Immigrazione e violazione dell’obbligo informativo: rinvio alla CGUE

La Corte di Cassazione ha rinviato alla Corte di Giustizia la questione sulla corretta interpretazione dell’art. 4 del Regolamento Dublino III. In particolare, la Corte sovranazionale dovrà sciogliere il dubbio sul se, la violazione dell’obbligo informativo, costituisca una mera violazione formale ovvero procedurale.

È quanto si legge nell’ordinanza interlocutoria n. 8668/2021 della seconda sezione Civile della Corte di Cassazione depositata il 29 marzo. Il caso. L’Unità di Dublino, autorità italiana competente ex art. 35 Reg. UE n. 604/2013, adottava una decisione di trasferimento del signor C. verso la Slovenia, suo paese di origine. Il sig. C., infatti, aveva presentato una domanda di protezione internazionale in Italia ma, ai sensi dell’art. 18 par. 1 lett. b del regolamento summenzionato, veniva inviata alla Slovenia richiesta di ripresa in carico. La decisione di trasferimento veniva impugnata dinanzi al Tribunale di Catanzaro che accoglieva il ricorso basandosi sulla violazione dell’art. 4 del Regolamento in forza del quale vige un obbligo informativo . Il Ministro dell’Interno impugnava la decisione proponendo ricorso alla Corte di Cassazione in quanto l’autorità competente, anche se avesse consegnato l’opuscolo informativo al sig. C., non avrebbe potuto emettere una decisione diversa da quella in concreto adottata. La Corte di Cassazione rinvia alla Corte di Giustizia la corretta interpretazione dell’art. 4 del Regolamento rispetto all’art. 27 concernente i mezzi di impugnazione del medesimo regolamento. La disciplina. Il Regolamento UE n. 604/2013, il cosiddetto Regolamento Dublino III individua i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale . La ratio della normativa de qua consiste nell’assicurare che la domanda presentata da un soggetto extracomunitario venga esaminata da uno solo degli Stati membri. All’interno dei principi elencati nel regolamento, assume fondamentale importanza l’art. 4 che, a ben vedere, mette in primo piano il richiedente la protezione. Tale soggetto, infatti, ha la possibilità di fornire informazioni su familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela presenti negli Stati membri deve, inoltre, essere informato della possibilità di impugnare una decisione di trasferimento, ovvero di chiederne la sospensione. Tali informazioni devono essere fornite non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale, sia per iscritto, mediante apposito opuscolo predisposto dalla Commissione Europea, sia oralmente laddove dovesse essere necessario per una migliore comprensione ed intellegibilità di quanto scritto. Altro importante articolo, che qui interessa al fine di comprendere la decisione della Corte di Cassazione in commento, è l'art. 27 che si occupa dei mezzi di impugnazione e prevede il diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale . È d’uopo precisare che il ricorso avverso la decisione di trasferimento non è automaticamente sospensivo. Infatti, l’art. 27, comma 3 stabilisce che gli Stati debbano prevedere nel proprio diritto nazionale, alternativamente, che il ricorso conferisca comunque il diritto di rimanere nel territorio dello Stato membro interessato in attesa della decisione che il trasferimento sia automaticamente sospeso per un periodo ragionevole laddove un organo giurisdizionale decide di concedere tale effetto sospensivo che all'interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all'organo giurisdizionale di sospendere l'attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell'esito del ricorso. Qual è la corretta interpretazione? Sulla possibilità di impugnare la decisione di trasferimento sulla base della sola violazione dell’art. 4 Regolamento n. 604/2013 vi sono due interpretazioni antitetiche. In forza della prima, la violazione dell’obbligo informativo comporta la irrimediabile illegittimità della decisione di trasferimento che, se impugnata, deve essere annullata. Diversamente, altro orientamento la violazione dell’art. 4 non può essere fatta valere come unico motivo di impugnazione, non essendo una doglianza di carattere meramente formale. Ma quindi qual è la giusta interpretazione? La Corte di Cassazione, in particolare, si chiede se l’art. 4 del Regolamento più volte menzionato, debba essere interpretato nel senso che la violazione dell’obbligo informativo possa essere fatta valere solo a condizione che il richiedente indichi quali informazioni avrebbe potuto indicare a suo favore e determinanti per una decisione positiva. Si necessita , in altri termini, di una corretta interpretazione che valorizzi la specifica allegazione da parte del soggetto richiedente la protezione internazionale delle circostanze rilevanti a condurre ad una diversa decisione. In definitiva, il dubbio interpretativo dell’art. 4 così come sopra rappresentato, rende necessario ed i ndispensabile l’ intervento interpretativo della Corte di Giustizia .