L’indipendenza economica della figlia maggiorenne fa estinguere l’obbligo di mantenimento ex tunc

Non spetta al figlio maggiorenne ed economicamente indipendente l’assegno di mantenimento, dal momento della sua raggiunta indipendenza.

E’ quanto afferma la prima sezione della Suprema Corte, con la sentenza n. 22591 depositata il 13 dicembre 2012 Il caso. Con decreto del Tribunale di Roma del gennaio del 2006, era stata disposta la revoca dell’obbligo di mantenimento, precedentemente a carico di un padre in favore della figlia maggiorenne ormai dal 1985 ed economicamente indipendente dal 1996, e inoltre non più convivente con la madre dal 1998. L’assegno di mantenimento era stato revocato dal Tribunale con decorrenza appunto dal 1996, anno in cui la giovane era divenuta economicamente autonoma. La madre, però, aveva impugnato il provvedimento dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, lamentando un vizio di ultrapetizione e negando che la figlia fosse economicamente autonoma, nonostante la stessa si fosse costituita in giudizio dinanzi al Tribunale sostenendo le ragioni paterne. La Corte di secondo grado, con decreto del 24 gennaio 2007, aveva accolto parzialmente la domanda, dichiarando cessato l’obbligo di mantenimento non dal 1996, ma dal luglio 2005, cioè dalla data di proposizione della domanda di primo grado, relativa alla richiesta di modifica delle condizioni di divorzio, risalente al 1984. Nel far ciò aveva fatto riferimento alla sentenza n. 19057/2006, in tema di revisione dell’assegno di divorzio. Di conseguenza, il padre aveva presentato ricorso in Cassazione, denunciando la violazione dell'art. 147 c.c. e degli art. 6 e 9, comma 1, legge n. 689/1970, nonché degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., chiedendo che la data di revoca dell'assegno di mantenimento fosse stabilita, come aveva fatto il Tribunale, con decorrenza dal novembre del 1996. Formulava altresì quesito di diritto chiedendo se, una volta richiesto dall’obbligato l’accertamento dell’obbligo di mantenimento con decorrenza dalla data di indipendenza economica, nelle forme di cui all’art. 9 della L. 898/1970, la relativa sentenza abbia natura dichiarativa, quindi con effetto ex tunc dal momento del verificarsi della condizione. La madre ha resistito, sostenendo che nella domanda introduttiva lo stesso ricorrente chiese di far decorrere la decadenza dell'obbligo dal momento della proposizione della domanda, salvo poi cambiare idea tardivamente. La mancanza di legittimazione attiva della madre . La Suprema Corte ha ritenuto che, ai sensi dell'art. 100 c.p.c., fosse palesemente insussistente l'interesse della madre ad agire, poiché, in ogni caso, la legittimazione personale del coniuge, per quanto riguarda l’assegno di mantenimento dei figli, sussiste fino a quando questi sia convivente con il beneficiario dell'assegno, che dal momento del compimento della maggiore età è direttamente il figlio. Avendo la ragazza cessato la convivenza con la madre già nel 1998, è evidente che tale legittimazione non sussisteva nel caso in specie, secondo la Cassazione. Né, peraltro, sussisteva quella personale della figlia, avendovi questa irrevocabilmente rinunciato a causa della sua raggiunta condizione d'indipendenza, andando così a gravare sull'obbligo del genitore, che viene meno per via di detta rinuncia. Il conseguimento dell’indipendenza economica del figlio estingue l’obbligo di mantenimento ex tunc. La Cassazione ha statuito che il riferimento, fatto dalla Corte d’Appello, alla sentenza n. 19057/2006 fosse errato, poiché relativo a fattispecie diversa e non pertinente modifica dell’assegno di divorzio . Di conseguenza, nel rispondere al quesito di diritto, la Suprema Corte ha stabilito che, in virtù del principio per cui detta obbligazione si estingue ex tunc e quindi in modo retroattivo dal momento in cui è stata raggiunta l’indipendenza economica, l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento dovesse decorrere dal novembre del 1996, come richiesto dal ricorrente. Ha quindi cassato nel merito la sentenza d’appello, ex art. 384 c.p.c., disponendo l’accoglimento del ricorso, dichiarando estinto l’obbligo di mantenimento sin dal novembre 1996, data in cui la stessa beneficiaria aveva dichiarato essersi verificata la sua indipendenza economica.