Il ritardo nel riconoscimento del figlio naturale non cancella gli obblighi del padre

Il diritto al mantenimento sorge al momento della nascita e al genitore naturale riconosciuto tale può essere chiesto il rimborso delle spese fin da quel momento sostenute.

Sull’obbligo di mantenimento, di istruzione e di educazione dei figli l’orientamento della Cassazione è ormai più che consolidato e da sempre la Corte ribadisce che, anche nelle ipotesi in cui il figlio sia riconosciuto da un solo genitore, non può essere escluso l’obbligo dell’altro, per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità, di contribuire, anche economicamente, alla crescita e allo sviluppo del minore. La fattispecie. Il Tribunale, su istanza della madre, condannava le eredi del padre naturale al versamento di parte del rimborso richiesto dall’attrice per il mantenimento della minore, tardivamente riconosciuta dal genitore defunto. La madre appellava poi la sentenza di primo grado ritenendo che il Giudice avesse, nel caso di specie, erroneamente applicato le norme in tema di prescrizione. La Corte Territoriale riteneva l’appello parzialmente fondato e richiamava la corrente giurisprudenziale già consolidata secondo la quale il diritto al rimborso delle spese sostenute spettanti al genitore che ha allevato il figlio è soggetto alla prescrizione decennale e la relativa azione non è utilmente esercitabile se non dal giorno del riconoscimento del minore, ovvero del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della filiazione naturale. La madre naturale riusciva così ad ottenere l’integrale rimborso delle spese sostenute per il mantenimento della figlia, comprese, quindi, quelle relative al periodo antecedente alla dichiarazione giudiziale di paternità che, per contro, non le erano state riconosciute e non erano state prese in considerazione dal Tribunale in primo grado. Tuttavia, non soddisfatta, la madre ricorreva anche in Cassazione cercando di ottenere non un semplice rimborso delle spese, ma piuttosto, un contributo al mantenimento futuro della figlia. Resistevano con controricorsi e ricorsi incidentali le eredi e la Cassazione, riuniti gli atti, li rigettava tutti, compensando le spese tra le parti. Il diritto del figlio al mantenimento sorge sin da subito. La Corte di Cassazione richiama una precedente sentenza del 2006, la n. 23596, che, ancora più chiaramente della presente, aveva spiegato le differenti rilevanze giuridiche conseguenti al riconoscimento ovvero alla nascita del minore in ordine all’obbligo di mantenimento e di rimborso delle spese già sostenute dal genitore che ha allevato da solo il figlio. Innanzitutto è innegabile che il diritto del figlio ad essere mantenuto, istruito ed educato da parte di entrambi i genitori sorge con la nascita stessa giacché queste sono parte delle responsabilità di entrambi i genitori che conseguono e sono connesse alla situazione ontologicamente naturale di procreazione e, quindi, al rapporto di filiazione. Il genitore naturale ha l’obbligo di mantenere il figlio fin dalla nascita. Anche nell’ipotesi in cui il figlio, al momento della nascita, sia riconosciuto da un solo genitore, non viene meno l’obbligo dell’altro, per il periodo antecedente alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità e/o di maternità naturale, di contribuire al mantenimento, all’istruzione, all’educazione del minore. Anzi, il genitore naturale, dichiarato tale con provvedimento del giudice, è tenuto a provvedere al figlio, per la quota posta a suo carico, sin dal momento della nascita. Ne consegue logicamente che, il genitore che ritarda il suo doveroso riconoscimento non può allegare a proprio vantaggio il ritardo di tale azione per sottrarsi agli obblighi connessi alla procreazione. Il rimborso delle spese sostenute può essere richiesto al genitore naturale solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione. D’altro canto invece, il genitore che ha provveduto in via esclusiva al mantenimento del figlio ha azione nei confronti dell’altro genitore per ottenere il rimborso pro quota delle spese sostenute sin dalla nascita. Tuttavia, è bene precisare che, tale azione non è esercitabile se non dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di accertamento della filiazione naturale, con la conseguenza che detto momento segna anche il dies a quo della decorrenza della prescrizione decennale del diritto di rimborso stesso.