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza interlocutoria 23 febbraio – 29 marzo 2021, n. 8668 Presidente Manna – Relatore Casadonte Fatto e diritto Procedimento principale. 1. L'Unità Dublino, autorità italiana competente ai sensi dell'art. 35 del regolamento UE n. 604/2013, ha adottato una decisione di trasferimento a carico del sig. CZA verso la Slovenia, Paese nel quale aveva in precedenza presentato domanda di protezione internazionale. 2. Il sig. CZA, infatti, ha presentato domanda di protezione in Italia che, verificata la presentazione di tale domanda, ha inviato alla Slovenia richiesta di ripresa in carico, in applicazione dell'art. 18, paragrafo 1, lettera b del regolamento UE n. 604/2013, accettata il 16 aprile 2018. 3. La decisione di trasferimento è stata impugnata davanti al Tribunale di Catanzaro che ha accolto il ricorso, basato sulla violazione dell'obbligo informativo prescritto dall'art. 4 del regolamento. 4. Il Tribunale ha accertato che l'amministrazione statale non ha dimostrato di avere consegnato l'opuscolo informativo previsto dall'art. 4 e non ha ritenuto sufficiente la produzione del verbale di colloquio personale redatto in base all'art. 5 del regolamento e la consegna di un altro opuscolo informativo nel momento della formalizzazione della domanda di protezione internazionale in Italia. 5. Ha quindi ritenuto che la violazione del dovere informativo prescritto dall'art. 4 del regolamento n. 604/2013 comporta inevitabilmente l'invalidità della decisione di trasferimento che il Giudice non può che annullare. 6. Contro questa decisione il Ministero dell'Interno presso il quale è incardinata l'Unità Dublino competente per le decisioni di trasferimento ha presentato ricorso davanti alla Corte di cassazione, sostenendo che il tribunale di primo grado ha errato nell'applicare l'art. 4 del regolamento in quanto, nel caso concreto, anche qualora non fosse stato consegnato l'opuscolo informativo, l'autorità amministrativa, applicando correttamente i criteri dettati dal regolamento, non avrebbe potuto emettere una decisione diversa. 7. Il sig. CZA chiede alla Corte di cassazione il rigetto del ricorso del Ministero dell'Interno. Diritto nazionale. 8.L'impugnazione della decisione di trasferimento del richiedente la protezione internazionale, che risulti avere presentato una precedente domanda di protezione internazionale in altro Stato membro del sistema Dublino, è regolata nel diritto nazionale dal D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 3, emesso in attuazione della direttiva 2005/85/CE, abrogata e sostituita dalla direttiva 2013/32/UE recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato Gazzetta Ufficiale Serie L n. 180 del 29 giugno 2013 . 9. L'art. 3 nella versione aggiornata a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 142 e dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito con modificazioni nella L. 13 aprile 2017, n. 46, così dispone per quanto qui rileva 1. omissis . 2. omissis . 3. L'autorità preposta alla determinazione dello Stato competente all'esame della domanda di protezione internazionale in applicazione del regolamento UE n. 604/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 è l'Unità Dublino, operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione. 3-bis. Contro le decisioni di trasferimento adottate dell'autorità di cui al comma 3 è ammesso ricorso al tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione Europea e si applicano gli artt. 737 c.p.c. e segg., ove non diversamente disposto dai commi seguenti. 3-ter. Il ricorso è proposto, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla notificazione della decisione di trasferimento. 3-quater. