Va chiarita la volontà del testatore: i nuovi motivi restano comunque inammissibili in Cassazione

In tema di ricorso in cassazione, e quindi di ammissibilità del sindacato di legittimità, l’apprezzamento di fatto contenuto nella sentenza di merito è censurabile esclusivamente sotto il profilo della motivazione.

Il principio si argomenta dalla sentenza n. 21462, depositata il 30 novembre 2012. Il caso. Una donna disponeva, in mancanza di legittimari, dei propri beni a mezzo testamento olografo, pubblicato e registrato. Così, alla sua morte, i soggetti citati nel testamento ricorrevano, in giudizio, sostenendo che il testo dello stesso fosse chiaro in riferimento alla volontà manifestata dalla de cuius , compresa quella di escludere dalla successione coloro che avessero protestato per le disposizioni della medesima testatrice, e chiedevano, con sentenza confermata anche in secondo grado, l’esecuzione delle relative disposizioni testamentarie, con esclusione dei detti soggetti questi, quindi, in sede di cassazione, censuravano la sentenza per errori di diritto e vizi logici nell’interpretazione del testamento, affermando l’assenza, in entrambe le sentenze di merito, di ogni tipo di accertamento, intrinseco o estrinseco, tendente a chiarire la volontà della testatrice e ne fornivano due possibili interpretazioni. Il caso verte, sotto il profilo sostanziale, in tema di eredità, successioni e cosa giudicata. Necessita, in particolare, focalizzare, sul piano formale, sul concetto di ammissibilità, censurabilità, novità e sindacato di legittimità. Il ricorso in Cassazione tra presupposti ed elementi. Il ricorso per cassazione art. 360 c.p.c. deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a consentire l’apprezzamento, da parte dei magistrati di legittimità, delle ragioni per cui si censura la sentenza impugnata art. 366 c.p.c. segnatamente, il controllo della congruità e logicità della motivazione va svolto esclusivamente sulla base delle deduzioni contenute nel ricorso e delle risultanze processuali e probatorie ivi integralmente trascritte che si assumono ignorate ovvero insufficientemente o illogicamente valutate. E’ da ricordare che il ricorso è inammissibile quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa nonchè quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo l’art. 366 bis c.p.c. in tema di formulazione dei motivi, inserito dall’art. 6, d.lgs n. 40/2006, è stato, invece, abrogato dall’art. 47, comma 1, lett. d , l. n. 69/2009. E’ da sottolineare che la mancata proposizione dell'impugnazione fa passare in giudicato la sentenza e comporta una sanatoria del vizio. In altri termini, anche se una sentenza è, ex 324 c.p.c., ancora soggetta a ricorso in cassazione e quindi non è cosa giudicata formale, salvi i casi di revocazione ex art. 395 c.p.c., la configurabilità di atti incompatibili con la volontà di avvalersi, nei termini, delle impugnazioni ammesse dalla legge art. 323 c.p.c. genera acquiescenza ed esclude la proponibilità del ricorso art. 334 c.p.c. peraltro, l’impugnazione parziale importa acquiescenza rinuncia alle parti della sentenza non impugnata art. 346 c.p.c. . Peraltro, anche nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e sono inammissibili d’ufficio art. 345 c.p.c. . La sentenza tra domanda, decisione e motivazione. Onde evitare ultrapetizione ed extrapetizione, la motivazione deve contenere i motivi in fatto ed in diritto della decisione e la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e dello svolgimento del processo artt. 132, n. 4, e 5 c.p.c., 45, comma 17, l. n. 69/2009 . All’uopo, la domanda costituisce la misura della decisione art. 112 c.p.c. e la sentenza è una sorta di sistema argomentato caratterizzato dalla connessione semantico-pragmatica delle sue parti con le tre partizioni tradizionali dell’epigrafe, della motivazione e del dispositivo con cui si individuano, rispettivamente, l’atto, le sue ragioni ed il suo contenuto l’omessa o erronea indicazione delle conclusioni rileva, invece, soltanto se quelle effettivamente prese non siano state esaminate