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 17 ottobre - 13 dicembre 2012, n. 22951 Presidente Fioretti – Relatore Cultrera Svolgimento del processo Con decreto emesso in data 20/23 gennaio 2006, il Tribunale di Roma, in accoglimento della domanda proposta a mente dell'art. 9 legge n. 898/1970 da L.B., ha revocato l'obbligo di mantenimento posto a carico di quest'ultimo confronti della figlia S., con decorrenza dall'anno 1996, epoca nella quale ella, divenuta maggiorenne nel 1985 e non più convivente con la madre dal 1998, aveva raggiunto un livello d'indipendenza economica che la rendeva autosufficiente, circostanze tutte confermate in giudizio dalla stessa figlia che, costituitasi in causa, aveva sostenuto le ragioni del padre. Il decreto è stato impugnato dalla madre R.R. innanzi alla Corte d'appello di Roma per lamentare il vizio di ultrapetizione in ordine all'anzidetta decorrenza e comunque per negare l'autosufficienza economica della figlia. Con decreto n. 560 depositato il 24 gennaio 2007, la Corte d'appello ha dichiarato la cessazione dell'obbligo di mantenimento a far tempo dalla data del 15.7.2005 di proposizione della domanda di modifica delle condizioni fissate nella sentenza del 1984 di scioglimento degli effetti civili del matrimonio anche in relazione all'obbligo in discorso ed ha dichiarato inammissibile l'intervento spiegato in giudizio da S B., dal momento che il genitore affidatario esercita jure proprio il diritto al contributo per il figlio, salvo che questi, maggiorenne, faccia valere personalmente il suo diritto, cosa che non era accaduta. Avverso questa statuizione L.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di unico motivo resistito da R.R. con controricorso illustrato altresì con memoria difensiva depositata a mente dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione Il ricorrente denuncia violazione dell'art. 147 c.c., degli artt. 6 e 9 comma 1 legge n. 898/1970 e degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c. Premesso in linea di principio che il conseguimento dell'indipendenza economica del figlio rappresenta fatto estintivo dell'obbligazione ex lege avente ad oggetto il suo mantenimento, accertabile con pronuncia dichiarativa e non costitutiva avente per l'effetto efficacia ex tunc , il ricorrente impugna la statuita decorrenza della disposta cessazione dell'obbligo di mantenimento della figlia S. dalla data della domanda di modifica delle condizioni di divorzio, dunque dal 15 luglio 2005, anziché, come invece correttamente ritenuto dal primo giudice, dal novembre 1996 in cui ella aveva raggiunto effettivo livello d'indipendenza economica, unita alla proprietà della casa, ceduta in sede di divorzio in proprietà per l'altra metà alla madre, con la quale non conviveva sin dal 1998. La Corte del merito si sarebbe erroneamente uniformata al principio espresso nella sentenza della Cassazione n. 19057/2006 che, enunciato in materia di revisione dell'assegno di divorzio, non sarebbe pertinente al caso di specie in cui si dibatte in ordine alla declaratoria dell'insussistenza dell'obbligo di corresponsione dell'assegno. Il quesito di diritto chiede se, richiesto dell'onerato nelle forme di cui all'art. 9 legge n. 898/1970, l'accertamento dell'obbligo di mantenimento del figlio ex art. 147 e. e. con decorrenza dalla data in cui questi abbia raggiunto l'indipendenza economica, la relativa pronuncia abbia natura dichiarativa, perciò effetto ex tunc dal momento in cui tale condizione si sia verificata. La resistente replica alla censura