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa, su istanza di parte, quando ricorrono gravi e circostanziate ragioni, con decreto motivato, assunte, ove occorra, sommarie informazioni. Il decreto è pronunciato entro cinque giorni dalla presentazione dell'istanza di sospensione e senza la preventiva convocazione dell'autorità di cui al comma 3. L'istanza di sospensione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, con il ricorso introduttivo. Il decreto con il quale è concessa o negata la sospensione del provvedimento impugnato è notificato a cura della cancelleria. Entro cinque giorni dalla notificazione le parti possono depositare note difensive. Entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine di cui al periodo precedente possono essere depositate note di replica. Qualora siano state depositate note ai sensi del quinto e sesto periodo del presente comma, il giudice, con nuovo decreto, da emettere entro i successivi inque giorni, conferma, modifica o revoca i provvedimenti già emanati. Il decreto emesso a norma del presente comma non è impugnabile. 3-quinquies. Il ricorso è notificato all'autorità che ha adottato il provvedimento a cura della cancelleria. L'autorità può stare in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti e può depositare, entro quindici giorni dalla notificazione del ricorso, una nota difensiva. Entro lo stesso termine l'autorità deve depositare i documenti da cui risultino gli elementi di prova e le circostanze indiziarie posti a fondamento della decisione di trasferimento. 3-sexies. Il ricorrente può depositare una nota difensiva entro i dieci giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 3-quinquies, secondo periodo. 3-septies. Il procedimento è trattato in Camera di consiglio. L'udienza per la comparizione delle parti è fissata esclusivamente quando il giudice lo ritenga necessario ai fini della decisione. Il procedimento è definito, con decreto non reclamabile, entro sessanta giorni dalla presentazione del ricorso. Il termine per proporre ricorso per cassazione è di trenta giorni e decorre dalla comunicazione del decreto, da effettuare a cura della cancelleria anche nei confronti della parte non costituita. La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima. In caso di rigetto, la Corte di cassazione decide sull'impugnazione entro due mesi dal deposito del ricorso. 3-octies. Quando con il ricorso di cui ai precedenti commi è proposta istanza di sospensione degli effetti della decisione di trasferimento, il trasferimento è sospeso automaticamente e il termine per il trasferimento del ricorrente previsto dall'art. 29 del regolamento UE n. 604/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, decorre dalla comunicazione del provvedimento di rigetto della medesima istanza di sospensione ovvero, in caso di accoglimento, dalla comunicazione del decreto con cui il ricorso è rigettato. 3-novies. La sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non opera nel procedimento di cui ai commi precedenti. 3-decies. La controversia è trattata in ogni grado in via di urgenza. 3-undecies. omissis . 10. Si tratta di un ricorso giurisdizionale che, come chiarito dalla giurisprudenza nazionale di legittimità, ha ad oggetto la situazione giuridica soggettiva dello straniero che chiede la protezione internazionale da annoverarsi tra i diritti umani fondamentali la cui giurisdizione spetta all'autorità giurisdizionale ordinaria così ordinanza della Corte di cassazione, Sezioni Unite civili n. 8044/2018 . Disposizioni di diritto dell'Unione Europea. 11. Con riguardo al diritto dell'Unione Europea le previsioni rilevanti sono i considerando 18 e 19, l'art. 4, l'art. 18 e l'art. 27 del Regolamento UE n. 604/2013 e l'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 12. Il considerando 18 così recita E' opportuno organizzare un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale. Non appena sia presentata la domanda di protezione internazionale, il richiedente dovrebbe essere informato dell'applicazione del presente regolamento e della possibilità, nel corso del colloquio, di fornire informazioni sulla presenza negli Stati membri di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, al fine di agevolare il processo di determinazione dello Stato membro competente. 13. Il considerando 19 così recita Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull'esame dell'applicazione del presente regolamento quanto sull'esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito. 14. L'art. 4 del regolamento, intitolato Diritto di informazione così recita 1. Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell'art. 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell'applicazione del presente regolamento, specificando in particolare a le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell'eventuale presentazione di un'altra domanda in uno Stato membro diverso, nonchè le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale b i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri c il colloquio personale ai sensi dell'art. 