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 24 novembre – 13 dicembre 2011, n. 26772 Presidente Rovelli – Relatore Berruti Svolgimento del processo Il Tribunale di Roma con sentenza dell'8 giugno 2004 pronunciando sulla domanda proposta da E P. nei confronti di D.V.A. , e di S.G. , A. , e An. , eredi tutti di P S. , padre naturale della loro figlia An. , nata il omissis e dal predetto riconosciuta, dichiarava in parte prescritto il diritto al rimborso, richiesto dalla P. , per le spese da lei affrontate per il mantenimento della minore, mentre lo la accoglieva per il periodo successivo all'aprile del 1991. Condannava pertanto ciascuna delle convenute in proporzione della ottenuta quota ereditaria, a versare alla P. la somma complessiva di Euro 9502,80 con interessi dalla domanda. Proponeva appello la P. al quale resistevano le convenute salvo G S. che non si costituiva. Il secondo giudice riteneva l'appello parzialmente fondato. Riteneva infatti errata la applicazione delle norme in tema di prescrizione da parte del primo giudice e dunque affermava che il diritto al rimborso delle spese sostenute spettanti al genitore che ha allevato il figlio nei confronti dell'altro genitore, soggetto alla prescrizione decennale di cui all'articolo 2946 del codice civile, non è utilmente esercitabile se non dal giorno del riconoscimento del minore ovvero del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa della filiazione naturale. Quindi riteneva non decorso il termine di prescrizione decennale, come ritenuto dal primo giudice per una parte delle somme richieste dall'attrice e dunque riconosceva alla P. , nell'interesse della figlia An. , anche la quota di mantenimento relativa al periodo antecedente a quello preso in esame dal tribunale,a partire dalla nascita della figlia An. e fino all' omissis . Determinava la somma spettante in via equitativa e condannava pertanto le appellate ciascuna in proporzione della propria quota ereditaria in favore della parte appellata. E P. ricorre per cassazione con atto articolato su tre motivi, ciascuno,per la parte ritenuto di diritto, concluso nel previsto quesito. Resiste A D.V. con controricorso. A S. , resiste anch'essa con controricorso, e spiega ricorso incidentale articolato su di un motivo. La ricorrente principale ha depositato memoria. Motivi della decisione 1.1 ricorsi vanno preliminarmente riuniti. 1.a.Deve essere esaminato per primo il motivo del ricorso incidentale di A S. il cui eventuale accoglimento assorbirebbe la trattazione del ricorso principale. 6. Con l'unico motivo del suo ricorso incidentale S.A. lamenta la violazione o la falsa applicazione dell'articolo 2935 del codice civile in relazione agli articoli 2934, 147,148 273, 279 della stessa legge. Afferma che la Corte di merito rigettando, diversamente dal primo giudice, l’eccezione di prescrizione del diritto in questione per il periodo antecedente al decorrere del termine decennale previsto dalla legge, ha errato, benché abbia seguito una diffusa giurisprudenza. Ritiene infatti che l'orientamento espresso da tale giurisprudenza debba essere rimeditato. Sostiene che l'obbligo al mantenimento dei figli nasce, con e per, il fatto della procreazione, dal momento che la legge pone a carico dei genitori l'obbligo di mantenere i figli per il sol fatto di averli generati. Ritiene dunque che non sia lo status formale di figlio naturale a costituire la fonte del diritto al mantenimento ma il fatto storico, in sé, della avvenuta procreazione. Sostiene che la stessa giurisprudenza della Corte di Cassazione nella quale si ammette l'accertamento incidentale del fatto materiale della procreazione al fine dell'ottenimento dei diritti indicati dalla norma costituzionale dell'articolo 30, impedisce con ogni statuizione per effetto della quale il dies a quo della decorrenza della prescrizione del diritto di un genitore che abbia provveduto esclusivamente al mantenimento del figlio, nei confronti dell'altro avente ad oggetto il rimborso pro quota delle spese sostenute, decorra prima del riconoscimento del minore ovvero del passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa dello status familiare in questione. Per tali ragioni chiede che la sentenza della corte di merito venga cassata. 1.ter. Osserva il collegio che la giurisprudenza di questa Corte, esattamente richiamata dalla ricorrente che la discute, ha chiarito le differenti rilevanze giuridiche che conseguono al riconoscimento ovvero alla nascita del minore, in ordine all'obbligo in questione. La Corte infatti ha precisato vedi in particolare Cass. 23596 del 2006 che nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto quindi a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene tuttavia meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di maternità naturale,che sorge dalla nascita del figlio. Insomma il diritto di questi ad essere mantenuto, istruito ed educato da parte di entrambi i genitori prescinde dal riconoscimento giuridico dello status parentale. Esso sorge con la nascita giacché è responsabilità che consegue ad una situazione ontologicamente naturale e pertanto giuridica. Il genitore che ritarda il suo doveroso riconoscimento, financo al punto da far intervenire il giudice, non può allegare a proprio vantaggio il ritardo stesso. La corte non vede ragioni abbandonare siffatto orientamento. Il motivo del ricorso incidentale é pertanto infondato. 