Domanda di restituzione di somma: il foro concorrente del luogo di pagamento non rileva se il rapporto obbligatorio è oggetto di contestazione

In tema di competenza per territorio, il criterio di cui all’art. 1182 c.c. terzo comma cod. civ., non trova applicazione rispetto all’obbligazione di restituzione di ciò che sia stato pagato indebitamente, quando la stessa discenda da una contestazione relativamente al rapporto cui è collegata e il relativo credito sia, pertanto, allo stato illiquido.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6190/21, depositata in cancelleria il 5 marzo, si è pronunciata in materia di competenza territoriale alternativa. Il giudizio si è soffermato sui criteri che rendono applicabile l’art. 1182 c.c. terzo comma, il quale, come noto, nelle obbligazioni aventi ad oggetto una somma di denaro, consente di radicare la competenza territoriale presso il domicilio che il creditore ha al tempo della sua scadenza. Il fatto. La vicenda posta al vaglio degli Ermellini concerne un rapporto contrattuale intercorso tra due società. La prima società formulava domanda di annullamento di un contratto sottoscritto tra le parti ex art. 1439 c.c. con contestuale richiesta di condanna della convenuta alla restituzione di un importo monetario, in via subordinata domandava l’accertamento della dichiarazione di arricchimento senza causa della convenuta ai danni dell’attrice con contestuale richiesta di restituzione dell’importo richiesto in via principale. La società convenuta eccepiva l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, per essere a suo dire competente il Tribunale di Firenze, domandando in via riconvenzionale il pagamento di crediti maturati e scaduti in relazione a fatture emesse e ad ulteriori bonus connessi al fatturato. In primo grado il Tribunale disattendeva l’eccezione d’incompetenza per territorio, accogliendo nel merito la domanda di annullamento del contratto intercorso tra le parti, con rigetto della riconvenzionale. La decisione era confermata anche in grado di appello. I Giudici di seconde cure ritenevano che competente a decidere fosse il Tribunale di Milano argomentando la pronuncia nel senso d’interpretare l’art. 20 c.p.c. in combinato disposto con l’art. 1182 comma 3 c.p.c., trattandosi di causa in cui era stata dedotta una somma di denaro, imponendosi di considerare quale luogo di adempimento dell’obbligazione il domicilio del creditore criterio questo che a parere della Corte di Appello troverebbe applicazione anche nelle ipotesi di restituzione di importi di denaro indebitamente pagati. La violazione dell’art. 20 c.p.c. e dell’art. 1182 c.c. La decisione era impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione sulla scorta di diversi motivi dei quali, quello oggetto d’interesse concerne la violazione dell’art. 20 e dell’art. 1182 c.c. in relazione all’asserito difetto di competenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Firenze. La ricorrente riteneva che dovesse trovare applicazione nel caso di specie in primo luogo l’art. 19 c.p.c., quale foro generale delle persone giuridiche , con conseguente radicamento della competenza presso il Tribunale di Firenze, luogo dove la convenuta aveva la propria sede in secondo luogo l’art. 20 c.p.c. che, nelle cause relative ai diritti di obbligazione , individua la competenza nel giudice del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi e dunque sempre Firenze nel caso di specie, ove il contratto era stato concluso tra i contraenti. Di contro negava l’applicazione del criterio del foro di pagamento individuato dal terzo comma dell’art. 1182 c.p.c. terzo comma, trattandosi di rapporto di credito contestato, quindi con importo non considerabile liquido ed esigibile. Nell’odierna vicenda per quantificare l’importo da restituire era stata eseguita una consulenza tecnica particolarmente complessa, che a giudizio del ricorrente dimostrava in maniera evidente l’inapplicabilità al caso di specie dei criteri di competenze territoriali utilizzati dall’attrice e condivisi dai Giudici del merito. La decisione della Cassazione. Gli Ermellini riconoscevano la fondatezza del ricorso, con specifico riferimento al motivo di gravame sollevato per l’incompetenza territoriale. Il ragionamento seguito dai Giudici di