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni d la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento e il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento f il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonchè le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all'art. 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell'opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3. Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all'art. 5. 3. La Commissione, mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonchè un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Detto opuscolo comune contiene anche informazioni riguardanti l'applicazione del regolamento UE n. 603/2013 e, in particolare, lo scopo per il quale i dati di un richiedente possono essere trattati nell'ambito di Eurodac. L'opuscolo comune è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'art. 44, paragrafo 2, del presente regolamento. 15. L'art. 18 del regolamento, intitolato Obblighi dello Stato membro competente , per quanto qui rileva, prevede che 1. Lo Stato membro competente in forza del presente regolamento è tenuto a a omissis b riprendere in carico, alle condizioni di cui agli artt. 23, 24, 25 e 29, il richiedente la cui domanda è in corso d'esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro oppure si trova nel territorio di un altro Stato membro senza un titolo di soggiorno c omissis d omissis . 16. L'art. 27 del regolamento, intitolato Mezzi di impugnazione stabilisce che 1. Il richiedente o altra persona di cui all'art. 18, paragrafo 1, lettera c o d , ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale. 2. Gli Stati membri stabiliscono un termine ragionevole entro il quale l'interessato può esercitare il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del paragrafo 1. 29.6.2013 Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea L 180/45 IT 1 GU L 348 del 24.12.2008, pag. 98. 3. Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale a che il ricorso o la revisione conferisca all'interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell'esito del ricorso o della revisione o b che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione o c che all'interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all'organo giurisdizionale di sospendere l'attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell'esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all'adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. La decisione sulla sospensione dell'attuazione della decisione di trasferimento è adottata entro un termine ragionevole, permettendo nel contempo un esame attento e rigoroso della richiesta di sospensione. La decisione di non sospendere l'attuazione della decisione di trasferimento deve essere motivata. 4. Gli Stati membri possono disporre che le autorità competenti possano decidere d'ufficio di sospendere l'attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell'esito del ricorso o della revisione. 5. Gli Stati membri assicurano l'accesso dell'interessato all'assistenza legale nonchè, se necessario, all'assistenza linguistica. 6. Gli Stati membri provvedono affinchè l'assistenza legale sia, a richiesta, concessa gratuitamente all'interessato che non può assumersene i costi. Gli Stati membri possono prevedere, per quanto riguarda gli onorari e le altre spese, che il trattamento concesso ai richiedenti non sia più favorevole di quello di norma concesso ai propri cittadini per questioni che rientrano nell'assistenza legale. Senza limitare in modo arbitrario l'accesso all'assistenza legale, gli Stati membri possono prevedere che non sia concessa l'assistenza e la rappresentanza legali gratuite quando l'autorità competente o l'organo giurisdizionale ritengono che il ricorso o la revisione non abbiano prospettive concrete di successo. Se la decisione di non concedere gratuitamente l'assistenza e la rappresentanza legale ai sensi di tale paragrafo è adottata da un'autorità diversa da un organo giurisdizionale, gli Stati membri prevedono il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un organo giurisdizionale avverso tale decisione. Nel soddisfare i requisiti di cui al presente paragrafo, gli Stati membri garantiscono che l'assistenza e la rappresentanza legale non sia oggetto di restrizioni arbitrarie e che non sia ostacolato l'accesso del richiedente alla giustizia. L'assistenza legale comprende almeno la preparazione dei documenti procedurali richiesti e la rappresentanza dinanzi all'autorità giudiziaria e può essere limitata ad avvocati o consulenti che sono specificamente designati dal diritto nazionale a fornire assistenza e rappresentanza. Le modalità di accesso all'assistenza legale sono stabilite dal diritto nazionale. 