2. Con il primo motivo del sul suo ricorso principale la signora P. lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1226 codice civile e 116 codice di procedura civile. Sostiene altresì la insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia. Il motivo lamenta che la corte territoriale ha determinato l'entità del contributo al mantenimento della figlia naturale attraverso una valutazione del tutto arbitraria nella quale, tra l'altro, manca di ogni valutazione della capacità di guadagno del defunto signor S.P. . Sostiene che il giudice di merito non ha considerato una serie di documenti dimostrativi di una capacità reddituale del defunto S. , maggiore di quella considerata. 2.a. Osserva il collegio che il motivo omette di riprodurre il testo dei documenti che indica soltanto, e che a suo avviso sarebbero stati trascurati dal giudice di merito. Peraltro non indica nemmeno per ciascuno di essi il contenuto o le circostanze che ne evidenzierebbero il carattere decisivo. Ciò premesso osserva il collegio che la Corte di Roma ha qualificato la domanda avanzata nei confronti degli eredi dello S. , come tendente ad ottenere il rimborso delle spese sostenute per il figlio dal momento della nascita e non invece, come sembra ritenere la ricorrente, ad ottenere la corresponsione di un contributo al mantenimento del figlio per il futuro. Rispetto alla parte di motivazione che definisce, nel senso appena precisato, la domanda posta all'esame del giudice del merito, il ricorrente non formula alcuna censura. Si limita, oggi, a ragionare in termini di corresponsione di un contributo al mantenimento futuro dimenticando che il decisum riguarda invece il rimborso di spese sostenute dal momento della nascita fino a quello dell'azione. Esso pertanto non viene attinto da detta censura. Rileva ancora il collegio che la sentenza impugnata nel quantificare equitativamente l'entità delle somme da rimborsare, ha precisato di aver comparato le condizioni reddituali delle parti come documentate in atti nonché le esigenze della figlia della ricorrente, precisando che la stessa era all'epoca ancora molto piccola e dunque abbisognevole delle cure coerenti con la sue età. Con ciò dunque la corte di merito ha ulteriormente mostrato di aver esaminato una domanda di rimborso, e quindi, ha motivato in ordine alla quantità riconosciuta, con riferimento alle esigenze di una bimba. Siffatta ratio decidendo di non è in alcun modo colpita dalla censura esaminata. Essa pertanto è in parte infondata, laddove allega una violazione di legge, e nella restante parte inammissibile giacché, per le ragione dette, viola il principio dell'autosufficienza del ricorso omettendo di riprodurre il testo di documenti asseritamene svalutati dal giudice di merito. La restante censura relativa, infine, alla motivazione, è infondata giacché essa, per le ragioni pure dette, manca il bersaglio. 3. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell'articolo 148 del codice civile, nonché la motivazione omessa o comunque insufficiente su un punto decisivo della controversia. Ancora una volta la ricorrente richiama a sostegno della propria censura criteri principi e giurisprudenza che riguardano il mantenimento e che dunque sarebbero eventualmente utilizzabili a sostenere, appunto, una domanda di concorso attuale nel mantenimento, e non una domanda, come si è detto, di rimborso delle spese già sostenute. Peraltro il motivo stesso risulta oscuro e generico giacché a sostegno invoca la documentazione prodotta in primo grado, in modo generico. Esso dunque manca di autosufficienza ed è pertanto inammissibile. 4. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 1224 del codice civile e 115 del codice di procedura civile nonché la motivazione insufficiente sul relativo punto decisivo. Premettendo che la prima e quindi la seconda sentenza hanno avuto ad oggetto le spese sostenute dalla signora P. per il mantenimento della figlia naturale An. , la ricorrente sostiene che la natura indiscussa di debito di valore da attribuirsi all'obbligo a carico dello S. di mantenere la predetta fa sì che il danno da lucro mancato da lei subito, doveva portare al riconoscimento degli interessi a muovere dal momento in cui le perdite del patrimonio della stessa si erano verificate e quindi a riconoscere la rivalutazione monetaria sulle somme non percepite. 4.a. Osserva il collegio che la mancata rivalutazione è stata esclusa la corte di merito con la motivazione che nella specie si trattava di credito soggetto alle norme sulle obbligazioni pecuniarie, rispetto al quale è prevista la corresponsione degli interessi legali dalla messa in mora, ai sensi dell'articolo 1224. Orbene, è giurisprudenza costante di questa Corte Suprema che la rivalutazione, sulla base del fenomeno inflattivo, può essere riconosciuta anche riguardo a dette obbligazioni,ma in presenza della prova del maggior danno derivato dall'impossibilità di disporre della somma durante il periodo di ritardo nella corresponsione Cass. n. 23744 del 2009 . Di tale circostanza non si è mai parlato nel giudizio di merito. La doglianze è infondata. 5. Il ricorso principale deve esser respinto. La reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese di questa fase. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta. Compensa le spese del giudizio di cassazione tra le parti.