monofilachia prendeva le mosse proprio dalla tipologia di domanda formulata dall’attrice. Questa aveva infatti richiesto al Tribunale, in via principale, l’annullamento per dolo del contratto, con conseguente giudizio di accertamento, prima ancora che la restituzione della somma di denaro. Anche la domanda subordinata di restituzione della somma indebitamente percepita, presupponeva l’accertamento dell’obbligazione in relazione alla quale venne eseguita la prestazione indebita. Pertanto, trattandosi di domande complesse , contenenti l’accertamento della validità del contratto, in materia di competenza per territorio derogabile l’applicazione dei fori concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., del foro in cui è sorta l’obbligazione, e del foro di cui all’art. 1182 comma terzo c.p.c. andava fatta riferendosi alla obbligazione in esecuzione della quale venne eseguita la prestazione indebita. Poiché il contratto in discussione era stato concluso in Firenze, la competenza per territorio , anche con riguardo ai fori alternativi, nel ragionamento seguito dalla Cassazione apparteneva al Tribunale di Firenze. Gli Ermellini ritenevano invece che il foro del luogo di adempimento del pagamento potesse considerarsi solo nelle ipotesi in cui si fosse già formato giudicato sull’esistenza del rapporto obbligatorio ed in ogni caso in cui il rapporto originario non venga in contestazione, ipotesi non ravvisabile nel caso in commento. Pertanto, il ricorso era accolto con cassazione della decisione e rinvio al Tribunale di Firenze.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza 25 novembre 2020 – 5 marzo 2021, n. 6190 Presidente Di Virgilio – Relatore Varrone Fatti di causa 1. Brother Italia spa conveniva in giudizio Nuovadata Srl, chiedendo in via principale, di accertare e dichiarare l’annullamento del contratto sottoscritto tra le parti ex art. 1439 c.c., di accertare e dichiarare la legittimità dell’azione nella ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 2033 c.c., con condanna della convenuta a restituire all’attrice l’importo di Euro 730.358,91 e, in via subordinata, l’accertamento della dichiarazione di arricchimento senza causa della convenuta ai danni dell’attrice con condanna della stessa alla restituzione della medesima somma richiesta in via principale. Si costituiva Nuovadata srl eccependo preliminarmente l’incompetenza territoriale del Tribunale adito, contestando la prospettazione attorea e formulando in via riconvenzionale la richiesta di pagamento dei crediti maturati e scaduti sia in relazione alla fattura regolarmente emessa n. 2695 del 19 giugno 2005 sia in relazione ai premi contrattualmente previsti oltre ad ulteriori bonus determinati sulla percentuale del fatturato previsto e documentalmente raggiunto. 2. Il Tribunale di Milano rigettava l’eccezione di incompetenza territoriale e dichiarava l’annullamento del contratto intercorso tra le parti nel 2005 e rigettava la domanda riconvenzionale, condannando Nuovadata Srl al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 243.334,22 oltre interessi, nonché al pagamento delle spese di lite e della consulenza tecnica d’ufficio. 3. Nuovadata Srl proponeva appello avverso la suddetta sentenza. 4. La Corte d’Appello di Milano rigettava integralmente l’appello. Per quel che ancora rileva in questa sede, la Corte d’Appello rigettava il primo motivo di appello relativo all’incompetenza per territorio del Tribunale di Milano a favore di quello di Firenze che secondo l’appellante doveva prevalere ai sensi dell’art. 19 c.p.c., e ai sensi dell’art. 20 c.p.c Secondo la Corte d’Appello, nell’ipotesi in cui l’obbligazione dedotta in giudizio avesse per oggetto, come nel caso in esame, una somma di denaro, l’art. 20 c.p.c., doveva essere interpretato in combinato disposto con l’art. 1182 c.c., comma 3, secondo cui l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio del creditore. Il criterio indicato trovava applicazione con riferimento a qualsiasi obbligazione di pagamento in denaro e, quindi, anche in relazione alle obbligazioni di restituzione di ciò che era stato indebitamente pagato. In proposito la Corte d’Appello richiamava anche la sentenza di legittimità che aveva riconosciuto la possibilità di fare applicazione dell’art. 1182 