Moglie alcolizzata, marito consapevole prima del fatidico sì: tanto basta per addebitargli la separazione

Chi sposa un alcolista non può pretendere di addossargli la fine del matrimonio quando decide di lasciarlo, neppure nel caso in cui il coniuge si rifiuti di sottoporsi a una terapia disintossicante.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 28228 del 18 dicembre 2013. Fine di un amore. La Corte d’Appello di Catania conferma la decisione di primo grado con la quale erano state respinte le domande di addebito proposte reciprocamente da due coniugi e si era posto a carico del marito, consapevole dell’alcolismo della moglie già prima delle nozze, l’obbligo di corrispondere a quest’ultima un assegno mensile per il suo mantenimento. L’uomo ricorre in Cassazione, lamentando il fatto che la donna aveva sempre rifiutato le cure mediche di disintossicazione, impedendo, con questo suo atteggiamento, l’instaurazione di una normale vita coniugale. Inoltre, in spregio del diritto alla riservatezza, chiedeva che l’azienda sanitaria portasse in Tribunale le cartelle cliniche che provavano la mancata volontà della coniuge di disintossicarsi. Nessuno può obbligare nessuno a curarsi. La Suprema Corte conferma la scelta dei Giudici di merito di non ammettere la documentazione richiesta perché ininfluente a provare la consapevolezza del ricorrente circa lo stato della moglie prima del fatidico sì. Inoltre, si precisa che non si può costringere nessuno ad accettare una determinata cura. Decisiva la consapevolezza anteriore alle nozze. In aggiunta, gli Ermellini operano un distinguo tra chi va all’altare consapevole di quanto lo aspetta e chi è ignaro del vizio del futuro” sposo se il ricorrente era già a conoscenza dello stato di salute della moglie e, nonostante ciò, l’ha sposata, le difficoltà successive non possono essere poste a fondamento della pronuncia di addebito . Implicito è il richiamo agli obblighi di assistenza e comprensione verso l’altro coniuge in caso di malattia fondamentale è, quindi, fornire la prova di non essersi accorti della patologia in tempo utile. Il ricorso, alla luce di ciò, è inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 – 18 dicembre 2013, n. 28228 Presidente Carnevale – Relatore Didone Ritenuto in fatto e in diritto 1.- Con la sentenza impugnata depositata il 19.3.2009 la Corte di appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado con la quale il tribunale - respinte le domande di addebito proposte reciprocamente dai coniugi - ha pronunciato la separazione personale di C.R. e O.M. ponendo a carico di quest'ultimo l'obbligo di corrispondere alla prima un assegno mensile di Euro 150,00 quale contributo per il mantenimento. Contro la sentenza di appello O.M. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. Non ha svolto difese l'intimata. 2.1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e formula la seguente sintesi ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c, applicabile ratione temporis se sia essenziale ai fini della domanda di addebito del fallimento del matrimonio che il coniuge che avanza tale domanda non conoscesse, all'epoca della celebrazione delle nozze, che l'altra contraente era alcolizzata”. 2.2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione e formula la seguente sintesi se il diritto a rifiutare le cure mediche in specie tendenti a disintossicarsi dall'alcol esima un soggetto a chiedersi se le proprie condizioni diano luogo a gravi perturbazioni della normale vita coniugale impedendo addirittura l'instaurarsi della stessa conseguentemente se il rifiuto dell'alcolista a seguire una cura disintossicante sia motivo di addebito del fallimento del matrimonio”. 2.3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto e formula il seguente quesito se il coniuge che ha chiesto la dichiarazione di addebito della responsabilità del fallimento del proprio matrimonio gode di un diritto di pari rango a quello che invoca la tutela alla riservatezza e, conseguentemente, se debba farsi obbligo all'azienda sanitaria a produrre copia delle cartelle cliniche che consentano di ricostruire i periodi di crisi di un alcolizzato e il suo rifiuto alle cure disintossicanti”. 3.- Il ricorso è infondato. Invero, la Corte territoriale ha evidenziato che il tribunale non aveva ammesso le prove richieste dal ricorrente in quanto non utili a dimostrare che lo stesso non fosse a conoscenza dello stato di alcolismo della moglie, circostanza ritenuta indispensabile al fine di accertare l'addebitabilità della separazione alla moglie. Tale motivazione - ha rilevato la Corte di merito - non era stata censurata dall'O. il quale aveva riproposto la richiesta di prove sostenendo la rilevanza del rifiuto delle cure. Per contro, con motivazione adeguata e non specificamente censurata, la Corte di appello ha evidenziato che non solo non è possibile obbligare nessuno a sottoporsi a trattamento sanitario, ma se l'O. era già a conoscenza dello stato di salute della moglie e, nonostante ciò, l'ha sposata, le difficoltà successive non possono essere sicuramente poste a fondamento della pronuncia di addebito”. La motivazione appare adeguata e logica, con implicito richiamo agli obblighi di assistenza e comprensione verso l'altro coniuge in caso di malattia v. Sez. I, n. 4639/1985 5632/82 e non è stata neppure specificamente censurata dal ricorrente, talché il terzo motivo - che attiene alla mancata ammissione di prove che sarebbero irrilevanti a fronte dell'accertamento in fatto operato dai giudici del merito circa la conoscenza dello stato di alcolista - è inammissibile. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.