Senza reddito ma è un’insegnante, potenzialità economica evidente. Assegno di mantenimento da ridurre

Respinta la richiesta dell’ex moglie, che riteneva preponderante il peso dello stipendio dignitoso dell’ex marito. Secondo i giudici, invece, va tenuta presente anche la capacità lavorativa della donna ella può ricorrere all’extrema ratio delle lezioni private o provare a trovare collaborazioni con le scuole.

Da una parte, quella del marito, oltre 2mila e 500 euro, e dall’altra, quella della moglie, nessuna proprietà e reddito fermo a 0 euro. Eppure, l’assegno di mantenimento posto a carico dell’uomo va ridotto. Per una ragione semplice la qualifica professionale della donna attesta, comunque, una concreta capacità lavorativa lucrativa Cassazione, sentenza n. 4571, Prima sezione Civile, depositata oggi . Passaggio cruciale. Oltre venticinque anni di matrimonio che si chiudono con la pronuncia del Tribunale. E i giudici, ovviamente, debbono affrontare, una volta ufficializzata la cessazione degli effetti civili , il nodo dei rapporti economici. Quale la soluzione? Assegno di mantenimento di 700 euro a favore della moglie e di 1000 euro complessivi a favore dei due figli. A modificare la situazione è la Corte d’Appello, che lascia immutato il quantum per i figli, ma alleggerisce la posizione dell’uomo rispetto all’ex moglie mantenimento fissato a 500 euro. Perché, pur avendo l’ex marito uno stipendio mensile dignitoso, viene riconosciuta alla donna, priva di proprietà e di fonte di reddito, una capacità lavorativa adeguata, quella da insegnante da spendere sia in lezioni private che in collaborazioni con le scuole. Potenzialità. Proprio la valutazione compiuta in Appello lascia perplessa l’ex moglie, che presenta ricorso in Cassazione, puntando a vedere ripristinato l’originario assegno di mantenimento fissato in primo grado. Critico, a suo avviso, l’eccessivo peso dato alla possibilità di guadagno come insegnante, a discapito della situazione attuale, ovvero di reddito fermo a 0 euro. Ma tali perplessità non fanno breccia nell’analisi compiuta in Cassazione. In questo contesto, difatti, i giudici mostrano di condividere il ragionamento portato avanti in Appello sulle condizioni economiche e personali dell’ex moglie. Perché, è vero, ella priva di mezzi economici ma, da insegnante, vanta una capacità lavorativa lucrativa . Secondo i giudici della Cassazione, che rigettano il ricorso e confermano quanto deciso in secondo grado, la qualifica professionale a disposizione della donna, e la relativa potenzialità reddituale, non possono essere ignorate, anche rispetto al reddito attuale dell’ex marito, per una calibrazione precisa dell’assegno di mantenimento a suo favore.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 – 22 marzo 2012, n. 4571 Presidente Carnevale – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con sentenza del 24.01.2008 il Tribunale di Napoli dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il 5.05.1982, da C.A. e M.C.S., imponendo al primo di corrispondere mensilmente a quest’ultima l’assegno di € 700,00 per il suo mantenimento nonché il contributo di complessivi € 1.100,00 per il mantenimento dei due figli delle parti, maggiorenni e conviventi con la madre. Con sentenza dell’11-24.12.2009, la Corte di appello di Napoli, in parziale accoglimento del gravame proposto dal C. avverso la sentenza di primo grado che nel resto veniva confermata, riduceva ad € 500,00 e ad € 1.000,00 € 500,00 per ciascun figlio , annualmente rivalutabili, gli apporti economici rispettivamente stabiliti dal primo giudice per il mantenimento della S. e dei due figli della coppia, in favore di quest’ultimi disponendo pure che l’appellante, come da sua richiesta, provvedesse al pagamento delle spese mediche e di istruzione, con compensazione delle spese processuali del grado. La Corte territoriale osservava e riteneva - che la determinazione, del contributo economico per il mantenimento dei due figli delle parti, era in effetti viziata da ultrapetizione, avendo la S.e limitato sul punto la sua domanda ad € 1000,00 mensili - che relativamente all’assegno di mantenimento stabilito in favore della S., occorreva rilevare a che lo stipendio mensile percepito dal C., quale dirigente medico della Asl n. 3 Napoli, risultava essere pari ad € 2.800.00 mensili, che lo stesso aveva cessato di svolgere attività di collaborazione con un centro di dialisi per incompatibilità con l’incarico da lui espletato presso la struttura pubblica e che non vi era prova che svolgesse attività libero professionale di medico b che sebbene non vi fosse dubbio che alla S., impossidente e priva di alcuna fonte di reddito, spettasse l’assegno di mantenimento, tuttavia il relativo importo, tenuto anche conto della sua capacità lavorativa, desumibile dalla qualifica di insegnante e dalla possibilità di dare lezioni private o di collaborare con scuole pubbliche, o private, doveva essere contenuto nella misura di € 500,00 mensili, corrispondente a quanto stabilito per ciascuno dei due figli. Avverso questa sentenza la S. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato al C., che ha resistito con controricorso. Motivi della decisione A sostegno del ricorso la S. denunzia Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il punto decisivo della controversia afferente alla qualificazione dell’assegno di divorzio”, con riferimento alla riduzione della misura dell’assegno in suo favore. II motivo non ha pregio. L’impugnata pronuncia appare, seppure sinteticamente, congruamente e logicamente argomentata, in aderenza al dettato normativo e con riferimento alla valutazione ponderata e comparata delle situazioni di pertinenza di ciascuna delle due parti, all’emerso ed incontestato attuale reddito mensile del C., all’entità delle somministrazioni economiche poste a suo carico, senza tralasciare la considerazione delle condizioni personali ed economiche della S., che, sebbene risultata priva di mezzi economici, non è stata plausibilmente ritenuta pure priva per ragioni oggettive di qualsiasi residua capacità lavorativa lucrativa, essendo anche dotata di specifica qualifica professionale, laddove poi ai fini, della quantificazione dell’assegno in argomento, l’omessa assunzione anche del parametro dell’apporto da lei dato alla conduzione familiare, non doveva essere necessariamente considerata cfr. tra le numerose altre e da ultimo, cass. n. 7601 del 2011 e comunque non appare suscettibile di assumere alcun rilievo orientativo decisivo a favore della ricorrente, essendo stato tale criterio da lei solo genericamente richiamato a fronte dell’attuale contesto anche economico puntualmente ed esaurientemente valutato. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Giusti motivi, essenzialmente desunti dalla natura delle questioni controverse e dalle peculiarità del caso, consigliano la compensazione integrale delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 52, comma 5, del D.Lgs n. 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.