c.c., comma 3, anche nel caso di somma determinata o determinabile mediante un mero calcolo aritmetico. In tal modo era irrilevante se per la determinazione dell’importo fosse o meno necessaria un’indagine anche complessa. La Corte d’Appello di Milano rigettava i restanti motivi di impugnazione. In sintesi, riteneva non ricorrere la violazione dell’art. 163 c.p.c., n. 4, dovendosi condividere quanto rilevato dal primo giudice sul contenuto della citazione e sui fatti allegati dall’attrice. Quanto all’insussistenza dei presupposti di cui all’art. 1439 c.c., il motivo doveva ritenersi infondato in applicazione della giurisprudenza della corte di cassazione secondo cui il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da una parte abbiamo determinato la volontà di contrarre dell’altra, ingenerando una rappresentazione alterata della realtà che abbia provocato un errore nel meccanismo volitivo, ai sensi dell’art. 1429 c.c Nella specie dagli atti del processo e dalle testimonianze assunte emergevano univocamente elementi qualificanti l’annullamento ex art. 1439 c.c La Corte d’Appello citava le dichiarazioni di alcuni testimoni ed evidenziava che era stata ammessa la contraffazione nel documento di aggiudicazione della cifra di Euro 40.401 sostituita con quella di Euro 2.040.401,00 che quando era ammessa tale circostanza vi era stata una riunione nella quale i rappresentanti di Nuovadata avevano giustificato il proprio operato affermando di aver agito in buona fede e manifestando la disponibilità a risarcire l’eventuale danno, mentre non vi era alcuna prova circa l’esistenza di un accordo tra le parti teso a sovrastimare il contratto. In particolare, non era idonea a provare tale circostanza la testimonianza resa da F.S. direttore commerciale di Brother spa. La Corte d’Appello rigettava anche il motivo di appello relativo alla violazione dell’art. 2033 c.c Secondo la stessa prospettazione dell’appellante, la controparte, attrice in primo grado, aveva dedotto nell’atto di citazione il pagamento, sotto forma di sconto, avvenuto a seguito di vizio del consenso determinato dall’inganno di Nuovadata sulla consistenza dell’appalto ottenuto dal consorzio. Tale prospettazione di fatto poneva a carico di Nuovadata l’onere di provare l’avvenuto adempimento del contratto come previsto dalle parti o di provare che lo sconto praticato era stato riconosciuto per un valido titolo giustificativo. Spettava dunque a Nuovadata fornire la prova e tale prova non era stata fornita. Restava così assorbito il motivo relativo alla violazione dell’art. 2041 c.c Con riferimento alla quantificazione dell’importo dovuto all’attrice la Corte richiamava l’analisi del consulente tecnico d’ufficio svolta in modo preciso e puntuale in particolare le pagine 19 e 20 dove si precisava che, ai fini della determinazione dello sconto, il consulente aveva richiesto e ottenuto tutta la documentazione contabile necessaria all’indagine. E dopo aver verificato la corrispondenza dei quantitativi ordinati aveva determinato lo sconto applicato quantificandolo in Euro 243.334,22. Tale metodologia di indagine non era validamente posta in dubbio dall’appellante. La domanda riconvenzionale proposta da Nuovadata Srl era fondata solo sulla produzione di una fattura che per la sua formazione unilaterale non era sufficiente a provare la pretesa. Infatti la fattura commerciale, a fronte della contestazione della controparte, anche in presenza di un rapporto già formato tra le parti, ha natura di atto partecipativo e non di prova documentale, e costituisce un mero indizio circa l’esistenza del credito in essa riportato di tal che, di fronte alla sua contestazione, incombe sull’emittente l’onere di provare l’esatto ammontare del proprio credito. Con riferimento alla richiesta di pagamento del bonus relativo all’anno 2007-2008 la Corte condivideva la puntuale disamina del Tribunale che valutati i termini contrattuali intercorsi tra le parti aveva escluso che nell’anno in questione la società Nuovadata avesse raggiunto il fatturato concordato e avesse provato la circostanza che gli ordini inevasi erano stati illegittimamente bloccati dalla controparte. Mentre per quanto riguardava i premi per gli anni 2007 e 2008 non vi era prova dell’accordo tra le parti. 