così che sia mancata, in concreto, una decisione su domande o eccezioni ritualmente proposte. Segnatamente, la motivazione contiene le spiegazioni della decisione mentre il dispositivo contiene le conclusioni dell’accertamento. Negli atti processuali vanno rinvenuti gli elementi performativi” in modo da definire i termini della domanda, della decisione e della motivazione in ottemperanza del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato onde evitare un vizio di nullità della sentenza e del procedimento , e fra il deciso ed il motivato onde evitare un vizio di omessa insufficiente o contraddittoria motivazione allo stesso modo, negli atti di parte, i performativi delle domande ed eccezioni sono sorretti dagli elementi descrittivi delle causae petendi. In altri termini, la portata precettiva della sentenza non deve essere limitata a quanto risulta dal dispositivo, dovendo ricavarsi anche dalla motivazione nella quale le questioni discusse e decise sono esposte concisamente ed in ordine ordinate le varie questioni, la motivazione deve presentare i passaggi logici che su ciascuna di esse hanno condotto il giudice ad assumere le decisioni enunciate nel dispositivo. L’acquiescenza all’apprezzamento di fatto effettuato in sede di merito impedisce la proposizione ed il riesame in Cassazione. In ambito di sindacato di legittimità di una sentenza interpretativa di una volontà testamentaria, il libro II - titolo III, compresi gli artt. 588 e 734 c.c., è soggetto, ordinariamente, alle norme processualcivilistiche. Così, sotto il profilo formale, in sede di cassazione possono essere esaminate soltanto le censure relative alla sentenza di secondo grado e non possono essere formulati, per la prima volta, quei motivi d’appello che non censurino la sentenza di secondo grado ovvero che non avevano riguardato, in quella sede d’appello, i criteri ermeneutici seguiti dal tribunale nell’interpretazione del testamento, quindi nuovi ciò, altresì, in quanto la sentenza di secondo grado contiene un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della motivazione Cass. n. 13835/2007 . E’, inoltre, inammissibile il motivo proposto a titolo di violazione di una determinata norma cui corrisponda, invece, un differente vizio es. di motivazione . Ergo , il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 settembre - 30 novembre 2012, n. 21462 Presidente Oddo – Relatore Scrima Svolgimento del processo C.P., C.S.M.L., S.G., S.M., C.C.S., C.C. convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Cagliari, C.G., D.G., D.C., D.R., D.F., De.Ca. e D.A. e deducevano che, in data omissis , era deceduta in Ca.Sa., la quale, in mancanza di legittimari, aveva disposto dei suoi beni con testamento olografo del 5 maggio 1996, pubblicato dal notaio Giovanni Fadda con verbale 24 dicembre 1996, registrato a Cagliari il 24 dicembre 1996, n. rep. 45832, racc. n. 20666 rappresentavano, inoltre, gli attori che il testo del testamento escludeva ogni incertezza in ordine alla volontà manifestata dalla de cuius in relazione alla sorte del patrimonio, sulla portata dei legati di specie e delle istituzioni di erede, emergendo l'inequivoca volontà della testatrice di escludere dalla successione coloro che avessero protestato per le sue disposizioni. Tanto premesso gli attori, manifestando di voler ottenere esattamente l'esecuzione delle disposizioni di ultima volontà di Ca.Sa., chiedevano che a fosse dichiarato l'intervenuto trasferimento dei buoni postali fruttiferi, limitatamente all'importo di lire 470.000.000 alla data del 20 dicembre 1996 b fosse ordinata, ai convenuti che li possedevano, e in particolare a C.G. e a D.G., la consegna dei predetti buoni, con i frutti dal momento della morte della testatrice, gli interessi e il risarcimento dei danni c fosse accertata l'intervenuta esclusione di coloro che avessero contestato la volontà della testatrice e d fosse ordinata la divisione ereditaria dei beni che sarebbero dovuti andare agli esclusi. Si costituivano in giudizio i convenuti ad esclusione di D.R. e De.Ca., che venivano dichiarate contumaci. Il