Padre emette assegno: per spirito di liberalità o per spese scolastiche e sportive?

Non opera il meccanismo della compensazione se non è certo il presunto credito vantato dal creditore nei confronti del debitore. Quest’ultimo, in tutti i casi di pagamento, ha l’onere di specificare il titolo al quale le somme versate si riferiscono.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 23673, depositata il 18 ottobre 2013. Il caso ex coniugi avversari. Un attore aveva proposto opposizione innanzi al giudice di Pace al decreto ingiuntivo relativo al pagamento in favore della moglie separata della somma a titolo di rimborso del 50% delle spese scolastiche, mediche e sportive sostenute per la figlia, deducendo la inesistenza del credito, e assumendo di essere titolare di un credito nei confronti dell’ opposta per 47,70 €. Il titolo astratto genera confusione Il giudice adito aveva rigettato l’opposizione, sottolineando la esasperata litigiosità tra le parti, incentrata, peraltro, su somme di modesta entità e facendo presente che dette somme erano destinate al mantenimento della figlia. Peraltro, avuto riguardo alle ricevute prodotte, il giudice aveva osservato che le parti avevano generato una confusione contabile, obiettivamente inestricabile e aveva rilevato che il debitore, in tutti i casi di pagamento, ha l’onere di specificare il titolo al quale le somme versate si riferiscono, con la conseguenza che, se ciò non avviene, come nella specie, resta esposto alla possibile rivendicazione del creditore per somme delle quali non esiste alcuno specifico riferimento rispetto ai pagamenti effettuati. Contro tale sentenza, l’attore originario ha presentato ricorso in Cassazione, per la mancata osservanza del principio della previa messa in mora del debitore. A suo dire, il giudicante avrebbe dovuto prendere in considerazione le sole ricevute cui facevano riferimento le raccomandate dell’ ex moglie, che costituivano atti di messa in mora, e non quelle ulteriori irritualmente prodotte e prive di preventiva messa in mora. Per la Suprema Corte il motivo è infondato. Gli Ermellini hanno richiamato e avallato le argomentazioni del giudice dell’opposizione, il quale aveva operato una valutazione complessiva di confusione contabile, obiettivamente inestricabile che caratterizza la vicenda in esame e i rapporti tra le parti, e aveva sottolineato che nel giudizio de quo , trattandosi di causa di valore non eccedente la somma di 1033,00 €, la decisione andava adottata, a norma dell’art. 113 c.p.c., secondo equità. Non è certo il presunto credito vantato. Con un ulteriore motivo, il ricorrente ha dedotto vizio di motivazione su di un fatto decisivo concernente il riconoscimento del credito opposto in compensazione dall’opponente. Anche tale censura è priva di fondamento. Infatti, Piazza Cavour ha affermato che la sentenza impugnata giustifica correttamente la decisione di inapplicabilità, nella specie, del meccanismo della compensazione per non essere certo il presunto credito vantato dal ricorrente nei confronti della donna. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 7 marzo - 18 ottobre 2013, n. 23673 Presidente Salmé – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Il sig. S D.N. propose opposizione innanzi al giudice di pace di Caserta al decreto ingiuntivo relativo al pagamento in favore della moglie separata, signora F.A. , della somma di Euro 174,29, a titolo di rimborso del cinquanta per cento delle spese scolastiche, mediche e sportive sostenute per la figlia, deducendo la inesistenza del credito, ed assumendo di essere titolare di un credito nei confronti della F. per Euro 47,70, per il quale propose domanda riconvenzionale. L'opponente eccepì, in particolare, che con la prima raccomandata della F. in data 15 aprile 2004 si chiedeva la somma di Euro 93,50 per il pagamento di cinque rate relative alla frequentazione di una palestra - somma che egli dichiarò di aver pagato in data 28 maggio 2004, maggiorata della successiva rata, versando alla moglie l'importo di Euro 108,00, come da quietanza dalla stessa rilasciata - e che con la seconda raccomandata dell'8 aprile 2005 si chiedeva la somma di Euro 87,95 per spese straordinarie, cui egli aveva opposto in compensazione un credito di Euro 114,00 per il versamento, effettuato il 7 maggio 2003, di una retta scolastica non dovuta. L'opposta eccepì che l'assegno di Euro 108,00 sarebbe stato emesso per altre debenze e che quello di Euro 114,00 non presentava il carattere della certezza, ed, essendo titolo astratto, avrebbe potuto essere emesso anche per spirito di liberalità. 2. - Il giudice adito, con sentenza depositata il 6 dicembre 2005, rigettò la opposizione. Premesso che, trattandosi di causa di valore non eccedente la somma di Euro 1033,00, la decisione andava adottata secondo equità, ai sensi dell'art. 113 cod.proc.civ., il giudicante sottolineò la esasperata litigiosità tra le parti, incentrata, peraltro, su somme di modesta entità, e fece presente che dette somme erano destinate al mantenimento della figlia dei coniugi avversari nel presente giudizio. Quindi rilevò che, sommando gli importi di cui alle ricevute prodotte in sede monitoria, si otteneva la cifra di Euro 448,00, che, computata al cinquanta per cento, corrispondente alla misura del contributo del D.N. alle spese occorrenti per la figlia secondo gli accordi presi in sede di separazione consensuale, dava luogo all'importo di Euro 224,24, che avrebbe potuto formare oggetto di ingiunzione di pagamento, invece degli Euro 174,29 portati dal decreto ingiuntivo oggetto dell'opposizione, con una differenza di Euro 49,95 in danno della ricorrente. Peraltro, avuto riguardo alle ricevute prodotte, osservò il giudicante che le parti avevano generato una confusione contabile, obiettivamente inestricabile, e rilevò che il debitore, in tutti i casi di pagamento, ha l'onere di specificare il titolo al quale le somme versate si riferiscono, con la conseguenza che, se ciò non avviene, come nella specie, resta esposto alla possibile rivendicazione del creditore per somme delle quali non esiste alcuno specifico riferimento rispetto ai pagamenti effettuati. