Negato l'assegno in base ai documenti già acquisiti: l'ex moglie non può chiedere altre indagini fiscali

Inutile la richiesta di ulteriori indagini di polizia tributaria se per i giudici risulta documentata una situazione economica che non giustifica l'assegno di mantenimento.

L'ex coniuge che chiede il riconoscimento di un assegno divorzile non può imporre ai giudici nuove indagini tributarie per accertare mutamenti nelle condizioni economiche del marito, se è stata ritenuta sufficiente la documentazione già acquisita. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21173 del 13 ottobre. La fattispecie. In sede di divorzio, il Tribunale disponeva l'affidamento della figlia minore alla madre, condannando il padre a corrispondere un assegno di mantenimento in favore della bambina, ma rigettava la richiesta dell'ex moglie di attribuzione in suo favore di un assegno divorzile. La decisione veniva impugnata con riferimento a quest'ultimo aspetto, ma la Corte d'appello confermava la decisione di primo grado e l'ex moglie proponeva ricorso per cassazione. La richiesta assegno divorzile per mutamento delle condizioni economiche dell'ex marito. Secondo la donna, l'assegno divorzile sarebbe giustificato da sopraggiunte modifiche delle condizioni economiche delle parti, in senso a lei sfavorevole e favorevole al marito. La Corte, che ha ritenuto sufficientemente provata la situazione reddituale dell'uomo sulla base della documentazione fiscale acquisita, ha disatteso le richieste dell'appellante, la quale lamenta, in sede di giudizio di cassazione, il mancato accoglimento delle sue richieste di procedere ad ulteriori indagini che avrebbero permesso di accertare il mutamento delle condizioni economiche del marito. Si tratta, però, di censure che investono valutazioni di merito congruamente motivate, con argomentazioni immuni da vizi logici e che devono, quindi, essere respinte. Non si può chiedere ai giudici di procedere ad ulteriori indagini tributarie se ritengono già provata la situazione reddituale dell'ex coniuge. Nello specifico, la moglie non può chiedere ulteriori indagini di polizia tributaria relativamente alla situazione reddituale del marito se i giudici ritengono sufficiente la documentazione già acquisita, come è avvenuto nel caso di specie dalla documentazione in atti, che attesta la posizione economica del marito è apparso, insomma, doversi escludere di dover disporre un assegno divorzile in favore della moglie. E tale conclusione deve essere confermata anche dai giudici di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 26 settembre - 13 ottobre 2011, n. 21173 Presidente Luccioli - Relatore Piccinini Fatto e diritto Con sentenza del 14.7.2006 la Corte di Appello di Bari confermava la decisione di primo grado, con la quale il tribunale della medesima città aveva a dichiarato lo scioglimento del matrimonio fra G M. e A S. b rigettato la domanda di attribuzione di un assegno divorzile proposta da quest'ultima c affidato la figlia minore alla madre, cui aveva assegnato anche la casa coniugale d condannato infine il M. a corrispondere la somma di Euro 309,87, a titolo di mantenimento della figlia minore. Il giudice del gravame era stato adito dalla S. , che aveva in particolare lamentato il mancato riconoscimento di un assegno di mantenimento in suo favore al quale aveva peraltro rinunciato in sede di separazione personale , in ragione del fatto che le situazioni economiche delle due parti si sarebbero modificate, in senso favorevole per l'appellato e sfavorevole per essa appellante. La Corte di appello, tuttavia, aveva disatteso la censura, rilevando che la situazione reddituale del M. sarebbe emersa con la dovuta chiarezza dalla documentazione fiscale acquisita, e che non erano stati prospettati elementi deponenti in senso contrario. Avverso la decisione S. proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi, cui resisteva il M. con controricorso, con i quali rispettivamente e denunciava 1 violazione degli artt. 5 e 6 l. 70/898 e successive modifiche, 2729 c.c., 116 c.p.c., nonché vizio di motivazione, per la genericità del richiamo alla motivazione della sentenza del primo giudice, motivazione che fra l'altro sarebbe errata per l'omessa considerazione della sua non giovane età e per la precarietà dei lavori svolti 2 violazione degli artt. 5 l. 898/1970 e 345, comma terzo, c.p.c., perché a torto ritenuta tardiva la documentazione prodotta nel giudizio di impugnazione, trattandosi di documenti formati dopo la sentenza di primo grado 3 violazione degli artt. 5 l. 898/1970, 184, 187 c.p.c., 147, 148 e 2729 c.c., 24 Cost., in relazione al mancato accoglimento della richiesta di indagini relativa, alle condizioni economiche del M. . Osserva innanzitutto il Collegio che è inammissibile il primo motivo, per essere il prescritto quesito di diritto la sentenza impugnata è stata infatti emessa nel luglio 2006 formulato nei confronti della decisione di primo grado Si esprima la Corte nel senso di valutare, in sede di divorzio, se l'impossibilità di procurarsi redditi adeguati possa essere ritenuto sufficiente elemento presuntivo ed elemento determinante l'aver effettuato prima dei quaranta anni di età una serie di attività lavorative Si esprima ancora, nel rispondere al quesito poco sopra suesposto., se l'essere tali attività lavorative saltuarie e/o interinali., possa comunque escludere che la circostanza possa essere considerata prova contraria all'impossibilità., di procurarsi redditi adeguati . È poi ugualmente inammissibile il secondo motivo di impugnazione per difetto di autosufficienza. La doglianza ivi prospettata è stata infatti proposta in relazione all'affermazione della Corte di appello, secondo la quale la documentazione prodotta in sede di gravame sarebbe stata preesistente alla sentenza di primo grado, e risulta in particolare incentrata su una pretesa svista definita marchiana in cui sarebbe incorso il giudicante, che più precisamente non avrebbe percepito che la detta documentazione sarebbe stata successiva alla sentenza di primo grado. Rileva tuttavia in proposito il Collegio che la ricorrente non ha indicato l'esatto contenuto dei documenti, la rispettiva data della loro formazione, l'epoca della relativa acquisizione, il grado e la fase del processo in cui avrebbero dovuto essere prodotti alla data della loro formazione, elementi tutti indispensabili ai fini della delibazione circa la fondatezza o meno dei rilievi svolti. È infine inconsistente la censura formulata con il terzo motivo di impugnazione, atteso che la Corte di appello ha dato ampia motivazione delle ragioni per le quali ha ritenuto di non disporre ulteriori indagini di polizia tributaria relativamente alla situazione reddituale del M. Ed invero la Corte ha in proposito fatto espresso richiamo alla circostanza che la detta situazione sarebbe risultata ampiamente dalla documentazione fiscale acquisita agli atti p. 5 e che questa sarebbe stata inoltre avvalorata dal fatto che l'appellante, il quale pure avrebbe potuto, aveva omesso di indicare la presenza di segni di disponibilità finanziarie maggiori p. 6 . Si tratta dunque di valutazione di merito congruamente motivata con argomentazioni immuni da vizi logici, contrastata con una non condivisa interpretazione del materiale probatorio acquisito, e quindi con rilievi non meritevoli di attenzione in questa sede di legittimità. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs. 03/196.