Tribunale adito, all'esito dell'istruttoria, con sentenza del 6 marzo 2002, dichiarava inammissibili le domande dei convenuti proposte intempestivamente condannava C.G. e D.G., quali eredi testamentari, ad adempiere i legati di genere de quibus disposti in favore degli attori, con la scelta di buoni fruttiferi postali del valore complessivo di lire 470.000.000 alla data del 20 dicembre 1996, calcolato comprensivamente di capitale e di interessi sino alla predetta data maturati, da scegliersi con redditività non più bassa della redditività media dell'epoca, in rapporto alla scadenza rigettava la domanda di accertamento dell'intervenuta risoluzione dei legati per l'operare della menzionata condizione risolutiva e quella consequenziale di divisione dichiarava che C.G. era stata istituita legataria di buoni fruttiferi postali per un valore di lire 250.000.000, determinato come già detto rigettava la domanda di riduzione proporzionale dei legati condannava D.G. e C.G. al pagamento in favore di D.C. della somma di lire 10.000.000, attribuita a titolo di legato condannava D.G. e C.G. alle spese del giudizio in favore degli attori e di D.C. e compensava tali spese tra le altre parti. Avverso detta sentenza proponeva gravame D.G Si costituivano C.P., C.S.M.L., S.C.G., S.C.M., C.C.S., C.C.C. e D.C. che chiedevano il rigetto dell'appello. Rimanevano contumaci C.G., D.F., D.A., D.R. e De.Ca La Corte di Appello di Cagliari, con sentenza del 16 giugno 2005, rigettava l'appello e condannava l'appellante al pagamento delle spese. Avverso la sentenza della Corte di merito ha proposto ricorso per cassazione D.G. sulla base di due motivi. Tutti gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Al ricorso in esame non si applica il disposto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. - inserito nel codice di rito dall'art. 6 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. d della legge 18 giugno 2009, n. 69 - in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata 16 giugno 2005 , pur se la parte ricorrente ha, comunque, formulato, per ogni motivo di ricorso, i relativi quesiti. 2. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 132 n. 4 cod. proc. civ., il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata si fonda su motivazioni frutto di errori di diritto e di vizi logici , in ordine all’interpretazione del testamento, al fine di distinguere tra disposizioni a titolo universale e disposizioni a titolo particolare. Ad avviso del ricorrente non si rinviene né nella sentenza del Tribunale di Cagliari, né in quella della Corte di appello, che ha fatto proprie per relationem le argomentazioni del primo Giudice, alcun tipo di accertamento, intrinseco o estrinseco, tendente a chiarire la volontà della testatrice ma entrambe le decisioni fanno riferimento alla disposizione di cui all'art. 588, secondo comma, cod. civ. interpretata restrittivamente. In particolare deduce il ricorrente che del testamento in parola sarebbero possibili due interpretazioni a secondo la prima interpretazione, le disposizioni testamentarie, considerate singolarmente, avrebbero natura di legati di genere i cui beneficiari vanterebbero solo un diritto di credito nei confronti degli eredi, da individuarsi, questi ultimi, in base alle regole della successione ab intestato e, quindi, nelle quattro sorelle C., G., P., M.L. e S., mancando nel testamento ogni designazione di crede 2 in base alla seconda interpretazione - che, ad avviso del ricorrente, sarebbe preferibile la testatrice avrebbe inteso dividere tra i beneficiari l'intero asse, ai sensi dell'art. 588, secondo comma, c. c. in base a tale interpretazione tutti i beneficiari chiamati nel testamento sarebbero eredi e tanto troverebbe conferma anche nelle ulteriori disposizioni della de cuius, che ha stabilito l'accrescimento in favore dei coeredi delle quote di chi non accetta il testamento [rectius in base al tenore letterale del'atto di ultima volontà de quo, chi protesta per le disposizioni testamentarie in parola , essendo il diritto di accrescimento coerente con il concetto di successione nella universalità dei beni ed incompatibile con quello di legato. 