Beneficio di inventario, pignorabili i beni dell’erede frutto del reinvestimento di beni ereditari

In caso di accettazione dell’eredità con beneficio di inventario, la vendita di un bene ereditario ed il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e ss. c.p.c., non rendono il bene dell’erede impignorabile da parte dei creditori del de cuius , i quali ben potranno pertanto sottoporlo ad esecuzione e rivalersi sul ricavato, nei limiti del valore del bene ereditario, ove l’erede, proponendo la relativa eccezione, faccia valere il beneficio.

Il caso . Un creditore del de cuius , aggredisce un bene personale dell’erede, una minorenne, che aveva accettato l’eredità paterna, con beneficio di inventario. Il bene staggito era stato acquistato, in parte, anche grazie al denaro ricavato dalla vendita di un bene del de cuius . La Suprema Corte, confermando quanto stabilito dal giudice di merito, ritiene il cespite pignorabile ed espropriabile, ancorché sul ricavato il creditore, possa soddisfarsi soltanto entro il limite del valore del bene pervenuto all’erede beneficiato. La sentenza offre lo spunto per alcune riflessioni sugli effetti dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario ed in particolare sulla pignorabilità dei beni personali dell’erede acquistati con denaro ricavato dalla vendita di un bene ereditario. L’accettazione di eredità con beneficio d'inventario . L’art. 470, comma 1, c.c., dispone che l’eredità possa essere accettata con beneficio di inventario, al fine di facilitare l’accettazione di eredità, anche oberate da debiti, nell’interesse sociale a che vi sia un erede e che i rapporti giuridici siano continuati Vocino, Inventario Beneficio di diritto civile , in Noviss. Dig. it. , IX, Torino, 1963, 15 . Per quanto concerne in particolare gli incapaci e gli inabilitati, gli artt. 471 e 472 c.c., stabiliscono che i medesimi non possono accettare l’eredità se non con il beneficio di inventario. La ratio della norma è quella di tutelare i soggetti incapaci, infatti l'effetto principale di questa forma di accettazione è proprio quello di tenere separato il patrimonio del de cuius da quello dell’erede, limitando così la responsabilità patrimoniale dell’ultimo entro i limiti di valore dell'asse ereditario, e impedendo quindi ai creditori e ai legatari di aggredire i beni personali dell'erede stesso. Erede beneficiato. La Suprema Corte con questa sentenza si schiera nuovamente a favore della dottrina maggioritaria secondo cui l'erede beneficiato, oltre a subentrare nell'attivo, succede pure nei debiti del defunto, seppure con la limitazione della sua responsabilità patrimoniale, nel caso in cui egli abbia fatto valere il beneficio, proponendo la relativa eccezione cfr. Cass. civ. 19 marzo 2007, n. 6488 Cass. civ. 14 marzo 2003, n. 3791 Cass. Civ. 23 febbraio 1982 n. 1114 in dottrina, tra gli altri, vedi Grosso e Burdese, Le successioni. Parte generale , in Tratt. Vassalli , Torino 1977, 448-449 contra Ferri L., Disposizioni generali sulle successioni , in Commentario Scialoja e Branca, Art. 456-511 , Bologna 3 ed. 1997, 355 secondo cui l’erede beneficiato, pur succedendo nelle attività, non succederebbe invece nei debiti, che resterebbero privi del soggetto titolare laddove vi sarebbe a tutela dei creditori una sorta di vincolo reale sui beni ereditari . Il pagamento dei debiti ereditari . Posto che l’erede beneficiato è, comunque, erede e come tale, succede anche nei debiti, la disposizione dell’art. 490, comma 2, n. 2, c.c., limita la responsabilità per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus hereditatis , cioè nei limiti del valore dell’eredità, e soltanto con i beni che gli sono pervenuti Cass. civ. 18 maggio 1993, n. 5641 Cass. civ. 10 novembre 1993 n. 11084 Cass. civ. 19 marzo 2007 n. 6488 . Ciò si ricava, come è stato osservato Grosso e Burdese, op. cit ., 499 non solo dalla facoltà di rilascio di tutti i beni ereditari riconosciuta ex art. 507 c.c., all’erede beneficiato, con conseguente sua liberalizzazione da ogni responsabilità per i debiti, quanto dall’art. 497 c.c., ove è espressamente detto che l’erede non può essere costretto al pagamento con i beni propri