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre il D.N. sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso la signora F. . Motivi della decisione 1. - Deve preliminarmente rilevarsi che la rinuncia al ricorso, cui ha aderito la signora F. , non può essere presa in considerazione nella presente sede in quanto depositata presso la cancelleria di questa Corte solo in data 26 marzo 2013, e cioè successivamente alla data della udienza di discussione del ricorso medesimo 7 marzo 2013 . 2. - Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione dell'art. 112 cod.proc.civ Il giudicante, ampliando arbitrariamente la domanda della F. , che aveva richiesto la somma di Euro 174,29, aveva tenuto conto, ai fini della emissione del decreto ingiuntivo in favore della stessa, di due ricevute di una Palestra non inserite dalla donna nella richiesta di cui alla raccomandata del 15 aprile del 2004 e di una terza ricevuta da lei non allegata alla raccomandata dell'8 aprile 2005, nonché di una presunta ulteriore richiesta di arretrati sull'assegno di mantenimento, in realtà non menzionata nelle due predette raccomandate. La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366-bis cod.proc.civ., applicabile nella specie ratione temporis Si verifichi se il GdP ha pronunziato oltre i limiti della domanda in relazione ai n. 2 profili illustrati ”. 3. - La doglianza è immeritevole di accoglimento. In realtà, la sentenza impugnata si è limitata al rigetto della opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso a favore della attuale controricorrente, non senza considerare - ma senza che ciò comportasse una modifica in peius nei confronti dell'opponente, attuale ricorrente, del decisum del provvedimento opposto - che, sommando gli importi di cui alle richieste recate dalle due raccomandate della F. dell'8 aprile 2004 e dell'8 aprile 2005, si otteneva una cifra più elevata rispetto a quello portato dal decreto ingiuntivo di cui si tratta. 4. - La seconda censura ha ad oggetto la asserita violazione o falsa applicazione dell'art. 115 cod.proc.civ Il giudicante avrebbe aggiunto arbitrariamente alle richieste della signora F. di cui alle raccomandate del 15 aprile 2004 e dell'8 aprile 2005 altre ricevute, aumentando irritualmente la richiesta della stessa sulla base di una prova documentale non proposta dalla parte istante. Egli, inoltre, non avrebbe tenuto conto, nel dispositivo, della quietanza di Euro 108,00, rilasciata dalla stessa F. al D.N. . La illustrazione della doglianza si completa con la formulazione del seguente quesito di diritto Si verifichi se il GdP ha pronunziato senza porre a fondamento delle decisione le prove proposte dalle parti, per entrambi i profili illustrati ”. 5. - La censura non può trovare ingresso nella presente sede, siccome sostanzialmente rivolta solo a conseguire una inammissibile rivalutazione, da parte di questa Corte di legittimità, delle risultanze probatorie attentamente e puntigliosamente valutate dal giudice del merito. Il quale, per ciò che concerne, in particolare, la ricevuta rilasciata dalla signora F. per l'importo di Euro 108,00, menzionata nel ricorso, ha rilevato che essa non recava la indicazione delle partite e dei titoli cui specificamente si riferiva, sottolineando in definitiva la confusione contabile generata dalle parti. 6. - Con il terzo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 1219 cod.civ. per la mancata osservanza del principio della previa messa in mora del debitore. Il giudicante avrebbe dovuto prendere in considerazione le sole ricevute cui facevano riferimento le raccomandate della signora F. , che costituivano atti di messa in mora, e non quelle ulteriori irritualmente prodotte e prive di preventiva messa in mora. La illustrazione del motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Si verifichi se il GdP ha violato il principio informatore della previa messa in mora del debitore ”. 7. - Il motivo è infondato. Al riguardo, è sufficiente richiamare le argomentazioni già svolte sub 2 e 3, ribadendosi altresì che il giudice della opposizione ha operato una valutazione complessiva di confusione contabile, obiettivamente inestricabile ” che caratterizza la vicenda in esame ed i rapporti tra le parti, ed ha sottolineato che nel giudizio de quo , trattandosi di causa di valore non eccedente la somma di Euro 1033,00, la decisione andava adottata, a norma dell'art. 113 cod.proc.civ., secondo equità. 8. - Con il quarto motivo si lamenta insufficiente o contraddittoria motivazione su fatti decisivi per il giudizio. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe meramente apparente, fondandosi su ricevute non azionate, conti errati e richieste mai avanzate. 9. - La censura non è meritevole di accoglimento, in quanto intesa a riproporre, sotto altro profilo, le medesime doglianze già sollevate con i motivi precedentemente illustrati e rigettate per le ragioni già esposte. 10. - Con il quinto motivo si deduce omessa o insufficiente motivazione su di un fatto decisivo concernente il riconoscimento del credito opposto in compensazione dall'opponente. 11. - Anche tale censura è destituita di fondamento. La sentenza impugnata giustifica correttamente la decisione di inapplicabilità nella specie del meccanismo della compensazione per non essere certo il presunto credito vantato dal D.N. nei confronti della F. . 12. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del principio della soccombenza, le spese del giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico del ricorrente. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.