3. Con il secondo motivo, dolendosi della violazione e falsa applicazione dell'art. 588, secondo comma, cod. civ., il ricorrente deduce che l' impostazione giuridica seguita dal giudice del merito, secondo cui nei lasciti aventi ad oggetto beni specifici . non si configura in nessun caso una istituzione di crede, neppure ex re certa , nonostante il de cuius con il proprio testamento, abbia disposto di buona parte delle proprie sostanze o addirittura dell'intero asse sentenza n. 1114/02 , contrasterebbe con il dato normativo della norma richiamata e con l'interpretazione datane dalla S.C. e dalla dottrina che in genere mettono in relazione la portata innovativa dell'art. 588, secondo comma, cod. civ., con la possibilità data al testatore dall'art. 734 cod. civ. di procedere alla divisione del proprio patrimonio mediante attribuzioni dirette. Assume il ricorrente che, nel caso all'esame, si sarebbe proprio in presenza di divisione operata dal testatore. 4. I motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono entrambi da disattendere. 4.1. Anzitutto va precisato che possono essere esaminate in questa sede le sole censure relative alla sentenza di secondo grado, laddove, invece, la doglianza riportata al p.3 si riferisce, inammissibilmente, alla sentenza di primo grado, riportata testualmente e richiamata espressamente in parentesi dal ricorrente a p. 16 del ricorso. 4.2. Il primo motivo é poi inammissibile nella denuncia della violazione dell'art. 132, n. 4, cod. proc. civ., cui corrisponde il vizio previsto dall'art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., risolvendosi la censura nella doglianza di un vizio di motivazione. 4.3. Va poi evidenziato che il secondo motivo di ricorso ripropone, sotto il profilo della violazione di legge, la medesima questione sollevata con il primo motivo, reiterando sostanzialmente censure motivazionali. 4.4, Va precisato che la Corte di merito, sul tema dell'individuazione degli eredi della testatrice, si e espressa esaminando il secondo motivo di gravame, con cui l'attuale ricorrente aveva dedotto che erroneamente il Tribunale aveva posto a carico del solo ricorrente e di G C. l'onere di adempiere i legati dovendo, ad avviso di D.G., in base alla scheda testamentaria redatta nell'agosto del 1993 e non prodotta dalla parte attrice - che aveva fatto riferimento alla sola scheda del 5 maggio 1996 - ritenersi che erano state istituite eredi C.P., G., M.L. e S. per evidente lapsus calami indicata, come S. , pure legatarie. La Corte di merito ha ritenuto inammissibile la produzione documentale di tale scheda del 1993 e ha comunque escluso che detta scheda contenga una istituzione di erede, affermando al riguardo che facendo uso dei corretti principi richiamati dalla sentenza di primo grado con riferimento alla regola contenuta nell’art. 588 cod. civ. deve ritenersi che si sia in presenza non già di istituzione di crede ma di attribuzione, tramite legato, di beni determinati, come fatto evidente dalla specifica menzione di singoli beni assegnati non come quota di dell'intero ma della loro singola individualità . I motivi di appello proposti non riguardavano, quindi, i criteri ermeneutici seguiti dal Tribunale nell'interpretazione dell'atto del 5 maggio 1996 tali censure, non possono, pertanto, essere formulate per la prima volta in questa sede, risultando inammissibili per novità, e comunque non colgono nel segno, sostanzialmente non censurando la sentenza di secondo grado. Quest'ultima contiene peraltro, in relazione alla questione - ad essa sottoposta, sia pure con riferimento alla sola scheda testamentaria del 1993, di cui si è già detto - dell'individuazione degli credi, un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della motivazione Cass. 13 giugno 2007, n. 13835 la quale, nella specie, non risulta viziata. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Non vi é luogo a provvedere per le spese del giudizio di legittimità, non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.