Ripartizione delle spese, il giudice non è soltanto la “bocca della legge”

Il giudice, nel prendere le proprie decisioni, oltre all’applicazione del criterio legale, può ricorrere ad un’equità integrativa”, propria delle valutazioni quantitative rimesse alla discrezionalità del giudice.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7482, depositata il 31 marzo 2014. Il caso. Una donna, madre di due minori, nati da una relazione avuta in Belgio, domandava al Tribunale per i minorenni di Roma, dove si era trasferita con i figli dopo la fine della relazione con l’uomo, di nazionalità belga, la modifica delle disposizioni dettate dalla Corte d’appello di Bruxelles per regolamentare l’esercizio della potestà dei genitori ed i loro rapporti economici con riguardo al mantenimento dei figli. Il Tribunale respingeva la domanda per mancanza di motivi tali da giustificare la modifica delle statuizioni, mentre la Corte d’appello di Roma riformava parzialmente il provvedimento, affermando che il fatto nuovo consistesse nell’esperienza di un anno di vita a Roma, la quale aveva dimostrato che le spese per i figli erano molto superiori all’importo stimato dai giudici belgi. I giudici d’appello, quindi, imponevano un ulteriore contributo ordinario mensile al padre e rideterminava il carico delle spese di viaggio tra Bruxelles e Roma, ponendo quelle del padre a suo carico e quelle dei figli a carico di entrambi i genitori, per metà ciascuno. Inutilizzabile il criterio di equità. Il padre ricorreva in Cassazione, lamentando che la Corte d’appello avesse assunto, quanto alla ripartizione delle spese di viaggio, una decisione secondo equità, in difetto dei presupposti previsti dagli artt. 113 e 114 c.p.c. diritti disponibili delle parti, che ne fanno concorde richiesta . È stata applicata la legge. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che tale censura traesse spunto dall’espressione, utilizzata dai giudici di merito, ritiene equo stabilire , con cui era stata introdotta la modifica delle ripartizioni delle spese di viaggio. Ciò era, però, avvenuto dopo aver dato ampiamente atto dell’applicazione del criterio legale di riparto tra i genitori degli oneri economici di mantenimento dei figli, ai sensi dell’art. 148 c.c Questa norma stabilisce l’obbligo di mantenere i figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. È un potere del giudice. Non si tratta, quindi, di un’equità sostitutiva, come previsto dalle norme invocate dal ricorrente, che stabiliscono le possibilità per il giudice di decidere secondo equità. Al contrario, si tratta di equità integrativa, propria delle valutazioni quantitative rimesse alla discrezionalità del giudice . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 10 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7482 Presidente Luccioli – Relatore De Chiara Svolgimento del processo La sig.ra E.S. , madre di due minori nati da una relazione avuta in con il sig. A.B.-.P. , domandò al Tribunale per i minorenni di Roma, ove si era trasferita con i figli dopo la fine della relazione con l'A. , la modifica delle disposizioni dettate dalla Corte d'appello di Bruxelles il 26 agosto 2009 e il 16 aprile 2010 per regolamentare l'esercizio della potestà dei genitori e i loro rapporti economici con riguardo al mantenimento dei figli. Il sig. A. resistette e il Tribunale respinse la domanda perché la ricorrente non aveva addotto motivi tali da giustificare la modifica delle statuizioni in atto. La Corte d'appello di Roma, adita con reclamo della sig.ra E. , ha parzialmente riformato il provvedimento del Tribunale quanto alle statuizioni di carattere economico relative al mantenimento dei figli, riguardo alle quali la reclamante aveva dedotto che il fatto nuovo, rispetto a quelli considerati dai giudici belgi, era rappresentato dall'esperienza di oltre un anno di vita a , che aveva in concreto dimostrato che le spese per i figli erano di gran lunga superiore all'importo stimato dai giudici belgi. La Corte ha premesso che, in base ai provvedimenti di questi ultimi, sul padre gravava l'obbligo di versare alla madre Euro 750,00 circa mensili, pari alla metà degli