17. L'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea intitolato Diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale prevede che Ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell'Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice, nel rispetto delle condizioni previste nel presente articolo. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Ogni persona ha la facoltà di farsi consigliare, difendere e rappresentare. A coloro che non dispongono di mezzi sufficienti è concesso il patrocinio a spese dello Stato, qualora ciò sia necessario per assicurare un accesso effettivo alla giustizia. Breve illustrazione dei motivi del rinvio sull'interpretazione dell'art. 4 rispetto all'art. 27 del regolamento UE n. 604/2013. 18. La Corte rileva, anzitutto, che nel caso oggetto del giudizio principale l'autorità amministrativa ha effettivamente svolto il colloquio informativo previsto dall'art. 5 del regolamento, per cui il Giudice di ultimo grado è chiamato a valutare la rilevanza della sola mancata consegna al sig. CZA dell'opuscolo informativo previsto dall'art. 4 del regolamento, nell'ambito del procedimento di ripresa in carico regolato dall'art. 18, paragrafo 1, lettera b del medesimo regolamento. 19. Si ritiene necessario, ai fini della decisione, chiedere d'ufficio alla Corte di giustizia un intervento in via pregiudiziale, dando altresì atto che la questione non è stata preventivamente sottoposta alle parti del giudizio principale. 20. Si sono formati, nella giurisprudenza nazionale, due diversi orientamenti interpretativi sull'art. 4 del regolamento, in particolare sulla rilevanza e sulle conseguenze della sua violazione. 21. Secondo un orientamento la norma ha carattere essenziale e deve essere inderogabilmente applicata in ogni caso in cui sia avviata una qualsiasi procedura di determinazione dello Stato competente all'esame di una domanda di protezione internazionale, ai sensi del regolamento Dublino III. 22. La sua violazione comporta la irrimediabile illegittimità della decisione di trasferimento che, se impugnata dall'interessato per violazione degli obblighi informativi a carico dello Stato, deve essere per ciò stesso annullata. 23. Secondo questo orientamento non rileva, ai fini della nullità della decisione di trasferimento, la mancata allegazione o dimostrazione, da parte del richiedente, di uno specifico vulnus al suo diritto di azione e difesa in giudizio. 24. Secondo un altro orientamento la violazione dell'art. 4 del regolamento non può essere fatta valere nel caso in cui venga impugnata una decisione di trasferimento per ripresa in carico ai sensi dell'art. 18 del regolamento, potendo il richiedente asilo lamentare solo carenze sistemiche nella procedura d'asilo e nelle condizioni di accoglienza nello Stato membro designato alla luce dell'art. 3, paragrafo 2, comma 2 del regolamento. 25. In ogni caso, secondo questo secondo orientamento, il Giudice non può annullare la decisione di trasferimento a seguito di ripresa in carico già accettata da parte di uno Stato membro, per violazioni solo formali, come quella della mancata consegna dell'opuscolo informativo prevista dall'art. 4, della procedura finalizzata al trasferimento. 26. Il Collegio si interroga sulla conformità di tali interpretazioni al regolamento Dublino III, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia 26 luglio 2017, Mengesteab, C-670/2016, punti 93 e 95 . 27. Infatti, in considerazione dell'effettività del rimedio, ma anche del ruolo specifico che il regolamento Dublino III assegna al primo Stato membro nel quale viene presentata una domanda di protezione internazionale, la Corte si chiede se nelle circostanza di cui alla causa principale, e precisamente in caso di impugnazione della decisione di trasferimento ai sensi degli artt. 26 e 18, paragrafo 1, lettera b , l'art. 4 del regolamento debba essere interpretato nel senso che la violazione dell'obbligo informativo in esso previsto, possa essere fatta valere solo a condizione che il richiedente asilo indichi quali informazioni avrebbe fornito all'amministrazione per consentirle di applicare correttamente i criteri di competenza previsti dal regolamento e indichi anche in che modo queste informazioni sarebbero state determinanti per l'adozione di una decisione di trasferimento di diverso contenuto o avrebbero indotto l'autorità amministrativa a non adottarla. 