se non in presenza di determinate condizioni, ossia soltanto se omette di presentare il rendiconto, o per le somme delle quali egli stesso risulti debitore ogni questione in ordine alla eventuale presentazione del conto, ai sensi dell’ art. 497 c.c., è rimasta, nella sentenza qui commentata, fuori dal dibattito processuale . In questo contesto è stato quindi dalla Corte di Cassazione affermato che il beneficio d’inventario, limita, normalmente, la responsabilità dell’erede non solo al valore, ma anche ai beni allo stesso pervenuti, assoggettando, in via di principio, questi e non quelli personali all’esecuzione forzata cfr. Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5067 in diritto comparato sulle differenze tra il modello francofono, che realizzerebbe la successione nella persona e quello inglese con una successione dei beni v. Zoppini, Le successioni in diritto comparato , Torino 2002, 40 . Reinvestimento dell’attivo ereditario . Fatta tale premessa, bisogna però considerare che l’alienazione di beni dell’eredità accettata con beneficio di inventario, deve essere autorizzata dal tribunale, e che essa viene concessa per quegli atti che siano in qualche modo connessi con l’attività di liquidazione del patrimonio ereditario, vale a dire, in concreto, quando l’atto sia determinato da necessità o utilità evidenti. Il corrispettivo dei beni alienati deve essere infatti conservato per la liquidazione e non può essere liberamente utilizzato per le esigenze personali dell’erede Capozzi, Successioni e donazioni , 3 ed., Ferrucci – Ferrentino a cura di , Milano, 2009, 295 . Se è vero che la mancanza di autorizzazione comporta la decadenza del beneficio, e che tale evenienza non è ipotizzabile per i minorenni, ciò non vuol dire che la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e ss., c.p.c., valga a purgare ” definitivamente l’acquisto trasformandolo in bene personale tout cour . È sufficiente al riguardo considerare che il nodo della disciplina che limita la responsabilità dell’erede beneficiato è pur sempre il valore dei beni art. 490, comma 2, n. 2, c.c. , e proprio al fine di evitarne la dispersione il legislatore ha previsto che non solo gli atti dispositivi degli stessi debbano essere autorizzati, pena la decadenza dal beneficio di inventario, ma ha altresì stabilito che il giudice, quando occorre, fissi le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato art. 748, comma 2, c.p.c. . A ben vedere, infatti, in relazione all’eredità accettata con beneficio di inventario, la trasparente ratio di tale norma, è proprio quella di bloccare il valore del bene in modo che, se non cum viribus , i creditori possano comunque soddisfarsi intra vires . Nel caso di specie è pacifico in causa che il bene staggito venne acquistato, in parte, anche grazie al denaro ricavato dalla vendita di un bene del de cuius . La Suprema Corte ha confermato la decisione del giudice di merito che ha ritenuto il cespite pignorabile ed espropriabile, ancorché sul ricavato il creditore, può soddisfarsi soltanto entro il limite del valore del bene pervenuto alla minore. La suprema Corte ha inoltre specificato che non è sostenibile che l’esecuzione dovesse essere ab initio contenuta alla sola frazione dell’immobile staggito ipoteticamente corrispondente al ricavato della vendita di quello ereditario. L’erede beneficiato è pur sempre erede e come tale successore del defunto anche nei debiti e sul piano pratico la quota del bene acquistato in cui si è materializzato il valore di quello ereditario è elemento accertabile solo ex post , a esecuzione avvenuta. Eccezione di eredità beneficiata . Un ultimo spunto processuale riguarda l’eccezione, che, per sineddoche, si può definire di eredità beneficiata o di responsabilità intra vires . Essa è riservata alle parti quindi non è rilevabile d’ufficio , e conseguentemente va proposta entro i limiti temporali fissati dal rito processuale applicabile cfr. Cass. civ., 15 aprile 1992, n. 4633, Cass. civ., 9 marzo 1987, n. 2442 Cass. civ., 25 novembre 1988, n. 6345 vedi A. Tedoldi, Profili Processuali Della Responsabilità Dell'erede Beneficiato , in Resp. civ. e prev. ,2006, 570 ss. .