assegni familiari percepiti quale impiegato dell'Unione Europea, oltre alla metà delle spese straordinarie, mentre le spese di viaggio omissis erano totalmente a carico della madre che il primo percepiva uno stipendio netto mensile di Euro 5.125,00, era proprietario di un immobile privato da mutuo di circa Euro 1.900,00 mensili e aveva disponibilità di titoli e somme liquide per importi anche non modesti che la seconda aveva uno stipendio netto mensile di Euro 8.980,00, possedeva quattro immobili, di cui uno gravato da mutuo per Euro 2.248,00 mensili, oltre a disponibilità finanziarie per importi rilevanti. Ha quindi ritenuto che, nonostante la netta superiorità delle condizioni economiche della seconda, considerate le esigenze dei figli e i prevalenti oneri di accudimento gravanti sulla madre con la quale prevalentemente vivevano, andasse imposto al padre un ulteriore contributo ordinario di Euro 500,00 mensili, e che andasse rideterminato il carico delle spese di viaggio tra OMISSIS e ponendo quelle del sig. A. a carico del medesimo e quelle dei figli a carico di entrambi i genitori in ragione della metà ciascuno. Il sig. A. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi di censura. L'intimata si è difesa con controricorso e memoria. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 2697 e ss. c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., si contestano le modifiche apportate dalla Corte d'appello alle statuizioni dei giudici belgi osservando che le stesse non trovano alcun supporto nelle risultanze istruttorie, sulle quali il ricorrente ampiamente si diffonde per argomentare l'ingiustizia della decisione impugnata in relazione alle effettive condizioni economiche delle parti. 1.1. - Il motivo è inammissibile perché, pur essendo rubricato come violazione di norme di diritto, richiede in realtà a questa Corte un nuovo e diverso accertamento di merito, che non le è consentito. 2. - Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'art. 112, anche in riferimento all'art. 348 bis, c.p.c., si lamenta che la Corte d'appello non si sia pronunciata e comunque non abbia motivato sull'eccezione del reclamato che aveva evidenziato l'insussistenza di fatti nuovi, sopraggiunti alla decisione dei giudici belgi, tali da rendere ammissibile la modifica di quella decisione altrimenti immodificabile. 2.1. - Neppure tale motivo può essere accolto. Quella indicata dal ricorrente, infatti, non è un'eccezione in senso stretto, bensì una mera difesa, in ordine alla quale non può configurarsi il vizio di omessa pronuncia. Inoltre è evidente che la Corte d'appello, accogliendo il reclamo della sig.ra E. incentrato appunto sulla sussistenza di fatti sopravvenuti [il trasferimento a , con quel che ne conseguiva] che aggravavano la sua situazione, ha corrispondentemente respinto la difesa del sig. A. per le ragioni indicate dalla reclamante. 3. - Con il terzo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 113 e 114 c.p.c, si lamenta che la Corte d'appello abbia assunto, quanto alla ripartizione delle spese di viaggio, una decisione secondo equità in difetto dei presupposti previsti dalle norme indicate. 3.1. - Anche tale censura non merita accoglimento. Essa trae spunto dall'espressione ritiene equo stabilire ” con cui la Corte d'appello introduce, nella motivazione del decreto impugnato, la modifica della ripartizione tra le parti delle spese di viaggio dopo avere, però, ampiamente dato atto dell'applicazione del criterio legale di riparto tra i genitori degli oneri economici di mantenimento dei figli costituito, secondo l'art. 148 c.c., dalla considerazione delle rispettive sostanze e dalla rispettiva capacità di lavoro professionale o casalingo. Si tratta, dunque, non già di equità sostitutiva , ai sensi delle norme invocate dal ricorrente, bensì di equità meramente integrativa o correttiva , propria delle valutazioni quantitative rimesse alla discrezionalità del giudice. 4. - Il ricorso va in conclusione respinto, con condanna del ricorrente alle spese processuali, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, liquidate in Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03.