5. Nuovadata Srl ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi. 6. Brother d’Italia S.p.A. ha resistito con controricorso 7. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato violazione dell’art. 20 c.p.c., e dell’art. 1182 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 2, competenza territoriale del Tribunale di Milano in favore del Tribunale di Firenze. A parere della ricorrente doveva innanzitutto trovare applicazione l’art. 19 c.p.c. che individua quale foro generale delle persone giuridiche quello del giudice del luogo in cui la convenuta ha sede e, in secondo luogo, doveva trovare applicazione l’art. 20 c.p.c., secondo cui le cause relative a diritti di obbligazione sono di competenza del giudice del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve eseguirsi. Pertanto, anche qualora si volesse individuare la competenza non già nell’azione del contestato indebito ma nel sottostante contratto di fornitura, essendosi l’accordo tra le parti perfezionato presso la sede della convenuta, luogo dove era avvenuta l’accettazione della proposta di Brother, anche in base al criterio del forum contractus la competenza sarebbe del Tribunale di Firenze. Infine, anche in relazione al foro di pagamento, il criterio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, non potrebbe trovare applicazione rispetto all’obbligazione di restituzione di quanto pagato indebitamente, quando l’obbligazione discenda da un rapporto oggetto di contestazione del credito e, dunque, allo stato debba considerarsi illiquida. Tale era il caso di specie nel quale non poteva trovare applicazione l’art. 1182 c.c., comma 3, muovendo il credito da una sola prospettazione della parte ed essendoci contestazione sul credito medesimo che, peraltro, non era affatto liquido, come dimostrato dalla necessità di una consulenza e dalla riduzione della somma rispetto a quella richiesta dall’attrice. Non vi era alcuna possibilità di applicare un mero calcolo matematico per la determinazione della misura del credito dato che si era espletata una consulenza tecnica durata oltre un anno caratterizzatasi per la sua oggettiva complessità, tanto da rendersi necessaria la chiamata del consulente a chiarimenti. Senza considerare la dirimente circostanza che oggetto della consulenza era anche la determinazione dello sconto applicato e, quindi, doveva farsi riferimento ad una fonte convenzionale quale presupposto per l’applicazione dell’art. 1182 c.p.c., comma 3. 2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato violazione falsa applicazione dell’art. 1182 c.c La censura, formulata con riferimento alla violazione dell’art. 1182 c.c., è ripetitiva di quella esposta con il primo motivo relativa al rigetto dell’eccezione di competenza territoriale. 2.1 Il primo e il secondo motivo, che stante la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, sono fondati. In tema di competenza per territorio derogabile, quando l’azione di ripetizione di indebito viene esercitata, postulandosi la richiesta di accertamento dell’inesistenza oggettiva o soggettiva del rapporto obbligatorio, in esecuzione del quale venne eseguita la prestazione di cui si chiede la restituzione, poiché l’oggetto della domanda è complesso - inerendo in primo luogo all’accertamento di detta inesistenza e soltanto consequenzialmente all’accertamento della esistenza dell’obbligazione restitutoria e alla condanna alla prestazione di restituzione - l’applicazione dei fori concorrenti di cui all’art. 20 c.p.c., cioè del foro dell’insorgenza dell’obbligazione e del forum destinatae solutionis e, quindi, delle norme sostanziali che a tale fine vengono in rilievo come l’art. 1182 c.c., per il luogo di adempimento dell’obbligazione , va fatta riferendosi non all’obbligazione di restituzione dell’indebito in quanto tale, bensì all’obbligazione in esecuzione della quale venne eseguita la prestazione indebita e, pertanto, il foro dell’insorgenza è quello in cui sorse il rapporto obbligatorio, la cui inesistenza oggettiva o soggettiva si chiede di accertare, mentre il foro dell’adempimento è quello in cui avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione che si assume indebita in quanto eseguita in esecuzione di quel rapporto. Soltanto allorquando la domanda di ripetizione si basi su un giudicato