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 7 giugno – 26 luglio 2012, n. 13206 Presidente Uccella – Relatore Amendola Svolgimento del processo I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata. Con ricorso del 10 marzo 2005 F B. , quale legale rappresentante della figlia minore E.M P. , propose opposizione all'esecuzione immobiliare promossa dal Comune di Porcia nei confronti suoi e della minore. Dedusse l'opponente che la quota del bene staggito appartenente alla figlia, pari al 50% di un appartamento sito in omissis , non era pignorabile, in quanto bene personale della minore medesima, erede beneficiata ex lege del padre premorto, laddove il titolo azionato riguardava un credito dell'esecutante nei confronti del de cuius . Sulla base di tali premesse, chiese l'opponente che, accertata l'impignorabilità del bene, il pignoramento venisse dichiarato nullo. Costituitosi in giudizio, il Comune di Porcia eccepì che, pur rispondendo al vero che la quota di immobile pignorata non era bene ereditario proveniente dal padre, si trattava tuttavia di bene acquistato dalla madre, in nome e per conto della figlia, con denaro in buona parte proveniente dalla vendita di un immobile sicuramente facente parte dell'asse ereditario paterno. Con sentenza del 28 luglio 2006 il giudice adito ha respinto l'opposizione. Ha osservato il decidente che la somma precettata dall'Ente era di Euro 23.661,79 che dell'asse ereditario faceva parte un cespite la cui vendita, autorizzata dall'autorità giudiziaria, aveva assicurato alla minore, quale parte di sua spettanza, l'importo di Euro 77.470,00 che la somma era stata reimpiegata dalla madre per l'acquisto della quota immobiliare pignorata. In tale contesto ha affermato il Tribunale che il bene della minore, nel quale era stato trasformato quello ereditario, ben potesse essere espropriato dal creditore del de cuius . Diversamente opinando, invero, la regola della responsabilità intra vires sarebbe stata facilmente elusa, sufficiente essendo, a tal fine, la liquidazione dell'attivo ereditario e l'acquisto, con il ricavato, di altri beni che, in quanto personali dell'erede, non sarebbero più aggredibili dal creditori ereditari. Per la cassazione dei detta pronuncia ricorre a questa Corte B.F. , formulando tre motivi, illustrati anche da memoria. Resiste con controricorso il Comune di Porcia. Motivi della decisione 1.1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 490, 495 e 507 cod. proc. civ Sostiene che la sentenza impugnata avrebbe fatto malgoverno del principio per cui l'erede beneficiato risponde dei debiti e dei legati intra vires hereditatis e cum viribus hereditatis , e cioè con i beni dell'asse ereditario, di talché i beni personali dell'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario non sarebbero suscettibili di esecuzione forzata da parte dei creditori ereditari. 1.2 Con il secondo mezzo lamenta violazione degli artt. 490 e 832 cod. civ., nonché mancanza e contraddittorietà della motivazione. Secondo l'esponente, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, nel nostro ordinamento vigerebbe il principio per cui i creditori del de cuius possono soddisfare i loro crediti solo sui beni che facevano parte del patrimonio del debitore, al momento della morte, non già sui beni personali dell'erede beneficiato. Né sarebbe rinvenibile nell'ordinamento una norma che preveda il trasferimento della garanzia patrimoniale sui beni personali dell'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario. Pertanto, del tutto contraddittoriamente la sentenza impugnata, dopo aver riconosciuto che il bene staggito non era un bene ereditario, aveva ritenuto sussistente il diritto di procedere esecutivamente sullo stesso. 1.3 Con il terzo motivo l'impugnante torna a denunciare violazione degli artt. 490 e 832 cod. civ., nonché vizi motivazionali. Il giudice di merito non avrebbe per vero considerato che pacificamente l'immobile sottoposto ad esecuzione era stato acquistato anche con denaro proveniente da un contratto di mutuo stipulato dalla madre nell'interesse della minore. Conseguentemente esso era, almeno in parte, un bene personale dell'erede, bene sottoposto, malgrado ciò, per intero a esecuzione. 