rilevando anzitutto che nella stessa domanda introduttiva l'odierno ricorrente ne ancorò gli effetti alla sua proposizione, quindi che il predetto chiese accertarsi l'estinzione dell'obbligazione di mantenimento tardivamente, perciò inammissibilmente. In memoria difensiva cita a conforto della sua tesi difensiva il principio enunciato dalla sentenza della Cassazione n. 3922/2012, confermativo dell'orientamento applicato dal giudice d'appello in ordine alla decorrenza della revisione dell'assegno di mantenimento per coniuge e prole dalla data della relativa domanda. Il motivo merita accoglimento nei sensi che seguono. Emerge pacificamente dalla narrativa della vicenda fattuale che il B. ha corrisposto alla R. l'assegno di mantenimento per la figlia S. fino al compimento del 18 anno d'età, e successivamente lo ha versato direttamente a quest'ultima, secondo gli accordi intervenuti in sede di divorzio, sino al 1997, data in cui, col tacito consenso di tutti, ne interruppe il versamento. La coabitazione tra la figlia e la madre, inoltre, non trae titolo da pronuncia giudiziale d'affidamento ma si fonda sul diritto di comproprietà, dunque su titolo di natura reale, discendente dalla cessione in proprietà dell'immobile dalle stesse abitato, che venne disposta dal B. a loro favore in sede di divorzio. La resistente non smentisce questa ricostruzione, né la narrativa della sentenza impugnata la prospetta in termini diversi. Dalla vicenda processuale emerge che S B. , figlia delle parti e destinataria dell'assegno, ha spiegato intervento in causa dichiarando d'aver rinunciato alla sua corresponsione da parte del padre sin dal novembre 1996, per aver raggiunto a quella data la condizione di autonomia economica e che in epoca coeva cessò la sua convivenza con la madre, con la quale aveva sino ad allora condiviso l'appartamento in cui avevano coabitato e di cui erano comproprietarie. La statuita inammissibilità dell'intervento anzidetto, che rappresenta questione preclusa al controllo di questa Corte in quanto la decisione del giudice d'appello non è stata impugnata in parte qua cfr. Cass. n. 4296/2012 in ordine alla ritualità di tale iniziativa da parte del figlio , rende nondimeno palese l'insussistenza dell'interesse della R. a resistere munito dei requisiti di concretezza ed attualità postulati dall'art. 100 c.p.c È incontroverso che il genitore convivente col figlio minorenne, ovvero maggiorenne ma non autosufficiente, è legittimato jure proprio ad ottenere dall'altro coniuge il contributo per il mantenimento del figlio, il quale è a sua volta munito di concorrente legittimazione Cass. citata nonché Cass. nn. 21437/2007, 13184/2011 ad agire in via prioritaria per ottenere il versamento diretto del contributo, e, in senso speculare ma opposto, per resistere all'iniziativa giudiziaria assunta dal genitore che non intenda assolvere alla sua obbligazione. La legittimazione personale del genitore convivente presuppone la convivenza col figlio minorenne ovvero maggiorenne ma non autosufficiente e sussiste finché persiste tale condizione e sempre che il figlio non abbia agito in via autonoma Cass. n. 11320/2005 esplicando la sua personale legittimazione basata sulla sua personale titolarità del diritto al mantenimento Cass. di recente n. 13184/2011 . Siffatta costruzione esegetica non è mutata a seguito dell'introduzione dell'art. 155-quinquies c.c., non applicabile però nella specie ratione temporis , che prevede al comma 1 che Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto che incide sulle sole modalità attuative di tale diritto. Ciò premesso, va osservato che nella specie è conclamata, nonché indiscussa, l'assenza dell'interesse di S.B., destinataria dell'assegno, a pretenderne il pagamento da parte del padre, il cui obbligo, per l'effetto, sicuramente in astratto perdurante anche dopo il raggiungimento della maggiore età da parte della predetta per tutte Cass. n. 1773/2012 , è però cessato in concreto in ragione del raggiungimento dell'indipendenza economica da essa acquisita, dichiarata e seguita da espressa rinuncia al relativo introito. Il logico corollario ha determinato la cessazione della legittimazione spettante alla madre, a sua volta non più tenuta all'obbligo di contribuzione ai sensi dell'art. 148 c.c., al versamento dell'assegno da parte del coniuge, da quell'obbligo volontariamente affrancato dalla stessa avente diritto. Ed invero, in quanto presuppone necessariamente la sussistenza del diritto del figlio al mantenimento ai sensi del combinato disposto degli artt. 147 e 148 c.c., la legittimazione ad agire del genitore affidatario cessa sincronicamente al sopravvenire di una causa d'estinzione di quella posizione sostanziale che il suo esercizio mira a garantire. Non persistono dunque né quella legittimazione né quella personale del figlio se questi, titolare del diritto al mantenimento, vi abbia inequivocabilmente abdicato per la raggiunta sua condizione d'indipendenza che frustra la ratio sottostante l'obbligo contributivo posto a suo favore dal citato quadro normativo. Siffatta rinuncia, che incide evidentemente anche sull'obbligo di contribuzione che grava sullo stesso genitore affidatario ex art. 148 c.c., seppur nel caso di specie sia stata esplicitata in giudizio in forma ritenuta dal giudice del merito irrituale, ridonda comunque e per l'effetto inevitabilmente sulla verifica del perdurare dell'interesse della resistente R. ad opporsi alla pretesa esercitata dal coniuge, dal momento che l'adesione ad essa prestata dalla figlia S., rilevando nei sensi riferiti in chiave sostanziale, vanifica il senso della sua insistenza al rigetto della relativa domanda. Analoghe argomentazioni valgono con riguardo al contributo per le spese condominiali. La Corte del merito ha risolto la questione aderendo acriticamente al principio espresso nel precedente della Cassazione citato che, come si è rilevato, riguarda l'ipotesi della revisione delle condizioni di divorzio, non omologabile a quella in esame, senza tener conto né della rinuncia alla corresponsione dell'assegno espressa da B.S., né del titolo sottostante la coabitazione madre - figlia, né infine della formulazione della domanda, così come precisata dall'attore, odierno ricorrente, nel senso che dovevasi intendere tesa all'accertamento dell'insussistenza dell'obbligo paterno di mantenimento della figlia e non alla revisione delle condizioni di divorzio, dunque ad ottenere pronuncia dichiarativa e non costituiva. Avendo ignorato tali decisivi rilievi, il giudice del gravame è pervenuto a decisione conclusiva affetta dal denunciato errore, che deve per l'effetto essere cassata con pronuncia nel merito ex art. 384 c.p.c., attesa l'esauriente istruttoria, disponendo l'accoglimento della domanda proposta da L B. dalla data del novembre del 1996 in cui risultano essersi pacificamente verificati i seguenti eventi la percezione di borsa di studio da parte della figlia S. che, seppur per la sua temporaneità e modestia di regola non dimostra l'acquisizione di indipendenza economica Cass., ord. n. 2171/2012 in concreto è stata indicata dalla stessa beneficiaria quale adeguata fonte del suo mantenimento, e la conclusione di altri contratti di lavoro la cessazione della convivenza tra la ragazza e la madre, con lei convivente in qualità di comproprietaria dell'immobile adibito ad abitazione, dunque in forza di titolo non riconducibile alla sua condizione di affidataria. La natura degli interessi sottostanti la lite induce alla compensazione integrale delle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie la domanda proposta da L B. nei confronti di R R. e dispone la cessazione dell'obbligo di versare alla predetta l'assegno di mantenimento per la figlia S. ed al contributo per le spese condominiali a far tempo dal novembre 1996. Compensa per l'intero le spese del presente giudizio.