già formatosi sull’inesistenza oggettiva o soggettiva del rapporto obbligatorio, in esecuzione del quale venne eseguita la prestazione, ovvero su un negozio inter partes , che abbia accertato tale inesistenza e la cui validità non venga prospettata come contestata, l’applicazione dell’art. 20 c.p.c., e delle norme sostanziali che esso presuppone va fatta con riferimento all’obbligazione di restituzione, onde il forum contractus cioè il luogo di insorgenza di tale obbligazione è, nel primo caso, quello del luogo di esecuzione del pagamento indebito e, nel secondo caso, quello della conclusione del negozio, mentre il forum destinatae solutionis è quello del creditore della prestazione indebita, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 3, per il caso che la somma indebita sia stata determinata dal giudicato o dal negozio, e quello del debitore, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo, ove tale determinazione sia mancata Sez. 3, Sent. n. 453 del 2007 . Nel caso di specie la Brother aveva chiesto l’annullamento per dolo del contratto posto in essere con la Novadata, sicché sulla base del criterio del forum contractus ovvero di insorgenza dell’obbligazione la cui inesistenza oggettiva o soggettiva si chiede di accertare, la competenza è del Tribunale di Firenze senza che possa trovare applicazione il forum destinatae solutionis in applicazione dell’art. 1823 c.c., comma 3. In altri termini deve ribadirsi che In tema di competenza per territorio, il criterio di cui all’art. 1182 c.c., comma 3, non trova applicazione rispetto all’obbligazione di restituzione di ciò che sia stato pagato indebitamente, quando la stessa discenda da una contestazione relativamente al rapporto cui è collegata e il relativo credito sia, pertanto, allo stato, illiquido Sez. 1, Ord. n. 8203 del 2007 . 3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato falsa applicazione dell’art. 1439 c.c La società ricorrente censura la decisione della Corte d’Appello in relazione alla ritenuta sussistenza del dolo quale causa di annullamento del contratto. Nella specie dunque doveva trovare applicazione l’art. 1440 c.c., e non l’art. 1439 c.c., con eventuale richiesta di risarcimento del danno. Infatti, discutendosi della possibilità di applicare uno sconto sul prezzo del prodotto si trattava al più di un dolo incidente e non determinante la conclusione del contratto. 3.1 Il terzo motivo è assorbito dall’accoglimento dei primi due. 4. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo, e cassa la sentenza della Corte d’Appello di Milano con rinvio al Tribunale di Firenze competente ratione loci. Infatti, allorché sia il giudice di primo che quello di secondo grado abbiano erroneamente ritenuto sussistere la propria competenza per territorio, della quale invece erano privi, alla cassazione della sentenza d’appello deve seguire l’indicazione da parte di questa Corte del giudice competente in primo grado, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., dinanzi al quale sarà onere della parte più diligente riassumere il giudizio, ai sensi dell’art. 50 c.p.c. come già ritenuto da Sez. 3, Ord. n. 22810 del 2018, che rinvia all’ampia motivazione della sentenza Sez. 1, n. 10566 del 2003, e come ribadito da Sez. 3, Sent. n. 22958 del 2010 . 5. Poiché il presente giudizio si è concluso con la cassazione della sentenza impugnata per violazione delle regole sulla competenza, spetta a questa Corte liquidare le spese dei gradi di merito oltre che quelle del giudizio di legittimità, così come stabilito dall’art. 385 c.p.c., comma 2. Tali spese seguono la soccombenza, e vanno liquidate avuto riguardo al petitum, come segue per il primo grado di giudizio, nella misura di Euro 3.000 per il grado di appello, nella misura di Euro 5.000 e per il presente giudizio in Euro 5.000 di cui Euro 200 per esborsi. P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza della Corte d’Appello di Milano con rinvio a Tribunale di Firenze competente ratione loci e condanna la controricorrente Brother Italia spa al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate in Euro 3000 di cui 200 per esborsi per il primo grado, in Euro 5000 di cui 200 per esborsi per il grado di appello e in Euro 5000 di cui 200 per esborsi per il giudizio di legittimità.