi della decisione Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell'art. 1 L. 149 del 2001, e dell'art. 336 c.c., nonché vizio di motivazione, in ordine al mancato coinvolgimento degli odierni ricorrenti in tutti gli atti del procedimento. Con il secondo, violazione dell'art. 12 comma 1 non si indica la legge, ma nella trattazione ci si riferisce all'art. 1 l. numero 184 del 1983, circa il diritto del minore a vivere nella propria famiglia nonché vizio di motivazione sulla situazione di abbandono e in ordine al recepimento delle conclusioni della CTU. Il primo motivo appare inammissibile per mancanza di autosufficienza. Del tutto genericamente i ricorrenti lamentano di non aver potuto partecipare alle indagini, dei servizi sociali, ed in particolare alla raccolta delle dichiarazioni rese dalla madre del bambino D.V. su presunti maltrattamenti posti in essere dal padre o sui profili caratteriali del nonno, nonché le dichiarazioni rese dalla madre davanti al Giudice Delegato. Non si precisa quando e dove tali atti istruttori siano stati espletati né si indica specificamente il loro contenuto e l'incidenza sulla decisione del giudice. E' bensì vero che ai sensi dell'art. 10, l. numero 184, le parti possono partecipare agli atti istruttori e chiedere l'autorizzazione a prendere visione dei documenti in atti. Non precisano peraltro i ricorrenti di aver richiesto detta autorizzazione, e comunque ammettono di aver ricevuto copia della documentazione, seppur ad istruttoria conclusa, ma prima della decisione. Il secondo motivo va rigettato in quanto infondato. Non è vero, come affermano i ricorrenti, che il giudice a quo non abbia effettuato una valutazione approfondita sulle attitudini del padre e del nonno paterno. Con motivazione adeguata e non illogica, la sentenza impugnata, con riferimento tanto alla consulenza tecnica che non viene recepita acriticamente, ma valutata in modo approfondito , che alle relazioni dei servizi e della comunità di accoglimento, evidenziava l'immaturità della madre e la sua incostanza nell'accudire il figlio, e parimenti l'immaturità del padre, del tutto dipendente da chi lo circonda e facilmente manipolabile, nonché assai incostante nel visitare il figlio. Quanto al nonno paterno, in grave contrasto con il figlio stesso, aveva dapprima per ben due volte, in pochi mesi, allontanato il nucleo familiare da casa sua e, successivamente, per un certo periodo, aveva eliminato ogni contatto con il minore in Comunità appariva di carattere duro, concentrato nelle sue disgrazie familiari, incapace di accedere ad una adeguata funzione genitoriale, seppure vicaria. Così la sentenza impugnata. Conclude correttamente la sentenza, ritenendo sussistente la grave carenza di cure morali e materiali dei genitori e del nonno paterno, ed il sostanziale rifiuto delle misure di sostegno loro offerte, così da pregiudicare in modo grave ed irreversibile o sviluppo psicofisico del bambino. E' appena il caso di precisare che, per giurisprudenza consolidata, la mera disponibilità dei genitori o degli altri parenti ad accudire il minore, se non sostenuta da precisi comportamenti circostanziati e concludenti, non può escludere l'abbandono tra le altre, Cass. numero 16795 del 2009 numero 15755 del 2013 . L'art. 1 L. numero 184/83 precisa che il minore ha diritto di crescere e svilupparsi nella propria famiglia di origine, ma solo fino a quando non sussista, come nella specie, situazione di abbandono. Va pertanto rigettato il ricorso, Nulla sulle spese non essendosi costituite le altre parti. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs 196/03, in quanto imposto dalla legge.