28. Il Collegio si interroga, in particolare, sulla conformità al regolamento dell'orientamento che ritiene sufficiente, per annullare una decisione di trasferimento ai sensi dell'art. 18, paragrafo 1, lettera b , la mera denuncia di una violazione formale del procedimento perchè dubita che, in tal modo, si consenta di contestare, indirettamente, la competenza dello Stato membro dove per prima è stata presentata la domanda di protezione per motivi diversi dalla corretta applicazione dei criteri fissati dal regolamento stesso. 29. Il Collegio rileva, inoltre, che il regolamento non offre indicazioni sulle conseguenze che, in caso di violazione dell'art. 4, così come dell'art. 5 del regolamento, derivano sulla decisione di trasferimento, nè ricava dall'art. 27 del regolamento indicazioni su cosa si debba in questo caso intendere per rimedio effettivo. Punto di vista del giudice del rinvio. 30. In particolare il Collegio dubita della conformità allo scopo del regolamento, ossia giungere a una celere e corretta individuazione dello Stato membro competente nel rispetto dei diritti fondamentali del richiedente asilo e al contempo scoraggiare i movimenti secondari, dell'orientamento nazionale che ritiene che in caso di accertata violazione degli artt. 4 e/o 5 del regolamento, il Giudice debba necessariamente annullare la decisione amministrativa di trasferimento. 31. Questa soluzione, oltre a non consentire una tempestiva individuazione dello Stato membro competente, espone lo Stato che emette la decisione di trasferimento al rischio di far decorrere i termini massimi per l'esecuzione della decisione di trasferimento. 32. Al contrario un'interpretazione che valorizzi la specifica allegazione da parte del richiedente delle circostanze rilevanti a condurre ad una diversa decisione, assicura l'effettività del rimedio predisposto dal regolamento e consente, al contempo, il tempestivo ed efficace funzionamento delle procedure individuate dal regolamento per la determinazione dello Stato membro competente all'esame della domanda di protezione internazionale. Rinvio delle questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia. 33. In conclusione, il dubbio interpretativo sulla rilevanza dell'obbligo informativo previsto dall'art. 4 del regolamento Dublino III alla luce delle conseguenze che ne individua la giurisprudenza nazionale rende necessario richiedere alla Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle seguenti questioni 1 se l'art. 4 del regolamento debba essere interpretato nel senso che con il ricorso proposto, ai sensi dell'art. 27 del regolamento UE 604/2013, nei confronti di una decisione di trasferimento adottata da uno Stato membro, secondo il meccanismo dell'art. 26 del regolamento ed in base all'obbligo di ripresa in carico di cui all'art. 18, paragrafo 1, lettera b del medesimo regolamento, possa farsi valere la sola mancata consegna dell'opuscolo informativo disciplinata dall'art. 4, paragrafo 2, del regolamento, da parte dello Stato che ha adottato il provvedimento di trasferimento 2 se l'art. 27 del regolamento, letto in combinazione con il considerando 18 e il considerando 19 e con l'art. 4 del medesimo regolamento, debba essere interpretato nel senso che il rimedio effettivo in caso di accertata violazione degli obblighi previsti dall'art. 4 impone al Giudice l'adozione di una decisione di annullamento della decisione di trasferimento 3 in caso di risposta negativa al quesito sub 2 se l'art. 27 del regolamento, letto in combinazione con il considerando 18 e il considerando 19 e con l'art. 4 del medesimo regolamento, debba essere interpretato nel senso che il rimedio effettivo in caso di accertata violazione degli obblighi previsti dall'art. 4 impone al Giudice di verificare la rilevanza di tale violazione alla luce delle circostanze allegate dal ricorrente e consente di confermare la decisione di trasferimento tutte le volte che non emergano ragioni per l'adozione di una decisione di trasferimento di contenuto diverso 34. Il rinvio pregiudiziale comporta la sospensione del processo. P.Q.M. La Corte, visti l'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea e l'art. 295 c.p.c., chiede alla Corte di giustizia dell'Unione Europea di pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulle questioni di interpretazione del diritto dell'Unione indicate in motivazione. Ordina la sospensione del processo e dispone che copia della presente sentenza sia trasmessa alla Cancelleria della Corte di giustizia dell'Unione Europea.