2. Le critiche, che si prestano a essere esaminate congiuntamente, per la loro evidente connessione, sono infondate. Occorre muovere dalla considerazione che la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario - mediante la quale si realizza la separazione del patrimonio del defunto e la restrizione della responsabilità dell'erede intra vires hereditatis - è pur sempre dichiarazione di volere accettare l'eredità, sicché l'erede beneficiato acquista i diritti caduti nella successione e diventa soggetto passivo delle relative obbligazioni. Come tale, a differenza del chiamato che non abbia ancora accettato, il quale a norma dell'art. 486 cod. civ. sta in giudizio in rappresentanza dell'eredità, l'erede beneficiato è legittimato in proprio a resistere e a contraddire, tant'è che l'eventuale pronuncia di condanna al pagamento dell'intero debito ereditario va emessa nei suoi confronti, salvo che, in concreto, la responsabilità andrà contenuta intra vires hereditatis nel caso in cui egli abbia fatto valere il beneficio, proponendo la relativa eccezione Cass. civ. 19 marzo 2007, n. 6488 Cass. civ. 14 marzo 2003, n. 3791 . 3. Posto dunque che l'erede beneficiato è, comunque, erede e che, come tale, succede anche nei debiti, l'affermazione secondo cui la disposizione dell'art. 490, secondo comma, n. 2, cod. civ. ne limita la responsabilità per il pagamento dei debiti ereditari e dei legati intra vires e cum viribus , va posta in relazione alle cautele che nel sistema circondano l'aggressione dei beni propri dell'erede beneficiato, atteso che, a norma dell'art. 497 cod. civ., questi non può essere costretto al pagamento con i propri beni, se non quando è stato costituito in mora a presentare il conto e non ha ancora soddisfatto a quest'obbligo primo comma ovvero, dopo la liquidazione del conto, fino alla concorrenza delle somme di cui sia debitore secondo comma . In tale contesto è stato quindi da questa Corte affermato che il beneficio d'inventario limita, normalmente, la responsabilità dell'erede non solo al valore, ma anche ai beni allo stesso pervenuti, assoggettando, in via di principio, questi e non quelli personali all'esecuzione forzata confr. Cass. civ. 29 aprile 1993, n. 5067 . Il che tuttavia non vuoi dire che la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e segg. cod. proc. civ., valga a purgare definitivamente l'acquisto. È sufficiente al riguardo considerare che il nodo della disciplina che limita la responsabilità dell'erede beneficiato è pur sempre il valore dei beni art. 490, secondo comma, n. 2 cod. civ., e proprio al fine di evitarne la dispersione il legislatore ha previsto non solo che gli atti dispositivi degli stessi debbano essere autorizzati, pena la decadenza dal beneficio d'inventario, dal tribunale, ma ha altresì stabilito che il giudice, quando occorre, fissi le modalità per la conservazione e il reimpiego del prezzo ricavato art. 748, secondo comma, cod. proc. civ. . A ben vedere, infatti, in relazione all'eredità accettata con beneficio d'inventario, la trasparente ratio di tale norma è proprio quella di bloccare il valore del bene in modo che, se non cum viribus , i creditori possano comunque soddisfarsi intra vires . 4. Venendo al caso di specie - pacifico in causa che il bene staggito venne acquistato, in parte, anche grazie al denaro ricavato dalla vendita di un bene del de cuius e rimasto, per altro verso, fuori del dibattito processuale ogni questione in ordine a una eventuale presentazione del conto - non ha errato il giudice di merito quando ha ritenuto il cespite pignorabile ed espropriabile, ancorché sul ricavato il creditore potrà soddisfarsi soltanto entro i limiti del valore del bene pervenuto alla minore. Né è sostenibile che l'esecuzione dovesse essere ab initio contenuta alla sola frazione dell'immobile staggito ipoteticamente corrispondente al ricavato della vendita di quello ereditario, come la ricorrente sostiene nel terzo motivo di ricorso. Sul piano dogmatico soccorre il rilievo, innanzi evidenziato, che l'erede beneficiato è pur sempre erede e, come tale, successore del defunto anche nei debiti sul piano pratico, non par dubbio che la quota del bene acquistato in cui si è materializzato il valore di quello ereditario è elemento accertabile solo ex post , a esecuzione avvenuta, e che gli unici dati certi al momento del promovimento di questa sono, da un lato, il debito del de cuius rimasto impagato, e, dall'altro, il prezzo ricavato da quello ereditario reinvestito nel cespiste pignorato. Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato in applicazione del seguente principio di diritto in caso di accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, la vendita di un bene ereditario e il reinvestimento del denaro ricavato, rispettati gli oneri procedurali imposti dagli artt. 747 e segg. cod. proc. civ., non rendono il bene dell'erede impignorabile da parte dei creditori del de cuius , i quali ben potranno pertanto sottoporlo ad esecuzione e rivalersi sul ricavato, nei limiti del valore del bene ereditario, ove l'erede, proponendo la relativa eccezione, faccia valere il beneficio. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. La difficoltà delle questioni consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.